21 febbraio 2013

PREVISIONI DEL TEOLOGO RATZINGER

Mi permetto di riportarvi qui, con mia traduzione dal portoghese, due testi di Ratzinger ripescato da Padre Nelito Dornelas, che non so chi sia, e inviatomi da un amico di Itaberaí, rappresentante regionale della Commissione Pastorale della Terra (CPT). Il testo é molto illuminante se si pensa ai fatti di questi giorni e alla personalitá del papa Benedetto XVI. Quando il teologo Joseph Ratzinger ha scritto il primo di questi testi, informa Padre Nelito, era professore. Il secondo é stato scritto quando era giá Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. “Questi due testi esprimono l´acutezza del suo pensiero e la capacitá critica di percepire i segni dei tempi. Credo che questa stessa onestá intellettuale e libertá spirituale lo abbiano portato alla decisione di rinunciare al governo della Chiesa e ritirarsi ad una vita contemplativa”.
Nel 1971, il teologo Joseph Ratzinger scrisse la sua opera Fede e Futuro, e fece questa domanda: “Come sará la Chiesa nel 2000? Cosí afferma:
“Dalla crisi di oggi, anche questa volta nascerá in futuro una Chiesa che avrá perduto molto. Essa sará piccola e, in gran parte, dovrá cominciare a partire dal principio. Essa non avrá tanti fedeli da occupare gli spazi di molte costruzioni che furono fatte nel periodo di grande splendore, per via del piccolo numero di adepti. Perderá molti dei suoi privilegi che aveva conquistato nella societá. Al contrario di quanto é accaduto fin´ora, essa si presenterá assai piú rafforzata come comunitá di volontari, che diventa accessibile solo per decisione libera e personale dei suoi membri. Come comunitá piccola, essa chiederá molto di piú all´iniziativa dei suoi membri e conoscerá anche, sicuramente, nuove maniere di ministeri ordinati ed eleverá i laici professionisti al sacerdozio ministeriale. In molte comunitá piccole, e in altri gruppi sociali simili, l´evangelizzazione sará fatta in questo modo. Chiaro che il sacerdozio ministeriale ufficiale sará indispensabile!
Nonostante ció, in tutti questi mutamenti che possiamo supporre che accadranno nella Chiesa, io penso che essa incontrerá di nuovo e decisamente il suo posto essenziale nel quale c´é stato sempre il suo nucleo centrale: la fede in Dio Uno e Trino, in Gesú Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, e nell´assistenza dello Spirito che arriva fino alla fine. Nella fede e nella preghiera essa incontrerá di nuovo il proprio nucleo centrale vivendo i sacramenti come culto divino e non come problema di configurazione liturgica.
Emergerá una Chiesa interiorizzata che non prevale per mandato politico e tantomeno si impegna con la sinistra o la desta. Essa riuscirá in questo con molto sforzo, perché il processo di cristallizzazione e sclerosi le richiederanno di spendere molte energie. Essa diventerá una Chiesa dei poveri e dei piccoli. Il processo sará molto difficile per via degli intrighi della stupidezza settaria di quelli che conservano la loro arroganza. É chiaro che tutto ció richiede tempo. Il processo sará lungo e penoso, come é stato molto difficile il cammino percorso dalla Chiesa dai falsi progressisimi alla vigilia della Rivoluzione francese, nei quali, anche molti vescovi parlavano con eleganza su dogmi e forse lasciavano trasparirre che perfino l´esistenza di Dio non era data per certa, questo terminó solo con il rinnovamento della Chiesa nel secolo diciannovesimo. Tra l´altro, dopo di questo, dovrá uscire dal seno di una Chiesa interiorizzata e semplificata una grande forza. Poiché le persone, vivendo in um mondo interamente programmato, cadranno inevitabilmente nella solitudine. Quando, per loro, Dio sará completamente scomparso, esse sperimenteranno la propria povertá completa e orribile nelle sue frustrazioni. E incontreranno nella piccola comunitá di quelli che credono qualcosa completamente nuovo, come una speranza che sará una risposta a tutto ció che occultamente sempre si erano chiesti.
Cosí mi sembra sicuro che, per la Chiesa, questi tempi imminenti saranno molto difficili. La sua crisi vera é solo all´inizio, dovremo aspettarci grandi scossoni. Tuttavia, é certo anche ció che rimarrá alla fine: non una Chiesa del culto politico, che é giá fallito con Gobel, ma la Chiesa della fede. Certamente essa non sará la forza dominante della societá, come é stata fin´ora, peró, da essa rinascerá e fiorirá l´umanitá come patri che offre vita e speranza a chi voglia fin oltre la morte. Il secondo testo al quale mi riferisco (scrive Padre Nelito) é del Cardinale Joseph Ratzinger, in um´intervista pubblicata nel 1997, Il sale della terra: il cristianesimo e la Chiesa cattolica alle soglie del terzo millennio (Rio de Janeiro, Imago, 1997). Cosí si esprime sulla lettura popolare della bibbia, che, secondo me, é uno dei migliori percorsi che lo Spirito ha indicato in quest´ultimo secolo come luogo di edificazione della Chiesa”.
A volte sembra cosí complicato (leggere la Bibbia) che si pensa che solo gli studiosi possono avere una visione d´insieme. L´esegesi ci ha dato molti elementi positivi, ma ha fatto anche sorgere l´impressione che una persona normale non é capace di leggere la Bibbia, perché tutto é cosí complicato. Dobbiamo tornare a imparare che le Bibbia dice qualcosa a ciascuna persona e che essa é offerta soprattutto ai semplici. In questo caso dó ragione a un movimento sorto all´interno della teologia della liberazione, che parla dell´interpretazione popolare. Secondo questa interpretazione, il popolo é il vero proprietario della Bibbia e, per questo, il suo vero interprete. Non hanno bisogno di conoscere tutte le sfumature critiche: comprendono l´essenziale. La teologia, con le sue grandi conoscenze, non diventerá superflua, diventerá perfino piú necessaria nel dialogo mondiale delle culture. Ma non puó oscurare la suprema semplicitá della fede che ci pone davanti a Dio, e davanti a un Dio che é divenuto mio prossimo facendosi uomo”.
Il primo pensiero che mi é venuto dopo aver letto questi testi, é che noi negli anni settanta lavoravamo giá in un progetto di Chiesa con le connotazioni previste da queste riflessioni. La chiamavamo “Chiesa del Vangelo”, come alternativa alla Chiesa Istituzionale che chiamavamo anche Piramide. E formammo decine e decine di “gruppi di Vangelo”, che poi furono denominati Comunitá Ecclesiali di Base per aderire ad un movimento che in Brasile era diventato predominante, con il sigillo dei vescovi. Mi é venuto, dunque, di chiedermi: “Perché, nonostante un papa che da giovane aveva avuto questa visione, c´é stato uno sviluppo cosí diverso che ha frenato e quasi distrutto ció che si era cominciato? Ai posteri l´ardua sentenza. Gli avvenimenti in corso, tuttavia, qualche risposta la suggeriscono.

16 febbraio 2013

LA STRAGE DEI GIOVANI

Questa quaresima ha avuto, come apertura, la sorpresa della rinuncia del papa. É stato un gesto coraggioso, perché ha sfidato una tradizione secolare. Secondo me la decisione di Benedetto XVI é nello stesso tempo modernizzante (oggi in tutte le imprese, nei servizi pubblici e nella Chiesa stessa é normale andare in pensione per limiti di etá e vigore fisico) e molto umano. Riavvicina la figura del papa a quella dell´Apostolo Pietro, di cui é il successore ma nei secoli si é assai distanziata. Se ricordo bene i manuali di teologia, il papato é un incarico elettivo da cui ci si puó dimettere, e nella storia é giá accaduto alcune volte. Lo scrivo perché anche qui qualche persona pia si é detta “trastornata”. Non é un sacramento che imprime il carattere, come é invece l´Ordine sacerdotale (diaconato, presbiterato ed episcopato), che rimane impresso per sempre. Il vescovo puó dimettersi da Vescovo di una diocesi ma rimane sempre vescovo; e cosí il prete, puó cambiare parrocchia o andare in pensione ma rimane sempre prete.
La quaresima é un tempo di deserto che ci fa rivivere i 40 giorni simbolici che i vangeli narrano come preparazione di Gesú al suo ministero che culminó con la Pasqua, morte e risurrezione. In Brasile si fa la Campanha della Fraternitá, che quest´anno affronta il tema della gioventú: preghiera e azione contro la strage di giovani, dice l´annuncio della Conferenza Nazionale dei vescovi. Il motto é “eccomi quí, Signore, inviami”. Prese dal testo della vocazione del profeta Isaia, queste parole richiamano l´attenzione sul programma della pastorale giovanile in preparazione della Giornata Mondiale della Gioventú, a Rio, nel luglio prossimo (Frei Beto fa notare che dovranno ristampare la propaganda, che porta la foto e il nome di Benedetto XVI). Infatti il programma é: missione di giovani per evangelizzare i giovani. La situazione dei giovani é una delle sfide piú difficili di questi anni.
Dopo aver letto su Adital un articolo di frei Beto, ho raccolto i suoi dati e sono andato a cercarne altri in internet. Ne é venuto fuori questo quadro: in Brasile abbiamo 515 mila persone chiuse in prigione. La media é di piú di 1 ogni 400 abitanti, contando anche donne e bambini. In realtá il 95% dei detenuti é di giovani maschi al di sotto dei 30 anni. Nell´ultimo anno i detenuti sono aumentati di 9 mila. Negli ultimi 10 anni sono triplicati. Il solo Stato di San Paolo ne ha 181 mila. La capitale São Paolo, di 11 milioni e mezzo di abitanti, é sempre piú in preda alla violenza e alla paura. Ci sono stragi e omicidi quotidiani. Le persone hanno paura anche della polizia, perché puó accadere di essere arrestati vivi e ritrovati morti senza nessun processo. Lá, il numero di omicidi é aumentato del 34% nel 2012. Ogni 100 mila abitanti, 12,2 assassinati. 547 morti in scontri con la polizia. Stupri: + 24%; furti di automobili + 10%; e furti comuni + 8%. Assalti a banche - 12%. Dati della Segreteria di Pubblica sicurezza, divulgati il 25 gennaio e pubblicati da Frei Betto nel suo articolo.
Perché la violenza é cosí in aumento? La risposta non é difficile. San Paulo é divisa in 96 distretti. La maggior parte ha piú di 100 mila abitanti. Molti di questi distretti sono privi di piazze e parchi, di centri sportivi e culturali. Secondo la Rede Nossa São Paulo, 60 distretti non hanno nessun centro culturale (teatro, cinema, sala per feste o conferenze). 56 non hanno nessuna attrezzatura sportiva pubblica. 44 non hanno biblioteca pubblica. 38 non hanno nemmeno un parco e in 20 non c´é una sede di polizia. 1,3 milioni di persone abitano in favelas. 250 mila giovani tra 15 e 19 anni non vanno a scuola. 181 mila giovani dai 15 ai 24 anni sono disoccupati. 98 mila bimbi non hanno posto all´asilo. Il paulistano passa, in media, 2 ore e 23 minuti al giorno nel traffico. Il trasporto pubblico é precario, tanto che la polizia deve controllarne l´accesso nelle ore di punta. In media, per una visita medica pubblica, si aspetta 52 giorni; per esami di laboratorio piú di 65 giorni, e per chirurgie 146 giorni.
Cosí é San Paolo: ma la sua situazione di grave malessere rispecchia quella di tutto il Brasile e dell´America Latina in generale. Forse anche del resto del mondo, in diversi modi misure. In alcuni casi anche peggio: come la situazione degli emigranti, le guerre tribali e razziali, la violenza dei fanatici religiosi. É uno sfascio. Nonostante questo, pare che non ci sia molta voglia di battersi il petto e di cambiare qualcosa. In Europa vi dibattete con una crisi economica feroce, e per quello che si puó capire dai giornali la tendenza é di sanare i bilanci togliendo ai poveri per dare ai ricchi. Quí la gente é contenta perché i numeri del PIL, se pure non sono esaltanti, sono ancora positivi: si costruiscono case nuove sempre piú belle, chiese, e chi puó ruba a piú non posso il denaro pubblico e lascia andare in malora le strade e i servizi di sanitá e istruzione.

6 febbraio 2013

I POVERI NEL VANGELO DI LUCA

Amici, vi seguo sui giornali on-line e so che vi trovate di fronte a scelte fondamentali. Ci sono le elezioni. State ascoltando promesse mirabolanti, di restituzione in contanti delle tasse e di rifare l´Italia dall´a alla zeta. Tentazioni. Dovete anche decidere, nel cinquantesimo del Concilio, come sistemare l´ambone e i banchi in chiesa. In questo blog vi propongo un articolo di Gilvander Luis Moreira, un frate carmelitano, operatore della CPT e del CEBI, specializzato in esegesi biblica (fonte adital): come il vangelo di Luca e gli Atti degli Apostoli vedono i poveri? Quest´anno il vangelo di Luca sará letto nella liturgia del te mpo comune, quindi a qualcuno dovrebbe interessare. L´ho tradotto alla lettera. Anche questo combina bene con il cinquantesimo del Vaticano II. Le foto sono scatti della nostra festa parrocchiale.
No vangelo di Luca i poveri non sono spiritualizzati come puó suggerire, a prima vista, il vangelo di Matteo, ma hanno una connotazione concreta. Sono carenti economicamente, emarginati ed esclusi socialmente. Não hanno rilevanza sociale. Gli Atti, 2º volume dell´opera di Luca, approfondiscono di piú questa radicalitá. L´apostolo Pietro, ad esempio, si dichiara assolutamente povero, senza oro né argento, ma soltanto la Parola che rinvigorisce e rianima gli stanchi (At 3,6). Il contrasto tra ricchi e poveri trascende la dimensione socio-economica. La categoria povero comprende prigionieri, ciechi, oppressi (Lc 4,18), affamati, desolati, odiati, diffamati, perseguitati, emarginati (Lc 6,20-22), storpi, lebbrosi, sordi e perfino morti (Lc 7,22). Per l´ideologia egemonica, che é sempre quella della classe dominante, i poveri sono scoria, rifiuti e immondizia della societá. Sono usati e non amati. la ricchezza é, quasi sempre, una trappola mortale per la persona umana, poiché, molte volte, coinvolge la persona in un processo di disumanizzazione, promettendo stabilitá, rafforzando l´autosufficienza e causando molte ingiustizie.
Nel vangelo di Luca le beatitudini hanno un orientamento sociale (Lc 6,20-23). Sono dirette ai discepoli come a persone realmente povere, affamate, afflitte, vittime di ingiustizie ed esclusi dal mondo in cui c´é organizzazione a favore di una minoranza e caos per la maggioranza. Luca non intende spiritualizzare la condizione dei suoi discepoli, come fa a prima vista Matteo nelle sue beatitudini (Mt 5,1-12). Le prescrizioni che Matteo aggiunge – poveri in spirito, fame e sete di giustizia – rispettano la condizione di diversi membri della comunitá mista a cui la narrazione evangelica é diretta. In Luca la povertá, la fame, l´afflizione, l´odio e l´esilio caratterizzano la situazione concreta ed esistenziale dei discepoli e delle discepole di Gesú Cristo, che sono quelli che Gesú dichiara beati.
Nel vangelo secondo Luca appare nitidamente una opzione per i poveri contro la povertá. I ricchi non sono esclusi a priori, ma sono invitati ad abbandonare l´idolatria del capitale e del potere e farsi poveri. Il servo sofferente padre Alfredinho diceva: "Il mondo diventerá un paradiso nel giorno in cui i ricchi desidereranno patire la fame”. Luca é duro contro i ricchi e la ricchezza (Lc 6,24).
"Abbiate cura degli indeboliti!” (At 20,35). Ecco un appello forte dell´Apostolo Paolo nel suo testamento spirituale, scritto da Luca, che conservava nella memoria e nel cuore l´immagine di Paolo como uno che dava un´attenzione speciale agli impoveriti. É probabile che nelle comunitá di Luca, alla fine del primo secolo, um grande desiderio di fedeltá al passato stesse provocando la dimenticanza degli impoveriti e degli esclusi. Questi non sempre possono rispettare le regole della comunitá. Per Paolo, il segno per eccellenza dell´autenticitá del ministero era l´amore disinteressato e gratuito verso i poveri. Questa opzione appare in modo molto eloquente quando Paolo dice alle comunitá di Antiochia che l´unica cosa che l´Assemblea di Gerusalemme si premura di avvertire é: "Noi dovremmo ricordarci dei poveri...” (Gálatas 2,10). Nel discorso ai presbiteri, in At 20,17-35, Luca richiama alla cura verso i poveri, perché probabilmente i presbiteri si stavano preoccupando meno con quelli e agivano come mo "i falsi pastori che pascolano sé stessi e divorano le pecore” (Ezechiele 34,8-10). Sará che spendevano piú energie nei riti che nella promozione umana degli esclusi e la lotta per la giustizia?
La teologia di Luca propone una mistica evangelica che sia una Buona Notizia per i poveri, cioé ciechi, sordi, muti, carcerati, alienati, malati e peccatori; infine, per gli emarginati ed esclusi. Luca é molto realista, perché si accorge che la Buona Notizia per i poveri é, normalmente, pessima notizia per gli oppressori e violentatori dei poveri. Luca non difende ogni e qualsiasi notizia, ma appena quella che trae qualitá di vita per tutti e per tutto, a partire dagli oppressi. Gesú di Nazaret, secondo Luca, si trova tra i poveri e si impegna con loro. La sua vita, che conosciamo anche dalle sue prese di posizione e insegnamenti, é caratterizzata da incontri con persone del suo circolo di amicizie e persone del mondo degli esclusi. Gesú fu sempre un anticonformista nei confronti delle ingiustizie e dei sistemi ingiusti, um sognatore che coltivava la bella utopia del Regno di Dio in mezzo a noi. Gesú aveva i piedi per terra, ma il cuore nei cieli. Era un profeta, uno sensibile, capace di percepire i bisbigli e gli appelli di Dio dentro le viscere dei fatti storici. Il Galileo fu un testimone, un martire, che non solo disse delle veritá, ma donó la vita per le veritá che difendeva.
Gesú e il suo movimento, con una scelta di posizione altamente irriverente, si lasciano coinvolgere, appassionare, muovere a compassione dal popolo sofferente e rivelano un grande sforzo di trasformazione. Demistificano ció che é mistificato dal senso comune. Dis-idolatrano dei e idoli che concorrono con um chiasso immenso a favore di progetti schiavizzatori. Dissacralizzano il potere, smascherando il potere religioso, quello politico ed economico che, divinizzati, promuovono grandi atrocitá. Dis-dualizzano la forma di affrontare la realtá – con Gesú “il velo del Tempio si strappa” (Lc 23,45) e "nessuno deve chiamare impuro ció che Dio ha creato” (At 10,15). Non c´é piú separazione tra puro e impuro, tra santo e peccatore, tra trascendenza e immanenza, tra dentro e fuori, tra sacro e profano, tra cielo e terra, tra umano e animale, etc. Tutto e tutti sono bagnati dalla dimensione divina e trascendente della vita. In ciascuno e ciascuna di noi ci sono il femminile e il maschile, il bene e il male, il sacro e il profano.
Infine, magari questa rapida retrospettiva sul rapporto di Gesú e dei suoi discepoli(e) con i poveri ci ispirassero nella costruzione di una societá oltre il capitalismo e oltre i capitale. Belo Horizonte, MG, Brasil, 04 de fevereiro de 2013.