21 dicembre 2013

AUGURI DI NATALE

Cari amici lettori di questo blog:
Avete visto che pubblico sempre piú di rado. Ma Natale merita la letterina tradizionale. É una festa ancora molto sentita dalla gente. Quí ad Itaberaí tutte le comunitá, di quartiere e di campagna hanno fatto la loro novena di Natale. Anche le meno fervorose e piú disorganizzate, quelle che durante l´anno si ritrovano talvolta in 4 o 5 per la preghiera o la lettura biblica, in questi giorni si sono rinvigorite e hanno celebrato fervorosamente per nove giorni di casa in casa. Questa festa riesce a realizzare spontaneamente quella che é l´essenza stessa del Natale: Gesú, l´Emmanuele, Dio-con-noi, ci riunisce nelle casa, nelle famiglie. Piú numerosi in campagna e nei quartieri piú poveri. I poveri capiscono meglio di tutti il messaggio di Natale: che Gesú é sceso tra noi non per farsi rinchiudere nel recinto sacro di un tempio ma per stare in mezzo alla gente, entrare nelle case, portare gioia e speranza a chi vive nelle tribolazioni quotidiane. Come i profeti annunciarono, Gesú é una luce per i “popoli che camminano nelle tenebre e nell´ombra di morte”.
Secondo me, i popoli hanno sempre camminato nel buio e nelle ombre di morte. In questi giorni ho dovuto studiare, come ogni anno, il testo della prossima Campagna della Fraternitá, che i vescovi brasiliani lanciano ogni anno per la Quaresima con un tema sociale. Noi di Itaberaí la introduciamo con le omelie della Festa di San Sebastiano, che avviene in gennaio. Per scegliere i sub-temi quotidiani e le letture da mettere nel programma, sono stato costretto a leggere e guardare documentari terrificanti, perché l´argomento per l´anno prossimo é terribile: “Fraternitá e traffico umano”. Il traffico umano é praticato nel mondo intero: per lo sfruttamento sessuale, per l´estrazione di organi da trapiantare, per “rubare” bambini da “vendere” in adozione, per lavori forzati di bambini e adulti, per la guerra, per lo sfruttamento di emigranti nel trasporto e nel lavoro clandestino, per il traffico di droga, ed altro ancora.
Dirlo é facile. Fa cadere le braccia assistere a documentari che mostrano la cattiveria umana che si sfoga sul proprio simile per la bramosia di guadagno, che indurisce il cuore e disumanizza completamente. In Brasile, tra il 2003 e il 2012, sono stati registrati 62.802 casi di persone sottomesse a lavoro schiavo o analogo alla schiavitú. Esappiamo che solo una piccola percentuale di questi casi viene denunciata. Uno arriva a pensare: “Questa mondo é perduto, non c´é piú umanitá”.
Pagola, commentando il Vangelo di Matteo, scrive che l´umanitá ha sempre vissuto nell´oscuritá e si é sempre ripresa. Suggerisce di fare come i Magi: osservare la notte alla ricerca di una stella. C´é sempre una stella che conduce verso la culla dove nasce questo Dio misterioso che si definisce come “Amore”. Ritrovare sempre la stella: é questo che auguro a me stesso e a voi.
Un bel film da vedere per Natale, che aiuta a capire la situazione triste di personaggi italiani ricchi e famosi (e la crisi). Con Alberto Sordi, Finché c´é guerra c´é speranza. 1971 (?). Lo si trova completo su you tube, non vi copio qui la link perché su questo blog non funziona.

11 dicembre 2013

LA SPERANZA É VIVA

MANDELA - Posto l´immagine di Nelson Mandela (fonte Adital) per ricordare la sua figura di eroico oppositore del razzismo che ha cambiato la storia dell´Africa del sud e rimane come simbolo storico per tutto il mondo. Quí é fotografato accanto a Fidel Castro. Attilio Bosón scrive: “La morte de Nelson Mandela ha provocato una cascata di interpretazioni sulla sua vita e opera, che lo presentano come un apostolo del pacifismo e una specie di Madre Teresa dell´Africa del Sud”. Peró non dicono che il suo principale alleato fu Fidel Castro. E continua:
“Nella Conferenza della Solidarietá Cubano-Sud-Africana del 1995, Mandela dirá: “I cubani sono venuti nella nostra regione come medici, professori, soldati, specialisti in agricoltura, e mai come colonizzatori. Hanno condiviso le medesime trincee di lotta contro il colonialismo, il sottosviluppo e l´apartheid... Mai dimenticheremo questo incomparabile esempio di internazionalismo disinteressato”. É un buon ricordo per chi ieri e ancora oggi parla di “invasione” cubana in Angola. Cuba pagó un prezzo enorme per questo nobile atto di solidarietá internazionale che, come ricorda Mandela, fu il punto di inflessione della lotta contro il razzismo in Africa. Tra il 1975 e il 1991, circa 450.000 uomini e donne dell´isola sono passati attraverso l´Angola, mettendovi in rischio la loro vita. Poco piú di 2.600 l´hanno persa, lottando per sconfiggere il regime razzista di Pretoria e gli alleati. (Pubblicato in Adital, in portoghese e spagnoli).
PEDRO STÉDILE: Dopo Após un incontro in Vaticano, il lider del Movimento dei Senza Terra (MST) ha attaccato, in una intervista, il sistema capitalista e ha difeso un nuovo modello di riforma agraria che unisca “campo e cittá. Principale dirigente dell´MST, Pedro Stédile é tornato da una udienza col Papa Francesco, in Vaticano, disposto a dare una svolta nel modello classico sostenuto dal movimento negli ultimi 30 anni.
Stédile vuole un cambiamento di paradigma: “Bisogna lottare per una riforma agraria popolare, che interessi a tutto il popolo e non solo ai contadini (...), un´alleanza che unisca lavoratori dei campi e di cittá”, afferma in un´intervista registrata in video e diffusa martedí scorso (ieri). Secondo lui, l´attuale modello, basato sulla divisione della terra ai piccoli produttori, é esaurito. Dice che “perfino il Venezuela, dove l´ex presidente Hugo Chávez ha messo insieme una scorta di 7 milioni di ettari di terra, mancano contadini a cui assegnarla”.
João Pedro Stédile dice che la riforma agraria tradizionale é stata bloccata ed é ferma, nel Brasile e nel mondo intero, dal sistema capitalista, che sta promovendo una vera e propria valanga di capitale per espandere l´agrobusiness basato sulla monocultura. “Essi (le multinazionali e le banche) vanno nei paesi per privatizzare la terra, l´acqua, le risorse naturali delle foreste. E ora stanno tentando di privatizzare anche l´aria con questa politica del credito di carbonio”. Stédile sostiene che le imprese usano il GPS per mappare i livelli di ossigeno e fotosintesi delle foreste, trasformando queste risorse in titoli di valori fittizi che sono venduti nelle borse europee per compensare l´emissione di gas carbonico prodotto dai gruppi medesimi.
“É una ipocrisia completa. Il capitalista guadagna denaro (con l´inquinamento che produce) e si appropria perfino dell´aria”. Il nuovo modello di riforma agraria, secondo Stedile, dev´essere quello dell´agro-ecologia, con una rivoluzione nei metodi di produzione, sostituendo la monocultura con la diversificazione, la distruzione delle foreste con il riforestamento e le commodities agricole con alimenti. “Bisogna cambiare la matrice tecnologica predatrice – basata sull´uso intensivo di macchine e difensivi agricoli – con l´agro-ecologia e investire nella produttivitá in equilibrio con la natura” – afferma. Secondo lui il nuovo modello passa per la democratizzazione del sapere attraverso una rivoluzione educativa che raggiunga le famiglie dei lavoratori urbani e rurali. Egli ritiene che, nonostante l´attuale modello di riforma agraria, iniziato nel secolo XX, sia stato soppiantato dallo sviluppo del capitalismo, il nuovo modello é possibile. “Sono ottimista. Ancora vedró una riforma agraria popolare nel mondo, e il papa Francesco ci aiuterá” ha detto Stédile dopo un incontro col papa il 7 dicembre scorso. Non festeggeremo i panettoni, ma la nascita di Gesú che fu inviato per trasformare l´uomo vecchio in uomo nuovo, il mondo vecchio in mondo nuovo. Scintille di speranza sono vive e accese in tanti uomini e donne, famosi o ignoti, che lavorano per continuare questa umanizzazione in contrapposizione con l´idolatria del denaro.

30 novembre 2013

RESTATE SVEGLI !!!!

Riflessione sulla traccia di “O caminho aberto por Jesus” – Mateus – J.A. Pagola.
MATTEO 24, 37-44
"Gesú lo ripete continuamente: “State sempre svegli! Il Figlio dell´uomo tornerá quando meno ve lo aspettate”. Gesú temeva che il fuoco iniziale si spegnesse e i suoi discepoli dormissero. Matteo, cinquanta anni piú tardi, lo ricorda alle sue comunitá che percorrono il cammino di Gesú in mezzo a ostilitá e persecuzioni, ma corrono lo stesso rischio: chiudersi nella loro piccola cerchia e accontentarsi di qualche pratica religiosa abitudinaria. Si sono accorti che il Regno promesso tarda ad arrivare, e che nel quotidiano bisogna convivere con la mentalitá corrente. Ma cosí, ricorda Matteo, quando Egli verrá saremo colti di sorpresa e impreparati.
"Questo é anche il nostro grande rischio: installarci comodamente nelle nostre convinzioni, “abituarci” al Vangelo e vivere addormentati nell´osservanza tranquilla di una religione spenta".
Gli esempi citati dal Vangelo sono cose che accadono ogni giorno. Quattro viaggiavano su una macchina, si sono scontrati con una moto. Il giovane in moto e un passeggero sono stati presi, gli altri sono stati lasciati. L´incontro finale con Gesú per ciascuno di noi, é imprevedibile, puó avvenire in qualsiasi momento. Qui non si fa riferimento solo alla fine del mondo e al giudizio finale. E se stiamo dormendo, come risvegliarci?
“Tornare a Gesú e sintonizzarci con la prima esperienza che ha dato inizio a tutto. Non basta installarci correttamente nella tradizione. Dobbiamo affondare le radici della nostra fede nella persona di Gesú, tornare a nascere ogni volta dal suo spirito. Non c´é niente di piú importante di questo nella Chiesa. Solo Gesú puó condurci di nuovo all´essenziale”.
“Inoltre, dobbiamo ravvivare la nostra esperienza di Dio. L´essenziale del Vangelo non si impara da fuori, ma ciascuno lo scopre dentro di sé come Buona Notizia di Dio”.
“Piú ancora. La chiave di lettura con cui Gesú viveva Dio e guardava la vita intera non era il peccato, la morale o la legge, ma la sofferenza delle persone. Gesú non solo amava i disgraziati, ma non amava niente piú di loro. Non stiamo seguendo correttamente i passi di Gesú, se ci preoccupiamo piú della religione che della sofferenza della gente”. “Se il nostro cristianesimo non serve per far vivere e crescere (la dignitá e la felicitá delle persone), non serve all´essenziale, per quanto ci sforziamo di denominarlo con nomi pii e venerabili”.

20 novembre 2013

FEDE E VITA, FEDE E POLITICA

Tutt´a un tratto é arrivato qui don Isacco, e l´ho portato a Goiania a visitare dom Tomás Balduino appena recuperato da un coma, e Irmã Ester immobilizzata a letto. Lui compirá i 91 il 31 dicembre. Lei, per tanti anni "parroca" di Britania, 85. Vedete le foto. E poi Anna Maria Melini, 83 (?), di cui non ho la foto.
A Brasilia, in questi giorni, si é svolto il convegno nazionale del Movimento Fede e Politica. Io non ho partecipato, ma i miei vicini di casa sí. É un movimento nato dalle Comunitá Ecclesiali di base della Chiesa cattolica e poi allargato ad altre chiese e gruppi religiosi che hanno aderito. Oggi é un Movimento di resistenza, perché tira un altro vento. Complessivamente le persone, le parrocchie, i santuari e le diocesi che si occupano con convinzione di questioni sociali sono poche. Paradossalmente, nel momento in cui l´impegno popolare del passato sta mostrando i suoi frutti con un miglioramento sostanziale delle condizioni economiche dei lavoratori e dei poveri in genere, la gente é piú attirata da forme di religiositá misticista, staccata dalla vita concreta. Del resto i diversi canali televisivi cattolici sfornano e diffondono quasi sempre grandi celebrazioni liturgiche, devozioni vecchie e nuove, folle di carismatici in preghiera estatica, e poi vendita di oggetti sacri e raccolte di denaro per costruire nuovi templi. La preoccupazione principale sembra quella di rilanciare il cattolicesimo come religione nazionale, di fronte al disperdersi della gente nelle migliaia di nuove chiese pentecostali. Ma rischiano di mettere in secondo piano la sostanza del cristianesimo, che é seguire Gesú e vivere il Vangelo.
Tuttavia il salone pieno zeppo del Convegno Nazionale di Brasilia attesta che il Movimento Fede e Politica e i movimenti popolari resistono. Le minoranze resistenti hanno sempre dato frutti nella storia. Gli ebrei che uscirono dall´Egitto e camminarono per 40 anni nel deserto per raggiungere la Terra Promessa furono una minoranza di poveretti, guidati da un pastore ottantenne di nome Mosé. Israele seguí la Legge di Mosé fino ai tempi di Gesú, che i Vangeli indicano come Nuovo Mosé, crocefisso dai bempensanti ma Figlio del Dio Unico dei cristiani. Egli stabilí la Nuova Legge, quella delle Beatitudini. Perció le minoranze resistenti hanno un bel passato e un futuro promettente.
Lo ripeto, é il vento che tira. Ad esso contribuisce il discredito della politica, deturpata dai continui scandali. La settimana scorsa, a tappe forzate, é stato concluso il processo del cosiddetto “mensalão”, un caso di corruzione per 55 milioni di reali, avvenuto durante il primo mandato del Presidente Lula all´interno del Partito dei Lavoratori (PT). 12 dei suoi dirigenti sono stati condannati: chi otto, chi dieci e chi dodici anni di carcere. Si sono giá presentati per l´arresto (solo uno dei condannati, avendo il doppio passaporto, é fuggito in Italia – spera di usufruire della vendetta dell´Italia che non avendo ottenuto l´estradizione di Cesare Battisti, secondo lui dovrebbe vendicarsi non concedendo la sua). I condannati del mensalão, se colpevoli, abbiano il carcere che si meritano. Ma non sará per puro caso che la prima condanna nitida di grossi scandali amministrativi avviene sotto un governo del PT e riguarda membri del PT, con ampia divulgazione della midia piú potente. La midia ci sguazza. Prima e dopo di questo, sono avvenuti tanti altri casi di corruzione. Almeno una dozzina assai piú consistenti di questo, con cifre che vanno dai cento milioni a piú di cento miliardi di truffa. Sono stati denunciati e non hanno avuto un procedimento cosí rapido, né un finale cosí drammatico e divulgato dalla midia come questo. Sará perché “corruptio optimi pessima”? Solo i giornaletti ne parlano ancora.
Il mio confratello Padre Alfredo J. Gonçalves ha pubblicato, sul sito Adital, un articolo intitolato “Cristianesimo squizofrenico”, dove spiega che la schizofrenia é una “disintegrazione della personalitá umana”. Questa parola, dice lui, puó essere utilizzata in campo religioso, come metafora, per quelli che sono soliti separare la fede dal comportamento pratico. “Attualmente costituiscono una buona fetta di coloro che si dichiarano “cristiani”. Normalmente partecipano ai sacramenti, alle pratiche religiose, al culto della Parola e dell´Eucaristia, ma nello stesso tempo, nel mondo degli affari, nel luogo in cui abitano e sul lavoro, il loro comportamento non riceve nessun influsso dal messaggio evangelico. Spesso apprezzano e ammirano le parole del papa, del prete, del pastore o di qualsiasi altra autoritá religiosa, per esempio, ma questo non significa che le accettino nella pratica. Riescono a stabilire una distanza ragionevole tra l´”autodefinirsi cristiani” e il “vivere da cristiani”. In generale si rivelano capaci di blindare la propria esistenza contro le esigenze di una fede presa veramente sul serio, sottraendosi alle sue conseguenze. Del resto, in grado maggiore o minore, questa distanza tra fede e vita esiste in tutti noi. "Tra il dire e il fare in mezzo c’è il mare”, dice un provérbio italiano.
Nel caso specifico del cattolicesimo, la fede in Gesú Cristo diventa un sentimento di natura privata, intimista e spiritualizzante, senza implicazioni dirette con il contesto storico in cui ciascuno é inserito. Prevale un dualismo spesso inconsapevole: mentre l´"incontro con Dio” nella preghiera personale, nella pietá comunitaria o nella celebrazione dell´Eucaristia acquista un carattere di estasi e facile entusiasmo, l´"incontro coi fratelli” si conserva freddo e indifferente di fronte all´ingiustizia e all´oppressione, alla sofferenza e all´esclusione sociale. Non é raro incontrare grandi imprenditori e rinomate autoritá (nell´area delle finanze, dell´agroindustria, delle telecomunicazioni, della minerazione, della politica e delle reti commerciali – solo per citare alcuni esempi) che si rivelano assidui alla preghiera e alla messa, ma contemporaneamente non esitano a pagare salari irrisori, conservare enormi latifondi, appropriarsi indebitamente della cosa pubblica o sfruttare la mano d´opera facile e a basso prezzo, quando non addirittura quella infantile o di immigranti irregolari. Vicini a Dio, senza dubbio, ma distanti dal prossimo e tanto píú da quelli che danno fastidio! Fino a che punto questo é possibile in una fede evangelicamente autentica? O ancora, questo dio (con lettera minuscola) non sará un idolo facile da manipolare? É evidente che, benché in dosi diverse, questo stesso atteggiamento si ripete in tutti gli strati e classi sociali. Arriviamo all´estremo di una “incredulitá oggettiva” accanto ad una "pietá soggettiva”, afferma giustamente il teologo tedesco Jurgen Moltmann (Teologia da esperança). Lo stesso autore aggiunge: "La vita interiore fatta di relazioni dirette e incomunicabili tra l´esistenza e la trascendenza, cammina di pari passo con il disprezzo delle cose esteriori, considerate assurde, prive di senso e inique”. La relazione con Dio si stacca dal rapporto con gli altri, come se recitare il “Padre Nostro” non implicasse un impegno collettivo e fraterno per la ricerca del "nostro pane quotidiano”. Di fatto, se il Padre é “nostro”, il pane non potrá mai essere "mio”. La fede si divorzia dalla vita ecclesiale e dall´azione sociale.
La preghiera davanti a Cristo Risorto si interiorizza in una forte sensazione di lodare Dio eternamente presente e glorioso, a tal punto da disinteressarsi completamente di qualsiasi impegno con la realtá circostante. Si stabilisce una chiara spaccatura tra la vita di fede, talvolta euforica ed esagerata, da un lato, e dall´altro l´azione personale, sociale o politica di fronte a ció che accade, in famiglia, nei gruppi di amici, infine, nel quotidiano della vita. L´una e l´altra sembrano linee parallele come quelle di una ferrovia, ossia linee che non si incrociano mai e meno che meno interagiscono. Peggio ancora, la vita privata e quella pubblica rischiano di dissociarsi tanto da non riconoscersi tra loro. Ció che io sono in casa e in Chiesa é una cosa; ció che sono e come vivo lá fuori, é un´altra. Due tipi di comportamento frammentati, spesso in contraddizione tra loro. Quante volte lo scandalo di un rappresentante di alto livello della politica, degli affari o della religione, quando messo a nudo dalla midia, rivela questa doppia faccia della stessa persona!”.
Il mio collega Padre Alfredo dovrá perdonarmi perché mi sono permesso di citare, traducendolo in Italiano, un pezzo di questo articolo che lui ha scritto il 16 novembre scorso da Roma (ma io non ho trovato la versione in italiano). E l´ho citato omettendo la parte conclusiva, in cui commenta una lettera di San Paolo. Io invece lo concludo citando il Vangelo di Matteo. Quest´anno, nella liturgia, si legge Luca. Ma la messa dell´ultima domenica di novembre, a conclusione del Tempo Comune, negli anni in cui le letture sono di Matteo, si legge il capitolo 25: “Venite voi, benedetti dal Padre mio. Ricevete da me in ereditá il Regno che mio Padre ha preparato per voi fin dalla creazione del mondo. Poiché io avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere; ero straniero e mi avete accolto in casa; ero nudo e mi avete vestito; ero ammalato e vi siete presi cura di me; ero in prigione e mi avete visitato”. É il testo piú forte e chiaro tra quelli che esistono. L´appartenenza, il grado di studio, l´essere preti o suore o laici o cardinali o papi, la religione stessa, e perfino il fervore delle pratiche religiose e dei sacramenti passano in secondo piano, nel giudizio di Gesú. Guai a noi che separiamo la fede dalla vita concreta, dalle scelte che facciamo in famiglia, sul lavoro, negli affari e anche in politica.

9 novembre 2013

PROBLEMI DI ATTUALITÁ

*** Oggi, 9 ottobre 2013, Itaberaí compie i 145 anni di storia come comune emancipato dello Stato di Goiás. Il compleanno é celebrato con un giorno di vacanza, una sfilata di scuole ed entitá pubbliche con le loro fanfare, e alcune iniziative culturali come il Recital “Roda de poesia”. La storia di Itaberaí ha avuto inizio dopo il 1750, quando c´era sul posto un “curral” (un recinto per bestiame) al servizio dei boiadeiros di passaggio, che vi rinchiudevano provvisoriamente le mandrie per passare la notte. Qualcuno vi costruí accanto un “boteco” dove i mandriani potevano mangiare, bere e acquistare gli equipaggiamenti necessari per il loro lavoro. Poco alla volta sorse un villaggio, che prese il nome di “Curralinho”. Oggi é una cittá di quasi 40 mila abitanti, ricco centro commerciale. Nel territorio del comune (1300 Kmq) si pratica in prevalenza la monocultura della soia, mais, sorgo, canna da zucchero ed eucalipto, ma non manca una consistente presenza di piccoli agricoltori che producono per il mercato locale, e vendono i loro prodotti nei vari mercatini improvvisati nelle piazze e incroci della cittá.
*** “In meno di due settimane una legge, un decreto e una “portaria” sono stati approvati e pubblicati per accelerare il processo di liberazione degli agrotossici non permessi nel paese” – avverte Leonardo Boff in un articolo pubblicato su Adital. Il motivo, gravissimo, é la comparsa, in Brasile, di un nuovo tipo di bruco, la Helicoverpa armigera, che nessuno dei veleni usati attualmente riesce ad estirpare. Per combatterla, il Ministero ha permesso l´importazione del benzoato di emamectina, che fin´ora era proibito. Il grave problema ci tocca da vicino, poiché questo insetto é giá largamente diffuso anche nelle nostre campagne di Itaberaí. Secondo un agricoltore del luogo che mi ha spiegato la situazione, viene diffuso da una farfalla notturna. Ogni insetto é in grado di consumare 250 piantine di soia nel breve tempo della sua vita. Un´autentica calamitá. Cosí dobbiamo aspettarci che nuovi veleni sempre piú potenti saranno spruzzati tra breve dagli aerei sulle vaste coltivazioni di soia. Ci verrá concesso gratuitamente di respirare la parte che volerá via col vento. É superfluo commentare il costo umano di questo tipo di agricoltura imposto dal mercato.
***Sono sempre piú indisposto verso questo “progresso”, ogni volta che visito la prigione e vedo sempre piú ragazzi al di sotto dei 25 anni presi per uso e traffico di droga, e per altri delitti ad esso connessi. Il crack fa strage di giovani. E ogni volta che passo vicino a un gruppo di ragazzetti e non posso parlare con nessuno, perché tutti stanno a testa bassa, in silenzio, ciascuno a “toccare” il suo smarth fone o il suo tablet. Ancora di piú quando leggo che l´industria elettronica consuma sempre piú minerali preziosi e rari, molti dei quali sono estratti in paesi poveri in cui i minatori, bambini e adulti, affrontano condizioni di lavoro terrificanti. Oppure intere comunitá vengono rimosse per fare spazio alla minerazione. Senza parlare dell´acqua e dell´inquinamento del suolo. In seguito questa materia prima si trasformerá in componenti elettronci montati con il supersfruttamento dei lavoratori cinesi, brasiliani, messicani. E con tutto questo, il mercato sará sempre piú in crisi, e produrrá in tutto il mondo governi corrotti e moltitudini di licenziati disoccupati.
***”I vescovi del continente africano, riuniti per l'assemblea plenaria del Simposio delle Conferenze episcopali dell'Africa e Madagascar (Secam), a Kinshasa dal 9 al 14 luglio, hanno lanciato un accorato appello per la pace in Repubblica Centrafricana. Sono ormai migliaia le vittime e decine di migliaia le persone in fuga a seguito del colpo di Stato da parte dei guerriglieri Seleka del marzo 2013. Anche i vescovi del Centrafrica hanno denunciato, nella loro lettera “Mai più così”, la spaventosa situazione del paese: "Dovunque sono arrivate le milizie Seleka regnano terrore, torture, stupri, ruberie. Le popolazioni fuggono, sono prive di tutto, di cibo e medicinali. Il Centrafrica è diventato uno Stato fantasma e le grida e le lacrime della nostra popolazione ci trafiggono il cuore". Le Caritas africane, dal canto loro, si sono appellate a tutte le persone di buona volontà, ai governi europei e alla comunità internazionale, affinché non rimangano indifferenti a questa tragedia e intervengano rapidamente con ogni mezzo diplomatico, politico e di aiuto alla popolazione. Molti missionari e missionarie si chiedono il perché di tanta degenerazione, che li ha colpiti anche personalmente, in un paese dove i fedeli di credo diverso - su circa 4,6 milioni di abitanti, il 50% sono cristiani, il 15% musulmani, il resto segue le religioni tradizionali africane - coesistevano senza conflitti ed avevano avviato da tempo incontri interreligiosi per garantire una pacifica convivenza civile. Come mai continuano a sussistere le milizie Seleka, se il presidente Michel Djotodia le ha sciolte? Perché la Missione internazionale per la stabilizzazione del Centrafrica (Misca) dell'Unione Africana (Ua) non è intervenuta a dovere? Come si spiega il salto di qualità dei gruppi di autodifesa? Chi c'è dietro? Chi li arma? Insomma l'impressione è che in Centrafrica si stia giocando una partita che va ben oltre le forze in campo. Una partita che vede coinvolte sia potenze come la Francia, che aveva scaricato il presidente Francois Bozizé, al potere dal 2003, e dato via libera a Seleka per prendere il potere, sia forze dell'integralismo islamico - per la prima volta c'è un presidente, Djotodia, musulmano -, ma anche gli interessi delle potenze regionali come il Sudan e il Ciad che hanno fornito miliziani a Seleka.
“ Ma non c'entrano forse anche gli interessi delle potenze emergenti asiatiche e di quella continentale, cioè il Sudafrica che conta su un paese ricco di materie prime come il Centrafrica? Niente di nuovo sotto il sole per l'Africa dove le guerre di solito si fanno per procura e le forze locali sono solo comparse. I vescovi, seppure preoccupati degli effetti che questa terribile situazione ha sui rapporti interreligiosi, sottolineano che la crisi è politica e non religiosa e occorre evitare che il conflitto si connoti in questo senso. Per questo hanno fatto pressione sull'Onu e sull'Ua affinché procedano al disarmo degli uomini di Seleka e dei civili sia cristiani sia musulmani. Il lavoro più importante e delicato è quello di riconciliare gli animi, promuovere il perdono e la tolleranza. Nel frattempo le Chiese cattolica e protestante del paese hanno firmato L'Appello di Bangui, con il quale si invitano i fedeli cristiani alla pace e alla riconciliazione con i musulmani e si chiede alla comunità internazionale di intervenire per far uscire il paese dalla crisi. Quanto tempo dovrà passare prima che si prenda qualche misura concreta a livello internazionale per favorire la fine di quest'ennesima carneficina dimenticata?” (Articolo di Mario Menin, pubblicato su Missione Oggi di novembre).
***Il Papa Francesco ha pubblicato un questionario di quasi quaranta domande riguardanti il tema del matrimonio e della famiglia. L´iniziativa é in vista di raccogliere, attraverso i vescovi, il maggior numero di dati e opinioni su queste realtá, in preparazione del Sinodo che si svolgerá il prossimo anno su questo tema. Mi auguro che prendano in considerazione alcuni provvedimenti sul rito in chiesa, che da molto tempo soffre di un processo di perdita di senso religioso, di clima di preghiera e di attenzione ed enfasi sul valore del Sacramento. Sará difficile recuperarlo. Forse bisognerebbe tornare alle origini del cristianesimo, quando non esisteva un rito sacramentale specifico per il matrimonio.
“Durante i primi secoli della storia della chiesa, i cristiani hanno celebrato il loro matrimonio « come gli altri uomini » (A Diogneto V, 6), sotto la presidenza del padre di famiglia, attraverso i soli gesti e i riti domestici, come per esempio quello di unire le mani dei futuri sposi. Tuttavia, essi hanno sempre tenuto presenti « le leggi straordinarie e veramente paradossali della loro società spirituale » (A Diogneto V, 4). Hanno eliminato dalla loro liturgia domestica ogni aspetto della religione pagana. Hanno dato una importanza particolare alla procreazione e all’educazione dei figli (ibid., V, 6); hanno accettato che i vescovi esercitassero una vigilanza sui loro matrimoni (Ignazio di Antiochia, Lettera a Policarpo V, 2). Hanno espresso nel loro matrimonio una particolare sottomissione a Dio e un rapporto con la loro fede (Clemente di Alessandria, Stromata IV, 20). E a volte, in occasione del matrimonio, hanno partecipato alla celebrazione del sacrificio eucaristico e hanno ottenuto una particolare benedizione (Tertulliano, Lettera alla moglie II, 9)”. (Le citazioni sono di scrittori del 2º e 3º secolo il testo é di un documento della Commissione Teologica Internazionale, “La dottrina cattolica sul sacramento del matrimonio, 1977).
Con grande afflizione presiedo, da molti anni e sempre piú spesso, alla celebrazione di matrimoni religiosi in cui lo sfarzo, e l´ostentanzione prevalgono e l´attenzione alle letture e preghiere, la consapevolezza di stare realizzando un Sacramento, sembrano non interessare a nessuno. Il difetto é in radice. Il matrimonio religioso cattolico, molte volte (sempre meno in Europa) é cercato piú per il suo contorno esibizionistico che per il suo rapporto con la scelta di una vita di famiglia “in Cristo”. Cosí non é una cosa seria, e noi preti siamo lí solo in affitto. Sono contento che si cerchi di usare misericordia e accoglienza verso coloro che hanno alle spalle una storia di matrimonio finito malamente, ma bisognerebbe anche cercare di evitare la celebrazione solenne del Sacramento quando le persone non ne conoscono o non ne condividono il significato, e chiedono solo una sfilata e un rito formale fotogenico.

29 ottobre 2013

LA MORTE

Il 17 ottobre scorso é morto João, Giovanni, il nostro ex-sacrestano. Aveva 65 anni. Era andato in pensione da meno di quattro mesi, dopo una vita di lavoro. Negli ultimi dieci anni era stato guardia notturna della Chiesa e del Centro di Pastorale della parrocchia, addetto alle pulizie e poi sacrestano. Felicissimo di godersi, finalmente, la convivenza con la famiglia, due mesi fa aveva cominciato a soffrire mal di testa, poi convulsioni, e infine era comparso un tumore al cervello, giá in fase avanzata. Ai miei poveri occhi che non vedono oltre, é apparso come un destino crudele. Ma c´é pure gente che vuole morire. La settimana scorsa un umile lavoratore di 41 anni, ospite della sorella e del cognato che sono miei vicini di casa, preso dalla disperazione, é andato dietro ad una mietitrebbia parcheggiata Da mesi quí acanto, nello spazio libero tra un´officina e un distributore, é vi si é impiccato. Non so con esattezza i motivi del suo dolore, ma era talmente deciso a morire che é spirato con le gambe che si trascinavano per terra fino al ginocchio. Ha usato i tiranti del suo zainetto per legarsi il collo.
Cosí, io ho anticipato la meditazione sulla morte. Novembre comincerá con il giorno dei santi e quello dei defunti. Tutti morti, comunque. A furia di sogni e metafore, l´autore dell´Apocalisse tenta di spiegarci il nostro destino finale. Quelli che non avranno il loro nome scritto nel libro della vita saranno gettati – scrive lui - nel lago di fuoco, assieme al Dragone che essi hanno adorato. E scompariranno per sempre. I santi, invece, saranno moltitudini e cammineranno dietro l´Agnello. Tutti vestiti di bianco, perché hanno lavato le loro vesti nel sangue dell´Agnello....(ahi, le metafore! il sangue che sbianca). “Egli asciugherá ogni lacrima dei loro occhi. Poiché non ci sará mai piú morte, né lutto, né grido, né dolore. Sí, le cose antiche sono scomparse. Colui che é seduto sul trono dichiaró: “Ecco che io faccio nuove tutte le cose”. La sostanza é che dobbiamo affidarci alla nostra fede e metterci nelle mani di Dio, perché andiamo incontro all´ignoto. Gesú ci ha rivelato quanto basta per farci coraggio: che abbiamo un Padre misericordioso, e di certo dovrá avere pietá di noi, che abbiamo camminato nel buio della nostra ignoranza e piccolezza, cercando Lui.
Questa prospettiva della nostra fede é descritta per metafore, perché l´altra vita é un mistero, ma é é confortante e gioiosa. Quando penso ai tanti amici e conoscenti sottomessi a continue chirurgie, emodialisi, chemioterapie, radioterapie, provo quasi rimorso: perché loro e non io? Dico a Gesú: “Trova un modo di farmi sentire la tua presenza quando soffriró, e dopo, pensaci tu!” Questo mi fa sentire in obbligo di portare il conforto di Gesú e della sua Parola con piú forza, perché Lui, se non cura sempre il corpo, di solito cura il sentimento e l´anima.
Spinto da questi pensieri, ho preso in mano anche gli unici due libri in mio possesso che parlano della morte, e ne ho estratto alcune perle. Le prime, dal libro di Carmine di Sante, ed. Cittadella, intitolato “La morte”, mostrano la prospettiva pessimista degli antichi pagani, che si ritrova frequentemente ancora oggi, nella modernitá. Visioni poetiche, ma desolanti. Cosí Mimnerno, poeta lirico greco del 7º secolo A.C. “Noi siamo come le foglie, che la bella stagione di primavera genera, quando del sole ai raggi crescono: brevi istanti, come foglie, godiamo di giovinezza il fiore, né dagli déi sappiamo il bene e il male. Intorno stanno le nere dee: reca l´una la sorte della triste vecchiezza, l´altra la morte. Tanto dura di giovinezza il frutto quanto in terra spande la luce il sole. Ma quando questa breve stagione é dileguata, allora, anzi che vivere, é piú dolce morire”. E cosí Sofocle: “Non veder mai la luce – vince ogni confronto – ma una volta venuti al mondo – tornare subito lá donde si giunse – é di gran lunga la migliore sorte: - quando tramontano di giovinezza i dolci errori – chi non vaga tra dolori infiniti? – Quale pena resta al di fuori di noi? – Uccisioni, discordie, risse, battaglie – odio....e sopravviene in ultimo – da tutti maledetta – l´impotente, l´inaccostabile, l´arida vecchiaia, - ove dei mali – tutti i mali coabitano”. Quando guardiamo la vita soltanto come ricerca di godimenti e fruizione momentanea, ci depauperiamo da soli, perdendo la gioia di tanta bellezza e bontá, e ignorando tanti affetti e amicizie sincere e generose che abbiamo intorno ogni giorno.
Per contrasto, ecco invece come há affrontanto la morte uno che camminava nella luce del Vangelo: Padre David Maria Turoldo, prete dei Servi di Maria, morto di cancro nel 1992, nel suo libro “Canti ultimi”. Lo ha scritto quando la sua malattia era giá nello stadio finale. “In questo slancio finale – non cedere, mio cuore - alle sovrane stanchezze. – Non sará certo – lunga l´attesa. – E non perdere tempo. – E questo mio essere presente – questo darmi ancora – e lasciarmi divorare, dica – con quale umile – e grata – e diuturna passione – vita, io ti amavo – e come ora, con la morte – ultimo dovere - vorrei sdebitarmi – e pagare lietamente – il pedaggio".

15 ottobre 2013

L´UGUAGLIANZA!

Le foto: 1 - gruppo dei fondatori della Fraternitá dell´ex monastero di Goiás; 2 e 3 - Incontro di giovani ad Itaberaí.
Sabato scorso in Brasile era la festa di Nossa Senhora Aparecida. É festa nazionale, perché fu dichiarata patrona del Brasile: un omaggio dei tempi della monarchia). I cattolici le sono molto devoti. Al santuario di Aparecida do Norte accorrono a milioni. Noi abbiamo un piccolo santuario diocesano vicino a Goiás, nella localitá di Areias. Da Itaberaí molti ci vanno a piedi, camminando tutta notte o quasi (sono 24 km) a chiedere aiuto per i loro problemi e “pagare” i loro voti. Io ho avuto il piacere di celebrare per loro la messa alle sei del mattino. Sotto un grande tendone davanti al santuario, perché é piccolo per quella folla. Durante la messa, mi é venuto davanti all´altare un giovanotto ubriaco. Aveva tra le mani una bottiglia di cachaça (grappa di canna da zucchero), e pregava a voce alta davanti a tutti, senza nessuna inibizione. Io gli ho sorriso e l´ho lasciato continuare in pace, ma non capivo cosa diceva. Poi mi hanno raccontato che pregava cosí: “Nossa Senhora, fammi la grazia di trovare un´altra donna, perché la mia mi ha fatto le corna”. Cornuti di tutto il mondo, prendete l´esempio!
Frei Beto, in un articolo su Adital, ci informa che alcuni ricercatori americani hanno sperimentato e scoperto nelle scimmie lo stesso sentimento di uguaglianza che esiste nei bimbi piccoli. Davano alle scimmie dei pezzetti di cetriolo, di cui erano ghiotte. Poi hanno cominciato a dare ad una di loro un grappolo d´uva, piú gradito del cetriolo, per le scimmie. Agli altri continuarono a dare cetriolo. In breve, il clima si alteró. Le altre scimmie, arrabbiate, quando vedevano il loro compagno ricevere uva, buttavano via il cetriolo. Un alimento cosí gradito era diventato motivo di odio. Le scimmie non si irritavano quando i ricercatori mostravano a tutti l´uva ma distribuivano cetriolo. Diventavano cattivi, invece, quando davano ad uno l´uva e agli altri il cetriolo. Secondo l´autore, quando questa ricerca fu pubblicata, suscitó scandalo nel mondo scientifico perché non si possono paragonare gli esseri umani alle scimmie. Tuttavia, tutti abbiamo fatto questa esperienza nell´infanzia: i nostri genitori ci hanno insegnato l´uguaglianza dei diritti. E guai quando ci accadeva di vedere, o supporre, un trattamento preferenziale verso il fratello o la sorella. Perdevamo il piacere di vivere. Al massimo era ammessa una preferenza per il piú debole.
Noi viviamo in una societá spaventosamente disuguale. Alcuni mangiano l´uva, altri i cetrioli, e molti non hanno proprio niente. Non siamo scimmie, ma ci sono moltitudini, interi popoli, arrabbiati: che emigrano e vengono ricevuti a pugni in faccia, o trovano un muro davanti a sé. Che per disperazione buttano via il cetriolo, cioé quel poco di vita che resta per loro, e affondano nell´alcoolismo, nella droga, nella delinquenza e malvagitá. Ogni tanto visito la prigione di Itaberaí, dove trovo sempre una settantina o piú di giovani, quasi tutti del paese, che si sono rovinati perché volevano assaggiare un pó di benessere: um pó di uva. Sono i ragazzi piú soli del mondo: per alcuni di loro la visita é l´ultimo contatto umano in una vita vissuta tra droga e prigione, um baratro da cui, quasi sempre, si esce solo morti. Con tutto questo, la reazione piú comune di noi cristiani é di adeguarci all´ingiustizia e andare avanti facendoci largo a spintoni, per accapparrarci una situazione piú privilegiata. E ci difendiamo ricorrendo alla “giustizia”. Nel vangelo della prossima domenica c´é una parabola di Gesú che mostra come funzionava la giustizia a quei tempi, e spesso ancora oggi. C´era un giudice senza religione e a cui non importava nulla della sofferenza degli oppressi. E c´era una vedova che doveva convincerlo a farle giustizia. Dopo molto insistere, il giudice le fa giustizia, almeno per togliersela dai piedi. É stata fortunata. Oggi la macchina della giustizia é ben piú complicata.
Scrive José Antonio Pagola: “Il simbolo della giustizia nel mondo greco-romano era una donna che, con gli occhi bendati, pronuncia una sentenza “suppostamente” imparziale. Secondo Gesú, Dio non é questo tipo di giudice imparziale. Conosce molto bene le ingiustizie che si commettono contro i piú deboli e la sua misericordia lo porta a inclinarsi dalla loro parte. Questa “parzialitá di Dio a favore dei deboli é uno scandalo ai nostri occhi borghesi, ma conviene ricordarla, perché nella societá moderna funziona um´altra parzialitá di segno contrario: la giustizia favorisce piú il potente che il debole. Ci crediamo progressisti perché sosteniamo che “tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignitá e diritti”, ma sappiamo che questo é falso.
Gesú non era un illuso, e sapeva bene che quella situazione sociale non sarebbe cambiata tanto in fretta. Perció raccontó quella parabola per raccomandare la preghiera insistente. Dio é un Padre che vuole vita e dignitá per tutti i suoi figli. Fará giustizia, perché sta dalla parte dei deboli. Ma quando? É un pezzo che aspettiamo. Cito ancora Pagola: “Per noi l´importante é l´azione, lo sforzo, il lavoro, l´efficacia, i risultati. Pregare, per noi, é una perdita di tempo. La preghiera appartiene al mondo dell´”inutile”. Certo, la preghiera é inutile come é inutile il piacere dell´amicizia, la tenerezza degli sposi, la passione dei giovani, il sorriso dei figli, lo sfogo con la persona di fiducia, il riposo nell´intimitá della casa, il godimento di una festa, la pace di un tramonto...” “Sarebbe un equivoco pensare che la nostra preghiera é efficace solo quando otteniamo ció che chiediamo. La preghiera cristiana é efficace perché ci fa vivere con fede e fiducia nel Padre e con sentimenti di solidarietá verso i fratelli”.

5 ottobre 2013

DIO SI TROVA NELLA VITA DELLE PERSONE

Oggi era il mio onomastico, e anch´io ho celebrato nella nostra chiesina del quartiere, dedicata a San Francesco e Santa Chiara. Non é stata una bella giornata per l´Italia, con quegli orrori di Lampedusa, ma non é solo una vergogna italiana. Nei giorni scorsi un pastore protestante aveva scritto sul bollettino delle chiese evangeliche: "Il mondo é malato, e anche la Chiesa e le Chiese sono malate". Si riferiva alla contaminazione del consumismo, del mercato, dell´idolatria del denaro. Anche il papa ha parlato ampiamente di questa idolatria nelle sue omelie. Oggi, ad Assisi, ha esclamato: "Al mondo non interessa che ci sia della gente che deve fuggire dalla schiavitú e dalla guerra!" Questo papa Francesco mi dá la carica, per come parla fuori dai denti, con chiarezza ed emozione. Indica per la Chiesa la via dell´apertura al mondo moderno, ma non per correre dietro alle mode e adeguarsi agli egoismi, bensí per seguire Cristo e imitarlo nell´amore e nel dono di sé, senza trincerarsi dietro a dottrine e precetti.
“Come incontrare Dio in tutte le cose” – é la domanda del Padre Antonio Spadaro, gesuita, giornalista della Civiltá Cattolica, al papa Francesco. Vi propongo la lettura di tre brani della risposta che mi sembra fondamentale per una visione di fede adulta e sincera. Mi é piaciuta moltissimo.
“Sí, questo cercare e trovare Dio in tutte le cose lascia sempre un margine di incertezza. Deve lasciarlo. Se una persona dice che ha trovato Dio con assoluta sicurezza, e non la sfiora nemmeno un margine di incertezza, qualcosa non funziona. Per me questa é una chiave importante. Se uno ha la risposta ad ogni domanda, ci troviamo davanti ad una prova che Dio non sta con lui. Vuol dire che é un falso profeta, che usa la religione per interesse proprio. Le grandi guide del Popolo di Dio, come Mosé, sempre hanno lasciato spazio al dubbio. Dobbiamo fare spazio al Signore, non alle nostre certezze, dobbiamo essere umili. In ogni vero discernimento, aperto alla conferma della consolazione spirituale, é presente l´incertezza”.
“Perché Dio viene prima, é sempre prima. Dio é un poco come i fiori del mandorlo della tua Sicilia, Antonio, che sono sempre i primi ad apparire. Cosí lo leggiamo nei Profeti. Pertanto, Dio lo si trova camminando, lungo il cammino. E qualcuno, ascoltandomi, potrebbe dire che questo é relativismo. É relativismo? Sí, se lo si capisce male, come una specie di panteismo confuso. No, se lo si intende nel senso biblico, secondo il quale Dio é sempre una sorpresa e mai si sa dove e come incontrarlo, perché non sei tu quello che fissa il tempo e il luogo per incontrarti con Lui. É necessario discernere l´incontro. E per questo il discernimento é fondamentale”.
“Un cristiano restaurazionista o legalista, che vuole tutto chiaro e sicuro, non incontrerá nulla. La tradizione e la memoria del passato devono aiutarci a riunire il valore necessario per aprire nuovi spazi a Dio. Colui che oggi cercasse sempre soluzioni disciplinari, colui che tende alla “sicurezza” dottrinale in modo esagerato, colui che cerca ostinatamente di ricuperare il passato perduto, possiede una visione statica e involutiva. E cosí la fede si trasforma in una ideologia come tante altre. Da parte mia, ho una certezza dogmatica: Dio sta nella vita di ogni persona. Dio sta nella vita di ciascuno. E perfino quando la vita di una persona é stata un disastro, quando i vizi, la droga, o qualsiasi altra cosa, l´hanno distrutta, Dio sta nella sua vita. Si puó e si deve cercare Dio in ogni vita umana. Anche quando la vita di una persona é un terreno pieno di spine ed erbacce, ospita sempre uno spazio in cui puó crescere la buona semente. Bisogna fidarsi di Dio”.

27 settembre 2013

IL DENARO CORROMPE

"La schiavitú del denaro produce vanitá e orgoglio, e corrompe: questo non é comunismo, ma Vangelo puro" - dice papa Francesco. Il vangelo di domenica scorsa insegnava a fare il lavaggio di denaro sporco: “Conquistate degli amici con il denaro ingiusto affinché, quando vi mancherá il denaro, essi vi accolgano nelle dimore eterne”. Per “quando vi mancherá il denaro” credo che si possa intendere: “quando il denaro non vi servirá piú a niente!” Immagino che Gesú non avesse intenzione di elogiare gli imbroglioni. Nella sua mentalitá (quella del Regno di Dio), in una societá disuguale il denaro é sempre un pó ingiusto, perché non é condiviso: nemmeno quando é guadagnato onestamente. “Non potete servire a due padroni, a Dio e al denaro”. Nell´economia moderna (ma anche in quella antica), difficilmente riusciamo a mettere in pratica sempre questo orientamento. Peró, riconosciamolo, ci sono piú persone che usano il denaro per la famiglia e gli amici, che per accumulare. Il problema é che l´economia é organizzata per servire al lucro accumulato, non alla felicitá condivisa di tutta l´umanitá. E questo ci rende tutti piú infelici. Siamo esseri umani. non siamo bestie, peró la tendenza (il consumismo, il mercato), non ha né cuore né cervello e trasforma e ci imprigiona nel suo ingranaggio, o ci addormenta la coscienza con i suoi metodi di persuasione sofisticati.
In clima di esercizi spirituali, il predicatore (Padre Savio, di Iesi), osservava che noi abbiamo cambiato le carte in tavola e diciamo: “Non potete servire a Dio senza il denaro”. Francesco, il papa, batte ripetutamente questo tasto. Rivela una ferma volontá di seguire la strada aperta da Gesú. Lui non usava il potere. Faceva solo del bene a tutti. Sappiamo tutti che questo cammino conduce alla croce. Mi hanno detto he Scalfaro ha chiesto a Francesco, in una lettera: “Lei pensa che la Chiesa possa stare in piedi e camminare senza l´uso del potere?” É una buona domanda. Io risponderei che la Chiesa ha ancora il marchio di Gesú grazie a milioni di persone che, una generazione dopo l´altra, hanno mantenuto il vita la “passione per il Regno di Dio” con la loro fedeltá, spesso eroica, alle beatitudini del Vangelo. Il marchio vero del cristiano sono le beatitudini. La Chiesa ha fatto pure alleanze col potere per secoli e secoli. In questo modo ha ottenuto un´espansione geografica e numerica. Oggi siamo circa 2 miliardi e mezzo di cristiani, ma divisi e in maggioranza imborghesiti. Cosí il cristianesimo diventa una religione come tante altre. Quelli che seguono seriamente il vangelo nella vita non sono piú del 3 per cento.
I preti sono 400 mila, i missionari 60 mila. Milioni di suore, religiosi, laici e laiche si donano per gli altri nei luoghi di maggiore sofferenza e solitudine, per portare la gioia, la speranza, la vita. Ieri é morta suor Genoveva, una suora francese della congregazione delle Piccole Sorelle di Gesú. Sono suore che hanno fatto la scelta di formare piccole comunitá accanto alle persone piú emarginate e disprezzate del mondo, testimoniando il Vangelo solo con lo stare vicino alla gente, vivendo la loro stessa vita, per amore e senza prediche né pressioni psicologiche. Lei, assieme ad altre due sorelle, ha vissuto piú di 60 anni accanto agli Indios Tapirapé, nell´Alto Araguaia. Io le visitai nel 1970. I Tapirapé erano una tribú che stava scomparendo. Erano rimasti in 50. Avviliti, praticavano l´aborto per non mettere al mondo dei bambini in quel Mato Grosso ostile, assediati com´erano dai latifondisti. Oggi sono 800, una tribú fiorente.
Notizie spicciole di Itaberaí: domani arrivano i nostri turisti religiosi, accompagnati dal parroco padre Severino. Hanno visitato la Palestina, Roma, Assisi e Fatima. Vi posto alcune delle loro foto pubblicate su facebook. Sta arrivando dalla capitale la doppia pista della statale. I lavori sono ormai vicino a noi. Ha giá suscitato entusiasmo, ma anche egoismi e difficoltá. Siccome il progetto prevedeva la costruzione di una tangenziale per evitare il centro di Itaberaí, una cinquantina di commercianti si sono premurati di convincere il governatore a desistere, e farla attraversare la cittá. Sono proprietari di distributori di benzina, ristoranti e bar, officine, che temono di perdere affari. Il governatore ha accettato volentieri, perché per lui é un risparmio. La gente del quartiere Vila Goiania, che in gran parte hanno costruito case e piccoli negozi accanto alla vecchia strada, sono ora in movimento con una sottoscrizione perche ritorni al progetto della tangenziale. I motivi sono evidenti: in questo tratto giá congestionato, abitano migliaia di famiglie che non sapranno come circolare e come attraversare. Il costo di vite umane e di gravi ferimenti é giá alto e aumenterebbe. Si prevede che le firme saranno molte, perché é nell´interesse di tutta la popolazione della cittá. Inoltre, quelli che hanno le abitazioni, spesso molto poveri, con la doppia pista verrebbero sloggiati e indennizzati al minimo, costretti a costruirsi o comprarsi la casa altrove. Per loro é un dramma.

16 settembre 2013

UN PADRE PER TUTTI

Le foto sono ancora quelle scattate sull´Appennino modenese.
Il testo che segue é stato scritto ieri notte, dopo l´ultima messa che ho celebrato nella chiesa parrocchiale immensa, rimessa a nuovo ma con um´acustica pessima. Il suono degli altoparlanti si perde nel vuoto e confonde pure chi parla: é um´afflizione. Al mio ritorno sono stato accolto con il solito calore umano che fa essere tanto bella la gente di Itaberaí. Ho giá consegnato tutti i regalini e lettere che mi sono stati affidati, da bravo postino. C´é un altro calore, qui, che avrei preferito evitare perché non é affatto umano: al pomeriggio abbiamo avuto sempre 32 gradi all´ombra. Ma dobbiamo ringraziare anche di questo, perché Dio ha fatto il sole e senza di quello non ci saremmo nemmeno noi. In compenso le notti sono gradevoli, e si dorme bene, a parte le “bombe”. Non quelle della Siria, per fortuna. Sono quelle dei mortaretti delle feste presenti o prossime: quella di Santa Croce, Santa Teresa, San Francesco, la Madonna Aparecida, che la gente ha giá cominciato a salutare in anticipo.
Domenica 15 settembre: Quattro giorni dopo la ripresa delle attivitá in questa parrocchia ho giá celebrato 25 battesimi....cosí mi é venuto, oggi, di meditare sul valore del Battesimo e degli altri sacramenti. Nel catechismo, il Battesimo é sempre definito come un atto che agisce “ex opere operato”. Nell´incontro di preparazione, ieri, i genitori e i padrini rispondevano quasi all´unanimitá: “Il battesimo é l´inizio della vita cristiana”. Questo é l´effetto della lettura dei vangeli. Fino a pochi anni fa, con minore conoscenza diretta dei testi dei sinottici, erano invece soliti rispondere: “É una benedizione di Dio sui bambini”. Paradossalmente sono tentato di pensare che avevano piú ragione quelli di questi. Infatti i vangeli affermano, sí, che “chi crede e riceve il battesimo é salvo”, ma parlano di battesimi di adulti. In ogni caso queste sono disquisizioni che non portano da nessuna parte.
L´ex opere operato é difficile per noi da accettare. Se lo pensiamo alla nostra maniera, guardando la realtá di Dio in forma contabile come se fossimo impiegati di una ditta religiosa, e pensando a vincere la competizione con le altre chiese e religioni, potremmo cullarci nell´illusione. In questa parrocchia battezziamo circa 300 bimbi all´anno. In dieci anni fanno 3 mila. Nel giro di 20 anni avremmo immesso 6 mila discepoli ex opere operato fedeli a Gesú in tutto e per tutto. Una cittadina di 35 mila abitanti sarebbe trasformata nello spazio di una generazione. Sappiamo che non funziona cosí. Ma sappiamo che non é possibile nemmeno negare che Dio operi per conto suo e alla sua maniera: l´ex opere operato puó significare questo, e non possiamo negarlo. Non siamo in grado di controllare e nemmeno conoscere l´azione di Dio su questi bimbi. In particolare, se intendiamo Dio come il Padre di Gesú, secondo il testo di Luca che abbiamo letto oggi (Luca 15), Lui é uno che ama indistintamente e pazzamente tutti gli uomini e le donne: perfino quel disgraziato giovane che si é allontanato da Lui ingiuriosamente, trattandolo come se fosse giá morto, poiché aveva preteso la sua parte di ereditá.
Dopo qualche tempo quel ragazzo arrogante e stupido si rese conto di aver buttato via i doni del Padre e la sua stessa vita, poiché era ridotto a fare lo schiavo di un padrone malvagio che lo umiliava a fare da guardiano dei porci e non gli dava nemmeno da mangiare. Forse questa parte della parabola rispecchia esattamente la situazione di uomini e donne della nostra epoca, che trattano la vita come un diritto e non come un dono. “La mia vita é mia, e me la gestisco io”. É ben vero che il Padre non fa nessuna obiezione, come non la fece il padre di quel figlio della parabola. Al Padre di Gesú non interessa salvaguardare la propria autoritá e non teme di andare in rovina se un figlio spreca l´ereditá. Non chiede a nessuno di restare con lui per obbligo, non minaccia e non é vendicativo. Non é come il Dio di taluni passi biblici, che richiede sacrifici e minaccia saette sui peccatori. Chi vuole andarsene, Lui lo lascia andare. E continua ad amarlo ugualmente.
A tal punto che, quando il figlio ritorna, Lui non l´ha dimenticato. Lo sta aspettando con ansia. Non gli lascia nemmeno il tempo di chiedere perdono. Non gli fa la ramanzina. Solo lo abbraccia, lo bacia e gli prepara una festa.
Forse, noi che abbiamo continuato ad andare in chiesa e siamo rimasti col Padre di Gesú, assomigliamo di piú all´altro figlio, quello maggiore. Il quale si é comportato bene, é rimasto a casa, ha lavorato i campi al servizio del padre, ha rispettato tutte le regole e usanze da persona perbene. Peró non ha preso da suo padre. Non ha imparato ad amare e a perdonare, é egoista e gli manca la generositá. Si arrabbia perché quel disgraziato di suo fratello é ritornato. Arriva perfino, nel suo rancore, a far capire che anche lui avrebbe avuto voglia di andarsene, almeno qualche volta, lontano da lui, prendendo qualche vitello grasso per fare festa con gli amici. Quindi, piú che rimanere con padre con gioia e per amore, vi era rimasto per paura e conformismo. Il padre della parabola non sgrida nemmeno il figlio maggiore. Lo tratta con affetto, e lo invita a partecipare alla festa. Il Padre di Gesú non ci fa nessuna recriminazione. ma ci invita a fare di questo mondo una festa di tutti. Non dimentichiamo che questa parabola, assieme alle altre di Luca 15 (la pecora smarrita e la dracma ritrovata), furono pronunciate da Gesú in risposta ai farisei e sadducei che lo accusavano di essere um trasgressore della legge: “Quest´uomo accoglie i peccatori e mangia con loro!” Scrive J. Antonio Pagola:
“In mezzo alla crisi religiosa della societá moderna, ci siamo abituati a parlare di credenti e non credenti, di praticanti e di lontani dalla Chiesa, di matrimoni benedetti della Chiesa e coppie irregolari. Mentre noi continuiamo a classificare i suoi figli e figlie, Dio continua ad attenderci tutti, poiché non gli appartengono solo i buoni e i praticanti. Egli é il Padre di tutti. Il figlio piú anziano interpella noi che crediamo di vivere accanto al Padre. Cosa stiamo facendo noi che non abbiamo abbandonato la Chiesa? Lavoriamo per assicurare la sopravvivenza religiosa osservando al meglio le prescrizioni, o per essere testimoni dell´amore immenso di Dio verso tutti i suoi figli e figlie? Stiamo costruendo comunitá aperte che sanno comprendere, accogliere e accompagnare quelli che cercano Dio in mezzo a dubbi e interrogativi? Innalziamo barricate o lanciamo ponti? Offriamo amicizia o li guardiamo con diffidenza?”
In quest´ottica, mi pare che il vescovo di Roma, Francesco, stia tentando e suggerendo una rivoluzione piú importante di quella che ci aspettavamo. Quando cerca il contatto diretto con le persone, telefona a casa della gente e scende in strada su una R4, ci mostra che non gli interessa affermare le prerogative e i poteri di papa, ma seguire la strada di Gesú manifestando nella sua persona l´amore del Padre. La sua prioritá non é stare e portare tutti in chiesa, ma aprire e svelare all´umanitá l´unica qualitá del Padre di cui possiamo essere certi: l´amore. Noi siamo discepoli di una persona, Gesú, che ha conquistato tutta la sua gloria e potere sul mondo attraverso la sconfitta umiliante della croce, come scrive ripetutamente l´apostolo Paolo nelle sue lettere e come abbiamo ricordato ieri, nella solennitá della Santa Croce.

13 settembre 2013

DI RITORNO COL VANGELO DI LUCA

Le immagini sono delle mie ultime camminate sull´Appennino.
Questa sera, finalmente, sono un poco piú tranquillo. Sono rientrato ieri a mezzogiorno, ed ho avuto parecchio da fare per riorganizzare la casa dopo aver disfatto le valigie, e per riprendere contatto con la routine di quí, ben diversa da quella delle ferie italiane. Ho giá dimenticato quasi tutto quello che mi aveva impressionato nei quasi due mesi di Italia. Pian piano credo che mi torneranno alla memoria. La prima che mi viene in mente é che anche lí come qui in Brasile, in quanto a feste, non si scherza. In luglio e agosto, tra sagre, serate musicali o filosofiche, eccetera, la gente si ritrova insieme, mangia, beve, e si diverte. Meno male. Di fatto si vede bene che la crisi colpisce duramente. C´é gente che soffre e si dispera, e si ascoltano molti discorsi rabbiosi e pessimistici. Ma il livello di vita é mediamente ancora alto, e la gente vuole vivere. In un momento cosí minaccioso per la pace mondiale e cosí povero di prospettive, queste manifestazioni popolari possono essere il luogo in cui l´umanitá si rifugia e rinasce. Credo che in Italia bisognerebbe vincere quel maledetto individualismo che corrompe e deforma la visione della vita sociale e politica: non si é ancora ritrovata nella popolazione una unitá di intenti per organizzare lo Stato al servizio della felicitá e del benessere di tutti. Questo individualismo si sta facendo strada anche qui. É nella radice del cuore umano, ma é un istinto bestiale che dovrebbe essere “umanizzato” dalla conoscenza e da un rafforzamento dei sentimenti di solidarietá.
Ad Itaberaí stasera (poco fa) si é conclusa la Settimana Biblica. Hanno fatto quattro giorni di studio del Vangelo di Luca, che é quello che si legge nelle domeniche di quest´anno. Ho fatto in tempo a prendere le ultime due serate. Um bel lavoro, con una partecipazione modesta per le nostre tradizioni (solo una ottantina di persone), peró molto attenta e vivace. L´atto finale é stato un piccolo banchetto con le cose mangerecce e le bevande portate da ciascuno, segno della condivisione e dello “spezzare il pane”. Domani sará un giorno importante per Itaberaí: alle tre del mattino, per la prima volta nella storia di questa cittá, parte un gruppo di 36 pellegrini accompagnati dal parroco (Severino) per visitare la Palestina. Andranno in corriera fino a Goiania, poi in aereo a Bologna, Roma, Tel Aviv. Il ritorno sará tra quindici giorni, con qualche sosta anche in Italia (Roma e Assisi sicuramente). Due diversi tipi di approccio alla Bibbia.... Buon viaggio. É un lusso che pochi, ancora, possono permettersi, ma se servirá ad avvicinare questi pellegrini all´umanitá di Gesú, sará un risultato eccellente.
É vero che si diventa cristiani a partire dalla risurrezione di Cristo, ma questo é un atto di pura fede, non dimostrabile storicamente. L´único modo che abbiamo per certificare che Gesú é Figlio di Dio ed é risorto sono le opere che Egli ha compiuto (mi conoscerete dalle opere che io faccio) e da quelle che continua a compiere tra noi (ne farete di piú grandi). Le opere di Gesú sono misericordia, perdono, dono di sé, portare gioia e umanitá. Continuano ad accadere, spesso anche per mezzo di persone che esplicitamente non credono in lui ma agiscono come lui.
Il Vangelo di Luca ci ha sollecitato e sfidato, nei mesi scorsi, a percorrere la strada di Gesú per cambiare il mondo: “sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse giá divampato!” “Quando inviti qualcuno a pranzo o a cena, non invitare parenti e amici che possono retribuirti, ma invita i poveri, i ciechi, gli storpi e i mutilati, che non possono ricambiarti”. “Sforzatevi di passare per la porta stretta”. E la parabola di Gesú sul fico che non dava frutti, e che assomiglia tanto al nostro cristianesimo borghese che si alimenta di qualche sacramento e qualche osservanza religiosa ma non é capace di umanizzare le relazioni umane, di accogliere gli sconfitti, di condividere le conquiste del benessere, di rendere gioiosa la vita di chi ha molto arricchendola di generositá e di condivisione con chi ha bisogno di aiuto. Gesú voleva una umanitá gioiosa, solidale, fraterna, e una Chiesa portatrice di una Buona Notizia per quelli che sono abbattuti dalla miseria, dalle malattie, dalla perdita di senso. Il suo non é il modo normale di intendere e vivere del nostro tempo, nemmeno della maggioranza di noi cristiani. Sembra, a volte, che noi ascoltiamo queste letture tranquillamente, senza rimanerne sconvolti, e le traduciamo in modo da potercela cavare con qualche momento di commozione, con un´elemosina e alcune preghiere per i sofferenti.
Abbiamo bisogno di uno scossone. Se ci adattiamo (e ci siamo giá adattati troppo) a questo mondo che ha scelto come legge fondamentale “accumulare” e non “spezzare” il pane, tutta la nostra religiositá nel nome di Gesú, Maria e i santi, diventa una farsa. Di fatto la religiositá e la ricerca di rapporti piú umani sono ancora molto vivi e forti, soprattutto quí in Brasile, ma si sente e si vede che vengono corrosi rapidamente, giorno dopo giorno. Gli alimenti, la casa, la medicina, la scuola, sono sempre piú privatizzate e care man mano che crescono in qualitá. Stiamo camminando nella direzione di un mondo sempre piú fatto per i ricchi e senza compassione per i poveri. Forse é per questo che, nella legge di Mosé, il secondo comandamento era “non nominare il nome di Dio invano”.

2 settembre 2013

DOPO LE FERIE: CON GIOIA

Riprendo il mio blog dopo due mesi di silenzio. Nel frattempo sono venuto in Italia. Non posso fare a meno di rivedere ogni tanto luoghi o persone cui sono legato da affetti e memorie. Sono ancora qui, però mancano pochi giorni. Se tutto corre secondo i piani, il giorno 11 settembre sarò di nuovo nella mia sede di Itaberai per riprendere il lavoro. Nel frattempo il vescovo di Goiàs ha mandato una lettera a tutti i preti preannunciando cambiamenti e chiedendo pareri: vedremo cosa succederà nei prossimi mesi.
Agosto non è adatto per incontrarsi con le persone e risolvere problemi in Italia: gli uffici sono chiusi e molta gente va via, in ferie. Tuttavia a Serramazzoni ho trovato tranquillità, un clima favoloso e tutt’ intorno queste magnifiche montagne per saziare gli occhi e fare qualche camminata rigeneratrice. Ho goduto della convivenza e accoglienza di familiari e amici antichi e nuovi. Incontri assai proficui e gratificanti: con escursioni in montagna, lunghe conversazioni in casa e in pizzeria. Vignolesi, montesini, comunità del Villaggio, riminesi, varesini, confratelli, preti e laici ex colleghi di Brasile. Molto accogliente pure l’arcivescovo che mi ha invitato e intrattenuto affabilmente per uno scambio di vedute. Grazie a tutti, perché le mie ferie senza di loro sarebbero state una noia. Invece sono state ottime per la salute fisica e dello spirito.
"Il Brasile non interessa più" - si dice. Non è del tutto vero, poichè sono ancora tanti i modenesi, soprattutto laici, che si interessano, visitano, ci stanno vicini e si sentono beneficiati spiritualmente da questo intercambio con un'altra chiesa locale. Ma, effettivamente, pare che non ci siano più candidati a continuare la collaborazione con la Diocesi di Goiàs. Noi cerchiamo pure, ogni tanto, di scoprire le "colpe" di questa indifferenza o incomprensione:abbiamo sbagliato noi? Hanno sbagliato altri? Non credo che sia importante. Siamo tutti umani e commettiamo errori, ma abbiamo cercato sostanzialmente di essere fedeli al vangelo e alle esigenze di costruire la Chiesa Popolo di Dio, alleata degli oppressi e testimone della misericordia di Dio verso i poveri. Non lo abbiamo fatto per ottenere riconoscimenti. Come spiega, giustamente, un mio collega, "era prevedibile e necessario che, facendo certe scelte, fossimo incompresi da chi faceva scelte diverse". Anzi: era il minimo che ci si potesse aspettare.
Chi ha la fortuna di essere di nuovo nella Diocesi di Goiàs, percorrere le medesime strade di 50 anni fa, incontrare e celebrare con le stesse comunità e camminare con i numerosi gruppi di operatori e operatrici pastorali laici e laiche, conosce molti motivi per rallegrarsi dei buoni frutti di ciò che abbiamo fatto sia pure imperfettamente. I risultati sono visibili e e abbondanti. Gioia, gioiae gioia, unita alla preoccupazione per i problemi che stiamo vivendo oggi. Pure il Brasile è cambiato, sta cambiando, e ci sono da affrontare nuove e grandi sfide, ma questo toccherà alla Chiesa locale, che oggi è in condizione di camminare anche da sola. Noi, tre o quattro anziani stranieri "sopravvissuti" in quella diocesi, e ormai non più in primo piano, ci stiamo dedicando il più possibile a formare uno spirito missionario anche in quella Chiesa, perchè una Chiesa non è mai completamente di Cristo se si chiude in sè stessa. Fu il motivo per il quale nacque l'iniziativa Fidei Donum, che ebbe come fondamento questo richiamo del papa Pio XII ai vescovi: aprite il cuore alla "sollecitudine di tutte le Chiese. Altro che indifferenza!
Abbiamo dovuto condividere, purtroppo, avvenimenti tristi: la crisi mondiale, la disoccupazione in Italia, la situazione medio-orientale a rischio di causare un altro pezzetto di guerra mondiale. Lo stupore e lo sdegno per la faccia tosta del nostro Alì Babà coi suoi 40 ladroni che tengono il nostro paese in ostaggio. E ancora di più per la rassegnazione e assuefazione della gente a questo clima indecente. Sembra che sia molto diffusa nell’opinione pubblica italiana la convinzione che la giustizia, i diritti umani, l’onestà e perfino la democrazia e l’uguaglianza di diritti e doveri siano impraticabili. E’ una situazione strana, mai vista prima e inaccettabile per un paese civile. Non possiamo tapparci gli occhi e gli orecchi: tira una brutta aria. C’è in giro anche molta insofferenza verso questi sfollati dalla miseria e dalle guerre, che arrivano e sono sempre più spesso accolti con ingiurie e minacce. L’antipolitica che si sente nelle conversazioni, il fare di ogni erba un fascio, mi pare che non aiutino ad avanzare verso la soluzione dei problemi. Ma, come dice il papa Francesco, dobbiamo fuggire dal pessimismo per non dover andare dallo psichiatra, che costa troppo.
Abbiamo anche motivi di ottimismo. Il mio ononimo Francesco, ad esempio, ci fa respirare aria nuova: se non altro, una gerarchia e un clero più vicini alla gente, più spirituali. Mettiamo l’accento più sull’amore misericordioso, più sul vivere in Cristo e vivere il mistero della salvezza, più sulla gioia di seguire Gesù. Le letture del Vangelo di Luca di questo periodo hanno aiutato molto a capire lo spirito di Gesù. Siamo una Buona Notizia per i poveri? Portiamo gioia, vita, speranza ovunque andiamo? Abbiamo mantenuto acceso il fuoco che Gesù ha voluto portare sulla terra, e lo sentiamo ancora ardere nelle nostre parrocchie e diocesi? Abbiamo ancora la stessa passione che aveva Gesù per i sofferenti e gli oppressi, per la vita in comunità e per la fratellanza? Lavoriamo per soddisfare i bisogni più profondi dell’essere umano, o seguiamo semplicemente l’andazzo generale? Passiamo per “la porta stretta” vivendo nello spirito del perdono, della misericordia, della verità, della giustizia, dell’amore vero che rende liberi? O semplicemente ci siamo adattati ad una via di osservanza “abbiamo mangiato e bevuto con te, e tu hai insegnato nelle nostre piazze”! Abbiamo almeno tentato di fare la scelta preferenziale per i poveri? “Quando devi dare un banchetto non invitare, fratelli, amici e parenti che ti possono ricambiare; ma invita i poveri, i mutilati, gli zoppi e i ciechi, che non possono darti niente in cambio…”
Credo che si possa dire che ci sono ovunque molte persone che vivono tutto questo, ma io con queste letture mi sono sentito interpellato e richiesto di una conversione più profonda e concreta. Non possiamo seguire Gesù nell’intimo e poi amministrare la parrocchia e fare pastorale secondo i criteri mondani: interesse, proselitismo, ricerca del successo e del trarre vantaggio da ogni cosa che si fa.

30 giugno 2013

AUGURI E A RISENTIRCI !

Con questo post auguro ai lettori buone ferie estive e interrompo il blog. Torneró a pubblicare nel prossimo settembre sperando di trovare nuove idee per renderlo piú vivace. É un modo di dire: cosa volete mai che inventi! Continueró a comunicare volta per volta notizie e pensieri, semplicemente, per quelli a cui interessa.
Giugno é il mese dal clima piú bello in Goiás. Di notte si sta circa sui 18 o 20 gradi. Di giorno il sole picchia molto forte ma non c´é afa. Quest´anno é anche piovuto alcune volte, e il paesaggio é ancora verde. Solitamente non piove e il cielo é sempre tersissimo, con molta luminositá e colori forti. Luglio, mese di ferie “invernali” é solito portare siccitá, paesaggi ingialliti, vento e molta polvere. Le scuole chiudono, e moltissimi (quelli che possono!), si trasferiscono sulle spiagge del fiume Araguaia, che diventano affollate. Costruiscono le tende accanto all´acqua, sedie da bar sotto i teloni, naturalmente con televisione e lavatrice....é la nostra Rimini. Fingono di pescare (ma i pesci si trasferiscono in zone piú tranquille), bevono molta birra, mangiano carne alla griglia e assistono ai programmi televisivi. Le scelte possibili sono: 1) programmi religiosi (messe, rosari e adorazione del Santissimo). 2) Novelas. 3) Delitti commentati e raccontati nei dettagli per ore ed ore. 4) Programmi di vendita: elettrodomestici miracolosi, elettronica, aste di bestiame.
Mentre scrivo, quí accanto c´é un immenso tendone in cui si svolge la “festa del peão”, una manifestazione della cultura contadina. Il peão é il nostro “cow boy”, al servizio degli allevatori di bestiame. Di fronte alla modernizzazione dell´agricoltura e degli allevamenti, mantiene vivo il fascino di un passato in cui condurre mandrie di buoi era un mestiere per giovani agili e forti. Ha il fascino dell´epopea. Fanno un chiasso incredibile, quí nelle case vicine non si dorme. Cominciano verso mezzanotte e vanno avanti fino all´alba. In tre notti ci va tutto il paese...Ogni tanto interrompono lo show per momenti di silenzio e preghiera. Questo é un altro mondo. Poi raccontano e cantano. Canzoni tradizionali con testi commoventi, di amore e di storie popolari. Le voci non sono gran ché, i chitarristi ancora meno, ma alla gente piace molto perché sono dal vivo e ricordano i tempi in cui in campagna si suonava e cantava davanti ai casolari sotto la luna.
Altra grande attrazione di questi giorni é la novena della Santissima Trinitá nel santuario di Trindade, dedicato al Divin Pai Eterno. É la tradizione piú forte dello Stato di Goiás e del vicino Tocantins. Un fenomeno impressionante di devozione popolare che ancora in crescita. Da ogni angolo partono carovane di pulmann, muli, carri trainati da buoi. Vanno al Santuario a pregare, a divertirsi, a pagare i loro voti, generalmente “di propiziazione”, per un parto felice o per una guarigione, per grazie ricevute. Il giorno della festa, che cade sempre nella prima domenica di luglio, milioni di persone parteciperanno alla messa e alla processione. É una festa anche per i borsaioli e gli assaltanti. Io ci sono andato un paio di volte nelle prime “romarie della terra”, che coincidevano per luogo e data, ma non ho preso parte alle celebrazioni tradizionali e non mi sono tuffato nella folla. Chi lo ha fatto é rimasto impressionato. Non ho una vera passione per queste cose. Ammiro questa religiositá spontanea che, in fondo, é molto simile a quella che si ritrova in diversi salmi della Bibbia. Vedo nella gente l´entusiasmo per il sacrificio, che sembra diventare per molti quasi un piacere. La maggior parte dei pellegrini ci va dalla capitale, a piedi, camminando per circa 20 chilometri dalla periferia di Goiania fino alla cittadina rurale di Trindade.
Durante la settimana dal 14 al 21 luglio arriveranno invece i giovani pellegrini stranieri diretti alla Giornata Mondiale della Gioventú, a Rio de Janeiro. Se ho capito bene, sono piú di cinquecento quelli che verranno a fare quí in diocesi la preparazione: vengono dal Belgio, dalla Germania, dall´Italia, Francia e Spagna, e alcuni paesi latino-americani. Sono stati divisi tra le parrocchie della Diocesi. I modenesi andranno a Jussara, la parrocchia di don Maurizio. Quí da noi vengono quelli del Perú e alcuni belgi. Faranno tre giorni di missione nelle parrocchie assieme ai nostri, visitando famiglie. Non so cosa ci salterá fuori, ma poi andranno nella sede della Diocesi, Goiás, e rimarranno lá altri due o tre giorno a visitare e fare meditazioni e ore di preghiera col nostro vescovo e con gli assistenti della Pastorale giovanile. Infine andranno all´aeroporto e raggiungeranno Rio, portando le loro grandi croci di legno come simbolo, per il grande incontro. Pure con il papa, probabilmente.
Ieri non ho fatto in tempo a pubblicare il post, perció aggiungo: oggi, in Brasile solennitá dei Santi Pietro e Paolo (anniversario della mia prima messa), mentre celebravo la messa nella Cattedrale di Itaberaí, la squadra brasiliana batteva quella spagnola. A messa c´era sí e no un terzo dei fedeli soliti. Io non ho visto la partita, mi hanno detto che é finita 3-0. Il calcio, le feste e la fede (multiforme, multietnica, multiculturale, relativamente ecumenica se non addirittura sincretistica) uniscono il popolo brasiliano. La cosa che mi sorprende, e l´ho giá scritto altre volte, é che questa comunione di sentimenti non produca gli effetti sperati. L´educazione dei ragazzi e dei giovani, il servizio sanitario pubblico per i piú poveri, il rispetto delle norme stradali e altri valori essenziali per erradicare la violenza che imperversa nella societá, sono sentiti e presi a cuore da pochi. Milioni di bimbi crescono senza una vera família, senza scuola e servizi di formazione, educati all´odio e alla ricerca del denaro a qualsiasi costo. Assaltano e uccidono. Con l´aiuto di canali televisivi che speculano sui loro delitti e sul dolore delle vittime o delle loro famiglie, la gente grida alla pena di morte invece di fare un esame di coscienza e impegnarsi anche finanziariamente ad educare meglio. É una pena vedere quanto si spende per lo sport e gli spettacoli, sapendo che manca sempre il denaro per promuovere la salute, l´educazione, l´ordine pubblico.
Una signora spagnola ha scritto una lettera di protesta al papa, pubblicata in un sito cattolico, perché il prete, dopo un battesimo, ha detto: “Ora questo bambino é figlio di Dio”. Lei, gravida, a quelle parole si é toccata il pancione dicendo: “Hai sentito, piccolino? Stanno dicendo che tu non sei ancora figlio di Dio”. E chiede che il papa corregga questa teologia sul battesimo. In effetti la signora ha ragione: siamo tutti figli di Dio, con battesimo o senza, prima o dopo il sacramento. Io faccio decine di battesimi ogni mese e lo dico sempre! Il sacramento ci inserisce nella Chiesa, Popolo di Dio, comunitá di quelli che volontariamente si convertono a Gesú e si fanno suoi discepoli. Non consta in nessun testo biblico, ad esempio, che qualcuno dei discepoli di Gesú sia stato battezzato: e Gesú riconosceva la fede sincera perfino dei pagani. Non c´é bisogno che il papa corregga la teologia: c´é giá tutta su molti libri. Il problema é che nella predicazione e nella catechesi, fatte assai spesso a spron battuto per mancanza di tempo, perché ci si rivolge a un pubblico svogliato e frettoloso di osservare il precetto e tornarsene a casa a vedere la TV, usiamo un linguaggio infantile e impreciso. Se il papa volesse personalmente correggere tutte le storture e strampalerie teologiche delle nostre omelie e delle lezioni dei catechisti, avrebbe um bel filo da torcere. Oltretutto dovrebbe spiegare che il battesimo non é um rito magico. Negli adulti, presuppone la conversione a Gesú Cristo e l´impegno di seguire la via del Vangelo, che egli ha aperto per noi. Si é creata la tradizione di battezzare bambini, e noi la conserviamo per buona pace, nella speranza che i genitori creino, nella loro famiglia, un clima in cui il bimbo possa assorbire il sentimento della fede e dell´amore al bene, e poi crescendo possa scoprire Gesú e fare una scelta personale. Se questo non avviene, il battesimo é inefficace. Serve ad aumentare il numero di coloro che si dichiarano cattolici e lo sono solo ufficialmente. Un incremento alla nostra comune mediocritá.

22 giugno 2013

IL BRASILE IN FIAMME !

Questa domenica sera, nelle fazendas e villaggi di tutto il Brasile, cominceranno ad ardere i faló di San Giovanni Battista. Illumineranno e riscalderanno le notti fredde di giugno. Intorno ad essi la gente canterá il rosario, battezzerá alcuni bambini col fuoco, danzerá e berrá le sue dosi di cachaça. Ma c´é un altro fuoco che si é acceso nelle ultime settimane. O si é riacceso, dopo tanto tempo di apparente indifferenza. Le manifestazioni che in questi giorni sono scoppiate partendo da Rio e São Paulo come protesta contro l´aumento delle tariffe del trasporto pubblico, si sono diffuse a macchia d´olio e sono arrivate anche da noi, in queste campagne del centro. Ho seguito poco e male gli avvenimenti, perció spero che le televisioni italiane vi abbiano informato sugli episodi gravi di disordine e violenza meglio di quanto potrei fare io. Vi trasmetto appena alcuni documenti che mi sono sembrati piú utili per capire il significato di questi fatti. Il movimento degli insoddisfatti non accenna a diminuire, anzi aumenta e man mano si aggiungono altri motivi di protesta. Sono giá in programma sfilate di protesta anche nelle nostre piccole cittá dell´interno, e in qualcuna sono giá avvenute.
E la Giornata Mondiale della Gioventú, convocata a Rio de Janeiro verso la fine di luglio, con la visita del papa? Le proteste comprendono le spese enormi per i Mondiali di calcio e per questa manifestazione, mentre per tanti servizi pubblici (sanitá, scuola, trasporti pubblici) si taglia sulle spese. Forse sarebbe ora di riflettere su questi mega-raduni che hanno effetti piú mediatici che spirituali? Sono convinto che qualcuno piú in alto di me ci sta pensando. Il papa Francesco nei giorni scorsi ha elogiato e riconosciuto il valore evangelico della Teologia della Liberazione. Dite che mi sia piaciuto? Mica poco, ma tantissimo issimo issimo! Dopo una giornata di tempesta, incertezze e magoni, vedo davanti a me... un tramonto piú sereno? (meglio dirlo piano che non porti iella!)
São Paulo, 19 giugno 2013 Cara Presidente, Il Brasile ha assistito, questa settimana, a mobilitazioni accadute in 15 capitali di Stato e centinaia di cittá minori. Siamo d´accordo con le sue dichiarazioni che sostengono l´importanza per la democrazia di queste mobilitazioni, ben sapendo che i cambiamenti necessari al paese passeranno attraverso la mobilitazione popolare. Piú che un fenomeno congiunturale, le recenti mobilitazioni dimostrano la graduale ripresa della capacitá di lotta popolare. É questa resistenza popolare che rese possibili i risultati elettorali del 2002, 2006 e 2010. Il nostro popolo insoddisfatto delle misure neoliberali votó a favore di un progetto diverso. Per la sua realizzazione, quest´altro progetto affrontó grande resistenza principalmente del capitale speculativo e di settori neoliberali che vanno avanti con molta forza nella societá. Ma affrontó pure i limiti imposti dagli alleati dell´ultima ora, una borghesia interna che nella disputa delle politiche di governo impedisce la concretizzazione delle riforme strutturali come é il caso della riforma urbana e del trasporto pubblico.
La crisi internazionale ha bloccato la crescita, e con essa la continuitá del progetto che ha permesso questo ampio fronte che fino a questo momento ha sostenuto il governo. Le recenti mobilitazioni hanno come protagonisti un ampio ventaglio di gioventú che partecipa per la prima volta di mobilitazioni. Questo processo educa coloro che vi partecipano, permettendo loro di capire la necessitá di affrontare coloro che impediscono al Brasile di avanzare nella democratizzazione della ricchezza, dell´accesso alla sanitá, all´educazione, alla terra, alla cultura, alla partecipazione politica, ai mezzi di comunicazione. Settori conservatori della societá cercano di sovrapporsi al significato di queste manifestazioni. I mezzi di comunicazione cercano di caratterizzare questo movimento como anti-Dilma, contro la corruzione dei politici, contro la spesa pubblica e altre scalette che impongano il ritorno del neoliberalismo. Crediamo che le proposte in agenda siano molte, come pure lo sono le opinioni e i modi di vedere il mondo presenti nella societá. Si tratta di um grido di indignazione di un popolo storicamente escluso dalla vita politica nazionale e abituato a vedere la politica come qualcosa di dannoso alla societá. Di fronte a quanto esposto, ci rivolgiamo a V. Eccellenza per manifestare la nostra posizione in difesa di politiche che garantiscano la riduzione dei biglietti del trasporto pubblico con riduzione dei guadagni delle grandi imprese. Siamo contro la politica di alleggerimento delle imposte di tali imprese.
Il momento é propizio perché il governo faccia avanzare programmi democratici e popolari, e stimoli la partecipazione e la politicizzazione della societá. Ci prendiamo l´impegno di promuovere ogni tipo di dibattito intorno a questi temi e ci mettiamo a disposizione per discutere anche col potere pubblico. Proponiamo la realizzazione, con urgenza, di una riunione nazionale, che coinvolga i governi statali, i sindaci delle principali capitali, e i rappresentanti di tutti i movimenti sociali. Da parte nostra siamo aperti al dialogo, e pensiamo che questa riunione sia l´unica forma di trovare vie d´uscita per affrontare la grave crisi urbana che colpisce le nostre grandi cittá. Il momento é favorevole. Sono le maggiori manifestazioni che la generazione attuale abbia mai vissuto e altre piú grandi ne verranno. Speriamo che l´attuale governo scelga di governare col popolo e non contro di esso.
Firmano um folto gruppo di associazioni e movimenti sociali organizzati: ADERE-MG - Associação Nacional de Pós-Graduandos (ANPG) - AP - Assembleia Popular Barão de Itararé - CIMI - CMP-MMC/SP - CMS - Coletivo Intervozes - CONEN - Consulta Popular - CTB - CUT - Fetraf - Fórum Ecumênico ACT Brasil - FNDC - Fórum Nacional pela Democratização da Comunicação - FUP - KOINONIA Presença Ecumênica e Serviço - Levante Popular da Juventude - MAB - MAM - MCP - MMM - Movimentos da Via Campesina - MPA - MST - Quilombo - Rede Ecumênica de Juventude (REJU) - SENGE/PR - Sindipetro – SP - SINPAF - UBES - UBM - UJS - UNE – UNEGRO. Nota della Conferenza Nazionale de Vescovi Brasiliani (CNBB): “Ascoltare il clamore che viene dalle vie”. Noi, vescovi del Consiglio Permanente della Conferenza Nacionale dei vescovi del Brasile (CNBB), riuniti a Brasilia dal 19 al 21 giugno, dichiariamo la nostra solidarietá e sostegno alle manifestazioni, purché pacifiche, che hanno portato nelle strade gente di ogni etá, soprattutto i giovani. Si tratta di un fenomeno che coinvolge il popolo brasiliano e lo risveglia ad una nuova coscienza. Richiedono attenzione e discernimento per identificarne i valori e limiti, sempre in vista della costruzione della societá giusta e fraterna che desideriamo.
Nate in modo libero e spontaneo dalle reti sociali, le mobilitazioni mettono in discussione tutti noi e dimostrano che non é possibile piú vivere in un paese con tanta disuguaglianza. Si basano su una giusta e necessaria rivendicazione di politiche pubbliche per tutti. Gridano contro la corruzione, l´impunitá e la mancanza di trasparenza nella pubblica amministrazione. Denunciano la violenza contro la gioventú. Sono, nello stesso tempo, testimonianza che la soluzione dei problemi che il popolo brasiliano attraversa sará possibile solo con la partecipazione di tutti. Fanno, cosí, rinascere la speranza quando gridano: “Il Gigante si é svegliato!”
In una societá in cui le persone hanno il loro diritto negato circa la conduzione della propria vita, la presenza del popolo nelle vie dá testimonianza che é nella pratica di valori come la solidarietá e il servizio gratuito all´altro che troviamo il senso dell´esistenza. L´indifferenza e il conformismo portano le persone, specialmente i giovani, a desistere dalla vita e diventano ostacoli alla trasformazione delle strutture che feriscono a morte la dignitá umana. Le manifestazioni di questi giorni mostrano che i brasiliani non stanno dormendo in “splendida culla” (parole dell´inno nazionale, ndt). Il diritto democratico a manifestazioni come queste deve essere sempre garantito dallo Stato. Ci si aspetta da tutti il rispetto alla pace e all´ordine. Niente giustifica la violenza, la distruzione del patrimonio pubblico e privato, la mancanza di rispetto e l´aggressione a persone e istituzioni, la privazione della libertá di andare e venire, di pensare e agire in modo diverso, che devono essere ripudiati con veemenza. Quando questo accade, si negano i valori inerenti alle manifestazioni, e si instaura una incoerenza corrosiva che porta al discredito.
Siano queste manifestazioni un rafforzamento della partecipazione popolare ai destini del nostro paese e preannuncio di nuovi tempi per tutti. Che il clamore del popolo sia ascoltato! Su tutti invochiamo la protezione di Nossa Senhora Aparecida e la benedizione di Dio, che é giusto e santo.
Brasília, 21 de junho de 2013. Firmato dai vescovi della Comissione Permanente della CNBB.