26 dicembre 2008

UN AUGURIO BIBLICO PER IL 2009


Oggi comincio una pagina in evoluzione, che completerò man mano nei prossimi giorni. Comincio con una foto ricordo del 1968, Un pò per vanità, un pò per dire come gli anni passano.... Me l'ha portata Tino, che allora era quel bimbo che vedete accanto a me e oggi è un omone grande e grosso. Lui era il paggetto. Fu uno di quei matrimoni umili che non si fanno quasi più, in una chiesina di campagna, tra contadini. L'essenziale, per loro, era il Sacramento dell'unione coniugale, ma non dispensavano alcune fotografie. Tino, adesso, nel tempo libero fa un ottimo apostolato tra i giovani della parrocchia. Per quel che ne so è l'unico che riesce ancora a fare esercizi spirituali a gruppi di giovani durante il carnevale.... E' stato fedele alla sua vocazione battesimale.

Sono passati 40 anni. Ora sta finendo anche il 2008, e noi di Itaberaì lo finiamo malamente. Poco prima di Natale abbiamo avuto due omicidi e due suicidi, oltre alla morte per infarto di un bravissimo animatore della comunità di Pastinho. Sebastiao, il padrone del boteco (specie di bar primordiale) all'angolo della mia strada, è stato ucciso a coltellate alle quattro del mattino, quasi davanti a casa mia. Io non ho sentito nulla. Dicono che due uomini l'hanno inseguito, e quando l'hanno raggiunto l'hanno lasciato lì in una pozza di sangue. Pare che non ci sia nessun testimone oculare: solo supposizioni. Forse un furto a mano armata, o forse una vendetta. Si parla di un tipo conosciuto come ladro, che era in prigione per essere stato denunciato da Sebastiao ed è stato rilasciato qualche settimana fa. Io vi descrivo spesso le meraviglie operate dal Vangelo tra i poveri, nelle comunità di base: ma è giusto ricordare anche che questi germogli - segno che il Regno di Dio è già in mezzo a noi - spuntano in un campo sempre disseminato di erbacce.

Dopo Natale, pensiamo già alla notte di capodanno. Il passaggio dell'anno ha sempre avuto un effetto suggestivo sulle persone. Non succede niente di straordinario, ma il semplice fatto di cambiare data stimola l'immaginazione. Forse che israeliani e palestinesi si metteranno d'accordo? Il presidente dell'Iran scriverà una lettera d'amore a Bush e Obama? Le guerre finiranno? I miliardari metteranno in pratica la proposta iperbolica che ho immaginato alcuni giorni fa in queste pagine? Nemmeno per sogno. Inizieranno, al contrario, altre guerre e la crisi finanziaria continuerà il suo corso. Non sembra che i responsabili abbiano intenzione di intervenire sulle sue vere cause. Tuttavia continuiamo ad augurarci un 2009 di pace e felicità, perchè l'augurio ci tira su e fa bene alla salute. La data è una buona occasione per rinnovare la speranza attiva che, in effetti, pian pianino può cambiare le cose.

Credo che le feste di fine anno abbiano radici non solo nelle religioni pagane, ma anche nella Bibbia che afferma: "Dio è Signore del tempo". Secondo il teologo Jean Luis Ska il libro della Genesi, raccontando la creazione, ripete tre volte questo postulato della fede: il primo giorno Dio crea l'alternanza del giorno e della notte. Il quarto giorno fissa le stelle del cielo costruendo il grande orologio che permetterà all'umanità di fare i suoi calendari. Il settimo giorno riposa, mettendo in risalto l'importanza di interrompere le occupazioni abituali e fermarsi a intervalli regolari, per dedicarsi ad attività gratuite e alla preghiera.

Noi cattolici celebriamo il primo gennaio come "giornata mondiale della pace", che è una maniera eccellente di metterci in sintonia con il Creatore. Durante la messa leggiamo, o riassumiamo, il messaggio del papa. La messa di mezzanotte, di felice memoria, non si riesce più a celebrarla. Nella notte di San Silvestro
i cenoni, veglioni, fuochi d'artificio e bòtti hanno preso il sopravvento. Il consumismo unisce i popoli? Pare proprio di sì, però c'è anche chi rimane fuori. Sabato scorso alcuni italiani in ferie da queste parti sono venuti con me a pregare in un accampamento di "senza terra" ai margini della strada. Sotto una tenda, alla luce del lampione a gas e sotto una pioggia torrenziale, seduti in circolo su letti e panche, una lettura biblica commentata dai partecipanti, rosario, e poi condivisione di caramelle e cioccolatini. Tanto per fare loro compagnia, perchè in questi giorni di feste sono più soli che mai. I compatrioti hanno notato che la situazione è poco lusinghiera, ma dignità e speranza non mancano. Dio infonde coraggio e fiducia. Mi hanno raccontato la storia di una bimba dell'accampamento a cui una signora, che si era fermata con la macchina per vedere la situazione, ha chiesto: "Che cosa chiedi a Babbo Natale?" Ha risposto: "Un pezzo di terra per il mio papà!" Auguriamoci che ognuna di quelle 60 famiglie, e tutte le altre del mondo intero senza un luogo per vivere e un lavoro dignitoso, ottengano questo in regalo.

Vi offro il mio augurio biblico per il 2009: il salmo 14 (13)!
L'insipiente dice in cuor suo: "Dio non c'è"!
Si sono corrotti, praticano azioni abominevoli:
non ce n'è uno che faccia il bene.

Dal cielo il Signore si china verso i figli di Adamo
per vedere se ne è rimasto qualcuno di buon senso,
qualcuno che cerchi Dio.

Si sono tutti traviati e anche ostinati:
non c'è chi faccia il bene,
non ce n'è nemmeno uno.

Forse che questi malfattori non si accorgono
di come calpestano il mio popolo
come se mangiassero pane?
E non invocano il Signore.

Tremeranno di paura
perchè Dio sta dalla parte dei giusti.

Voi potete confondere i progetti del povero
ma il suo rifugio è Dio.

Magari arrivi da Sion la salvezza per Israele!
Quando il Signore cambierà la sorte del suo popolo
Giacobbe esulterà e gioirà Israele!

19 dicembre 2008

AUGURI DI NATALE, CRISI E IL MIRACOLO


Per il secondo anno consecutivo questo blog fa gli auguri ai suoi lettori. Ve li faccio con questa icone e due versi di un inno composto e inciso dal contadino mistico Manelão (brasiliano): "Dentro alla notte buia della terra dura del mio popolo - nasce una luce raggiante, nel petto errante, è giunta l'aurora!".

Sarà giunta l'aurora? In alcuni momenti sembra di sì, ci sono dei segni. Altre volte il sole torna indietro e ricadiamo in una notte profonda. Una e-mail mi informa: "In Italia si prevede che, nel corso del prossimo anno, 600 mila lavoratori rimarranno disoccupati". Non so se la previsione è corretta, ma in ogni caso è assai triste. Dietro i lavoratori ci devono essere intere famiglie. Che cosa succede in una famiglia, quando vive nell'angoscia della disoccupazione e nelle ristrettezze economiche? Malumori, liti, separazioni, ragazzi che devono rinunciare agli studi, complessi di inferiorità e altro. Un quadro tutt'altro che natalizio. La crisi finanziaria sta producendo questi effetti tragici non solo in Italia ma in tutta l'Europa, negli Stati Uniti d'America e, naturalmente, in Brasile. La moneta brasiliana, che durante il governo di Lula aveva acquistato valore passando da 3,50 per ogni dollaro alla quasi parità, in questi giorni è tornata al punto di partenza. Manovre finanziarie internazionali che la gente come me non comprende. I ricchi privatizzano il lucro e socializzano le perdite, distribuendole ai poveri.

Il Natale, per noi cristiani, dovrebbe essere un avvenimento. Non può essere ridotto a una scorpacciata di tortellini, arrosto, vini pregiati, panettoni e spumante. Avremmo bisogno di fare ogni anno qualcosa di nuovo e sorprendente che dimostri che, almeno per noi, Gesù è venuto a cambiare il mondo. Meglio ancora: per noi, l'anno intero dovrebbe essere Natale. Mi sono messo a osservare, pensare e fare un pò di conti. Osservo ciò che fanno le comunità di base dei quartieri più poveri: hanno case modeste e anche un pò squinternate e la porta quasi sempre aperta. A uno manca il sale, l'altro ha bisogno di peperoncino, le massaie fanno uno scambio continuo di prestiti da una cucina all'altra, da un orto all'altro. Quando nasce un bimbo, i vicini organizzano una festa che si chiama "chà de fralda" (tè di pannolini), e per partecipare ognuno deve portare qualcosa di corredo da dare alla puerpera per le cure al neonato. C'è pure il "tè di casa nuova", in occasione del trasloco. Ogni settimana fanno l'incontro biblico, che finisce quasi sempre con la composizione di una "cesta bàsica" (sporta piena di alimenti di prima necessità) per qualche vedova in difficoltà economiche o famiglia colpita da malattie e disgrazie, oppure con una visita ai vicini più soli. Insomma i poveri la fanno risplendere davvero tutto l'anno l'aurora del Natale, nel loro piccolo! Come sarebbe diverso il mondo se facessero così anche i ricchi e....quelli così e così?

Quel Bambino Figlio di Dio che nasce ci chiede di fare così, di condividere ogni cosa giorno dopo giorno e di considerarci fratelli. Invece il "mercato globale" che cosa ci fa fare? Come spiega bene uno dei miei corrispondenti e-mail della montagna modenese, il mercato offre agli italiani l'ananas, l'avocado, la papaya e il mango, e ai brasiliani le pere, le mele e le pesche. I camion del Brasile fanno 3 o 4 mila chilometri per portare i pesci del litorale sud ai ricchi di Salvador, Recife e Fortaleza, e tornano a Porto Alegre carichi di pesci del litorale nord, per i ricchi delle città del Rio Grande del sud, Santa Catarina e Paranà! "Bella trovata" scrive il mio spiritoso e onesto corrispondente. "Perchè a noi non bastano le nostre crescentine col pesto, ciacci e zampanelle"?

Mettiamo che il minimo di cui ha bisogno un lavoratore italiano disoccupato sia 2 mila euro. Duemila euro per 600 mila fa un miliardo e 200 milioni di euro al mese. Dirigenti aziendali, giocatori di calcio, star del cinema o tv che arrivano a 500 mila euro al mese: quanti sono, tra voi, che credono in Gesù e ogni tanto si fanno il segno della croce? Forse un migliaio? Perchè, per un anno o due (la crisi non durerà in eterno!), non vi accontentate di 10 mila euro al mese, e offrite il resto ai disoccupati? Avremmo 490 milioni disponibili, che coprirebbero il fabbisogno di 245 mila famiglie. Io non vi posso aiutare, perchè il mio reddito è sotto i mille al mese: ma per voi, ricchi e credenti, la crisi è un'ottima occasione per dimostrare che la giustizia si può fare senza violenza! E voi che avete un reddito di poco inferiore: da 400 a 100 mila euro al mese, quanti siete? Se siete almeno duemila e imitate questo magnifico esempio dei più ricchi, avremmo altri 400 milioni circa, per altri 200 mila lavoratori. Deputati, senatori, ministri, governatori, magistrati, eccetera, con uno stipendio medio mensile di 30 mila euro, perchè non fate la stessa cosa? E voi, professionisti liberali, non offrite la parte di onorari che oltrepassa i diecimila al mese? Che bel Natale sarebbe, e che miracolo della moltiplicazione del pane! Tra l'altro: un paese con gente così non ha più paura di niente, e il mondo intero capirebbe che i cristiani, per mezzo di Gesù, hanno un rapporto con Dio molto speciale: Gesù è Dio con noi, Emmanuel. Date retta a un ingenuo come me: fate accadere l'impossibile! (Faccio finta di non sapere che i miei lettori non rientrano in queste categorie!)

Mi dicono: "Non può funzionare. Pagare uno stipendio a chi non lavora è un'idea orribile. Stimola la pigrizia, offende chi riceve e pure chi lavora sodo!" E' vero. Allora affidiamo a loro i lavori pubblici che le amministrazioni non fanno per mancanza di risorse: pulire e tenere in ordine parchi e giardini, le strade, i boschi di montagna, e simili. Ce ne sono tante di opere che nessuno fa e che sarebbero utilissime per la salute e il benessere collettivo.

Queste cose non accadono perchè nemmeno i socialisti più accaniti credono più alle uguali opportunità e all'uguaglianza. La competizione è l'anima del mondo del lavoro e del mercato neo-liberale. Per chi ha perso la gara ed è rimasto tagliato fuori le autorità civili e religiose pronunciano frasi di solidarietà nei loro discorsi, e noi spendiamo due parole e versiamo una lacrimuccia. Inutili ipocrisie. Per far splendere la luce di Cristo ci vuole ben altro! Per secoli il mondo ha assistito allo spettacolo di paesi cristiani che aggredivano, massacravano e spogliavano popoli africani, sudamericani e asiatici, riducendoli a colonie per arricchirsi: di presepi ne hanno visti tutti, ma di condivisione poca! Devo ammettere che ho visto qualche ricco praticare la solidarietà, almeno a titolo personale e privatamente. Ma con la struttura economica e politica che ha oggi il mondo, occorre qualcosa di veramente clamoroso, macro-economico, globale!

13 dicembre 2008

NATALE SENZA CHAMPAGNE


La costruzione delle nuove sale dell'asilo continua. Ora che sono arrivati i mattoni adeguati, i lavori procedono più speditamente. La fotografia è di lunedì scorso: ora il muro è salito un altro metro. I muratori sono del comune e vanno a ritmo di lavori pubblici, ma sono bravi. Oltre alla professionalità hanno la vocazione contemplativa, fanno lunghe pause di riflessione sui massimi sistemi. Si dice che è così che si raggiunge la saggezza. Ci siamo permessi di contrattare dei privati per riassettare e ringiovanire all'interno anche la parte vecchia.

Ormai comincia la novena di Natale. Dall'Italia, uno mi scrive: "Il Natale è diventato un business". Niente di nuovo, accade anche ad Itaberai, e non da ieri. E' una legge del mercato. A Natale bisogna che la gente spenda la tredicesima così i soldi girano e si può pagare un milione di euro al mese al giocatore di calcio, al pilota di formula 1 e al dirigente aziendale. Alcuni sono convinti che il Natale sia una favoletta per bambini, e che solo il denaro sia davvero importante nella vita: però si può sempre sfruttare la credulità per fare soldi! Questo è l'ateismo pratico. Oggi sono di moda anche gli "atei-devoti", cioè quelli che sostengono l'importanza della fede per tenere buona la gente. Il salmista spiegava (salmo 10): "L'ingiusto e superbo non riflette. "Dio non esiste" - è tutto ciò che pensa. (...) "Sono indistruttibile! Non cadrò mai in disgrazia! Frode e astuzia gli riempiono la bocca, sotto la sua lingua c'è cattiveria e oppressione. (...) Con gli occhi sta addosso all'innocente, in agguato - come un leone in un covile - si nasconde per azzannare il povero".

Il Natale non è un business per le comunità ecclesiali di base. Sono immerse nelle innumerevoli miserie umane: figli alcoolizzati e drogati, infarti e ictus, cancro e mille altre tragedie individuali e familiari, oltre la costante tragedia strutturale e globale dell'ingiustizia che ostacola la fratellanza e la condivisione e tenta di addormentare la coscienza umana. Ma la venuta di Gesù, per loro, è una speranza concreta anche in terra. Ogni sera, nella celebrazione eucaristica, cantano: "O vieni, Signore, non tardare più! Vieni a saziare la nostra sete di pace! Vieni come arriva la luce che si è spenta: solo la tua parola ci salva, Signore! Vieni come arriva la brezza del vento - portando ai poveri giustizia e buon tempo! O vieni come arriva il liberatore - dalle mani del nemico salvaci Signore!" La risposta al canto è venuta dalla lettura del profeta Isaia: "Non temere, Giacobbe, povero verme, non abbiate paura uomini d'Israele. Io vi aiuterò". "Poveri e bisognosi cercano acqua, ma non ce n'è. Rimangono con la lingua secca di sete. Io, il Signore, li soccorrerò, io, Dio d'Israele, non li abbandonerò".

Anselmo dice: "Voglio liberarmi dall'alcolismo, mi sento pessimo e non ho forza di volontà. Vorrei morire!" E Antonio: "Faccio il camionista da una vita, sono sprofondato in una depressione e mi sono messo a bere. Oggi ho dovuto andare dal padrone e dirgli: "Prenda la mia patente, questa settimana non lavoro: mi licenzi, se vuole, ma non posso mettermi sulla strada in questo stato". Ho bisogno di aiuto e solo Dio può darmelo. Verrò in chiesa". Ieri sera, nella messa della comunità San Pedro in casa di Ivan, avevo davanti Cris, dieci anni e aspetto vivace: non ha detto niente ma il labbro leporino e gli occhi trasformati in piaghe hanno parlato per lui. Helena, sette anni circa, in braccio a sua madre, il sorriso dolcissimo: le sue gambe paralizzate e ridotte a un filo hanno raccontato tutta l'angoscia dei suoi familiari che invocavano dal Signore, nella preghiera dei fedeli, la sua guarigione. Persone per cui il Natale non si riduce a una campagna-acquisti, ma proclama con le parole di Gesù: "Di tutti i nati di donna nessuno è maggiore di Giovanni Battista. Tuttavia, il minore nel Regno dei cieli è più grande di lui". Non è solo una speranza per il futuro, ma una dignità concreta riconquistata.

L'organizzazione del mondo è ingiusta, lo sanno tutti. Si spogliano del minimo indispensabile i molti, per arricchire i pochi. Avviene quasi automaticamente, e non basta credere un poco a Gesù e avere buone intenzioni: per cambiare la situazione occorre una conversione profonda, generalizzata e strutturale. Noi contiamo poco ma crediamo nella venuta di Gesù e ci sforziamo di non credere solo intellettualmente, ma di praticare la "condivisione". E allora celebriamo il Natale felici. Rinnovare questa fede ci rende più forti. Non facciamo i difficili: mettiamo anche le lucine confezionate a Taiwan dalle mani di povera gente come noi (e noi al dialogo interreligioso ci teniamo). Evitiamo solo il caviale e lo champagne, roba che puzza di sfruttamento, strafottenza e morte. Festeggeremo con le nostre cose caserecce, che profumano di natura, salute e gioia condivisa. Cantiamo insieme questo inno degli oppressi: "Vieni, vieni Signore Gesù, vieni! Vieni a liberarci, vieni a salvarci! L'ingiustizia è grande, il nemico è forte, vieni vincitore della morte! La nazione che ti adorava l'hanno fatta schiava, l'han colmata di dolore! Vieni, Signore!"

8 dicembre 2008

HAI RIVELATO QUESTE COSE AI PICCOLI (Luca, 10, 21)

Sabato e domenica la Diocesi di Goiàs ha riunito tutti i rappresentanti di base (una trentina di preti, una decina di suore e circa 70 laici e laiche). E' la consueta mini-assemblea trimestrale, che a fine anno diventa automaticamente una verifica dell'andamento delle attività nelle parrocchie e comunità. A me è toccato l'onere della relazione introduttiva: una analisi della "conjuntura" ecclesiale, cioè una panoramica generale della Chiesa nel momento attuale, a livello mondiale - ma focalizzando soprattutto la situazione brasiliana e locale. L'ho fatto senza vanto e senza offesa e mi pare di aver comunicato le cose giuste senza infierire. Alla fine ho notato che alcuni si aspettavano da me una posizione, diciamo così, più "aggressiva". Il materiale c'era, ma sono stato abbastanza saggio. Ho tenuto conto che lì c'era un sacco di gente del tutto innocente riguardo ai retroscena del mondo clericale. Lo scopo del mio intervento era di suscitare un dibattito per scegliere ciò che dovremo e potremo fare nella Chiesa locale, non provocare risse inconcludenti tra progressisti e conservatori. Paolo Richard, teologo centro-americano, scrive che il modello di Chiesa che ancora prevale si trova in uno stato di crisi irreversibile, per il quale non ci possiamo aspettare soluzioni per decreto. L'unica alternativa è lavorare per far crescere alla base una Chiesa-comunità di discepoli e discepole di Gesù che abbia come riferimento centrale il Vangelo. La ripresa è possibile solo ri-partendo dai "piccoli".

La società di oggi (post-moderna, come la chiamano) in Europa e America del Nord sembra provocare nei cattolici una fuga verso il passato, il ricorso a leggi dello Stato e alleanze con gli "atei devoti". E' paura, no? In questo modo si può ottenere qualche appoggio politico e alcuni finanziamenti. Non si frena certo la perdita di credibilità, che è la principale causa della crisi. La Chiesa di Gesù risplende ed è credibile solo con la "metanoia", come ci dice Isaia, il profeta di questo tempo di Avvento. Giovanni Battista predicava: convertitevi, perchè il Regno dei cieli è vicino". "Metanoia" è la parola greca usata nei Vangeli per indicare il cambiamento di mentalità, il pensare e agire secondo il Vangelo. La traduzione in lingue moderne dice semplicemente "convertitevi", ma il senso non è quello di convertirsi a una religione, bensì di cambiare la testa e il cuore, la nostra scala di valori. Ieri, a messa, ho chiesto alla gente: "Qual'è la cosa più importante nella vita, per voi? E' il denaro?" Tanti hanno fatto segno di no con la testa, e una giovane coppia ha detto a voce alta: "Neanche per sogno!" "Bene, allora non avete bisogno di convertirvi, almeno sotto questo aspetto". Una signora ha aggiunto: "Per me la cosa più importante è la salute!" "Ottimo, questo mi pare che piaccia anche a Dio". Il Vangelo di Marco, che era la lettura di ieri, non dice quali comportamenti bisogna cambiare. Luca, invece, dà alcune indicazioni precise: chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha, e smettetela di rubare, maltrattare il prossimo, calunniare, mentire, di essere avidi di denaro".

La nostra riunione di "Coordinamento Diocesano", riunita nel Centro Diocesano di Pastorale", ha recepito, discusso e trasformato in programma questo concetto: saremo autentici e credibili solo se ci faremo discepoli di Gesù Cristo. Perciò dobbiamo lavorare assiduamente per dare alle comunità ecclesiali di base una spiritualità e una formazione biblica, liturgica, ecclesiale e anche politica: perchè soltanto loro, che è gente tra la gente, hanno la possibilità di essere i missionari e missionarie che annunciano il Vangelo e trasmettono la fede. Per esempio: giovedì scorso ho "battezzato" il giovane Fabiano (vedi foto a destra). L'ho fatto "sub conditione", come si dice in gergo ecclesiastico, perchè aveva già ricevuto il Battesimo alcuni anni fa nella chiesa evangelica "Assemblea di Dio", che lo amministra validamente. Lui aveva fatto esattamente come tanti ragazzi cattolici, che vanno al catechismo costretti dai genitori, e dopo i sacramenti di iniziazione si liberano dagli impegni religiosi. Fabiano ha riscoperto Gesù Cristo incontrando un gruppo cattolico di giovani con cui si è sentito a proprio agio. Pare che stavolta abbia preso una decisione personale per tutta la vita. Gli ho infuso l'acqua solo per fare memoria del primo Battesimo (che, secondo l'uso degli evangelici, fu celebrato nel fiume!). Di nuovo gli ho dato solo l'unzione dei catecumeni, il "crisma", e la registrazione negli archivi parrocchiali. La stessa sera ha fatto la prima comunione insieme ad altri nove, che sono cattolici ma hanno una storia non molto diversa dalla sua. Ancora insieme, tra una quindicina di giorni riceveranno la Cresima dalle mani del vescovo.

Partendo da questo fatto che non è per niente isolato (in questi giorni in diverse comunità di periferia e campagna si celebrano Battesimi, Prime Eucaristie e Cresime di gruppi di adulti), potrei riprendere l'argomento su cui vi ho scritto alcuni giorni or sono: il sacerdozio battesimale. Nel caso citato si può dire "giovani che evangelizzano i giovani". Questo, forse, è un fenomeno tutto brasiliano: perchè dalle altre parti mi sa che la caratteristica dei gruppi giovanili parrocchiali sia di giocare all'oratorio e tenere occupati i cappellani (dove ci sono ancora). Ma non voglio trattare questo tema. Vorrei sottolineare, invece, come le profonde trasformazioni del mondo "post-moderno" abbiano anche dei risvolti positivi. E' vero che "il gregge" si è disperso parecchio (e questo vale per tutte le Chiese, non solo per la cattolica), ma è anche vero che adesso i pastori hanno a che fare con persone più decise a seguire Gesù Cristo e non con dei pecoroni come quelli che descriveva Dante Alighieri: "Quello che fa la prima e l'altre fanno". La Chiesa è sempre meno "massa" e sempre più "comunità" di individui che si trovano insieme per scelta personale. I giovanotti e papà e mamme che vedete nelle foto non sono di sicuro senza pecche: ma quando con-celebrano con noi fanno voglia a vederli.

Sicuramente è anche vero che i poveri, per la loro situazione strutturale, hanno una marcia in più nel capire e recepire il Vangelo. La crescita del Regno di Dio, regno di fraternità-pace-giustizia-liberazione degli oppressi", non è possibile senza fare i conti con loro. La "sete di acqua viva" di cui parla il Vangelo, tuttavia, non mi pare legata solo al potere acquisitivo. Mercoledì scorso ho celebrato in una fazenda in cui non ero mai andato. Lì il proprietario ha costruito una cappella in cui si riunisce tutto il vicinato. Non ho avuto l'impressione che la gente fosse lì in omaggio a lui perchè è più ricco. Ogni famiglia ha portato il suo vassoio di roba mangereccia per fare il consueto spuntino dopo la celebrazione. L'animatrice della comunità aveva preparato con cura il commento e i canti. Mi ha detto: "Noi abbiamo la nostra maniera, padre: all'inizio il fazendeiro fa l'accoglienza, poi leggiamo le intenzioni e lei comincia. La preghiera dei fedeli è libera". Credo che sia questo il piccolo segreto: hanno la loro maniera, e ci tengono a farla rispettare. Conoscono i loro diritti di battezzati. Cercano la comunione con tutta la Chiesa, ma guai a tentare di metterli al guinzaglio e togliere loro la soddisfazione di pensare con la propria testa. L'iniziativa di essere comunità-chiesa è cosa loro, un loro impegno personale con Gesù Cristo.

Per finire, permettetemi di segnalarvi due magnifici blog di don Augusto Fontana, un prete di Parma. Uno è http://giornoxgiorno.myblog.it/ che riporta la riflessione quotidiana del Vangelo delle comunità di un quartiere della città di Goias. L'altro è una sua presentazione della liturgia domenicale. Apriteli, forse vi piaceranno tanto che non li dimenticherete più.

1 dicembre 2008

SACERDOZIO BATTESIMALE, O NIENTE!

La foto è di un gruppo di adulti del quartiere (più che altro "adulte") che ieri hanno fatto la prima comunione. E' accaduto alle nove del mattino, nella chiesina di San Francesco. Erano cattolici solo di battesimo. Ad un tratto, l'incontro con le comunità di base locali li ha scossi dall'indifferenza. Riprendono un cammino abbandonato, forse, il giorno stesso del battesimo. Hanno fatto un anno di preparazione con due catechisti laici, Reis e Nercidia (la quinta nella foto, da sinistra). La settimana scorsa hanno partecipato con me ad un ritiro spirituale diviso in tre serate. Mancava solo la Marta, (la prima a destra), assente perchè ha dovuto assistere la sorella ammalata gravemente, che si trova all'ospedale a Goiania per un intervento. Dopo la celebrazione, la comunità ha lanciato il sorteggio di un porcellino per raccogliere fondi appunto per la sorella della Marta, perchè le cure sono lunghe e costose e la famiglia non ce la fa.

Questo gruppetto di uomini e donne, padri e mamme di famiglie giovani, è frutto di laici del luogo che si fanno carico della loro vocazione missionaria, decorrente dal battesimo. I cattolici che, dopo il battesimo, hanno smarrito la strada e non seguono più niente, sono milioni nelle periferie della città. Alcuni si accodano alle chiese evangeliche che pullulano in ogni quartiere, ma sono la minima parte. Credo che i più conservino qualche scintilla di fede dentro di sè, ma sono trasportati dall'onda senza un approdo. Ancora ieri, in una riunione di un altro quartiere (Fernanda Park), una signora di quella comunità riassumeva così la situazione: "Miseria, precarietà del lavoro, cattiva assistenza medica e abbandono delle periferie da parte delle autorità, poi bassa autostima, alcool e droga, prostituzione, furto e violenza". Da quando il sistema economico ha sconvolto l'economia rurale costringendo i contadini a migrare verso le città, i loro punti di riferimento sono andati in fumo. Le famiglie si disgregano, i padri e madri hanno perso l'ascendente sui figli e figlie. Sono impoveriti in tutti i sensi. Vanno alla deriva, se non hanno la fortuna di trovare una comunità cristiana viva e decisa a seguire Gesù "liberatore degli oppressi".

Che cosa possiamo fare noi preti? Siamo uno ogni diecimila, e vicini ai poveri solo col cuore e le buone intenzioni (quando va bene). La Chiesa-clero è una struttura lenta, pesante, centralizzata. In buona parte siamo prigionieri del centro città, dove risiedono i cattolici di tradizione, più esigenti. Oppure ci assorbe il lavoro strutturale, delle celebrazioni in decine di comunità e dell'articolazione delle pastorali. Solo tre suore, ad Itaberaì, possono dire di essere quasi sempre in mezzo agli esclusi, giorno dopo giorno. In queste condizioni il clero è costretto a scoprire, anche se fa fatica a capirlo, che esiste un "sacerdozio battesimale", che per molti secoli è stato esautorato e messo da parte, ma di cui oggi non si può fare a meno. Questo sacerdozio è quello dei laici e laiche: appartiene a loro. Anzi, stando a ciò che scrive San Pietro essi sono "sacerdoti, profeti e re", non laici e laiche. Rileggendo il Nuovo Testamento ci accorgiamo che la Chiesa non è nemmeno Chiesa di Cristo se si costituisce solo di clero e relega i laici a un ruolo di ascoltatori passivi. Forse questa situazione di crisi e precarietà del cattolicesimo è un dono di Dio che ci vuole costringere ad essere più fedeli al Vangelo e alla missione che ci ha dato.

Ieri è pure iniziato l'Avvento e abbiamo letto che Isaia, molti anni prima di Cristo, scriveva: "Ah se tu rompessi i cieli e scendessi tra noi!"(Is. 63,19). Tante volte anch'io, di fronte allo sconforto della situazione mondiale, lancio col cuore questo grido. Dio, tuttavia, è già sceso. Ci ha esauditi! Ora tocca a noi continuare a scendere assieme a lui verso i "bartimei" che gridano perchè ne hanno i motivi e il diritto (non verso i viziati, che gridano perchè non ne hanno mai abbastanza e se ne infischiano delle necessità altrui!). In una comunità ho ascoltato il caso di una famiglia che ha comprato un lotto a buon mercato per fare la casa, e ora chiede che la aiutino a comprare una tenda per andare ad abitare sul terreno e cominciare a costruire la sua baracca. E' una storia che si ripete ogni momento. Rinunciano anche alla casetta in affitto, per risparmiare i soldi per il loro progetto: tuttavia sono cominciate le piogge, e devono pensare a ripararsi. Una animatrice di comunità si è incaricata di fare una colletta per loro. E' per questo che il sacerdozio battesimale dei laici (laiche, soprattutto), è prezioso e indispensabile: vivono da poveri accanto ai poveri, parlano la loro stessa lingua e ne condividono le difficoltà e sofferenze, ma portano dentro di sè la luce e la forza di Gesù di Nazaret. State certi che il Vangelo continuerà a trasformare il mondo e a metterci dentro un cuore nuovo e uno spirito nuovo, e questo avverrà grazie a loro!

25 novembre 2008

CRISTO RE E LA GIORNATA DEI LAICI

A che punto sono i lavori dell'asilo? Ecco a voi l'immagine delle fondamenta pronte. Questa settimana arriveranno i mattoni e la costruzione comincerà a salire. Con la buona volontà di tanta gente questo progetto sarà presto realizzato. E' un piccolo progetto. Il progetto della Chiesa Latino-americana, lanciato dai vescovi nell'Assemblea di Aparecida do Norte, è assai più complesso, esigente e irto di difficoltà. Propongono una comunità cristiana di discepoli-discepole e missionari-missionarie che vivono secondo il Vangelo. Quando riusciremo a realizzarlo?

I vescovi latino-americani, in pratica, ripropongono il progetto di Gesù: la costruzione del Regno di Dio. Un regno di giustizia, amore e bontà in cui i ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i prigionieri e gli oppressi sono liberati dalle catene e dal giogo, e si concretizza finalmente l'anno sabbatico della condivisione di tutti i beni della vita. Abbiamo riascoltato la sua proposta domenica scorsa, ultima domenica del tempo comune, che era la festa di Cristo Re dell'Universo. Davanti a Pilato Gesù spiegò: il mio regno non è di questo mondo". Certamente non possiamo immaginare il Regno dei cieli nello stile dei regni di questo mondo, nei quali il criterio di giudizio è la ricchezza, il PIL, il potere economico e politico. Non può essere di questo mondo un regno che predilige il povero, l'escluso, il prigioniero. Un regno in cui la misura di giudizio è l'amore al prossimo, come mostrava bene il discorso di Gesù sul giudizio finale che abbiamo letto nella messa. Un regno in cui tutti sono uguali e meritano le stesse opportunità. Gesù Cristo Re ci costringe a confrontare la nostra situazione mondiale ed ecclesiale con il suo progetto di Regno. É una sfida riconoscere Gesù nel prossimo e organizzare un mondo in cui prevalga il potere del servizio, e non il potere autoritario che schiaccia e annienta. Sapremo, un giorno, vivere così? Saremo capaci di abbracciare questa proposta in tutta la sua radicalità? Costruiremo un ordine nuovo?

Assieme alla festa di Cristo Re, la Chiesa brasiliana ha celebrato anche la Giornata dei Laici. Laicato: qualche teologo, probabilmente in modo più preciso, lo chiama "sacerdozio battesimale". Essere laici e laiche, nel mondo di oggi, è anch'esso una sfida permamente che spesso sembra superiore alle nostre capacità. Laici e laiche occupano, oggi, importanti ministeri nella vita della Chiesa e si fanno carico della loro vocazione a costituire una famiglia. Oltre al matrimonio, sono chiamati a esercitare la loro professione con etica, e ad essere "speciali" in mezzo agli altri, perchè dotati di una "vita nuova in Cristo" che ispira e trasforma ogni pensiero e azione della loro vita. Sono, come dice l'Apostolo Pietro nella sua prima lettera, "pietre vive di una costruzione spirituale di cui Cristo è la pietra angolare", quindi lavoratori del Regno che Cristo è venuto a istituire. Con queste premesse, si può sperare che un giorno faremo un salto di qualità e, invece di sventolare principi e bandiere in faccia ai diversi di ogni genere e specie, mostreremo la luce di Gesù con la nostra vita? La meta è sicuramente lontana, ma ci sono molte persone che si impegnano generosamente per raggiungerla, e qualche piccolo passo avanti lo si vede. Sabato scorso la parrocchia di Itaberaì ha visto riuniti più di settanta laici e laiche animatori e animatrici di comunità, concentrati su questo obiettivo. Noi, però, siamo anche sostenuti nella speranza dalla convinzione che il Signore, a modo suo, completerà quello che manca affinchè Cristo sia "tutto in tutti".

Dopo questa riflessione piuttosto fiacca, vi segnalo il sito "giorno per giorno" dove vengono pubblicate le pagine del nostro amico Mario che si dice "il postino". E' un laico italiano che ha scelto di stare accanto e assieme ad alcune comunità di periferia della Città di Goiàs, nella ricerca del cammino del Vangelo. Vale la pena leggerlo. Lui manda le sue riflessioni e aggiornamenti tramite e-mail a una lista di amici, ma don Augusto Fontana gli ha aperto un sito in Italia e gliele pubblica. Trovate la link per aprire il sito qui accanto, sul margine destro di questo blog.

20 novembre 2008

GIORNATA DELLA COSCIENZA NEGRA

Le immagini ritrattano una "galinhada" dell'asilo San Francesco. Tutta l'equipe dell'asilo, più diversi volontari, si è impegnata a fare un pranzo beneficente per sostenere le spese dei lavori di ampliamento. Hanno venduto i biglietti d'ingresso e preparato il cibo. Un piatto tipico: riso, carne di pollo, pequì e fagioli, con insalata di pomodori. Del pequì vi ho già parlato in pagine precedenti: è un frutto del cerrado che dona al riso un sapore molto speciale, come i funghi nel risotto alla milanese. Una delizia! Prezzo a testa: 3 reali, cioè un euro circa. Sfido io, hanno avuto la "materia prima" tutta gratis! Abbiamo avuto più di 400 presenze. Oltre allo scopo beneficente, il grande valore di queste iniziative è offrire alla gente un'occasione per incontrarsi e confraternizzare in un ambiente sereno e solidale. La maggior parte, tuttavia, si è portata a casa la sua parte col pentolino, perchè lì dentro non c'era più posto. Io, ad esempio, ho mangiato in piedi con il piatto in una mano e la forchetta nell'altra: solo dopo un bel pezzo ho trovato una sedia libera.

Sono giorni sereni. La pioggia ha portato sollievo al grande caldo, il clima è ameno e si lavora bene. L'attività però è intensa, perchè siamo prossimi alle vacanze estive e ci sono molti preparativi da fare: prime comunioni e cresime, la liturgia dell'Avvento e la Novena di Natale nelle comunità di base. Anche le sfide pastorali sono molte e assai complicate. Sabato avremo una Assemblea di tutta la parrocchia (animatori di comunità ed equipes di pastorale) e dovremo mettere a punto una verifica dell'anno trascorso e il programma del prossimo. Quando si dice che essere cristiani consiste solo nel farsi discepoli di Gesù in tutto e per tutto, sembra semplice: ma organizzare tutto questo nella struttura di una parrocchia di quasi 40 mila abitanti sparsi in un territorio di 1500 chilometri quadrati, a volte diventa un rompicapo. E c'è anche il fatto che lo Spirito Santo si diverte a driblare tutti i nostri schemi e programmi....e far andare le cose a modo suo.

Riflettiamo un poco, però, sulla data di oggi, che è molto speciale. In Brasile è il giorno della Coscienza Negra, un movimento diffusissimo, ormai, con cui i negri stanno prendendo sempre più coscienza della propria dignità come popolo. Consapevoli della forza, fisica e soprattutto culturale, con cui hanno dato il massimo contributo a formare il volto di questo paese nonostante vi siano stati mantenuti in schiavitù per 300 anni e spesso trattati peggio degli animali, sentono la parola "negro" come un titolo d'onore. Non "abbronzati", come li chiama qualcuno, e nemmeno neri: ma negri. Impariamo, una buona volta, che "Abbronzatissima" è una canzone per i nostri vacanzieri di ritorno dal mare!

La giornata del movimento coincide con l'anniversario della morte di Zumbi, l'eroe della lotta contro la schiavitù, giustiziato il 20 novembre 1695. La storia di questo personaggio è assai interessante. Vi riporto alcune informazioni di Wikipedia, per rinfrescare la memoria: "Zumbi fu l'ultimo dei capi del Quilombo dos Palmares, nell'odierno stato dell'Alagoas. I quilombo erano comunità di schiavi fuggiti dalle "fazenda" e altri luoghi di prigionia del Brasile. Nel 1694, dopo 67 anni di resistenza contro i coloni portoghesi ed olandesi, la colonia venne distrutta dalle truppe di Domingos Jorge Velho. Zumbi sopravvisse alla battaglia e spese quasi due anni nella macchia fino al 20 novembre 1695, quando venne ucciso in un'imboscata (pugnalato e poi giustiziato assieme a 20 compagni).

Il quilombo di Palmares (nella regione brasiliana di União dos Palmares, Alagoas) era una comunità autonoma, (un regno (o repubblica secondo alcuni) formata da ex schiavi. Occupava un'area grande quasi come il Portogallo nella zona ad ovest dell'attuale città di Salvador de Bahia, oggi lo stato dell'Alagoas. La sua popolazione raggiungeva circa 30.000 persone. Zumbi nacque libero a Palmares il 1655, ma fu catturato e successivamente ceduto ad un missionario portoghese all'età di sei anni. Battezzato "Francisco", Zumbi ricevette i sacramenti, apprese il portoghese e il latino, aiutando ogni giorno a celebrare la messa. Nonostante i tentativi di "civilizzazione", Zumbi fuggì nel 1670 e, a 15 anni, tornò nel suo luogo di origine. Zumbi si fece notare subito per la sua destrezza e la sua astuzia nella lotta e all'età di vent'anni era già uno stratega militare rispettato.

Nel 1678, il governatore della Capitania de Pernambuco, stanco del lungo conflitto col quilombo de Palmares, si riappacificò col leader di Palmares, Ganga Zumba. Fu offerta la libertà a tutti gli schiavi fuggitivi a condizione che il quilombo si sottomettesse all'autorità della corona Portoghese; la proposta venne accettata. Ma Zumbi guardava ai portoghesi con sospetto. Rifiutò l'offerta di libertà per le persone del quilombo poiché gli altri neri del Brasile erano ancora sotto il giogo della schiavitù, e spodestò la leadership di Ganga Zumba. Divenne così il nuovo leader del Quilombo di Palmares.

Nel 1695, appunto, il governo mandò l'esercito contro il quilombo. Zumbi, caduto in un'imboscata, fu pugnalato e poi giustiziato pubblicamente insieme ad altri 20 guerrieri. La sua testa venne tagliata ed il suo pene inserito nella bocca dal governatore Melo e Castro. A Recife, la testa fu esposta in una piazza pubblica (praça do Carmo) per impaurire gli schiavi e smentire la leggenda secondo cui Zumbi fosse immortale. Il 14 marzo del 1696 il governatore di Pernambuco Caetano de Melo e Castro scrisse infatti al re del Portogallo: "Ho chiesto che fosse esposta la sua testa nel posto più in vista di questa piazza per impaurire i neri che per superstizione ritenevano Zumbi immortale."

15 novembre 2008

INIZIO LAVORI DI AMPLIAMENTO DELL´ASILO

Ho il piacere di annunciarvi che sono iniziati i lavori di ampliamento dell'Asilo San Francesco: ecco un paio di foto delle fondamenta. Le hanno scavate, ma una nottata di pioggia le ha riempite di nuovo. Si tratta di un'aggiunta di due saloni, alcuni bagni e un ufficio. Complessivamente, 70 metri quadrati in più. Potremo accogliere, così, altri 40 o 50 bambini oltre ai cento che ci sono già. Utilizziamo a questo scopo le collette delle parrocchie di Maserno, Iola, Castelluccio e Montespecchio, che hanno offerto complessivamente 6.500 euro, di un gruppo di Rimini (2000 euro) e di altri parenti e amici che ci hanno inviato altri 3 mila euro circa. Grazie ai generosi offerenti e, tra poco, missione compiuta. I vostri soldi finiscono bene, statene certi: nemmeno un centesimo va perduto. Il sindaco di Itaberaì ha promesso di aggiungere a spese del comune quello che mancherà per completare l'opera. L'asilo, della parrocchia, è gestito in convenzione con il comune, che mette a disposizione le maestre, le cuoche e gli altri dipendenti. Anche l'architetto (la signora Graziele) ha fatto il disegno gratis e si è occupata lei dei calcoli e delle autorizzazioni. Non si può negare, quindi, che la comunità abbia fatto la sua parte. Si direbbe che un asilo è un'opera di secondaria importanza, ma non è affatto vero. Oltre all'aiuto sostanziale che si presta ai genitori che hanno bisogno di lavorare da mattina a sera, qui si offre un trattamento e un'educazione di qualità, a dei bambini che, purtroppo, sono spesso a contatto diretto e ravvicinato con la disumanizzazione. Certo, questo asilo è una goccia di fronte a un oceano di violenza e grossolanità che dilaga minacciosamente.

Oggi, in Brasile, è Festa della Repubblica. A Itaberaì è stata scelta questa data per organizzare il gruppo "FEDINA PENALE PULITA": è l'equipe che eseguirà la raccolta di firme per chiedere la legge di iniziativa popolare che impedisca la candidatura a tutti i politici che sono stati condannati anche solo in prima istanza per crimini come: razzismo, omicidio, stupro, traffico di droga e peculato, compra di voti o uso della macchina amministrativa in campagna elettorale. Si tratta, naturalmente, di un programma nazionale. Vi aderiscono, oltre alla chiesa cattolica, altre chiese e circa una trentina di associazioni, sindacati e altre organizzazioni. Si spera di raggiungere il numero di firme richiesto (un milione e 300 mila, cioè l'1% degli elettori brasiliani) entro maggio del prossimo anno. La società brasiliana non ha perduto la speranza di ottenere una classe politica pulita, quindi suppongo che arriveremo a questo traguardo.

Non è la prima volta che l'associazione che promuove questa iniziativa (MCCE, Movimento de Combate à Corrupçao eleitoral) vince una battaglia. Già nel 1999 ottennero una legge per migliorare la trasparenza delle elezioni, in base alla quale sono stati esclusi dalla candidatura 600 politici da allora ad oggi. La proposta attuale ha come scopo perfezionare, con emendamenti quella legge. Anche ad Itaberaì, solo quest'anno, due candidati sono rimasti fuori dal Consiglio Comunale nonostante il numero di voti per effetto di quella legge. Mi pare che ne avremmo bisogno anche in Italia! Ma noi abbiamo un bravo Presidente che applaude queste iniziative. A proposito: la televisione ha riferito che Lula ha chiesto al Papa di parlare della crisi economica. E' uscita qualche notizia sui giornali italiani?

10 novembre 2008

L'ACQUA E' LA PROTAGONISTA DELLA VITA


Ieri, 9 novembre, Itaberai ha compiuto 140 anni di autonomia del comune: istituito nel 1868, durante l'impero di Dom Pedro II. Pensiamo un pò, noi italiani, che siamo abituati a cercare le origini delle nostre città nell'alto medioevo, quando non addirittura ai tempi dell'impero romano! Nonostante questo, l'indipendenza del Brasile è stata realizzata molto prima che in Italia, nel 1822. E la Costituzione repubblicana pure: nel 1889. Per festeggiare hanno fatto una corsa di automobili e di kart, e una sfilata di carri allegorici organizzata dalle scuole, che hanno rappresentato la storia di Itaberaì e ricordato tutti i sindaci dal 1966 in poi, considerati i promotori del progresso della città. Quel bambino che vedete nella foto ha l'intenzione di impersonare il sindaco attuale. Insomma, un pizzico di trionfalismo e un altro pizzico di cultura consumista. Però i bambini si sono divertiti (e ben arrostiti, sui camion sotto il solleone) e così pure la gente è contenta e orgogliosa. Una festa paesana, in cui la politica fa capolino ma non osa mostrarsi a tutto campo.

Oggi vi mostro anche due foto del forum ambientale, visto che ve ne ho dato notizia i giorni scorsi. Nella prima vedete don Eligio in prima fila che scherza col sindaco: autorità civili e religiose come da copione, però in questo caso il rapporto è trasparente. Nell'altra, una panoramica parziale del salone. L'acqua è stato il tema centrale della serata. E si merita il posto da protagonista. La terra è formata per il 70% di acqua, e il corpo umano per il 65% circa. Il 97% dell'acqua del mondo è salata, il 2% é congelata. Solo l'1%, o un pò meno, è acqua dolce. Ed è desigualmente distribuita. Ci sono regioni del mondo completamente desertiche, e altre in cui ciclicamente manca l'acqua per lunghi periodi. Il Brasile, che possiede circa il 13% dell'acqua dolce del mondo, ne ha il 68% in Amazzonia.

Ogni attività umana è legata all'acqua: alimentazione, agricoltura, industria, tutto! La nostra salute, in primo luogo. Quando l'acqua è buona porta salute, quando è inquinata diventa il principale vettore di malattie. Essa è talmente importante, da diventare il paradigma della Grazia di Dio, della sua Parola, dello Spirito Santo. Noi siamo diventati figli di Dio nel segno dell'acqua battesimale. Gesù promise alla Samaritana un'acqua che "chi la beve non avrà più sete in eterno". E aggiunse: "Dal seno di coloro che credono in me scaturiranno fiumi di acqua viva". Il profeta Isaia scrisse che la Parola di Dio è come la pioggia, che quando cade non torna indietro senza effetto, ma penetra nel terreno e fa germogliare la vita". Nella messa di oggi il profeta Ezechiele annunciava un fiume di acqua cristallina che sgorga dal Santuario in cui risiede Dio, e porta la vita a tutti gli esseri che si trovano lungo il suo corso. L'acqua è sacra. In essa la vita spirituale e la vita di questo mondo si toccano.

Noi, tuttavia, la sprechiamo. I nostri fiumi li trasformiamo in fogne. Rasiamo al suolo la foresta e la savana, ricchi riservatori di acqua, con i trattori, il fuoco e i catenoni. Ci rifiutiamo di ridurre le emissioni di anidride carbonica nell'atmosfera, perchè costa troppo: meglio spendere per forare altre montagne e cementificare altre aree con grandi opere. Così provochiamo cambiamenti climatici e interrompiamo il ciclo delle precipitazioni, che sono il modo con cui l'acqua si purifica e si ridistribuisce rinnovandosi in qualità e quantità. Poi, sul più bello, proponiamo di vendere l'acqua alle imprese private per trasformarla in business. L'acqua, il bene di cui tutti hanno bisogno e a cui tutti hanno diritto, privatizzata: ma siamo matti? Anche i mendicanti hanno il diritto di bere. In Brasile si usa il detto: "Un bicchiere d'acqua non si nega a nessuno". E Gesù affermò: "Chi avrà dato anche solo un bicchiere d'acqua a uno di questi piccoli, lo avrà fatto a me". Ricordo ancora il tempo in cui mandavano noi bambini nel bosco, con un fiasco, a prendere alla sorgente l'acqua da bere. In casa c'era solo l'acqua del pozzo e quella piovana della cisterna, per il bestiame e l'orto. Quando pozzo e cisterna seccavano, i grandi andavano alla fontana più vicina con le botti. Se non difendiamo l'acqua e il diritto di tutti ad usufruirne, è segno che vogliamo proprio la rovina. La nostra stessa stupidità ci punirà.

5 novembre 2008

UNA FAMIGLIA DI CONTADINI ALL'ANTICA

Cliccate sulla foto, per favore: che ve ne pare? Sabato scorso, secondo il nostro calendario parrocchiale, dovevo celebrare la messa nell'assentamento "Fundao", sulle montagne, a una trentina di chilometri da Itaberaì. Sono partito alle 19, accompagnato da Edson, un autentico missionario laico che segue da anni quella comunità. (E' il secondo da sinistra, nella foto). Quando abbiamo lasciato l'asfalto era ancora giorno. La strada, via via, si faceva sempre più stretta e accidentata. Attraversa boschi, ruscelli, valli coperte di pascoli, e si arrampica sui fianchi di colline scoscese. Ci siamo fermati alcune volte a raccogliere frutta selvatica. Arrivati a casa di Nazareno (che nel ritratto è quello scamiciato), sorpresa: lui, che quella sera doveva accogliere la celebrazione eucaristica, si era dimenticato. Le altre famiglie della comunità, pure. Imprudenza non avere chiesto una conferma. Infatti era la vigilia dei morti. Alcune famiglie erano andate in visita presso parenti lontani, altre avevano visite di parenti in casa. Fissare una messa in una sera di quel genere e in un posto così isolato, è una cosa da non fare.

Nazareno era dispiaciuto. La moglie gli bisbigliava: "Te l'avevo detto, io, che stasera c'era la messa!" E lui, abbastanza confuso: "Siamo poveri, facciamo una vita dura! La nostra fiducia è riposta in Dio. Ci teniamo alla messa". Il barbuto che vedete a sinistra nella fotografia brontolava: "Padre, bisogna fissare un'altra data subito". Prima che si facesse buio pesto, Nazareno mi ha portato a vedere gli alberi da frutta, già in produzione, che è riuscito a coltivare da quando ha ottenuto la terra. Mi ha presentato una mucca ribelle (vorrei farvi vedere la foto, ma era nera ed eravamo al crepuscolo, è venuta troppo scura e gli occhi sembrano due fari...sembra una bestia apocalittica). Mi ha raccontato la storia di quella vacca: ha partorito il giorno prima, poi al mattino è andata al pascolo e ha nascosto il vitellino nel bosco che copre le zone più alte della montagna. Ora lui la teneva legata fino al mattino, per poi ritrovare il vitellino seguendola passo a passo da lontano. Sapevate che ci sono anche delle vacche ribelli? Fanno la lotta di liberazione a favore della loro prole!

Poi ci siamo riuniti in casa, a mangiare biscotti salati fatti con manioca, uova e formaggio. In mezzo alla tavola troneggiava il "pote", un vaso di terracotta per l'acqua da bere, tradizionale fino a 40 anni fa. (La conserva fresca, tuttavia è la strada più breve per ammalarsi di verminosi e amebiasi). Di messa nemmeno parlarne, non erano preparati. Seduto accanto al pote c'è il cognato di Nazareno, di pelle nera. Davanti c'è uno dei due bimbi della famiglia: tutti e due di pelle chiarissima. Alla faccia del razzismo e in omaggio a Barack Obama, il primo negro presidente degli USA. Le donne stavano in cucina e noi altri sparsi in giro per la sala. Abbiamo fatto una allegra chiacchierata. La comunità di Fundao ha conquistato e diviso in parti uguali la terra di un latifondo, tramite la Riforma Agraria. Questo tipo di comunità si chiama "assentamento". Sono poveri e vivono all'antica, ma sulla porta di casa hanno una macchina (un catorcio, si direbbe a Modena - qui si dice "um ferro velho"). E possiedono pure un'antenna per il cellulare: miracolo della tecnologia fai da te, è un'antennina fissata su una lunga pertica. Una donna mi ha spiegato che si fanno ore di ricerca per trovare il punto in cui il segnale è più forte, e lì si fissa il palo. La comunicazione col mondo è assicurata.

Al ritorno, mentre mi destreggiavo guidando tra sassi, buche e ruscelli, ho fatto questa pensata bella e profonda che vi trasmetto: quando si accettano le altre persone e le circostanze, lasciando in secondo piano i nostri programmi, si fa comunione anche se non si riesce a celebrarne il sacramento. E si passano ore felici. Noi però facciamo fatica ad adattarci agli altri. Anche Edson era un pò nervoso. Mi raccontava i lunghi giri a piedi che aveva fatto diverse volte per visitare tutte le famiglie della comunità. E io gli suggerivo: "Chi ha detto che non è servito a niente? Questa gente ti ricorderà come un segno dell'amore di Dio".

E basta. Tutto lì. Come potete notare, non mi sono sforzato molto. Se la mia trovata non vi è piaciuta, rassegnatevi, perchè non ho altro per oggi. Siamo contenti per Obama? Sì, ma come volete che passi a scrivere su Obama dopo aver parlato di famiglie di montanari che vivono ancora all'antica, praticando l'agricoltura di sussistenza con un orticello, un campicello e un pò di bestie al pascolo? Al massimo possiamo pregare Dio che lo consigli bene, e sperare che il Presidente degli Stati Uniti non si monti troppo la testa, e lo ascolti. E che aiuti anche noi a cambiare modo di vivere, perchè siamo anche noi che roviniamo ogni cosa sprecando acqua, terra e aria, e facendo ogni tipo di violenza contro l'ambiente. Quante storie fresche avrei da raccontarvi a questo proposito!

30 ottobre 2008

FORUM AMBIENTALE E...FRUTTI DEL CERRADO


Questa sera abbiamo realizzato un forum ambientale nel salone della parrocchia. Si è discusso sui problemi più gravi della nostra regione: rifiuti a cielo aperto, inquinamento delle acque, zanzare e puzza, distruzione delle sorgenti, agrotossici....C'erano 150 persone, forse di più ma non facciamo la danza dei numeri come nelle manifestazioni dei partiti. Era presente anche il sindaco, che ha promesso di istituire un assessorato ambientale. Speriamo che il dibattito sia servito a smuovere le acque. Ho una bella foto di un salone pieno con alcune autorità sedute solennemente al tavolo centrale, ma ve la risparmio. Al suo posto, molto più adatte per un argomento come la preservazione della natura, vi passo due foto di una bella frutta tipica di questa stagione, e del suo alberello. E' la "pitanga do cerrado", che alcuni chiamano anche cereja (ciliegia).

Il "cerrado" è un tipo di savana tipica del Brasile centrale. All'apparenza è una landa deserta. In più, quasi ogni anno, è sottoposto alla devastazione del fuoco, qualche volta spontaneo e altre volte provocato volontariamente. Rifiorisce, tuttavia, ad ogni primavera. In ottobre e novembre offre una varietà straordinaria di piante dai frutti squisiti e anche belli a vedersi. Data la mia inclinazione a scorazzare per i boschi, non ho resistito alla tentazione di farne una sulle alture più prossime, nonostante un sole così impietoso che io mi scioglievo come un gelato. Così mi sono imbattuto in questa pianta che non vedevo da trent'anni. Una vecchia conoscenza quasi in via di estinzione. Quasi del tutto ignorata, ormai, anche tra i nativi. Ciò mette in evidenza quanto la vita moderna allontani i giovani dall'ambiente e dalle sue ricchezze, che poco a poco sono avviate verso la distruzione.

Alcune informazioni tecniche per i curiosi: la "pitanga do cerrado" (eugenia calycina) è un arbusto del genere "myrtacee", dicono i manuali. Non oltrepassa i due metri di altezza nel migliore dei casi, e cresce spontaneo su monti impervi, tra le rocce e il pietrame. Ha il gusto, più o meno, della ciliegia. Non capisco perchè non l'abbiano mai usato per formare siepi: possiede foglie bellissime, carnose e di un verde lucido. Il nocciolo è simile a quello della "pitanga comune" coltivata nei giardini, che però è meno dolce (vedi terza foto). Proverò a piantarla per verificare se ci sono problemi di riproduzione, ma non credo proprio, visto che resiste in zone quasi desertiche che, ogni anno, sopportano il passaggio del fuoco che non risparmia nemmeno un centimetro quadrato di montagna. So che qualche agricoltore anziano l'ha piantato nel suo podere con successo.

Così, con la storia della pitanga, ho tolto spazio all'argomento del Sinodo di Roma, che ovviamente è assai più importante. E' finito la settimana scorsa. La stampa l'ha ignorato (o è stata invitata a non parlarne, non so). Mi risulta che nel finale i "padri sinodali" hanno delegato al vescovo Franco Ravasi la stesura del documento finale (lungo), e di una sintesi (breve) per la gente. Gode di molto credito, perchè l'hanno approvato per acclamazione. Io vi trasmetto il riassunto della sintesi. Dice che la Bibbia ha una voce: la Parola di Dio, ossia la Rivelazione. Ha una casa: la Chiesa. Ha un volto: Gesù Cristo. Ed ha pure un cammino: la missione. Vi è piaciuta? Sono stato più schematico di Ravasi?

Naturalmente, sappiamo che la Bibbia è di casa anche altrove. Il Sinodo ha voluto mettere in risalto che noi cattolici la leggiamo in comunione con la Chiesa, ma non che non ci sia nulla da imparare dalla lettura degli altri. Credo che nel documento finale (quando ci arriverà) troveremo anche questo aspetto ecumenico, che i vescovi non trascurano mai. Quando guardo oltre il mio orto e il mio cancello, vedo leggere la Bibbia nella casa degli ebrei, degli evangelici di migliaia di chiese diverse, dei cristiani ortodossi, degli anglicani, di alcuni gruppi di spiritismo, di logge massoniche. Probabilmente la aprono anche alcuni mussulmani, buddisti, induisti (Gandhi amava il vangelo) e atei. Volendo credo si possa dire che la vera "casa" della Parola di Dio è tutto il mondo, e che la nostra Chiesa è una viandante inviata al mondo sulla via della missione. Per me l'importante è concentrarci sul volto di Gesù Cristo, che attraverso questa parola chiama tutti gli esseri umani a vivere da figli di Dio e da fratelli. Spesso arriviamo in una casa ad annunciare il vangelo e scopriamo che vi è arrivato prima di noi. O entriamo in casa di un cattolico e constatiamo che non l'ha ancora conosciuta. In definitiva il Sinodo non ha inventato cose nuove, ma ha sottolineato l'importanza della lettura biblica per noi cattolici, che in genere (soprattutto in Italia) ci siamo poco abituati.

25 ottobre 2008

LA STAGIONE DEL PEQUI'


Foto del giorno: pequi, un frutto della savana brasiliana (cerrado). Nome scientifico: caryocar brasiliense, per i pignoli. E' un interessantissimo frutto di bosco (del cerrado, cioè del bosco rado che è comune nelle zone montagnose e sassose), e cresce come pianta selvatica. Sta maturando in questo periodo, e quest'anno è molto abbondante. Lo si va a raccogliere a zonzo per i boschi, ma lo vendono anche per strada. Lo si usa bollito per insaporire il piatto di riso con la sua pasta gialla che circonda il nocciolo, oppure lo si rosicchia facendo attenzione a non morderlo, perchè il suo midollo è spinoso. A me e a padre Severino piace molto. La Vicentina e Maurizio non lo degnano di uno sguardo. Eligio, oggi, l'ho visto rosicchiarne uno e poi tentare di aprirlo col coltello per guardare dentro alla mandorla. Dal punto di vista botanico è una delle combinazioni più curiose della natura, con caratteristiche di leguminosa dai bellissimi fiori (vedi mimosa) e castagne (col riccio senza spine, ma le spine sono all'interno sotto la buccia, e la pasta è all'esterno). L'aspetto della castagna è simile a un torlo d'uovo.

Ieri l'altro, 23 ottobre, don Eligio ha compiuto 87 anni. Per evitare tutte le festicciole e complimenti che lo mettono in imbarazzo è sparito. E' andato a Goiania, la capitale, a fare un giro e curiosare nelle librerie cattoliche. Noi però gli abbiamo fatto il nostro omaggio in casa, durante la colazione. Mi hanno informato che anche Padre Turrini, dopo alcuni mesi passati in Italia, ha deciso di tornare nella sua Sena Madureira, nello Stato di Acre. Nonostante l'età e la salute non troppo buona (mi aveva detto che la congregazione gli chiedeva di fissarsi a Ronzano, sulle colline bolognesi), non ha resistito alla nostalgia di quella che ormai è la sua terra e la sua gente. Stessa cosa per don Francesco Cavazzuti di Carpi, che sta facendo i preparativi per tornare qui tra noi. Perchè si ritorna? Mistero. C'è qualcosa di speciale, qui? Non mi pare. Forse il motivo è lo stesso per cui i giovani si sposano e generano figli e figlie. Siamo tutti in cerca di amore e speranza, di credere nel futuro finchè siamo vivi, e di essere importanti per qualcuno! Questa è, almeno, la base umana. Senza sottovalutare ciò che Cristo costruisce su questa base: l'invito a farci suoi strumenti per annunciare il Vangelo in giro per il mondo.

Mercoledì ho celebrato in una casa accanto alla ditta Superfrango che puzza e infesta il vicinato di miliardi di zanzare. La gente ha commentato le letture in un clima di gioia. "Tentiamo di essere pieni di Dio e radicati nell'amore" ha riassunto Ana, la padrona di casa, parafrasando il brano di Paolo agli efesini. Domenica scorsa ho battezzato una ventina di bimbi dai tre mesi ai 6 anni, e una giovane sposa mi ha detto: "Lei ha battezzato me tanti anni fa, ho piacere che battezzi anche mio figlio. Conservo ancora la fotografia e, se lei è disposto, vorrei farne un'altra da conservare, ora". Martedì scorso ho partecipato a una lettura biblica di una comunità in cui ci sono stati conflitti e malumori, e una signora ha chiesto scusa per i suoi atteggiamenti poco fraterni e ha detto: "Abbiamo dei limiti, siamo umani, ed io sento il bisogno di pregare tutti i momenti affinchè lo Spirito Santo mi mantenga umile e mite". Forse è tutta qui l'attrattiva di questo popolo: lontani dall'altalena delle Borse e dai drammoni del benessere, è più predisposto all'amicizia e alla fede. Non tutti, naturalmente: non facciamoci illusioni!

A Itaberaì c'è perfino una famiglia di svizzeri: il capo si chiama Martin Meyer e possiede una bella fazenda. Stasera ho celebrato la messa nel suo capannone, assieme a una sessantina di contadini del vicinato. Molti bimbi e adolescenti. La mamma del fazendeiro, vedova da qualche anno, parla ancora quasi solo tedesco, ma ha partecipato perchè (mi ha detto lei, ammesso che io abbia capito) l'importante è che sia presente Cristo. Il figlio studente, invece, ha fatto la lettura....Lui è già di seconda generazione e differisce dai coetanei brasiliani solo nell'aspetto fisico, un poco. Una bella messa, con molto canto nonostante qualche stonatura. Alla fine Martin, seguito da un gruppo di ragazzi e dalla sua sposa, hanno servito brioches e guaranà a tutti.

Dal Sinodo, il vescovo questa volta non ci ha mandato la sua solita letterina di famiglia, ma quattro pagine del suo intervento e altre sei dense di annotazioni. Pesantissime! Me ne guardo bene dal pubblicarlo. Cito solo una frase, stralciata dai suoi scritti, che mi è piaciuta più di ogni altra: "Buona notizia per i poveri: la Bibbia entra nella vita della gente per un'altra porta. Non per la porta dell'imposizione autoritaria, ma per quella dell'esperienza personale e comunitaria. Essa si fa presente non come un libro che impone una dottrina dall'alto al basso, ma come una Buona Notizia che rivela la presenza liberatrice di Dio nella vita e nella lotta del popolo. Quelli che partecipano ai gruppi biblici, si fanno carico essi stessi di divulgare questa Buona Notizia e attirano altre persone a partecipare. "Venite a vedere un uomo che mi ha raccontato tutta la mia vita"! (Giov. 4, 29).

20 ottobre 2008

IL GIORNO DELL'APARTHEID


Sabato scorso il nostro parroco, Padre Severino, è andato a Brasilia ad una riunione regionale delle Comunità ecclesiali di base. Ha accompagnato il gruppo di rappresentanti di base della nostra diocesi. Nella prima foto lo vedete in camicia bianca in un gruppo di studio delle comunità di Itaberaì, che sono tante: una cinquantina almeno. Non sono gruppi di elite: sono persone alla scuola del Vangelo. Si sforzano di portare la lezione del Vangelo nella propria vita di tutti i giorni e, per quanto possibile, nella vita del loro quartiere e città. Gli animatori delle comunità di base della nostra parrocchia si riuniscno una volta al mese, per una sera perchè, appunto, sono comunità. Comunità ecclesiale significa "confrontare la vita col Vangelo", ma anche "confrontarci tra di noi e camminare insieme, passo a passo, lasciandoci educare a vicenda".

Nella seconda foto ci sono altri due gruppi dello stesso incontro, in uno dei quali ci sono anch'io: l'ho messa per farvi vedere anche la mia faccia, e farvi sapere che partecipo con entusiasmo di questo movimento. Le Comunità ecclesiali di base sono il percorso che la Chiesa di tutta l'America Latina, in assemblea di Vescovi (Aparecida do Norte, maggio 2007) ha scelto per evangelizzare e convertire anche sè stessa.... Lì si impara attraverso la pratica, tra l'altro, che un essere umano cresce in umanità (e come figlio di Dio) educandosi ad accogliere gli altri ed essere accolto. E' l'unica maniera di essere veramente liberi, evitando la lotta per dominare o la rassegnazione a lasciarsi dominare. Che è, tutt'ora, il modo più comune di vivere della gente e dei rapporti tra persone, classi sociali, istituzioni, paesi. Abbiamo ancora molta strada da fare per ottenere il diritto di vantarci di essere paesi cristiani, o anche solo "chiese cristiane".

In Italia, per esempio, sembra che siamo tornati ai tempi dell'Apartheid. Selia, infermiera in una casa per anziani di Brasilia, mi ha scritto un messaggio: "E' vero che in Italia fanno classi separate per i bambini italiani e quelli stranieri? Io pensavo che là ci fosse una scuola pubblica di alto livello. E' ripugnante!" Infatti, che idea separare, a forza, i bambini della scuola! Una scuola che si propone di educare non alla vita in comunità (locale, nazionale o mondiale), ma alla segregazione. E' un percorso non solo contrario alla nostra fede, ma al senso stesso di "educazione". Per fortuna, per il momento, si tratta solo di una mozione, che forse non farà storia: una storia di cui, prima o poi, dovremmo tutti vergognarci. In ogni caso, è stata votata dal Parlamento. Con 20 voti di scarto, il chè non è molto, visto che il governo avrebbe una maggioranza di più di 70 voti. E' un brutto segnale. Sarà meglio manifestare ripudio e frenare questa deriva che porterebbe l'Italia, sempre più, verso la barbarie. Da un articolo di Furio Colombo che ho ricevuto da amici, ho copiato il titolo del post. Ve ne pubblico anche qualche stralcio, che riporta interventi in Parlamento contro o a favore della mozione. I "segregati", in un modo o nell'altro, sono tutti dei "Bartimeo", colui che i discepoli di Gesù volevano segregare e Gesù liberò: perciò la loro difesa deve trovare posto in questo blog.

"Un evento triste e squallido è avvenuto nella Camera dei Deputati nei giorni 8 e 9 ottobre quando la maggioranza di governo, guidata dalla Lega, ha proposto e fatto approvare una odiosa mozione che chiede la separazione e segregazione dei bambini immigrati nelle scuole italiane. È giusto che ci sia memoria di questo tragico evento e perciò trascrivo qui alcune parti dei verbali d’Aula di quelle sedute. On. Niccolò Cristaldi (Pdl-An): «Signor Presidente, onorevoli colleghi, io non parteciperò a questa votazione (mozione Cota, Lega nord, sulla segregazione dei bambini immigrati nelle scuole italiane, ndr) perché non ne condivido le ragioni politiche. Non condivido il contenuto della mozione della maggioranza perché sono nato e cresciuto in una città, Mazara del Vallo, nella quale il venti per cento della popolazione è mussulmana».

«La mia è una città dove l’integrazione non si è decisa con una legge né con mozioni come questa. Si è decisa attraverso il rispetto delle diverse culture, attraverso l’amicizia tra i popoli, che si è instaurata partendo da situazioni drammatiche che hanno visto tanta gente venire nella mia città per cercare lavoro. Abbiamo scambiato attività culturali, insegnando molte cose della nostra cultura occidentale, imparando a inginocchiarci davanti ai grandi musei che ci sono in Tunisia, in Marocco, nei Paesi del Maghreb e in tutto quel mondo. Non posso condividere - e come me altri deputati della maggioranza - il contenuto della mozione presentata dalla Lega Nord. Per cui abbandono l’aula e insieme a me alcuni altri deputati». (Camera dei deputati, 9 ottobre ore 19.05, applausi dei deputati del Partito democratico).

On. Mario Pepe (Pdl): «Signor Presidente, vorrei ricordare agli amici della Lega che il Duca d’Aosta, quando era Governatore della Somalia emise un editto che impediva ai bambini indigeni di frequentare le scuole italiane, se prima non avevano imparato l’italiano. Oggi il popolo somalo si divide in due categorie: quelli che hanno un fucile e quelli che non ce l’hanno. Mi auguro che questo non sia il futuro dell’Italia. Per questo io voterò contro questa mozione». (Camera dei deputati, 9 ottobre ore 19.09, applausi dei deputati del Partito democratico). Emanuele Fiano, (Pd): «Signor Presidente, nella mia famiglia abbiamo saputo sessant’anni fa che cosa significa essere scacciati dalle classi delle scuole del regno, in quanto ebrei. Non userò questo argomento per rispondere agli argomenti della Lega Nord Padania. Urla dei deputati della Lega Nord Padania). Parlo di oggi, di voi. Penso che sia profondamente sbagliato proporre una separazione dei bambini per risolvere il problema della integrazione, spezzare una comunità che vive e cresce insieme. Le «classi differenziate» sono la risposta sbagliata. L’integrazione si fa insieme. (Camera dei deputati, 9 ottobre ore 19.15, applausi dei deputati del Partito democratico, grida e urla della Lega Nord e del Pdl).

On. Piero Fassino (Pd): «Signor presidente, mi rivolgo all’onorevole Cota (capogruppo Lega Nord Padania alla Camera dei deputati, ndr) e a tutti i colleghi. Vi voglio raccontare un episodio vero che ci può illuminare. Un mio amico ha un bambino di sette anni che frequenta una seconda elementare per metà costituita da bambini extracomunitari. Il suo compagno di banco è il suo amico del cuore. A casa racconta ai genitori che «con Emanuel abbiamo fatto questo, abbiamo fatto quello, siamo andati qui e siamo andati là». Un giorno il padre del bambino italiano lo va a prendere a scuola e quando i bambini escono chiede per curiosità al figlio: chi è Emanuel? Il figlio si volta e indica: “eccolo là, quello col maglione rosso”. Non gli viene in mente di dire: «Quello con la pelle scura». «Con il provvedimento che vi apprestate a farci votare voi state producendo una regressione culturale che mette in discussione i principi di uguaglianza tra gli uomini. E fate una cosa ancora più grave: introducete la discriminazione, quella moralmente più abbietta: discriminate tra i bambini, tra i più piccoli». (Camera dei deputati, 9 ottobre ore 19.20, prolungati applausi dei deputati del Partito democratico, di Italia dei Valori, del gruppo di Unione di Centro).

On Gianluca Galletti (Udc): «Signor presidente, devo dire che chi ha redatto la mozione, ne ha dato l’interpretazione autentica (si riferisce al deputato Cota, capogruppo Lega Nord Padania, che ha illustrato la mozione in aula, ndr). Dopo averlo ascoltato, noi siamo certi di non voler avere nelle nostre scuole, allievi di serie A e allievi di serie B. Ci sembra, invece, che l’obiettivo della mozione in esame sia proprio questo. Per tale ragione, dichiaro il voto contrario del nostro gruppo». (Camera dei deputati, 9 ottobre ore 19.30, applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito democratico.

On. Valentina Aprea (Pdl): «Signor presidente, vi assicuro che questa mozione è attesa dai docenti della scuola italiana, da quei docenti, onorevole Fassino, dove l’inserimento degli alunni stranieri avviene in modo selvaggio. (Camera dei deputati, 9 ottobre ore 20.00, proteste del Partito democratico, applausi dei deputati del gruppi Pdl, ovazioni dei deputati Lega Nord Padania). «No, no, no!» (Furio Colombo, Pd, Camera dei deputati, 9 ottobre ore 20.05 grida e urla dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

Furio Colombo: «Signor presidente, devo dirle a nome dei miei colleghi (spero di parlare a nome di tanti miei colleghi) che sono contento di intervenire in questo momento, in quest’aula vuota. Evito agli altri deputati di provare l’umiliazione che provo io ascoltando la presentazione di questa mozione della Lega Nord Padania che intende istituire scuole segregate per bambini immigrati, le scuole contro cui si è battuto Martin Luther King in Mississippi e Alabama 45 anni fa. Si è battuto, e ha vinto. Ma i miei colleghi si sono risparmiati l’angoscia di guardare verso i banchi della Lega e di domandarsi, dopo aver ascoltato l’elogio della scuola segregata: «Ma questi sono i miei colleghi? Facciamo lo stesso lavoro? Condividiamo lo stesso Parlamento? Siamo stati eletti dallo stesso popolo?».
Presidente: «Onorevole Colombo, in questa Camera tutti sono altrettanto onorevoli». Colombo: «No, presidente. Devo esprimere il mio sentimento di umiliazione». Presidente: «A termini di regolamento lei non può offendere un suo collega». Colombo: «Mi dica, presidente, qual è l’espressione offensiva?».

Presidente: «L’espressione offensiva è quando lei dice che si vergogna di...».
Colombo: «Ho detto che mi sento umiliato nel giorno della apartheid della scuola italiana e ho diritto di dirlo perché è il mio sentimento».

Presidente: «Mi pare che tale espressione sia l’equivalente di “mi vergogno”». Colombo: «Signor presidente, Matteotti si è sentito umiliato di fronte a ciò che aveva ascoltato in quest’aula. Ripensi per un momento al dibattito al quale oggi in questa Camera abbiamo assistito. Viviamo in un mondo in cui sta per essere eletto presidente degli Stati Uniti un nero, figlio di un immigrato di origine kenyota, educato nelle scuole americane dove nessuno lo ha separato (non più, dopo il movimento per i diritti civili di Martin Luther King) dagli altri bambini. Ed è diventato uno dei più brillanti giuristi, poi uno dei più importanti senatori, poi uno dei più carismatici candidati alla presidenza degli Stati Uniti che quel paese abbia mai avuto.

Era il 1788. Qui, oggi, nell’anno 2008, si propone di isolare i bambini immigrati in corridoi chiusi come se fossero portatori di malattie infettive. Prevedo e temo che questa ignobile mozione non sarà respinta. Perciò mi unisco alla umiliazione di molti colleghi di Alleanza nazionale e di ciò che resta di Forza Italia che dovranno votare questa mozione fondata su separazione, apartheid, xenofobia, razzismo» Camera dei deputati, 8 ottobre 2008, ore 22; presiedeva il vice presidente della Camera Buttiglione).

Nota: La mozione di apartheid per i bambini immigrati è stata votata la sera del 9 ottobre 2008 e ha ottenuto l’approvazione della Camera dei Deputati con soli venti voti in più per la maggioranza. Il margine di differenza fra maggioranza e opposizione alla Camera è di settanta voti.

È utile ricordare che una mozione non è una legge ma un «indirizzo» o suggerimento al governo. La sua votazione non significa automaticamente accettazione ed esecuzione da parte del governo. Perciò è necessario che l’opposizione contro l’apartheid continui in tutte le occasioni, in tutte le sedi, a tutti i livelli. Le manifestazioni di protesta nella scuola in questi giorni sono il luogo e il momento giusto: studenti e docenti contro l’apartheid di Bossi-Cota-Borghezio-Maroni. Tutta la scuola italiana in difesa dei bambini immigrati.

15 ottobre 2008

IL GEMITO DELLA NATURA - E NOTIZIE DAL SINODO DI ROMA

Questa settimana abbiamo vissuto tanti momenti interessanti. Sarei contento di poterveli comunicare tutti, ma mi dilungherei. Vi ricorderò brevemente: 1) un incontro "rigeneratore" con gli animatori delle comunità del quartiere Fernanda Park, che cercano un cammino di ripresa dell'antico fervore partendo dalla lettura dell'Apocalisse (lettera alla comunità di Efeso). 2) L'inizio della campagna di firme per una legge popolare che impedisca ai candidati condannati in prima istanza di ri-candidatarsi alle elezioni politiche. 3) La formazione iniziale di una commissione della cittadinanza, per seguire da vicino l'operato del neo-eletto consiglio comunale, per evitare che agisca contro gli interessi dei cittadini.

E' pure arrivata una coppia di sposi modenesi (Riccardo ed Elena, di Fiorano), in viaggio di nozze: per conoscere la realtà dei più poveri. Nella foto li vedete tra i bimbi dell'asilo San Francesco, dove, fra le altre cose, hanno dedicato un buon tempo a temperare matite. Un lavoro importantissimo anzi essenziale, in mezzo a una classe di bimbi piccolissimi che stanno disegnando ragni, case, bambini, cani, eccetera...E vedete, nella seconda foto, la loro gioia di ricevere una visita....e essere fotografati.

Ora vi passo una riflessione tratta (E TRADOTTA) liberamente dal sito di Padre Dario, che a sua volta si è ispirato al testo “Toda a criação geme...”, RIBLA 21. Padre Dario è un missionario comboniano (italiano), molto conosciuto in Italia tra i giovani delle "carovane per la pace" in diverse città, e che lavora attualmente in Amazzonia. Pubblica un blog molto bello. In fondo a questo post trovate il link per aprire il suo sito, che è: http://www.padredario.blogspot.com SCRITTO IN PORTOGHESE-BRASILIANO).
Nella Bibbia ci sono due gemiti forti, che perfino Dio stenta a consolare. Uno è il gemito di Giobbe ( e di ogni persona come lui) che si lamenta delle sue sofferenze, miseria, malattia ed esclusione sociale, e cerca avidamente condizioni migliori. L'altro, è quello del creato che geme per la violenza che lo assedia e della morte definitiva che lo minaccia.
L'attuale sistema economico crea un conflitto tra queste due grida, e mette in competizione gli interessi delle persone e quelli della natura. Il posto di lavoro é messo in conflitto con la preservazione ambientali. Ad ogni nuova "grande opera", la parola magica che libera gli imprenditori da qualsiasi licenza ambientale è la promessa di centinaia di nuovi posti di lavoro...anche se, poi, non sempre la promessa è mantenuta. Così, la difesa della natura finisce per essere considerata nemica del progresso e dello sviluppo.


Giobbe cerca una vita piena e abbondante. I suoi interessi sono accontentati nei paesi dello sviluppo. La natura invece continua gridando da lontano, nei paesi-deposito più poveri del mondo. Giobbe si sente completamente innocente e in diritto di gridare contro Dio, e il Signore gli dà ragione: "Se tu guardi solo il tuo orizzonte personale, tu hai pienamente diritto di lamentarti. Ma calmati un momento, e ascolta anche altre grida: il clamore della natura, delle masse povere, del sistema squilibrato che sta andando a rotoli. Comincia ad armonizzare le tue necessità con quelle di tutto il creato!" E' questo il senso del bellissimo poema con cui Dio riesce ad ammansire Giobbe: (Giobbe 38-42).

Chi è il padre della pioggia e della rugiada?
Chi è la madre del ghiaccio e della brina?
Chi trasforma l'acqua in pietra
e rende compatta la superficie dell'oceano? .
Puoi tu dare ordini alle nubi
affinchè scendano su di te gli aquazzoni?
Manda a chiamare i fulmini,
e loro vengono a dirti: "Ecco, siamo qui”?...
Giobbe, che prima si sentiva vittima innocente e unico depositario del diritto alla compassione di Dio, apre gli occhi e dichiara umilmente: “Ho parlato, senza capire, di meraviglie che superano la mia comprensione" (Giobbe, 42, 3). Il nostro piccolo uomo sta cominciando a pensare col cuore grande di Dio. Include tra i suoi sentimenti le sofferenze e le aspirazioni della vita maggiore che lo circonda. Si mette in sintonia col creato. Ha superato il conflitto tra gli interessi individuali e il bene maggiore di tutto ciò che esiste.

Chi ci aiuterà a vivere, come società e individualmente, questa conversione di Giobbe? Sicuramente non le grandi multinazionali, potenti propagandiste della loro teologia personale. Esse vogliono definire dall'alto al basso ciò che è sostentabile, verde e puro. Ma "le vittime sono sempre locali" (Vandana Shiva). É lá in basso che si possiede la nozione giusta dell'impatto di ciascun progetto. Da tempo, Dio ha cambiato posto! Non ci occorre più qualcuno là in alto che ci dica ciò che è bene o male. Non crediamo che la verità stia semplicemente nella versione più diffusa dei fatti. Non ci fidiamo dei potenti mezzi di comunicazione che addormentano le coscienze.

“La verità è nelle vittime” (Jon Sobrino) e Dio ha scelto questo unico posto di interpretazione della realtà! Perciò, una nuova teologia della terra può nascere solo dalle ferite delle vittime, lasciando parlare i corpi contusi e ascoltando il gemito del creato, dal basso. Il Vangelo rivela che Cristo risorto porta con sè le ferite della croce....ed è esattamente da quelle ferite che Tommaso riconosce il suo Signore. Le ferite della terra e della gente sono il Corpo di Cristo violato, punto di partenza per una riflessione permanente sulla Vita e la Risurrezione possibile.

Siamo all'inizio di una nuova creazione, se lo vogliamo. Dipende da noi, come sottolinea Ivone Guebara: “La terra è informe e l'oscurità la ricopre... Ci troviamo al principio. Il disordine e la violenza imperano e non si conoscono più i percorsi della terra fertile, delle acque pulite, del canto degli uccelli variopinti, delle stelle che brillano nel firmamento, della luce abbagliante del sole, della luna piena argentata, del sorriso soddisfatto degli esseri umani. Siamo all'inizio, nel principio caotico di ogni cosa, nel principio-fine dell'eterno oggi di tutto il creato".

E adesso un'altra lettera del nostro vescovo che scrive dal Sinodo di Roma. Non posso non pubblicarla, anche se per voi lettori la pagina diventerà un pò pesante.
"Cari operatori pastorali: io mi trovo a Roma, al Sinodo, già da una settimana. L'esperienza è ottima. Gli incontri con altri vescovi sono molto ricchi. Venerdì scorso ho avuto lo spazio per fare il mio intervento. Ho parlato della catechesi e della Bibbia. Ho insistito sul fatto che le Sacre Scritture sono il primo libro di catechismo. Ho parlato dell'importanza della Lettura Orante della Bibbia e di una catechesi più celebrativa. Ho commentato anche la necessità di una formazione religiosa che unisca fede e vita, una catechesi impegnata.

Ieri ho fatto l'omelia nel Sinodo, nella preghiera del mattino. Il testo era quello del Levitico:"Siate santi come il vostro Padre è santo". La santità è un dono di Dio che si riceve man mano che ci si apre alla grazia di Dio. Non esiste santità senza misericordia. Santifichiamo le nostre vite quando permettiamo al poveri di entrare nella nostra vita stessa.

Mi sono già incontrato con Carlos MESTERS e Ourofino.Abbiamo avuto una buona conversazione sulla lettura popolare della Bibbia e le comunità ecclesiali di base. Stiamo tentando di fissare una riunione con loro e i vescovi dell'America Latina.

Questo fine settimana sono stato a Modena e Milano, dove mi sono incontrato con diversi preti amici della diocesi di Goias,come il padre Isacco e il padre Arrigo. A Milano ho fatto una conferenza per un gruppo di amici dell'ospedale di Ceres. Il prossimo fine settimana andrò a trovare Padre Lira a Volterra. Ho messo in agenda anche un incontro con suor Zenaide, che tra l'altro ha avuto la bontà di venirmi a prendere all'aeroporto.

Ecco alcune altre perle del Sinodo: - La Bibbia dev'essere un messaggio di speranza per i poveri. - Tutta la Pastorale deve partire dall'animazione biblica. - Abbiamo bisogno di andare incontro a quelli che non riescono a vedere Gesù - Se evangelizziamo, dobbiamo anche lasciarci evangelizzare.
Rimango in comunione con voi e ho pregato ieri sulla tomba di SAN PAULO, per la diocesi. Un abbraccio. Dom Eugenio Rixen - Bispo de Goias.

Padre Dario, link: