15 ottobre 2013
L´UGUAGLIANZA!
Le foto: 1 - gruppo dei fondatori della Fraternitá dell´ex monastero di Goiás; 2 e 3 - Incontro di giovani ad Itaberaí.
Sabato scorso in Brasile era la festa di Nossa Senhora Aparecida. É festa nazionale, perché fu dichiarata patrona del Brasile: un omaggio dei tempi della monarchia). I cattolici le sono molto devoti. Al santuario di Aparecida do Norte accorrono a milioni. Noi abbiamo un piccolo santuario diocesano vicino a Goiás, nella localitá di Areias. Da Itaberaí molti ci vanno a piedi, camminando tutta notte o quasi (sono 24 km) a chiedere aiuto per i loro problemi e “pagare” i loro voti. Io ho avuto il piacere di celebrare per loro la messa alle sei del mattino. Sotto un grande tendone davanti al santuario, perché é piccolo per quella folla. Durante la messa, mi é venuto davanti all´altare un giovanotto ubriaco. Aveva tra le mani una bottiglia di cachaça (grappa di canna da zucchero), e pregava a voce alta davanti a tutti, senza nessuna inibizione. Io gli ho sorriso e l´ho lasciato continuare in pace, ma non capivo cosa diceva. Poi mi hanno raccontato che pregava cosí: “Nossa Senhora, fammi la grazia di trovare un´altra donna, perché la mia mi ha fatto le corna”. Cornuti di tutto il mondo, prendete l´esempio!
Frei Beto, in un articolo su Adital, ci informa che alcuni ricercatori americani hanno sperimentato e scoperto nelle scimmie lo stesso sentimento di uguaglianza che esiste nei bimbi piccoli. Davano alle scimmie dei pezzetti di cetriolo, di cui erano ghiotte. Poi hanno cominciato a dare ad una di loro un grappolo d´uva, piú gradito del cetriolo, per le scimmie. Agli altri continuarono a dare cetriolo. In breve, il clima si alteró. Le altre scimmie, arrabbiate, quando vedevano il loro compagno ricevere uva, buttavano via il cetriolo. Un alimento cosí gradito era diventato motivo di odio. Le scimmie non si irritavano quando i ricercatori mostravano a tutti l´uva ma distribuivano cetriolo. Diventavano cattivi, invece, quando davano ad uno l´uva e agli altri il cetriolo. Secondo l´autore, quando questa ricerca fu pubblicata, suscitó scandalo nel mondo scientifico perché non si possono paragonare gli esseri umani alle scimmie. Tuttavia, tutti abbiamo fatto questa esperienza nell´infanzia: i nostri genitori ci hanno insegnato l´uguaglianza dei diritti. E guai quando ci accadeva di vedere, o supporre, un trattamento preferenziale verso il fratello o la sorella. Perdevamo il piacere di vivere. Al massimo era ammessa una preferenza per il piú debole.
Noi viviamo in una societá spaventosamente disuguale. Alcuni mangiano l´uva, altri i cetrioli, e molti non hanno proprio niente. Non siamo scimmie, ma ci sono moltitudini, interi popoli, arrabbiati: che emigrano e vengono ricevuti a pugni in faccia, o trovano un muro davanti a sé. Che per disperazione buttano via il cetriolo, cioé quel poco di vita che resta per loro, e affondano nell´alcoolismo, nella droga, nella delinquenza e malvagitá. Ogni tanto visito la prigione di Itaberaí, dove trovo sempre una settantina o piú di giovani, quasi tutti del paese, che si sono rovinati perché volevano assaggiare un pó di benessere: um pó di uva. Sono i ragazzi piú soli del mondo: per alcuni di loro la visita é l´ultimo contatto umano in una vita vissuta tra droga e prigione, um baratro da cui, quasi sempre, si esce solo morti. Con tutto questo, la reazione piú comune di noi cristiani é di adeguarci all´ingiustizia e andare avanti facendoci largo a spintoni, per accapparrarci una situazione piú privilegiata. E ci difendiamo ricorrendo alla “giustizia”. Nel vangelo della prossima domenica c´é una parabola di Gesú che mostra come funzionava la giustizia a quei tempi, e spesso ancora oggi. C´era un giudice senza religione e a cui non importava nulla della sofferenza degli oppressi. E c´era una vedova che doveva convincerlo a farle giustizia. Dopo molto insistere, il giudice le fa giustizia, almeno per togliersela dai piedi. É stata fortunata. Oggi la macchina della giustizia é ben piú complicata.
Scrive José Antonio Pagola: “Il simbolo della giustizia nel mondo greco-romano era una donna che, con gli occhi bendati, pronuncia una sentenza “suppostamente” imparziale. Secondo Gesú, Dio non é questo tipo di giudice imparziale. Conosce molto bene le ingiustizie che si commettono contro i piú deboli e la sua misericordia lo porta a inclinarsi dalla loro parte. Questa “parzialitá di Dio a favore dei deboli é uno scandalo ai nostri occhi borghesi, ma conviene ricordarla, perché nella societá moderna funziona um´altra parzialitá di segno contrario: la giustizia favorisce piú il potente che il debole. Ci crediamo progressisti perché sosteniamo che “tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignitá e diritti”, ma sappiamo che questo é falso.
Gesú non era un illuso, e sapeva bene che quella situazione sociale non sarebbe cambiata tanto in fretta. Perció raccontó quella parabola per raccomandare la preghiera insistente. Dio é un Padre che vuole vita e dignitá per tutti i suoi figli. Fará giustizia, perché sta dalla parte dei deboli. Ma quando? É un pezzo che aspettiamo. Cito ancora Pagola: “Per noi l´importante é l´azione, lo sforzo, il lavoro, l´efficacia, i risultati. Pregare, per noi, é una perdita di tempo. La preghiera appartiene al mondo dell´”inutile”. Certo, la preghiera é inutile come é inutile il piacere dell´amicizia, la tenerezza degli sposi, la passione dei giovani, il sorriso dei figli, lo sfogo con la persona di fiducia, il riposo nell´intimitá della casa, il godimento di una festa, la pace di un tramonto...” “Sarebbe un equivoco pensare che la nostra preghiera é efficace solo quando otteniamo ció che chiediamo. La preghiera cristiana é efficace perché ci fa vivere con fede e fiducia nel Padre e con sentimenti di solidarietá verso i fratelli”.
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