26 febbraio 2009

LA PACE E' FRUTTO DELLA GIUSTIZIA

Come inizio di quaresima, vi presento Celso Carpenedo. Il suo aspetto è poco quaresimale, nonostante conduca una vita molto sobria. Infatti ha il viso allampanato: pelle rossa e barba-rossa. E' dovuto alle sue origini venete, ma è brasiliano legittimo del Rio Grande del sud. Venne a Goiàs come monaco benedettino laico, negli anni 80. Da allora è stato una delle colonne della pastorale diocesana. Per molti anni dedicò il suo tempo ai Corsi Bibilici, alla Scuola-famiglia agricola per i figli dei Sem-Terra beneficiati dalla Riforma Agraria, alla Scuola di Teologia Diocesana per laici di cui è stato uno dei fondatori e di cui è tutt'ora direttore. Da alcuni anni ha lasciato il Monastero e vive da solo in campagna. Coltiva un podere e insegna nell'Università Serale della Città di Goiàs. Lo vedete seduto nella Biblioteca del Centro Diocesano di Pastorale, mentre prepara le lezioni. Lo scorso anno ha provato ad assaggiare anche la politica, concorrendo alle elezioni comunali (come candidato alla camera legislativa) per il PT (Partito dei Lavoratori), nel comune di Goias. Fu il primo dei non eletti. Se si vuota un seggio, lui entra. Cosa c'entra Celso con la quaresima? E' il tempo propizio anche per rinfrescare le motivazioni e l'impegno, e io l'ho cercato pochi giorni fa per invitarlo a tenere un Corso di Formazione per le equipe di pastorali sociali di Itaberaì. Lui è bravissimo ad aiutare la gente nella riflessione. I problemi da affrontare sono tanti: pastorale della terra (CPT), carceraria, promozione umana, pastorale della salute, del soccorso nelle emergenze, di aiuto ai dipendenti di alcool e droga. Le pastorali sociali hanno una vocazione samaritana, quindi sentono il bisogno di specchiarsi in Gesù rinnovare il proprio incontro con Gesù. Solo da Gesù si impara come essere davvero samaritani.

Nella messa delle Ceneri ascoltiamo l'invito accorato dell'apostolo Paolo: "In nome di Cristo vi imploro, lasciatevi riconciliare con Dio". E' una frase che mi fa impressione, perchè coglie nel segno: è ciò di cui abbiamo bisogno. La tradizione cristiana, da sempre, affida alla quaresima il compito di convertirci richiamandoci ai tre pilastri della preghiera, digiuno ed elemosina. Abbiamo, nella Chiesa, una storia e un presente di integralismi e violenze sconcertanti, ma abbiamo anche queste tre cose che rispecchiano la pratica di Gesù e degli apostoli. In esse possiamo ritrovare la fiducia per continuare sul sentiero del Vangelo senza perderci . "Chi confida nel Signore è come la montagna di Sion - niente può abbatterlo, perchè è stabile per sempre" (salmo 124).

In Brasile il marchio della quaresima è la Campagna della Fraternità. Ve ne ho già parlato. Quest'anno l'argomento è la sicurezza pubblica. Il motto è: "La pace è frutto della giustizia". Il Testo Base dei Vescovi è molto elogiato: dicono che è ricco e scritto in modo che tutti lo possano capire. Parere mio: sì, è ricco, c'è fin troppo (nei nostri ambienti, si loda sempre l'ultimo documento dei Vescovi, poi lo si legge poco e lo si dimentica in fretta). Il tema è vastissimo, quasi impossibile da affrontare in tutti i suoi aspetti. Ci sono due messaggi fondamentali. Il primo: abbiamo una tradizione secolare di accettazione dell'ingiustizia e della violenza da cui ci dobbiamo liberare. Interi popoli sono stati educati ad andare a testa bassa. E il secondo: "La gente ha paura e si illude di proteggersi dalla violenza costruendo muri sempre più alti attorno a casa. Oppure chiedendo aI governo di rafforzare i corpi di polizia, armarla di più, decretare pene più severe, mettere sbarre più robuste nelle prigioni. L'unico modo efficace è promuovere giustizia, dare a tutti condizioni di vita degna, sviluppare le potenzialità di amore e solidarietà che tutti possiedono. Che è anche l'unico modo onesto, umano e cristiano di costruire la sicurezza".

Analizzano anche il nostro sistema carcerario (copiato dall'Europa), che è il contrario di tutto questo. E che è controproducente. Lo Stato punisce giustamente chi si è reso colpevole di violazione di una legge, ma lo fa violando le leggi egli stesso e trattando il carcerato come una bestia. Sono ammucchiati in 25-30, in celle costruite per 10, senza nessuna separazione tra delinquenti professionisti e recidivi, assassini e ragazzi che hanno rubato la radio in una macchina. Non dà loro nessuna possibilità di riscattarsi. E' comprovato che almeno il 20% dei carcerati, in Brasile, ha già compiuto la pena e rimane in prigione solo perchè non ha denaro per fare andare avanti il processo. Un'altra percentuale consistente è di persone che potrebbero essere recuperate se disponessero di scuole e di possibilità di lavorare e guadagnarsi la vita onestamente.

Non so quanto potrà nascere di concreto da questa Campagna della Fraternità. Lo schema inventato dalla Conferenza Nazionale dei Vescovi Brasiliani (CNBB) sforna ogni anno nuove pastorali, che in teoria dovrebbero essere immediatamente strutturate nelle diocesi e nelle singole parrocchie, e cominciare subito a funzionare. La realtà è molto più modesta: è costituita da quei pochi che ci credono e si donano, dandoci la pelle. Però ci sono in giro parecchi gruppi di pastorale carceraria che stanno facendo cose magnifiche, di avanguardia, che non vi descrivo perchè occorrerebbe troppo spazio: per esempio scuole all'interno delle carceri, orti comunitari, carceri speciali per detenuti in via di reintegrazione nella società, gruppi di artigianato con rispettive mostre-mercato, eccetera. Le iniziative migliori nascono sempre dal basso: da laici, laiche, preti e suore eroici che frequentano le prigioni e ricostruiscono la dignità umana di persone che sono finite nella pattumiera. Oppure frequentano i quartieri trasformati in covi di delinquenza e ricreano nella gente, a proprio rischio, la gioia di vivere insieme e la fiducia nelle relazioni fraterne. L'assurdo è che la mentalità capitalista, invece, considera utopie da lunatici la fratellanza e la condivisione. Chi si trova in cima alla piramide spende tutte le sue energie a selezionare, stimolare la competizione, circondarsi di vincitori e gettare via gli scarti. A distruggere gli esseri umani c'è una grande industria. A tentare di ricostruirli, ci sono artigiani anonimi.

Per finire, vi pubblico la mia traduzione dell'inno della Campagna della Fraternità: non è molto poetico, ma è didascalico! Nel video, poi, potete ascoltarlo, cantato in portoghese, con una musica simpatica.

Popolo mio, mi è arrivato il tuo lamento,

so la paura e insicurezza che tu provi.


Io vengo a te, sono tua força e tuo sollievo.

Ti mostrerò una strada nuova per la pace.



Dove riponi la tua fiducia?

Chi ti dà la sicurezza?

É l'amore che tutto può!

Solo giustizia genera pace!



Quando il diritto abiterà nella tua casa,

Quando giustizia sarà a tavola con te,

La sicurezza giocherà nelle tue piazze;

La pace, infine, mostrerà la sua bellezza.



La sicurezza è vita piena per ognuno:

Lavoro degno, abitazione, educazione;

É aver salute ed il rispetto dei diritti;

É costruire fratellanza, esser fratelli.



Vano è punire e conservar disuguglianze;

Illusione chieder solo e non dar niente.

Solo nella giustizia sei tranquillo;

La non violenza è il nuovo modo di lottare.



La sicurezza è come una tela di ragno (Jó 8,14)

se tu hai fiducia solo in armi e nel potere.

Non è violenza, non son le sbarre o la vendetta

a far fiorir per te pace e giustizia.



Io ti ho sposato nel diritto ed in giustizia;

Ti feci mio con grande amore e tenerezza. (Os 2,18)

Come accettar da te odio e ingiustizia,

Intolleranza e mancanza di rispetto?

20 febbraio 2009

COME SONO BELLI I PIEDI

"Come sono belli, sui monti, i piedi del messaggero che annuncia la pace!" - così scriveva il profeta Isaia (52, 7). In queste foto di piedi non se ne vedono, ma ci sono i volti della diocesi di Goiàs, durante gli esercizi spirituali che abbiamo fatto insieme, preti-diaconi-suore-laici e laiche. Per primo il nostro vescovo dom Eugenio Rixen, mentre presiede la celebrazione dell'Eucaristia. Dal giorno 16 al 19 febbraio scorsi. (Vi ricordo di cliccare sulle foto se le volete ingrandire).

La "predicatrice" è stata la Mercedes,una vecchia conoscenza (vecchia si fa per dire!) del Centro di studi Biblici, che ci ha condotto a riflettere sulla lettera di Paolo apostolo ai filippesi. Una lettera che sottolinea con forza lo spirito di una comunità cristiana: vivere in Cristo, insieme, in un clima di gioia, tenerezza, comprensione reciproca e compassione verso le fragilità umane gli uni degli altri. La vedete, nella foto, quasi al centro del gruppo, in giacca bianca.

Durante gli esercizi, il vescovo ha ordinato due lettori-accoliti, che entro l'anno riceveranno poi l'ordine del diaconato e del presbiterato. Il rito si è svolto con grande semplicità ma con parole e sentimenti profondamente veri, che è ciò che importa.

In questa foto ci sono il vescovo, la Celina coordinatrice della pastorale carceraria, Leandro futuro prete e il sottoscritto. Il primo giorno degli esercizi lo abbiamo impegnato a riflettere sulla passione di Paolo per l'evangelizzazione: "E' il Vangelo che salva e converte" - insegna Paolo. Esso ci conduce a "vivere in Cristo" e a camminare verso la pienezza della vita. La risposta al Vangelo è gratuita, e proprio per questo è più forte di qualsiasi legge o imposizione. Il modello è proprio lui, Gesù", che ha messo in secondo piano il suo essere Dio per incarnarsi, completamente, nella nostra condizione umana. E solo per amore. Il secondo giorno abbiamo cercato nei Vangeli il volto di questo Gesù che tanto entusiasmava Paolo e lo spingeva ad evangelizzare. Il terzo giorno lo abbiamo speso sulle parabole della misericordia, per concludere con la penitenza dei peccati...che ce n'è sempre bisogno. E infine, un pò di sane chiacchierate tra noi prima di tornare a casa.

Per concludere, abbiamo fatto una foto di gruppo alla fine della messa di "despedida", e lì ci siamo proprio tutti. Anzi, no: manca il fotografo e mi pare di non vedere nemmeno Padre Maurizio, che forse era in giro a provvedere all'ordine della casa, di cui era incaricato. Mentre ero agli esercizi pregavo perchè in Italia non passasse il decreto delle ronde: che spirito diverso c'è fra noi e l'Italia. C'è in giro una gran voglia di picchiare, o sbaglio? I diretti interessati diranno: "Noi non vogliamo picchiare nessuno: solo controllare chi sgarra, e chiamare la polizia!" Certo. Viva la sicurezza!

E con questo ho dimenticato di dirvi che abbiamo avuto una visita lampo di tre preti modenesi: don Luciano di Monte Obizzo, don Filippo di Formigine, e don Alberto di San Faustino. Sono passati così rapidamente che non sono riuscito nemmeno a prendere le foto. Ognuno di noi li ha portati a visitare qualche gruppo o attività pastorale. Io ho mostrato loro un accampamento di Senza Terra e l'asilo del quartiere San Francesco. Stasera don Filippo è venuto con me in una comunità rurale. Abbiamo concelebrato. Le impressioni ve le racconteranno poi loro: chiamateli, ne saranno felici. Domattina presto ripartono.

13 febbraio 2009

UN FIORE UNICO CON UNA VITA BREVE


Ora che un pò di rispettoso silenzio è calato sulla vicenda di Eluana e di suo padre Peppino, si può meditare. "Per noi sei una stella alpina" ha detto il parroco. Può essere anche questo fiore cresciuto tra la ghiaia, sulle cime della Serra Dourada. Tanto tempo e fatica per aprirsi, e in pochi giorni sfiorirà e morirà. Per noi è difficile capire e accettare. Per il Creatore, tuttavia, la sua breve e difficile vita è bella e ha un senso. "Fu sera e poi fu mattina. E Dio guardò ciò che aveva fatto, e vide che era buono" (Dal libro della Genesi). Con qualche anno in più o in meno, moriremo tutti anche noi, grandi o piccoli, famosi o ignoti.

In Brasile c'è tutt'altro che clima di burrasca. La gente fa i preparativi per ballare la samba. Ma due parole di Bartimeo alla terra natale che ha vissuto settimane di battaglia scomposta, ci stanno. Le scrivo non come un maestro, ma un fratello che si smarca da chi pensa che sia un dovere dei cattolici ingiuriare Peppino. Articolo 2278 del Catechismo: ”L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’“accanimento terapeutico”. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente”. Procedura medica è anche l'alimentazione, quando per farla è necessario l'intervento del medico con apparecchiature sofisticate. Quindi non si accusi nessuno di omicidio.

Se un giorno io sarò in un letto in stato di coma vegetativo, nessuno mi alimenti con apparecchiature. Per un credente in Cristo la vita e la morte non sono così separate come qualcuno afferma: la prima non è un bene assoluto, e la seconda non è un male assoluto. San Paolo scriveva ai filippesi: "Ciò che desidero, e spero di non fallire, ma, ora come sempre, manifestare con tutto il coraggio la gloria di Cristo tanto nella vita come nella morte. Perchè per me il vivere è Cristo, e il morire un guadagno".

Ho chiesto a un giovane brasiliano che aveva seguito questa vicenda in televisione: "Che cosa ne pensi?" Mi ha risposto: "Qui, una volta constatato che non c'erano speranze concrete di ripresa, i medici avrebbero staccato subito le sonde dell'alimentazione per liberare un posto. C'è una fila nel corridoio, di malati che attendono un letto disponibile per salvarsi. Non si può guardare troppo per il sottile". Purtroppo è vero, l'ho visto coi miei occhi. Perfino un umile prete, malato terminale di cancro ai polmoni, quando arrivò al punto in cui nemmeno l'ossigeno gli giovava più e che soffriva terribilmente e inutilmente, i medici dissero che avrebbero tentato un altro trattamento, poi gli praticarono un'iniezione di sedativo e gli tolsero il tubo. Morì in pochi minuti. Nessuno fiatò. Negli ospedali dei poveri accade questo, forse anche in Italia.

La vita non è nè disponibile nè negoziabile, ma nemmeno la morte: quando è ora ed è desiderata, che venga! "Ora, Signore, lascia che il tuo servo se ne vada in pace..." (Dai Vangeli). Se volete difendere la vita, arrabbiatevi per ottenere leggi più severe che impediscano le morti sul lavoro, che sono due o tre al giorno anche in Italia. Non lasciate più che i potenti mandino soldati a morire e uccidere in guerre stupide e inutili. Impuntatevi per ottenere giustizia tra i popoli e condivisione dei beni: ogni anno muoiono 400 mila bambini per causa della fame, 46 ogni ora, 23 ogni mezz'ora. Se nessuna di queste vite è negoziabile, perchè ci dormiamo sopra?

La discussione sulla vita e la morte dovrà continuare. Molti aspetti ci lasciano nel dubbio. La verità è una cosa di Dio. Se io dicessi: "Questo è vero perchè mi hanno ordinato di dire che è vero", non sarei onesto. Voi stessi potreste chiedermi: "Ma tu ce l'hai una testa?"! La verità è vera quando ha in sè stessa gli elementi per convincere. E' giusto prestare ascolto e obbedire alle autorità legittime, ma non oltre i limiti sopportati dalla coscienza. Quando la coscienza si sente violata, è ora di dire basta. Il comandamento risuona come un monito: « Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto » (Mt 4,10). L'autore dell'Apocalisse ci racconta: "Io caddi in ginocchio per adorare l'Angelo, ma lui mi disse: "No! Non farlo! Io sono un servo come te e come i tuoi fratelli che conservano la testimonianza di Gesù. E' Dio che tu devi adorare!" (Cap. 19, versetto 10).

E' bene che si dubiti e si cerchi di essere il più possibile fedeli al Vangelo. Ma il Vangelo è fatto per essere annunciato pacatamente, come ha fatto Gesù. Il Vangelo è un invito alla pienezza di vita, e chiama la gente ad un'adesione sincera e gioiosa. Gesù la offrì come un dono d'amore assolutamente gratuito, a cui corrispondere gratuitamente. La conversione a Gesù è come una pianticella che si sviluppa se è coltivata con amore, ma se la si tira per farla crescere più in fretta si strappa dal suolo e muore. Gesù accompagnava sempre l'annuncio del Vangelo con il sentimento e l'atteggiamento della solidarietà verso chi soffre e della misericordia verso il peccatore. Lui stava dalla parte delle persone, non della legge: "Il sabato è fatto per l'uomo, non l'uomo per il sabato". Seguiamo lo stile di Gesù. L'evangelista Giovanni, nella sua prima lettera (al capitolo 2) scriveva: "Ho scritto questo a voi, a causa di tutti quelli che cercano di mettervi fuori strada. Voi avete ricevuto da Gesù l'unzione che rimane in voi, e non avete più bisogno che nessuno vi insegni; al contrario, con la sua unzione, che è vera e non falsa, vi insegna tutto ciò che Gesù vi aveva insegnato, rimanete con lui".

Laudato si, mi signore, per sora nostra morte corporale,
da la quale nullu homo vivente pò skappare.
(San Francesco d’Assisi, Cantico delle creature, vv. 28-29; sec. XIII)

9 febbraio 2009

IL BUCO PERFETTO

Un buco enorme dove prima c'era una montagna: in soli 20 anni di sfruttamento. E' quanto è rimasto nei pressi di Calcilandia, municipio di Itaberaì. Niente di eccezionale, in confronto agli enormi danni ambientali prodotti, in poche decine di anni, dalla fame scriteriata di sfruttamento della terra. Leonardo Boff, in un articolo scritto in occasione del Forum Sociale Mondiale che si è svolto nella città di Belèm, in Amazzonia, ci descrive "il buco perfetto". Il FORUM SOCIALE MONDIALE è stato un evento importante anche per la Chiesa, che nel frattempo sta lanciando la CAMPAGNA DELLA FRATERNITA' sul tema della sicurezza pubblica. Il buco perfetto, secondo il teologo, è la crisi economica. Ho copiato il suo articolo dal sito www.adital.com.br e ve lo traduco nel modo migliore che so fare. L' autore fa riferimento a riflessioni che erano già contenute nella Teologia della Liberazione, che denunciava soprattutto l'immoralità del capitalismo. Da quando fu messo a tacere, si occupa quasi solo di teologia ambientale, ma le conclusioni sono le stesse.

"Ignace Ramonet, direttore di Le Monde Diplomatique e uno degli acuti analisti della situazione mondiale, ha chiamato l'attuale crisi economico-sociale "la crisi perfetta". Putin, a Davos, l'ha chiamata "la tempesta perfetta". Io, da parte mia, la chiamerei "il buco perfetto". Il gruppo che compone l'Iniziativa Lettera della Terra (M. Gorbachev, S. Rockfeller, M.Strong e io stesso, tra gli altri) venti anni fa avvertiva: "Non possiamo continuare per la strada percorsa, per quanto piana si presenti, perchè là davanti essa va incontro a un buco abissale". Come un ritornello lo ripeteva anche il Forum Sociale Mondiale, fin dalla sua prima edizione a Porto Alegre nel 2001. Ora è arrivato il momento in cui il buco si fa vedere. Là dentro sono cadute le grandi banche, le fabbriche tradizionali, le immense corporazioni transnazionali e US$ 50 trilioni di fortune personali si sono mescolate alla polvere del fondo del buco. Stephen Roach, della banca Morgan Stanley, anch'essa colpita, ha confessato: "Ha sbagliato Wall Street. Hanno sbagliato i regolatori. Hanno sbagliato le Agenzie di Stima del rischio. Abbiamo sbagliato tutti noi". Ma non ha avuto l'umiltà di riconoscere:" Ci ha azzeccato il Forum Sociale Mondiale. Ci hanno azzeccato gli ambientalisti. Ci hanno azzeccato grandi nomi del pensiero ecologico come J. Lovelock, E. Wilson e E. Morin".

In altre parole, quelli che credevano di essere signori del mondo a tal punto che alcuni decretavano la fine della storia, che sostenevano l'impossibilità di qualunque alternativa e che nei loro concilii ecumenico-economici promulgarono dogmi della perfetta auto-regolamentazione dei mercati e della via unica, quella del capitalismo globalizzato, ora hanno perduto tutto il loro latino. Se ne vanno confusi e perplessi come un ubriaco in un vicolo buio. Il Forum Sociale Mondiale, senza orgoglio, ma sinceramente, può dire: "La nostra diagnosi era corretta. Non abbiamo ancora l'alternativa, ma una certezza si impone: questo tipo di mondo non ha più le condizioni per continuare e progettare un futuro di inclusione e di speranza per l'umanità e per tutta la comunità della vita". Se va avanti così, esso può mettere fine alla vita umana e ferire gravemente Pacha Mama, la Madre Terra.

I loro ideologi forse non credono più nei dogmi e si accontentano ancora del catechismo neoliberale. Ma cercano un capro espiatorio. Dicono: "Non è in crisi il capitalismo in sè. E' il capitalismo di traverso nord-americano che spende un denaro che non ha in cose di cui la gente non ha bisogno". Uno dei suoi sacerdoti, Ken Rosen, dell'Università di Berkeley, almeno, ha ammesso: "Il modello degli Stati Uniti è sbagliato. Se tutti utilizzassero lo stesso modello, noi non esisteremmo più".

Quì c'è un inganno evidente. La ragione della crisi non sta appena nel capitalismo nord-americano come se un altro capitalismo fosse corretto e umano. La ragione sta nella stessa logica del capitalismo. Lo hanno già ammesso politici come J. Chirac e un ventaglio considerevole di scienziati che se i paesi ricchi, situati nel Nord, volessero generalizzare il loro benessere per tutta l'umanità, avremmo bisogno di almeno tre Pianeti Terra uguali a quello che abbiamo. Il capitalismo è per natura vorace, accumulatore, depredatore della natura, fonte di disuguaglianze e privo di senso di solidarietà verso le generazioni attuali e ancor meno verso quelle future. Non si toglie al lupo la ferocia facendogli alcune carezze o limandogli i denti. Egli è feroce per natura. Così il capitalismo, poco importa in quale luogo lo si realizzi, se negli USA, in Europa, in Giappone o anche in Brasile, trasforma tutto in cose, la Terra, la natura, gli esseri viventi e pure gli umani. Tutto è dentro al mercato e su tutto si possono realizzare affari. Questo modo di abitare il mondo, guidato soltanto dalla ragione utilitarista ed egocentrica, ha scavato il buco perfetto. E vi è caduto dentro.

La questione non è economica. E' morale e spirituale. Ne usciremo partendo da un rapporto diverso con la natura, sentendoci parte di essa e vivendo l'intelligenza del cuore che ci fa amare e rispettare la vita ed ogni essere. Se no continueremo nel buco in cui il capitalismo ci ha gettati".

4 febbraio 2009

L'OCCHIO DEI VISITANTI


Berbera Van de Vate (olandese), assieme a suo marito Paolo e al loro amico Enea, sono stati miei ospiti nel dicembre e gennaio scorsi. Tornata in Italia, ha scritto questo articolo per "Montese-notizie". Le ho chiesto di poterlo offrire anche a voi lettori del blog. Il suo sguardo di visitante e di donna le permette di osservare aspetti, dettagli e colori di questa realtà a cui noi, abituati a questo ambiente, non facciamo più caso.

"Mentre voi eravate alle prese con freddo, ghiaccio e neve, a fine dicembre e buona parte di gennaio scorso con mio marito ho fatto un viaggio in Brasile. Siamo stati ospiti per una parte del tempo di Don Francesco, fino a poco tempo fa parroco di Maserno, Iola, Montespecchio e Castelluccio. Visti i begli anni che Don Francesco ha passato con tanti di noi, presumo che vi interesserà leggere una piccola impressione della parte del mondo dove vive attualmente.

Don Francesco vive in una casetta piacevole, con un giardinetto e tettoia ancora più piacevoli, in periferia di Itaberaì, una bella cittadina di provincia più grande di Vignola nello stato di Goias nella parte centrale del Brasile. La prima impressione della cittadina è di relativa prosperità; è in rapida espansione fra altro a causa della presenza del più grande stabilimento di macellazione di polli dello stato di Goias; macellano 180.000 polli al giorno. Il paese si trova su un altopiano collinoso e fertile con- come immaginate - tanti allevamenti di polli, agricoltura a grande scala di soia, granturco e canna da zucchero e pascoli con buoi bianchi su proprietà spesso di enormi dimensioni. La terra è di colore rosso-mattone, talvolta tendente ad arancione o in lontananza anche a marrone-viola. Dalla vegetazione originale del “cerrado”, a volte boscosa a volte più tipo macchia, sono in quella zona rimasti piccoli pezzettini e degli alberi isolati che si sono spesso sviluppati a dei begli esemplari. Il clima è tropicale; anche se Itaberaì si trova a 750 metri s.l.m. avevamo delle temperature fra i 25 e 35 gradi e mediamente uno o due acquazzoni al giorno visto che era tempo delle piogge. La vegetazione è quindi esuberante e verde. Si vedono i pappagalli sulle linee telefoniche e i colibri succhiano bellissimi fiori. Abbiamo mangiato una varietà enorme di frutti strani e gustosissimi.

Itaberaì ha una lunga storia di presenza di preti Modenesi. Anche attualmente tre dei quattro preti sono Modenesi. Gestiscono una parrocchia vivace con tante persone coinvolte, sia nel lavoro pastorale, che nella animazione delle messe. La partecipazione alle messe è numerosa e sentita, la musica per di più ritmica, sostenuta da una comunità che canta, talvolta batte le mani e muove le braccia. L'atmosfera è calorosa, ospitale e comunicativa. Colpisce la presenza di tanti giovani e giovani famiglie, naturalmente anche per composizione della popolazione, che è molto più giovane di quella Italiana.

Fino a qui ho rischiato di crearvi un attacco di invidia e infatti è terra di tante ricchezze e di cose stupende da vedere. La miseria però è dietro l'angolo, è tangibile, visibile e in tanti casi grave. La disuguaglianza sociale si vede subito anche per strada; girano modernissimi SUV e vecchissimi carri tirati da un cavallo magro. Si vedono persone molto curate e persone con vestiti visibilmente logorati. Ci sono bellissime case ma tante persone in periferia vivono in una casa che sono praticamente 4 muri e un tetto improvvisato. Attorno al paese ci sono anche alcuni accampamenti del movimento dei Sem Terra che sono vere e proprie capanne di bambu e legno coperte da teli neri in cui vivono famiglie e anche dei bimbi. In genere la manodopera poco qualificata costa molto poco e chi lavora fa tante ore. Operai lavorano in fabbrica 12 ore al giorno e fanno fatica a provvedere ai bisogni di base della loro famiglia. Si vedono bambini abbandonati a loro stessi giocare in posti poco salutari. Purtroppo ci sono anche problemi di alcool, droga e criminalità diffusa. Per esempio quando c'eravamo noi il proprietario del bar di fronte a casa di Don Francesco è stato accoltellato ed ucciso.

Don Francesco dedica una parte importante del suo lavoro a migliorare le condizioni di questa gente povera e in difficoltà. Si impegna a dare aiuto per cose pratiche, ma, come ci ha spiegato, si impegna soprattutto a creare le condizioni perché la gente impara a combattere e affrontare le proprie condizioni di povertà o altri problemi e di non accettarli quasi come naturali e insuperabili. Il messaggio del Vangelo, dice, è importante anche a far sentire una persona in difficoltà più essere umano, così che trova lo stimolo e la motivazione ad affrontare i propri problemi. Di fatto abbiamo avuto modo di vedere quanto la povertà può stordire e quanta organizzazione, educazione, fraternità e buona volontà serve per costruire una via d'uscita. Ho comunque anche avuto l'impressione che una bella fetta della popolazione Brasiliana, soprattutto chi non è troppo occupato con la propria ricchezza o vittima di troppa miseria, stia lavorando per migliorare la situazione, per combattere la troppa disuguaglianza sociale e lottare per più giustizia. La strada però è lunga e difficile. Per chi vuole approfondire, Don Francesco racconta regolarmente sul suo blog le iniziative, problematiche e questioni che trova sulla sua strada.

L'asilo per l'ampliamento del quale tanti di voi avete contribuito l'estate scorso è situato in periferia di Itaberaì ed è una grossa opportunità per i bimbi piccoli. Attualmente un centinaio di bambini frequenta l'asilo, ma quando saranno pronte le due sale possono quindi diventare di più. Oltre a un programma educativo dove i bimbi imparano le basi del leggere, scrivere e la matematica, c'è spazio per il gioco e l'allegria che spesso a casa non trovano. Inoltre tutti bimbi fanno tutti giorni la doccia in asilo, si lavano i denti e mangiano. Questo è importante, perché purtroppo ci sono anche alcuni bambini malnutriti. Una persona anziana gestisce un bellissimo orto che vende anche insalata e verdure varie per affrontare una parte delle spese dell'asilo. Quando c'eravamo noi si stavano completando i lavori di ampliamento delle due sale.

Credo che la festa con cui abbiamo raccolto i fondi l'estate scorsa per ampliare questo asilo e dove varie parrocchie e gruppi non-parrocchiali hanno lavorato assieme per una iniziativa di beneficenza concreta sia stata una esperienza molto positiva per tutti noi. Don Francesco dalla persona schiva che è non vuole essere di peso a nessuno e non vuole sicuramente che si raccolgano altri fondi per le sue iniziative, ma valutando quanto è stata costruttiva l'esperienza credo si debba ripetere l'iniziativa anche le future estati. Credo che una iniziativa concreta di beneficenza che ci permette di collaborare e lavorare tutti assieme, sia importante per le nostre piccole comunità e ci dà la possibilità anche se siamo lontani di collaborare ancora con don Francesco in quanto credo che sia un'ottima idea lasciare a lui l'onere di indicarci quale è l'iniziativa più bisognosa a cui devolvere il ricavato. Berbera van de Vate

2 febbraio 2009

FORUM SOCIALE MONDIALE (FSM) IN AMAZZONIA


Sabato sera, assieme a Don Eligio, sono andato ad Itapuranga a fare visita a Nello che non vedevo da oltre un anno. Lo abbiamo portato in pizzeria per parlare un pò. Meritava di entrare in questo blog da molto tempo, perchè è, tra quelli che conosco, la persona più coerente nello stare sempre dalla parte dei "bartimei", cioè dei poveri ed emarginati di questo mondo, fino a diventare, in certo senso, uno di loro. Alcuni suoi alunni universitari gli hanno dedicato una monografia valida per la Licenziatura Piena in storia. Il titolo è: "L'immaginario della vita comune: vita e opere di Nello Bononi". In effetti quella di Nello è una vita comune che lui non ha avuto paura di consumare per i suoi sogni. Non è un personaggio facile. Nato a Polinago e inviato come missionario in Brasile dalla Congregazione di don Orione, ha 83 anni di cui 50 vissuti in Brasile. Vive tutt'ora in una baracca con le porte sgangherate e attinge l'acqua da un pozzo con il secchio. La sua vita può essere descritta da questa riga scritta da lui parecchi anni fa: "Ho sempre sognato un mondo con giustizia, uguaglianza e libertà". Già insegnante (apprezzatissimo) nelle scuole pubbliche, da almeno due generazioni di suoi alunni è venerato come un mito.

Ora vi faccio una pagina di informazione politica, per darvi l'idea dell'aria diversa che tira da queste parti. Il Forum Sociale Mondiale, come dice la stessa parola "Forum", sono chiacchiere: solo chiacchiere, se volete. Però è importante che la gente parli e "si parli". In quest'epoca di pensiero unico che sembra senza alternative, un incontro mondiale per fare progetti potrebbe essere il preludio di qualcosa di nuovo a cui vale la pena prestare attenzione.

Mentre a Davos i 20 paesi più ricchi del mondo discutono sulla crisi mondiale, i movimenti popolari che cercano alternative all'economia di mercato sono riuniti nella città di Belèm, in Amazzonia, nel Forum Sociale Mondiale (FSM). Giovedì scorso, 29 gennaio, per la prima volta il Forum ha riunito attorno allo stesso tavolo rappresentanti dei movimenti sociali e 4 presidenti di paesi che hanno in atto progetti alternativi di politica economica: Hugo Chávez (Venezuela), Evo Morales (Bolívia), Rafael Correa (Equador) e Fernando Lugo (Paraguai) hanno condiviso la discussione con Nalu Farias (Marcha das Mulheres, Brasile), João Pedro Stedile (MST, Brasile), Pablo Reyner (Central de Trabalhadores, Argentina), ed altri. L'evento, convocato da movimenti sociali os sociais come Via Campesina, que aggrega i principali movimenti agrari, e Jubileu Sul, CAOI, Aliança Social Continental, ha avuto come obiettivo il dialogo sull'Integrazione Popolare in America Latina. Il presidente Brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva non è stato invitato.

Rafael Correa, che ha realizzato una nuova Costituzione e ha adottato misure richieste da tempo dai movimenti sociali; Evo Morales, che ha affrontato recentemente la ribellione della minoranza economicamente ricca della Bolivia e ne è uscito vittorioso il 25 gennaio scorso con un referendum; Fernando Lugo, que lavora per mantenere una delle sue promesse di campagna elettorale, la revisione del trattato col Brasile sulla centrale elettrica di Itaipù (mi pare che il Brasile abbia già accettato la proposta del governo paraguayo); e Hugo Chávez, che ha resistito a un tentativo di colpo di Stato e ha vinto diversi referendum, sono stati applauditi da circa 600 persone di diverse organizzazioni. In comune, i quattro hanno un progetto chiaro di sovranità piena per il loro popoli e per l'integrazione latino-americana.

Il rappresentante della Centrale dei Lavoratori (CTA) ha detto che l'America Latina è l'unica regione che attraversa un processo di resistenza per raggiungere alternative concrete all'economia di mercato. "Siamo partecipi della stessa volontà di cambiamento, e questo tavolo inaugura una forma inèdita di dialogo coi nostri governi". Rafael Correa ha sottolineato l'obiettivo comune "di costruzione di un'America Latina più giusta e degna". Ha criticato il modello neoliberale e ha affermato: "Noi stiamo vivendo una crise che non abbiamo creato noi. E la via d'uscita è l'integrazione. Noi non possiamo aderire agli interessi del capitalismo". Il presidente del Paraguay, Fernando Lugo, ha osservato che l'ispirazione del suo governo per andare avanti sta nei movimenti sociali, nella lotta delle donne, dei contadini, nella questione indigena. "E' la lotta dei movimenti sociali che cambia lo scenario dell'America Latina". Ma c'è ancora molto da fare. "Ciò che abbiamo ottenuto è sufficiente per sconfiggere i conservatori, ma non lo è per garantire il tipo di società che i latino-americani meritano". Ha elencato poi alcuni obiettivi necessari: la difesa delle riserve acquifere Guaranì, la restituzione di Guantanamo a Cuba, il prezzo giusto dell'energia elettrica (in riferimento al Trattato di Itaipù col Brasile).

O coro orquestrado pelos militantes de "Evo, Amigo. O povo está contigo" ecoou pelo ginásio quando o presidente boliviano pegou o microfone. "Não quero que me convidem, quero que me convoquem", falou sobre o encontro com os movimentos sociais. "Vejo muitos movimentos sociais e só foi através deles que eu consegui chegar à presidência. E se hoje este fórum conseguiu reunir quatro presidentes é graças à luta de vocês", disse para o público.

Evo Morales, accolto da un coro di militanti al grido di "Evo, amigo - o povo està contigo", ha ricordato le conquiste del popolo boliviano negli ultimi anni e ha riaffermato il suo impegno per la sovranità del paese, che sarà possibile solo con un processo democratico portato avanti attraverso i movimenti sociali. Hugo Chávez, presidente del Venezuela, ha scherzato col pubblico e ha fatto menzione degli amici che erano in platea (Aleida Guevara, filha de Che Guevara) ed esaltato la "revolução bolivariana" che, ha detto, si è già instaurata in America Latina, come hanno cercato tanti leader come Bolívar, Martí, Guevara e il "companheiro Fidel". Più incisivo degli altri, non ha risparmiato critiche e ha detto di non aspettarsi molto dall'elezione di Obama. "La FAO sostiene che 800 milioni di persone nel mondo soffrono la fame. La colpa è del capitalismo e della politica irresponsabile degli Stati Uniti". (fonte: Adital, articolo di Ana Rogèria).

In serata i quattro si sono riuniti con il presidente brasiliano Lula, per trattare argomenti di cooperazione tra i loro paesi. A quel punto il salone già non comportava più la folla. Lula ha avuto occasione di fare un discorso molto schietto sulla crisi economica e il Fondo Monetario Internazionale (FMI). “Sembravano infallibili (quelli del FMI, ndt) e che noi fossimo incompetenti. Ora abbiamo la prova che Dio scrive diritto su linee storte. La crisi non è nostra. E' loro. La crise non è nata per colpa del socialismo bolivariano di Ugo Chavez. Non è nata dalle liti di Evo Morales. La crisi è nata perchè, durante gli anni 80 e 90, nello stabilire la logica del consenso di Washington, essi hanno venduto l'idea che lo Stato non era capace di far nulla e che il "dio mercato" avrebbe sviluppato il paese e creata la giustizia sociale. Questo "dio mercato" ha fatto fallimento per mancanza di controllo, per la speculazione". "Spero che il FMI dica al caro Barack Obama come deve aggiustare l'economia. Dica alla Germania come deve risolverla, a Nicolas Sarkozy, a Silvio Berlusconi, come dovranno affrontare le crisi che essi hanno creato".

Lula ha ricordato anche che ora gli stati sono chiamati dal mercato a risolvere la crisi economica. “A quale dio hanno chiesto soccorso? Allo stato. Lo stato che non sapeva fare niente sta mettendo miliardi di dollari, miliardi di euro, per tentare il recupero dell'economia. Trilioni di dollari sono spariti e i banchieri che davano suggerimenti, che misuravano il rischio dei nostri paesi, dicevano se noi stavamo bene o male, hanno chiuso la bocca perchè sono falliti per pura speculazione”.

Il presidente brasiliano ha poi sottolineato che la crisi è grave, ma che i paesi in via di sviluppo presentano condizioni migliori per superarla. Ha detto di aver parlato con il presidente G. Bush, ancora a fine mandato, sul negoziato Doha e di avergli suggerito che sarebbe importante metterla nell'Organizzazione Mondiale del Commercio prima di passare il posto a Obama, ma Bush non gli ha dato retta. "Per una piccola divergenza con l'India, è uscito dal governo con la guerra in Iraq, l'accordo commerciale non completato e la peggior crisi economica degli ultimi tempi". Il presidente ha poi sostenuto che la riunione del G20 fissata in aprile a Londra dovrebbe regolamentare il sistema finanziario e stabilire legami con la produzione. “La crisi è una opportunità per costruire qualcosa di diverso, per discutere sul mercato finanziario che non può andare avanti separato dal settore produttivo".