26 marzo 2010

CHE CI FA DIO SU UNA CROCE?

Foto: 3 immagini dell´incontro del Vescovo con tutta l´equipe: preti e suore di Itaberaí.

Raccontano che di tanto in tanto il Gesú dei Vangeli faceva visita al Gesú dei cristiani. E discutevano sempre. Quello dei cristiani voleva il sacerdozio di Aronne, con il Tempio, l´altare, le decime e tutto il resto - e quello di Nazaret voleva il sacerdozio di Melchisec, cioé stare in mezzo alla gente senza appartenere a nessuna casta, senza altare, "senza padre, né madre, né genealogia". Ogni volta si accomiatava da lui commentando: "Per fortuna che non lavoriamo insieme, perché non andremmo d´accordo per niente." La storiella non dice se tornerá ancora!

Chi narrava questa specie di parabola, che io ho adattato perché la ricordo solo vagamente, era il famoso poeta Gibran Kalil Gibran (famoso in Brasile). Immaginate se Gesú, oggi, facesse visita al Gesú Cristo dei leghisti, o degli altri politici italiani che difendono il cristianesimo a suon di legnate agli immigrati (tanto per fare un esempio, e ce ne sarebbero molti altri). Oppure anche a quello di noi preti, la casta o la gerarchia come dice qualcuno, che a volte andiamo per nostro conto, assai lontani dalla strada che il nostro Maestro ha percorso: lui fedele al Padre fino alla morte, noi infedeli, venali e paurosi, che ci facciamo intimidire o comprare in cambio di un finanziamento o di una leggina che finga di risolvere i problemi di evangelizzazione affidando la morale cristiana alla polizia e ai giudici.

La domenica delle Palme, voi siete impegnati in una strana giornata elettorale e noi, quí, siamo giá immersi nel clima della Settimana Santa collegato alla riflessione sul legame che unisce la passione di Cristo e quella dell´umanitá di oggi e di sempre. Due buone ragioni per fermarci a riflettere. Il governo di Berlusconi e il suo partito hanno fatto tutto il possibile per farsi sconfiggere, ma l´opposizione ha collaborato poco e potrebbe capitarvi di dare una conferma al regime dell´illegalitá che si é instaurato nel paese. Facciamo gli scongiuri? Non é nemmeno fascismo, é bullismo. Sí, ci fará bene meditare su che tipo di cristiani stiamo diventando.

La sofferenza e la morte di Gesú e quella dei poveri sono due facce della stessa medaglia, perché Gesú ha sopportato la sua per essere fedele al Padre, che lo ha inviato a farsi carico dei crocefissi di questo mondo. Per illustrarvi questo concetto, vi offriró due testi che copio e traduco dal solito sito, adital.com.br. Il primo é un articolo del teologo spagnolo Jósé Antonio Pagoda, dal titolo "Che cosa fa Dio su una croce?" Il secondo é del vescovo brasiliano di Jales, Stato di San Paolo, e presidente nazionale della Caritas brasiliana: Dom Demetrio Valentini, che medita tutta la Settimana Santa in chiave di "Campagna della fraternitá". Sottolinea i rapporti stretti tra ogni passo del processo e morte di Gesú e l´uso del denaro.

Che cosa fa Dio sulla croce? - José Antonio Pagoda - Secondo il racconto del Vangelo, quelli che passavano davanti a Gesú crocefisso sul colle del Golgota lo ingiuriavano e, ridendo della sua impotenza, gli dicevano: "Se sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce". Gesú non risponde alla provocazione. La sua risposta é un silenzio carico di mistero. Precisamente perché é Figlio di Dio rimarrá sulla croce fino alla sua morte.

Le domande sono inevitabili: come é possibile credere in un Dio crocefisso dagli uomini? Ci rendiamo conto di ció che stiamo dicendo? Che cosa fa Dio su una croce? Come puó stare in piedi una religione fondata su una concezione cosí assurda di Dio?

Un "Dio crocefisso" costituisce una rivoluzione e uno scandalo che ci obbliga a mettere in discussione tutte le idee che noi, umani, ci facciamo di un Dio che supponiamo di conoscere. Il Crocefisso non ha il volto né i lineamenti che le religioni attribuiscono all´Essere Supremo. Il "Dio crocefisso" non é un essere onnipotente e maestoso, immutabile e felice, estraneo alla sofferenza degli umani, ma un Dio impotente e umiliato che soffre come noi il dolore, l´angoscia e perfino la morte. Con la Croce, o finisce la nostra fede in Dio, oppure ci apriamo a una comprensione nuova e sorprendende di un Dio che, incarnato nella nostra sofferenza, ci ama in modo incredibile.

Davanti al Crocefisso cominciamo a intuire che Dio, nel suo ultimo mistero, é qualcuno che soffre con noi. La nostra miseria lo tocca. La nostra sofferenza lo ferisce. Non esiste un Dio la cui vita trascorre, per cosí dire, al margine delle nostre pene, lacrime e disgrazie. Egli sta in tutti i Calvari del nostro mondo.

Questo "Dio crocefisso" non permette una fede frivola ed egoista in un Dio onnipotente al servizio dei nostri capricci e pretese. Questo Dio ci pone a guardare la sofferenza, l´abbandono e la mancanza di difese di tante vittime dell´ingiustizia e delle disgrazie. Con questo Dio ci incontriamo, quando ci avviciniamo alla sofferenza di qualsiasi crocefisso.

I cristiani continuano a imboccare ogni genere di deviazione per non imbattersi col "Dio crocefisso". Abbiamo imparato, perfino, ad innalzare il nostro sguardo verso la croce del Signore, distogliendolo dai crocefissi che abbiamo davanti ai nostri occhi. Tuttavia, la forma piú autentica di celebrare la Passione del Signore é ravvivare la nostra compassione. Senza questo, si diluisce la nostra fede nel "Dio crocefisso" e si apre la porta ad ogni tipo di manipolazione. Che il nostro bacio al Crocefisso ci metta sempre a guardare chi, prossimo o lontano da noi, vive nella sofferenza. (Inviato da Eclesalia informativo - portoghese di Portogallo).


Denaro e Settimana Santa - Dom Demetrio Valentini - Lunedí Santo - La passione di Cristo e il denaro - Il Vangelo del Lunedí Santo é la storia del profumo prezioso versato da Maria sui piedi di Cristo in casa di Lazzaro. Era caro e, secondo Giuda, valeva "trecento denari". Denaro e politica compongono lo scenario della passione di Cristo. Per trenta denari corrompono Giuda perché consegni Gesú. E si valgono delle velleitá politiche di Pilato per condannarlo alla croce: "Se liberi quest´uomo non sei amico di Cesare". Denaro e politica compongono pure lo scenario del dramma del popolo. L´amicizia coi "cesari" continua a condizionare le cause popolari. E cosí i mezzi finanziari non sono applicati secondo le necessitá urgenti dei poveri, come salute, educazione, abitazione, trasporto e posto di lavoro.

Giuda, l´incaricato della "borsa", dice che il profumo poteva essere venduto, per dare il denaro ai poveri. In realtá voleva rubarlo. Cosí fanno tra noi i demagoghi: innalzano la bandiera dei poveri, ma entrano in politica per interessi personali. Giuda tradí Cristo, i demagoghi tradiscono il popolo.

Gesú mette dei criteri di valore per l´uso del denaro. A prima vista il profumo versato da Maria era uno spreco. In realtá era un´azione educativa: il denaro deve essere sempre a disposizione per le grandi cause. Gesú stava per impegnare la sua vita per la causa dell´umanitá. Il denaro del profumo versato sul suo corpo si rivestiva della stessa finalitá. Gesú stava dando il criterio per la destinazione primordiale del denaro: "I poveri li avrete sempre con voi". Il denaro entró nella passione di Cristo. Esso entra nel dramma della vita umana. É necessario che ce ne facciamo carico con senso di responsabilitá. Fa parte dei nostri impegni analizzare a servizio di quali cause stiamo mettendo il nostro denaro.


Martedí Santo - denaro, amore o tradimento? - Il tradimento di Giuda é un capitolo indispensabile della passione di Cristo. É quanto ci offre la liturgia del martedí santo. E, di nuovo, il denaro fa parte della scena di questo tradimento. Dice il Vangelo che il Maestro era turbato di fronte all´imminenza del tradimento. Condivide questi sentimenti coi suoi discepoli. Poiché il contesto era di intimitá, di amicizia, di fiducia: una refezione. Il tradimento stonava tanto di piú proprio perché veniva da un amico, e usava le apparenze dell´amicizia per essere portato a termine. Il Vangelo fa osservare che Giuda poté uscire tranquillamente dalla sala e partire per il tradimento, fingendo le buone intenzioni del suo ufficio: siccome era l´incaricato del denaro, tutti pensavano che egli andasse a "comprare il necessario per la festa, o dare qualcosa ai poveri". A questo serve il denaro: alla festa della vita, e per aiutare i poveri.

Niente é piú commovente che vedere la gioia dei poveri quando condividono il poco che hanno. Le feste dei poveri sono belle. Coi loro pochi mezzi, moltiplicano l´allegria della convivenza, dell´accoglienza reciproca, del sentirsi a proprio agio, della gioia di vivere. Sembra il miracolo della moltiplicazione dei pani: la povertá di tutti si trasforma in una sorprendente abbondanza, e il risultato é che tutti si saziano, e avanza pure qualche cosa. Nella casa del povero c´é sempre posto per qualcuno in piú. Quando arriva un visitante, é bene accolto, é invitato a tavola, e nessuna si preoccupa se ci sará abbastanza cibo.

Con un pó di denaro si puó moltiplicare l´amore. In tal caso il denaro si trasforma in vita e allegria. Diventa benedetto, e raggiunge il suo scopo. Il denaro che cadeva nella borsa di Giuda doveva servire all´amore. Il dramma é che il denaro é cosí vicino al tradimento, quando diventa oggetto di avarizia. E cosí perde il senso, e porta alla perdizione. Vivere la Pasqua é rimettere il denaro al servizio della vita e dell´amore.


Mercoledí Santo - denaro e potere: i criteri del negoziato - In piena Settimana Santa, il Vangelo insiste nel mostrare la presenza e l´azione del denaro nella storia della passione di Cristo. Questo mercoledí Matteo ci racconta che Giuda andó a negoziare coi sommi sacerdoti. Il tradimento fu quotato trenta denari. Si misero d´accordo sul prezzo, la quantitá di denaro. Ma con questo il Giusto fu sacrificato. L´accordo fu concluso. Riuscirono a intendersi sul valore monetario, ma dimenticarono il valore della vita, che non ha prezzo. E cosí Cristo fu condannato a morire.

Di fronte a questa storia del Vangelo, possiamo situare meglio il problema degli accordi finanziari. Tra noi si discute tanto, e giustamente, sui termini degli accordi che reggono oggi i rapporti finanziari del mondo globalizzato. Perfino i poveri parlano di Fondo Monetario Internazionale (FMI). In Brasile fu fatto un referendum sul Debito Estero, e la prima domanda riguardava, esattamente, gli "accordi con il FMI". Pure senza conoscere i termini esatti di tali accordi, il popolo intuí che essi si rivestono una perversitá inaccettabile. É che gli accordi non possono limitarsi a reggere i rapporti finanziari. Essi devono essere messi in relazione con la vita della gente. In caso contrario, corrono il rischio di essere ingiusti, e di mettere a repentaglio la sopravvivenza dei poveri.

Senza la vincolazione etica che la deve reggere, l´economia non ha piú senso, e diventa strumento per condannare a morte la moltitudine degli esclusi. Il denaro, per poco che sia, dá un potere di negoziato. Con una povera borsa in mano, Giuda si trasformó in negoziatore di fronte al sistema di potere stabilito. E fu capace di provocare una grande ingiustizia. Usare correttamente il potere di negoziato che il nostro denaro ci offre, é un serio dovere etico, per tutti, di questi tempi. Poiché é in causa la vita delle persone, soprattutto degli indifesi.


Giovedí Santo - Gratuitá oltre il denaro - Nel clima commovente dell´addio, il Vangelo narra oggi il gesto di Cristo, di lavare i piedi degli apostoli. E spiega come questo gesto nasceva da un amore senza limiti: "Avendo amato i suoi, li amó fino all´estremo" (Giovanni, 13,1).

Di nuovo, il contrappunto di questo amore é l´odio cieco, che si era giá installato nel cuore di Giuda. L´ingordigia del denaro aveva oscurato l´orizzonte di Giuda. L´accordo coi sommi sacerdoti lo condizionava, ed egli si sentiva in obbligo di tradire il Maestro. "Il diavolo aveva sedotto Giuda a consegnare Gesú" (Jo 13,2). Il diavolo si installa a partire dalla logica del guadagno.

É importante evitare di entrate in questa logica. Poiché una volta che si é instaurata, ha la forza di una coerenza, tante volte affermata con enfasi dagli economisti, che si intestardiscono ad insistere sulla "veritá unica" dell´inesorabilitá del processo economico di esclusione che impone i suoi criteri. Non si tratta di negare questa coerenza intrinseca. Si tratta di cambiare il principio. Si tratta di sostituire il "diavolo" del lucro con la gratuitá dell´amore, che si fa servizio ai fratelli. Come fece Cristo il giovedí, in contrasto totale con ció che andó a fare Giuda, lo stesso giorno e alla stessa ora.

La logica del guadagno produce l´insensibilitá umana, e chiude dentro dei "diritti" che si armano di leggi ispirate in sua difesa. La forza dell´amore porta ad andare oltre i "doveri", e arriva a gesti sorprendenti, rompendo gli orizzonti delle formalitá, e stabilendo un atteggiamento nuovo di solidarietá e di comunione. I disepoli mai piú dimenticheranno il Maestro che lavó i loro piedi. E scoprono in lui un motivo per il dono delle loro vite, oltre le misure umane, e molto oltre la logica del guadagno. Solo l´amore, trasformato in servizio gratuito, rompe i limiti del lucro.


Venerdí Santo - Condanna di Cristo e giudizio del sistema - La giornata di oggi ci invita a guardare, con rispetto, il Cristo condannato sulla croce. Il fatto rimane come l´interpellazione piú profonda della storia umana: come fu possibile che una persona che "passava facendo del bene a tutti", fosse condannata alla croce?

Le ragioni rimangono inesauribili. Nel loro insieme, attestano con evidenza la differenza di criteri che presiedono un progetto di vita e di societá. Un progetto che prende come guida i contro-valori dell´avere, del potere e del piacere, non tollera un progetto che prende come guida il dono, il servizio e l´amore. E si sente obbligato ad eliminare quelli che lo contestano con la testimonianza della propria vita. L´urgenza della condanna é la confessione della propria debolezza, incapace di trovare giustificazioni umane per sostenersi.

Fu cosí che lo stesso Cristo capí il senso della sua imminente condanna: essa avrebbe significato il giudizio di quanti lo stavano condannando. Cristo si scontró frontalmente col sistema di dominio religioso, politico ed economico, esercitato sul popolo dai detentori del potere. Ma questi, per realizzare i loro piani, azionarono l´ambizione finanziaria. Offrirono denaro a Giuda per consegnare il Maestro, affinché fosse sottoposto a giudizio, e fosse condannato a morire.

Con il Cristo crocefisso si identificano milioni di innocenti, condannati a morire dal sistema che li esclude dalla vita. Sono vittime dell´ambizione di potere, della smania disordinata di possedere, e del desiderio sfrenato di piacere, di quelli che oggi ancora hanno in mano il destino delle persone. Ma il condannato in croce ci invita a fare la scelta giusta, e farci carico del suo progetto.


Sabato Santo - Prestito provvisorio - Dopo il venerdí intenso e movimentato, carico di tensioni, venne il sabato del riposo. Come fa bene un giorno di riposo, senza niente in agenda, senza avvenimenti, senza agitazione, senza notizie. Da vivere in silenzio, nella pace, nel sonno, nell´attesa. Un giorno che sembra vuoto. Ma che in realtá si riempie di mistero e speranza.

Le attenzioni si dirigevano verso la tomba, dove c´era ancora il corpo di Cristo. Una tomba in prestito. La tomba di una famiglia ricca. Dopo la morte di Cristo, Giuseppe di Arimatea e Nicodemo uscirono in forma anonima, e offrirono i loro servigi alle donne, per dare una sepoltura degna al morto. Comprarono profumi cari, ottennero una tomba in prestito, e in esso deposero il corpo del Signore. Fu troppo tardi il loro intervento? Non potevano almeno aver pagato un avvocato, per difendere l´accusato, in un processo cosí pieno di irregolaritá giuridiche?

In ogni caso ora agivano senza imbarazzo, protetti dalla dignitá della morte, che ha la forza di sovrapporsi alle ingiustizie contro la vita. La morte dei poveri diventa forza irresistibile a favore della loro vita. Come la morte di Cristo, piantata nella tomba, da cui sarebbe spuntata con forza nuova e irresistibile la vita risorta. Non é mai tardi per mettere i nostri mezzi a servizio della vita.

La tomba imprestata ricorda i prestiti dei ricchi ai poveri. Quello fu un prestito provvisorio, di soli tre giorni, e fu ció che compose il contesto da cui esplose la vita, esuberante, per sempre. Un prestito provvisorio che serví per una vita definitiva. Al contrario di molti prestiti di oggi, che assomigliano di piú a tombe, in cui si seppelliscono per sempre le speranze dei poveri.

Questo sabato insegna ai nicodemi di oggi che il migliore frutto dei mezzi finanziari non sono gli interessi accumulati, ma la gioia di vedere la vita dei poveri risorta.


Domenica di Pasqua - Tomba vuota e cuori pieni - La domenica di risurrezione cominció all´alba, con Maddalena e le altre donne. E finí a notte inoltrata, con i discepoli di Emmaus e gli apostoli riuniti. Un lungo apprendistato, per passare dalla delusione della tomba vuota, alla pienezza della gioia con la presenza del Signore risorto. Tutti i piccoli episodi insegnano a passare dalle delusioni alla speranza, dalla morte alla vita, dalla sofferenza all´allegria.

La tomba vuota non era frutto di un furto. Era l´assenza della morte, era il segno della vita. Il vuoto di Dio nella nostra vita é segno della sua presenza, é spazio per la nostra affermazione, é invito a tuffarci nel suo mistero di amore. Gli interrogativi dei discepoli non erano prove di controsenso, ma piste per la scoperta della veritá. Le delusioni degli apostoli non erano conferme di un inganno, ma purificazione delle menti, affinché si aprissero ai suoi disegni divini, che superano le false attese umane.

Per sperimentare la presenza del Signore non avevano bisogno di molto. "Avete lí qualcosa da mangiare?" (Luca 24,41). Bastano alcune cose! Non abbiamo bisogno di intasare le nostre dispense, non ci occorrono grandi somme di denaro nel conto in banca, non abbiamo bisogno di grandi investimenti in borsa. La sobrietá é piú vicina alla gioia e alla pienezza. Cuori colmi di desideri non lasciano entrare la luce della vita. Il Risorto attraversó le pareti e le porte chiuse, ma non attraversa la barriera dell´ingordigia né passa al di sopra dell´accumulazione.

Cosí, la passione aveva preparato i cuori alla gioia del ri-incontro, alla pace che viene dal Signore, al perdono gratuito e totale, allo Spirito che era concesso ai discepoli come primizia della vita nuova e definitiva che giá brillava nel corpo risorto del Signore. Erano stati rimossi gli ostacoli della morte, si era aperta la strada della vera vita. Egli ci invita ad andare, nella luce della fede nel Risorto!

21 marzo 2010

CARO DIARIO 3

Foto: 1 - Il volantino della Romaria dos martires, corretto; 2) Una estrelizia, sul cancello di casa mia: fiore tipico dell´Amazzonia. Sviluppato da un pezzetto di rizoma che ho preso a Manaus nel mio viaggio di due anni fa. 3) Un fioraio ha dato in affitto dei vasi di questo fiore per un matrimonio. Io, dopo la celebrazione, ho staccato un rametto e l´ho piantato a casa mia. Dopo un paio di mesi, ecco il risultato. Se qualcuno mi sa dire il nome di questa bellezza gli pago un ghiacciolo. Basta che lo venga a prendere.

Mercoledí 17 - É uscito, fresco di stampa, il Diretorio Diocesano, un libretto riassuntivo ad uso interno della diocesi. Contiene: a) una sintesi della storia della Diocesi dalle sue origini ad oggi. b) Un´introduzione che presenta, in breve, il volto della diocesi: ció che é o tenta di essere (l´ecclesiologia, in gergo teologico) in continuitá con il Vaticano II e il percorso delle Conferenze Ecclesiali Latino-Americane. c) La sua struttura, sottolineando particolarmente le Comunitá Ecclesiali di Base, le parrocchie e le equipes di pastorale. d) Le norme pratiche diocesane. Ho collaborato alla sua stesura specialmente nella prima e seconda parte, e ho redatto la sintesi delle 18 assemblee diocesane realizzate dal 1968 ad oggi. Sono abbastanza soddisfatto del risultato. Non si lavora per ottenere gloria e riconoscimenti, ma fa piacere essere utili. Qualche brano forse sarebbe interessante anche per i lettori del blog, ci faró un pensiero. É uscito pure il librettino con la storia di Nativo da Natividade, il sindacalista-martire di cui stiamo preparando il giubileo con una Romaria dos Mártires. Anche questo merita di essere tradotto e pubblicato nel blog. Forse lo faró, non subito. É stato scritto da Padre Wuellington Paes, coordinatore diocesano della pastorale della gioventú e parroco di Carmo do Rio Verde, la patria di Nativo: che é anche il promotore, entusiasta ed entusiasmante, della Romaria.

Giovedí 18 - È una serata particolarmente fresca. Si é alzato un venticello che spazza la strada quí di fronte e fa rotolare rumorosamente bottiglioni di plastica e altri rifiuti abbandonati lí, alla meglio, dai cittadini "piú educati". Ho appena terminato l´incontro di preghiera quaresimale nel quartiere Lago Primavera, in casa di una signora che, tra le altre cose, mi ha fatto bere una tazzona di caffé. Con quello, piú questo vento quasi freddo che odora di pioggia e i tuoni che di tanto in tanto rimbombano in lontananza, il sonno mi é andato via.

Lago Primavera é un quartiere ancora in formazione, ci sono case sparse quá e lá e molti terreni ancora da costruire. Il sindaco se lo dimentica, le vie sono poco piú che delle carreggiate buie e sconnesse, erose dalle piogge e assediate dalla sterpaglia, in una zona paesaggisticamente bella ma desolata. La comunitá é incipiente, piccola ma volonterosa e simpatica. A mala pena sanno leggere. I libretti della Campagna della Fraternitá, preparati a livello nazionale su commissione degli organizzatori, usano parole come "macro-economia", macro-ecologico, neoliberismo, positivismo, dicotomia, metanoia, oichia, eccetera. Le donne stasera leggevano "magroeconomia". Credo che si siano fatte l´idea che ai trattasse di una lista di farmaci per dimagrire. É straordinario come i cervelloni pagati dalla Conferenza dei Vescovi per scrivere questi sussidi siano indifferenti o ignorino la situazione della gente delle comunitá di periferia, che dovranno usarli. Loro scrivono per quelli che hanno la laurea. O chissá che non lo facciano apposta? Il tema della preghiera e lettura biblica di oggi, peró, era molto buono e di grande interesse per tutti. "Economia e rispetto ambientale": un obiettivo urgente. I rifiuti per strada ne sono la prova, ma non solo quelli.

Per fortuna io, oggi, avevo fatto pulizia nel quintal, che sarebbe poi il pezzo di terra che ho dietro casa. Cosí mi sono sentito con la coscienza a posto. Non é una notizia cosí interessante da meritare di essere scritta, ma viene al caso nostro: é lotta contro l´inquinamento ambientale. In questa stagione delle piogge, ovunque si ferma un pó d´acqua, si riproduce la zanzara. Abbiamo una epidemia di dengue! In paese c´é un mucchio di ammalati. Di solito mi limito a tagliare l´erba, strappare qualche erbaccia e annaffiare le piantine bisognose. Stavolta ho chiamato uno specialista che maneggia bene gli attrezzi e svolge i lavori manuali con destrezza, e sa cosa bisogna fare per mettere a tappeto l´insettino a striscie bianche e nere che fa andare a letto la gente. Io ho fatto la parte dell´aiutante. Abbiamo tagliato una pianta fuori posto, potato altre, sgombrato il terreno da mucchi di rami, resti di mattoni ed erbacce gettate lí a marcire, raccolto le lumache nascoste, avvelenati i formicai, zappato le aiuole, e via dicendo. Ora é davvero un giardino (quasi). Dopo che il professore di giardinaggio é andato via, ho pure piantato un´intera aiuola di lavanda. Non mi serve a nulla, ma é bella e profumata e mi ricorda l´Italia.

Secondo la comunitá di Lago Primavera, é ben poco quello che possiamo fare noi per salvare l´ambiente. Oltre a raccogliere i rifiuti e tenere in ordine intorno a casa, non comprare piú del necessario. Rispettare l´acqua, evitando di lasciare rubinetti aperti senza necessitá. Spegnere le luci nelle stanze in cui non c´é nessuno. Comprare di preferenza dai piccoli produttori locali. Per chi ha, dietro casa, un pezzo di terra sufficiente e tempo libero a disposizione, coltivare qualche ortaggio o piante da frutta. Un uomo osserva: "Noi abbiamo un clima benedetto, qualsiasi cosa che si pianta diventa addirittura invasiva, e c´é solo la briga di zapparla intorno. Perché dobbiamo comprare l´insalata e i pomodori?" (Ma é anche vero che nelle piante ci sono parecchie malattie, non é cosí facile). Progettare e premere sulle autoritá perché si faccia la raccolta selettiva. Perché il creato é meravigliosa opera di Dio da cui dipende la nostra vita, e la sua cura é stata affidata a noi". Questo ed altro hanno detto nella riflessione, dopo la lettura di un brano del salmo 104. Ma la gente ha ricordato anche le aberrazioni di un tipo di agricoltura fatta da persone che investono denaro ma non amano la terra: il loro unico scopo é fare soldi. Spargono veleni in quantitá. Disboscano a tappeto, senza nessun criterio. Fanno seccare i fiumi e le sorgenti. Mettono in crisi l´agricoltura familiare. E la gente che distrugge la fascia di foresta in riva ai nostri migliori fiumi per farci la villa, e passa i fine-settimana lá a mangiare churrasco e bere birra, gettando poi nel fiume, come se fosse un letamaio, le lattine e i resti del banchetto.

Il salmo 104 é una lode a Dio Creatore per tutto ció che ci ha dato. In questo momento credo che faccia bene anche a voi rileggerlo, in vista dei tempi di tenebre e del pessimismo che state vivendo! Ecco il brano (nella traduzione di Turoldo) che abbiamo letto noi nella riunione: "Anima mia, dá lode al Signore: - quanto sei grande, Signore mio Dio - tue vesti sono magnificenza e splendore - Egli come di un manto si avvolge di luce - egli come una tenda dispiega i cieli. - Egli sulle acque innalza le sue dimore - egli fa delle nubi il suo cocchio regale - egli sulle ali del vento avanza. - Egli i venti scatena come suoi messaggeri - suoi ministri il fuoco e la fiamma. - Egli ha fissato le basi alla terra - perché non vacilli in eterno, per sempre." -

Di economia e agroeconomia avevo giá pubblicato alcuni dati nel post della settimana scorsa. É stato uno dei temi del nostro incontro diocesano di coordinamento, che ha affrontato il tema della Campagna della Fraternitá, "Economia e vita" - "Non potete servire a Dio e al denaro". Un argomento sicuramente ostico, ma che sta sensibilizzando piú di quanto mi aspettassi. Mi é arrivato ora questo comunicato della Commissione Pastorale della Terra (CPT) di Goiás: "Il 17 marzo scorso i vescovi del Regionale Centro-Ovest della Conferenza Nazionale dei Vescovi Brasiliani (CNBB) hanno divulgato una lettera aperta in cui si dicono "preoccupati con l´avanzata dell´"agro-business" "in questa regione del paese, dove le monoculture della canna da zucchero per la produzione di etanolo, e della soia ed eucaliptus, oltre ad altre colture, "invade poco alla volta la terra degli agricoltori destinata a produrre alimenti che vanno sulla tavola dei brasiliani", oltre a provocare la distruzione del cerrado, promuovere la concentrazione della terra e il lavoro schiavo. I vescovi riaffermano la posizione favorevole alla Riforma Agraria e il sostegno ai movimenti di lotta per la terra, e deplorano che "la Riforma Agraria, purtroppo, non é piú una prioritá dei Governi federale e statale". Il Regionale Centro Ovest comprende gli Stati di Góiás, Tocantins, Distretto Federale di Brasilia - la lettera é firmata da 14 vescovi". Dunque il tema della campagna é riuscito ad amalgamare i Vescovi del Regionale. Direte che é poco, é solo una lettera aperta. Sí ma credetemi, ottenere le 14 firme non dev´essere stata un´impresa facile.

Moltissimi itaberini, a quest´ora, sono in preghiera. Dalla mia stanza odo le grida di una chiesa evangelica prossima che sta curando qualche paralitico: "Levanta, levanta, levanta....", urlano da una ventina di minuti. Quasi in ogni via cittadina c´é almeno una chiesa in piena azione: ascoltano predicazione biblica, fanno sessioni di cura ed espulsione di diavoli (passa via, satanasso!) e parlano in lingue "sotto l´azione dello Spirito" - abradabarababatolimo - eccetera. Il folto gruppo dei nostri carismatici sta facendo sette giorni completi e ininterrotti di adorazione Eucaristica. Che si chiama, in gergo pentecostale, "Assedio di Gerico", ricordando il famoso episodio biblico della conquista di Gerico, narrato nel sesto capitolo del libro di Giosué. É una delle tante pratiche che i carismatici cattolici hanno copiato di sana pianta da chiese evangeliche pentecostali. Per fare la differenza, ci hanno messo l´ostensorio e l´adorazione al Santissimo. Il tutto condito con grida, esclamazioni e agitare di mani in un rito di massa molto simile a quello degli stadi o degli spettacoli rock. La tensione di questi incontri di preghiera é talmente alta che se uno, pensando al altro e distrattamente, si accosta al gruppo, rischia di prendere una scossa elettrica di alto potenziale.

Sappiamo bene che in queste forme di preghiera ci sono tanti pro e contro. Ognuno é fatto a modo suo, sente e vede alla sua maniera, ed é meglio accettarsi a vicenda che sparare giudizi morali a priori. É una questione di modi di essere e culture con radici lontane e profonde, percorsi tortuosi e incrociati che non conosciamo. Un giovanotto appena uscito da uno di questi incontri ad alta temperatura e pressione, mi ha commentato: "Se quei ragazzi che si sono accoltellati in un bar fossero stati quí con noi a pregare, non sarebbero finiti cosí tragicamente". A modo suo ha ragione, ma non si chiede perché quei giovani erano al bar e non nel gruppo di preghiera? Un motivo ci sará, e forse é anche il modo in cui si prega. "La fede cerca la ragione" - dicevano gli antichi, e in questi incontri sembra che ci sia spesso piú esaltazione e proiezione di un Dio che risolve "i miei problemi", che una ricerca del vero volto di Dio per farsi suoi seguaci e collaboratori. Peró consideriamo anche che ogni persona e ogni societá ha le sue fasi. É un processo in andamento. A me fa venire in mente il seminario minore, quelle giornate in cui recitavamo 50 rosari in un giorno, restavamo ore davanti al Santissimo, camminavamo in ginocchio o coi sassolini nelle scarpe, pregando, per i sentieri della montagna verso gli oratori e le maestá della Madonna. Avevamo poco piú di dieci anni. C´era qualche superiore che sapeva infiammarci. Forse che quelle esplosioni di fede hanno prodotto frutti buoni e duraturi? A me non risulta, ma chissá!

Venerdí 19 - stamattina é venuto il Vescovo per parlare con tutta l´equipe di Itaberaí: tre preti e cinque suore, di due congregazioni. Ha esordito chiedendo di lavorare insieme: la Chiesa é comunitá e l´evangelizzazione deve portare a una vita in comunitá. (Impeccabile: tuttavia, e le comunitá di preti hanno sempre incontrato molti ostacoli, sia interni che esterni. Nonostante se ne parli molto, non c´é ancora un consenso per realizzarla al meglio). Ha insistito sulla fedeltá alle prioritá diocesane: i poveri, le comunitá ecclesiali di base, le pastorali sociali, la liturgia e la catechesi. Poi ha posto domande, e si é fatto raccontare le attivitá, il loro organigramma e come vanno. Ore ed ore. Mi ha fatto venire una fame che non vi dico. Don Eligio é stato sempre zitto: quando si dice un uomo saggio. Peró sono emerse riflessioni interessanti. Per esempio: sul piano sociale, ha detto il vescovo Eugenio, non é necessario che noi fondiamo e gestiamo direttamente associazioni per fare ció che il governo, ora, vuole fare e in parte fa: per esempio asili, doposcuola, organizzazioni per preparare al lavoro e trovare posto di lavoro. Da qualche anno a questa parte sono state aperte molte possibilitá, e non é nella tradizione brasiliana organizzare opere sociali e sportive in alternativa al settore pubblico. Ha detto! Io sono pienamente d´accordo da sempre e ci faccio due nuvolette di fumo con la pipa in segno di assenso.

Sabato 20 - Stamattina, con la piccola equipe di pastorale missionaria, abbiamo visitato una ventina di famiglie del Lago Primavera. É un pó difficile uscire di casa e presentarsi di porta in porta ma, una volta che si é rotto il ghiaccio, diventa molto gratificante. Ho incontrato tutte famiglie molto giovani. Sono povere, ma di una povertá assai diversa da quella che si incontrava anni fa o che forse si incontra ancora in certi baraccamenti. Guadagnano poco ma hanno frequentato scuole, seguono le notizie e sono informati, almeno superficialmente, sulle attualitá. Hanno lasciato la campagna ma ce l´hanno ancora nel cuore e si circondano di piantine e pesciolini esattamente come me. Mi sono reso conto di quanto siamo simili anche nei gusti. Tutti ci hanno accolti molto bene. Abbiamo parlato dei problemi che ciascuno affronta, e del piccolo gruppo di lettura del Vangelo e preghiera che sta nascendo nel quartiere e che vorremmo allargare. Una signora mi ha spiegato come dobbiamo fare: "Costruite subito almeno un piccolo locale dove trovarci: poi, pian piano, lo aumenteremo!" É esattamente questo che abbiamo intenzione di fare, ed io ho giá pronto il progetto firmato dall´architetto. Da notare che siamo andati in una zona in cui le case hanno ancora la porta direttamente sulla strada, e appena un piccolo recinto davanti. Quando si va dove le case sono chiuse da un muro alto e un portone di zinco, l´umore e la disponibiltá ad accogliete é completamente diversa. Non ho capito se sia il muro che fa diventare sospettose le persone, o se costruiscono il muro perché sono giá predisposte a difendere la propria privacy. Ma cambiando l´ordine dei fattori, cambia il risultato?

Termino segnalandovi, sul sito Adital.com.br, un articolo pepato di Frei Beto sul presidente Obama. Avrei voluto tradurvelo quí, ma Beto ha un procuratore che non consente la riproduzione dei suoi scritti senza un permesso. E poi non é nel mio stile, anche se lo apprezzo. In compenso, vi traduco brani della sesta puntata di Jung Mo Sung. La quinta, che era sulla divisione del lavoro e le classi sociali, l´ho saltata per non fare un posto troppo lungo. Per alcuni sará noiosa, ma a chi piace la legga, ne vale la pena.

"Ho finito l´articolo precedente chiedendo come avviene, nel nostro mondo globalizzato, il processo di decisione su cosa, quanto, come e per chi produrre. Cioé come si sviluppa il processo di coordinamento della divisione sociale del lavoro (DST) nell´economia globalizzata, e quali sono le istanze e gli operatori di tale decisione? Per tentare di rispondere a questi interrogativi, abbiamo bisogno di continuare la riflessione sulla divisione sociale del lavoro. Quando ho cominciato queste serie di articoli su "Economia e vita" come contributo alle discussioni intorno alla Campanha da Fraternidade, mi sono impegnato a seguire una regolaritá in termini di tempo, cioé, avevo intenzione di pubblicare un articolo ogni settimana. Purtroppo, peró, non ho potuto mantenere questo impegno la settimana scorsa per mancanza di tempo.

A dire il vero, io avevo, come sempre, le stesse 24 ore al giorno. Ció che é accaduto é che mi sono capitati molti lavori e mi é mancato il tempo per scrivere questo articolo per Adital. Quí abbiamo un esempio che ci puó aiutare a capire un pó meglio il nostro tema. Ho dovuto fare una scelta tra usare il tempo per scrivere l´articolo o realizzare altri lavori "urgenti". In quale senso gli altri lavori erano piú urgenti del mio impegno personale di scrivere per Adital? La semplice risposta che quelli facevano parte del mio impiego e scrivere per Adital é lavoro volontario, non spiega tutto. Poiché ci sono lavori che fanno parte del nostro impiego che non sono tanto urgenti; e io ho scritto questi articoli senza abbandonare il mio lavoro professionale. L´urgenza dei miei lavori professionali era dovuta al fatto che c´era una scadenza entro la quale dovevano essere fatti. E queste scadenze sono determinate dall´andamento del processo nel quale é inserito il mio lavoro. Se io non osservo le scadenze, il resto del lavoro di altre persone o istituzioni ne soffre un danno. Com questo il danno puó estendersi a livelli maggiori. Il fattore tempo é una delle componenti fondamentali di un sistema di produzione, distribuzione e consumo di beni e servizi necessari alla vita delle persone e della societá. Soluzioni "perfette" che impiegheranno molto tempo per essere concretizzate non sono soluzioni reali se vengono fuori dal tempo necessario.
É sopravvenuto un conflitto tra il compimento della scadenza delle mie attivitá riguardanti la mia funzione nell´universitá in cui lavoro, e quello di Adital. Avrei potuto scegliere di compiere la scadenza di questo articolo, ma questo avrebbe significato collocare il Programma di Post-graduazione in Scienze della Religione dell´Universitá Metodista, nella quale sono coordinatore, in una situazione difficile (senza parlare della mia situazione professionale). Io ho fatto una scelta, per questo l´articolo ha ritardato. Tanto nella vita, come nell´economia, stiamo facendo sempre questo tipo di scelte. Poiché il tempo é uno dei fattori scarsi della vita e del sistema economico.

Oltre al compimento della scadenza, é necessario che il risultato del mio lavor arrivi fino al passaggio seguente. Se per caso io finisco il mio lavoro, ma non c´é la connessione in internet (o altri mezzi) per mandarlo al destinatario (per esempio, il modo in cui il mio articolo scritto a São Paulo arriva alla sede di Adital a Fortaleza), il processo rimane troncato. Perció, la manutenzione della rete di internet e dei server (che io non so chi la fa né come la fa) é cruciale per il processo di lavoro nel quale mi trovo. Questo vale anche per l´elettricitá, per il fornitore dei computers, il panino che mangio nell´intervallo, il trasporto da casa al lavoro, eccetera. Immaginate cosa significa congiungere tutti i processi di lavoro e di consumo di tutte le persone del mondo intero in modo che il sistema nel suo insieme funzioni in maniera minimamente efficiente per produrre i beni materiali e i servizi necessari alla vita di tutta la popolazione. Non abbiamo bene l´idea di come tutto ció funziona.

Non basta gridare al mondo che, in nome della nostra fede cristiana o dei valori umani, siamo a favore della vita e contro il mercato che sfrutta i lavoratori, esclude i poveri e concentra la ricchezza nelle mani di pochi. Questo é necessario, ma é necessario anche presentare alternative per sostituire il mercato come centro e come principale meccanismo di coordinamento della divisione sociale del lavoro. Il neoliberalismo é caratterizzato non dallo sfruttamento o dall´esclusione sociale, ma dalla proposta di fare del mercato l´unico coordinatore della Divisione Sociale del Lavor (DST), lasciando allo Stato semplicemente il ruolo di agente di sicurezza e di garanzia dell´adempimento dei contratti. Se ogni cosa é decisa in base solo ai criteri del mercato, i problemi e le necessitá di chi non ha soldi per consumare la "soluzione" (i non-consumatori) não saranno soddisfatti né presi in considerazione nell´economia e nella societá.

Criticare il neoliberalismo o il sistema di mercato capitalista globale vigente oggi non puó significare semplicemente la negazione e l´aspettativa che dopo la caduta del capitalismo non sará piú necessario coordinare la Divisione Sociale del Lavoro, o che non dovremo fare scelte in casi conflittivi. Quali sono le alternative di coordinamento della Divisione Sociale del Lavoro per un´altra societá? (Continua nel prossimo articolo).

15 marzo 2010

MARTIRIO: ROMERO E GLI ALTRI, PER LA VITA DI TUTTI.

Foto: il volantino della nostra Romaria dos mártires, con un errore (spargere...si scrive "espalhar", non "espahar".

La settimana scorsa vi ho postato alcuni dati sull´economia del territorio della mia Diocesi, Goiás, che dovevo presentare (a richiesta del vescovo e di una commissione diocesana che noi chiamiamo "assessoria"). Ora, per completare l´informazione, dovrei aggiornarveli: primo, perché nelle ultime ore me ne sono venuti a mano altri ancora piú interessanti. Secondo, perché la discussione dell´assemblea di coordinamento diocesano ha messo in luce una maggiore importanza e capacitá di impatto di alcuni di quei dati rispetto ad altri, al punto di richiedermi un approfondimento. Ad esempio, é apparso di una nitidezza abbagliante il fatto che, nella nostra regione e in tutto il Brasile, il grande problema dell´agricoltura (e delle regioni agricole come la nostra), é lo scontro frontale e inevitabile tra gli obiettivi del "Grande Mercato Globale" e gli interessi (che sono la vita) della gente che abita qui.

L´agricoltura familiare utilizza, in Brasile, il 24,3% della terra, e riceve dal governo un finanziamento di 13 miliardi di reali. L´agronegócio (monocultura industrializzata per l´esportazione) utilizza quasi il doppio di terra, ed ha un finanziamento pubblico di 100 miliardi di reali. Tuttavia la prima, oltre a dare lavoro a un numero ben superiore di famiglie, produce una percentuale molto maggiore di alimenti di prima necessitá ((87% di manioca, 70% di fagioli, 46% di granoturco, 38% di caffé, 34% di riso, 58% di latte, 59% di carne suina, 50% di polli, 30% di carne bovina e 21% di frumento: solo nella produzione di soia vince di gran lunga la monocultura, con 80% della produzione). Basta questo dato per capire quanto le scelte del mercato siano indifferenti al benessere della popolazione e ostili alla vita: e non parliamo nemmeno di quanti agrotossici la monocultura sparge, quanta acqua spreca, quanta ricchezza esporta lasciando quí soltanto le misere paghe dei braccianti, quanti danni reca al terreno senza pagarne il recupero, quanta gente spinge dalla campagna verso la cittá concentrando sempre píú la popolazione, i capitali e tutto il resto.

Ma per l´aggiornamento mi fermi quí. Lo spazio ha le sue esigenze, e gli argomenti da trattare sarebbero tanti. Aggiungeró soltanto che questa nostra Assemblea Diocesana di Coordinamento é stata centrata principalmente su due temi: la Campagna della Fraternitá e la Romaria dos Mártires, che stiamo preparando per il prossimo 23 ottobre. Il dibattito, su ambedue i temi, é stato di una forza e di un realismo che mai mi sarei aspettato. Mi ha impressionato. Mi ha fatto pensare a quante volte, nei miei pochi 46 anni di prete, ho letto e spegato, per me e per gli altri, questo vangelo "non potete servire a Dio e al denaro", come una bella esortazione moralistica a vivere un atteggiamento di generico "distacco dalle cose materiali", senza ulteriori conseguenze sul piano pratico. Qualcuno, molto significativamente, lo definiva "un consiglio evangelico", a sottintendere che non era proprio un comandamento ed era obbligatorio, semmai, solo in parte e soprattutto per preti, frati e suore, cioé persone che non hanno bisogno di soldi perché appartengono ad organizzazioni a cui, giá di per sé, non manca niente.

In questa riflessione mi sono reso conto, con tutta evidenza, che é piú di un comandamento: é una necessitá. Invece lo é, drammaticamente, per ogni credente che si fa discepolo di Gesú Cristo. E non é appena una necessitá morale di conversione individuale, ma una necessitá di conversione culturale, sociale e strutturale. O cambiamo strada, o ci facciamo del male e distruggiamo la vita sulla terra. Noi, Chiesa, abbiamo una grande responsabilitá: di non annacquare questo vino nuovo e forte del richiamo di Gesú, né con le parole né con l´uso pratico del denaro, che spesso anche tra noi é amministrato con lo stesso spirito idolatrico con cui lo amministrano i pagani e gli atei: le conseguenze si vedono.

Sul tema del martirio e della "Romaria dos Mártires", noi siamo partiti dal racconto. Quest´anno si compiono 25 anni dall´assassinio di un sindacalista di questa Diocesi, Nativo da Natividade, che partecipava ai gruppi di Vangelo e si dedicó al sindacalismo, particolarmente nella difesa dei tagliatori di canna del suo comune, Carmo do Rio Verde. Durante la celebrazione della messa in Cattedrale, i suoi compagni di allora e sua moglie hanno ricordato passo a passo la progressione del suo impegno che lo condusse al martirio. Uscirá un libretto con la sua vita e la sua esperienza. Nel 1985 giunse al culmine: vinse le elezioni sindacali con quasi 90% dei voti, a rivelare come ormai la classe dei lavoratori agricoli e dei braccianti era arrivata alla compattezza e poteva far rispettare l´essere umano. Ma a questo punto, come era accaduto con Gesú quando "le folle lo seguivano", il timore degli oppressori di trovarsi, con le spalle al muro, di fronte a un nemico disarmato ma deciso a cambiare le regole delle relazioni umane tra datori di lavoro e dipendenti e tra politici e cittadini, armó la mano del killer.

Quella di Nativo fu una lotta di classe: ma non, come alcuni maliziosamente sostengono, una lotta per il potere (ossia per decidere chi deve opprimere e chi deve essere oppresso). Bensí per imporre che nessuno opprima nessuno. Contro la ragione disarmata che dilaga e chiede una conversione, solo un mezzo é ancora disponibile per chi vuole continuare a calpestare il prossimo: la violenza. Fu cosí che i sacerdoti e gli scribi armarono Pilato contro Gesú per eliminarlo, e fu cosí che i sindaci di due comuni vicini (Carmo e Uruana) armarono un pistoleiro per abbattere Nativo. Il martirio é una cosa orribile, nessuno lo vuole o lo desidera, ma quelli che lo hanno subito per coerenza sono Beati e la loro testimonianza deve scuoterci e farci vergognare di tanti cedimenti e incoerenze.

"Questa Chiesa, la Chiesa diocesana di Goiás, é stata il terreno fertile nel quale é nato e cresciuto il Nativo lider dei lavoratori e impegnato nella loro liberazione: ed é nata l´organizzazione dei lavoratori rurali. Che é passato attraverso la prova del martirio di Nativo ma é poi sfociato in un movimento inarrestabile che, congiungendosi col resto del movimento nazionale, ha permesso la realtá di oggi, con il miglioramento della vita di milioni di persone: non solo lavoratori, ma gente di ogni classe sociale. Questo ci deve far riflettere oggi, quando tanta gente ha deposto idealmente le armi e non lotta piú: abbiamo bisogno di risvegliarci e tornare a fare formazione di cristiani impegnati in politica" - sono le parole, sintetizzate, di uno di quei compagni di Nativo, ancora inserito nel sindacalismo. E una partecipante all´assemblea, specialista in liturgia, ha commentato: "L´Eucaristia non ha senso se é soltanto celebrata: bisogna farla. La liturgia é celebrazione della vita".

Io peró sono molto impacciato e inadeguato, per una questione di esperienza personale, ad esprimermi su questo argomento. Lascieró la parola, perció a Dom Pedro Casaldáliga, della piccola schiera di vescovi emeriti della nostra regione, che ha scritto su Adital un bell´articolo sul martirio di Dom Oscar Romero, di cui pure ricorre l´anniversario del martirio in questi giorni (sono 30 anni dalla sua morte). Valga per Dom Oscar Romero, e per tutti i nostri martiri della lotta per la difesa dei contadini e per la Riforma Agraria in Goiás e nel Brasile: il nostro Nativo, Tarcisio, Padre Josimo Tavares, Padre Ezechiele Ramin, Sebastião da Paz, Padre João Bosco, Padre Francisco Jentel, Suor Dorothy, e tanti altri conosciuti e sconosciuti. Eccovi l´articolo di Dom Pedro, con la mia traduzione improvvisata (il testo originale é sul sito Adital, se trovate delle imperfezioni nella mia traduzione scusatemi).

Celebrare un Giubileo del nostro San Romero d´America é celebrare una testimonianza che ci contagia di profezia. È farsi carico in modo impegnativo delle cause, della causa per la quale il nostro San Romero é martire. Grande testimone nella sequela del Testimone massimo, il Testimone fedele, Gesú. Il sangue dei martiri é quel calice che tutti/tutte possiamo e dobbiamo bere. Sempre e in ogni circostanza, la memoria del martirio é una memoria sovversiva.

Sono trascorsi 30 anni da quella Eucaristia piena nella cappella dell´ospedale. Quel giorno il nostro santo ci scrisse: "Noi crediamo nella vittoria della risurrezione". E, molte volte, disse, profetizzando un nuovo tempo, "se mi uccidono, risusciteró nel popolo di El Salvador". Con tutte le ambiguitá del processo storico, il nostro San Romero sta risuscitando in El Salvador, nella Nostra America e nel Mondo.

Questo giubileo deve rinnovare in noi tutti una speranza, lucida; critica, tuttavia invincibile. "´Tutto é grazia", tutto é Pasqua, se entriamo con tutti i rischi nel mistero della cena condivisa, della croce e della risurrezione.

San Romero ci insegna e ci "riscuote" a vivere una spiritualitá integrale, una santitá tanto mistica quanto politica. Nella vita quotidiana e nei processi piú grandi della giustizia e della pace, "con i poveri della terra", nella famiglia, nel lavoro, nel movimento popolare e nella pastorale incarnata. Egli ci aspetta nella lotta quotidiana contro questa specie di gang mostruosa che é il capitalismo neoliberale, contro il mercato onnimodo, contro il consumismo sfrenato. La Campagna della Fraternitá del Brasile, quest´anno, é ecumenica e ci ricorda la parola incisiva di Gesú: "Voi non potete servire a due padroni, a Dio e al denaro".

Rispondendo a coloro che, nella societá e nella Chiesa, tentano di denigrare la Teologia della Liberazione, il cammino dei poveri nelle comunitá, questo nuovo modo di essere Chiesa, il nostro pastore e martire replicava: "Esiste un ‘ateísmo’ piú vicino e piú pericoloso per la nostra Chiesa: l´ateismo del capitalismo quando i beni materiali sono elevati al ruolo di idoli e sostituiscono Dio".

Fedeli ai segni dei tempi, come Romero, attualizzando i volti dei poveri e le urgenze sociali e pastorali, dobbiamo sottolineare in questo giubileo le cause maggiori, alcune delle quali sono degli autentici paradigmi. L´ecumenismo e il macro-ecumenismo, in dialogo religioso e in una comunione universale. I diritti degli emigranti contro le leggi segregazioniste. La grande causa ecologica.

(Precisamente la nostra Agenda Latinoamericana di quest´anno é dedicata alla problematica ecologica, con un titolo che é una sfida: "Salviamoci assieme al Pianeta"). L´integrazione della Nostra America. Le campagne per una pace effettiva, denunciando il militarismo in aumento e la proliferazione delle armi. Sollecitando l´urgenza di trasformazioni ecclesiali, con il protagonismo del laicato, richiesto a Santo Domingos, e l´uguaglianza della donna nei ministeri ecclesiali. La sfida della violenza quotidiana, soprattutto tra i giovani, manipolata dai mezzi di comunicazione alienanti e dall´epidemia mondiale delle droghe.

Sempre e ogni giorno di piú, quanto piú grandi diventano le sfide, vivremo la scelta dei poveri, la speranza "contro ogni speranza". Seguendo Gesú come discepoli, verso il Regno. La nostra coerenza sará la migliore canonizzazione di "São Romero da América, Pastor e Mártir".

10 marzo 2010

ECONOMIA DI GOIAS (UN PÓ)

Foto: 1) Il missionario laico Paolo Finardi (PC), e la sua futura sposa; 2) La brutta faccia dei coordinatori dei Ministri Straordinari dell´Eucaristia (la terza sta scattando la foto); 3) Un gruppo di agricoltori in riunione con la CPT di Itaberaí.

Oggi un post diverso, anche perché sono allibito per ció che sta accadendo in Italia (non é da oggi, ma il processo sembra in stato sempre piú avanzato anziché fermarsi), e non so cosa dire. Commenteró solo con queste parole di uno scrittore russo: "Ciascuno porta una strada nella sua coscienza, chi verso il potere, chi verso la libertá. A ognuno la scelta". (Evgenij Evtusenko). Quale strada stanno scegliendo gli italiani?

Vi espongo alcuni dati sulla societá brasiliana raccolti da un articolo di Frei Beto pubblicato su Adital, e sulla realtá economica della nostra regione di Goiás che mi ha passato il coordinatore diocesano della Commissione Pastorale della Terra (CPT). Li ho messi insieme per esporli sabato prossimo (piú estesamente) nella riunione del coordinamento diocesano. Dev´essere un pó noioso, ma é un´occasione per conoscere meglio com´é il Brasile oggi. Tuttavia non voglio privarvi della lettura di una lettera di un giovane laico italiano che é arrivato da poco in Brasile, e ha spedito ai suoi amici italiani della regione una lettera in cui condivide il suo entusiasmo e i suoi progetti. É bello scoprire la stessa gioia antica della missione, nel diverso modo di essere missionari delle nuove leve.

Frei Beto: "La popolazione brasiliana é, oggi, di 190 milioni di persone divise in classi in base al potere acquisitivo. Appartengono alla classe A e B quelle che hanno un reddito superiore a 4.807,00 reali - i ricchi del Brasile. Un salario di 4.807, 00 reali non offre tranquillitá finanziaria a nessuno. L´affitto di un appartamento di due stanze nella capitale paolista ne consuma la metá. Ma, tra i ricchi, molti ricevono remunerazioni astronomiche, oltre a possedere un patrimonio invidiabile. Nelle grandi imprese di San Paolo lo stipendio mensile di un direttore varia da 40 mila a 60 mila reali. Un´analisi recente della Fundação Getúlio Vargas diffusa nel febbraio scorso, rivela che questo settore privilegiato é composto appena dal 10,42% della popolazione, ossia, 19,4 milioni di persone. Esse concentrano nelle loro mani il 44% del reddito nazionale. Molta ricchezza per poca gente".

"La classe C, conosciuta come classe media, possiede un reddito mensile tra i 1.115,00 reali e i 4.807,00 reali. É cresciuta negli ultimi anni grazie alla politica economica del governo Lula. Nel 2003 comprendeva il 37,56% della popolazione, con un totale di 64,1 milioni di brasiliani. Oggi ne include 91 milioni - quasi la metá della popolazione del paese (49,22%)- che detiene il 46% del reddito nazionale. Nella classe D - i poveri - ci sono 43 milioni di persone, con reddito mensile tra i 768,00 e o 1.115,00 reali, obbligate a dividersi appena l´8% della ricchezza nazionale. E nella classe E - i miserabili - con reddito fino a 768,00 reali al mese - ci sono 29,9 milioni di brasiliani (16,02% della popolazione), condannati a dividersi tra loro solo il 2% del reddito nazionale".
"Secondo la Fundação Getúlio Vargas, il governo Lula ha tolto dalla povertá 19,3 milioni di brasiliani e ne ha spinto altri 32 milioni a gradi superiori nella scala sociale, inserendoli nelle classi A, B e C. Dal 2003, sono stati creati 8,5 milioni di nuovi posti di lavoro formali. È vero che, nella maggior parte, sono di bassa remunerazione".

"Oggi c´é piú consumo nel paese, e questo gli economisti lo chiamano "forte domanda di beni e servizi". Tale processo, tuttavia, é minacciato dall´instabilitá del posto di lavoro e dall´aumento dell´insolvenza - la classe media tende a spendere piú di quanto guadagna, fortemente attratta dall´acquisto di prodotti superflui che simbolizzano ascensione sociale. La classe media ascendente aspira a lavorare in proprio. Peró, l´imprenditoria in Brasile e bloccata dalla mancanza di credito, conoscenze tecniche e capacitá di gestione. E ci sono troppe esigenze legali e normative sul lavoro, sommate ad un pesante carico fiscale, che moltiplicano i fallimenti di piccole e medie imprese e dilatano il mercato nero del lavoro. Nonostante che la classe media abbia in mano un potente capitale politico, essa ha difficoltá ad organizzarsi e creare reti sociali, stabilire legami di solidarietá. E rivela avversione verso la politica, soprattutto a causa della corruzione. Incredula quanto alla capacitá del governo e della Giustizia di combattere la criminalitá e la corruzione, la classe media diventa vulnerabile nei confronti dei "salvatori della patria" - figure di caudillos che promettono azione energica e punizioni impietose. Fu questo il brodo culturale capace di fomentare l´ascensione di Hitler e Mussolini".


Dati sulla nostra diocesi: la Diocesi di Goiás si trova su un territorio di economia rurale strutturata intorno a piccole cittá che sono centri commerciali e di servizi. Il territorio é di 23 mila Kmq. con una popolazione di 230 mila abitanti (10 per kmq). Come popolazione, é un nulla rispetto al resto del paese. Il comune piú grande é Itaberaí, ufficialmente con 32 mila abitanti (in realtá pare che siano diecimila di piú). Il piú piccolo é São Patrício, con 2051. Alcuni comuni grandi (Ceres - Goiás - Itapuranga) risentono, da qualche anno, di un calo di popolazione. Perché una cosa é certa: che c´é un calo dovuto alla riduzione delle nascite, ma c´é anche un esodo rurale che continua ad approfondirsi nonostante le nostre campagne appaiano giá svuotate. Il fenomeno sociale piú grosso é la migrazione: dalla campagna, alla cittá sede del municipio, da questa alla capitale dello Stato o verso altre capitali, quando non all´estero. E c´é pure una migrazione di ritorno: dal nordest e dal Maranhão, per esempio, di lavoratori che vengono da noi a tagliare canna o raccogliere pomodori.

La Diocesi é divisa in 23 parrocchie (corrispondenti ai comuni), aggruppate in 4 regioni (i vostri vicariati), con caratteristiche ben distinte. La regione Rio Vermelho (6 comuni, piú di 5 mila kmq.), é principalmente regione di latifondo che praticano l´allevamento bovino da carne. I mezzadri e piccoli agricoltori migrano verso la periferia di Jussara, la cittá centrale della regione, che in una ventina d´anni si é gonfiata passando da poco piú che un villaggio ad una cittá di 30 mila abitanti.

La regione Serra Dourada (4 comuni, 4 mila kmq.) ha due realtá agrarie diverse: ária. I tre comuni piú piccoli, Buriti - Sanclerlândia - Mossâmedes, possiedono terra di buona qualitá. In essi predomina la piccola proprietá, che pratica agricoltura e allevamento di mucche da latte. Il comune di Goiás, invece, piú grande e con terra poco buona e sassosa (3 mil Kmq), é zona di latifondo. Peró é lí che si é concentrato il maggior numero di pezzi di terra ottenuti con la Riforma Agraria (assentamentos). Vi sono state sistemate circa 830 famiglie, che sfruttando fazzoletti di terra buona hanno ripopolato le campagne della regione e ridato vita al commercio locale e ai servizi della cittá di Goiás.

La regione Urú 7 comuni), soprattutto nei comuni di Itaberai ed Heitoraí, é la regione delle grandi, medie e piccole monoculture, oltre che di allevamento di bestiame da carne (che é in calo). Vi si producono canna da zucchero, soia, granoturco, legname (eucaliptus) che é il grande affare del momento. Nella produzione di pomodori, Itaberaí é giá considerato il centro piú importante del Brasile> cosí come nell´allevamento dei polli. Tutto questo caratterizza un´economia rurale indirizzata all´esportazione. L´allevamento e abbattimento dei polli é concentrato in una unica impresa, la Superfrango di Itaberaí, che spedisce 200 mila polli al giorno pronti per i supermercati. L´altra parte della regione (Itapuranga, Itaguarú, Itaguari e Taquaral), si sostiene con l´economia di sussistenza e alcune coltivazioni specializzate e abbastanza redditizie come banane, ananas, verdure, cocomere, papaia, maracuja (la passiflora). Anche in questa regione la Riforma Agraria ha lasciato il segno, addolcendo almeno un poco l´impatto dell´economia di mercato con un aumento di residenti in campagna e una produzione agricola che alimenta i mercati dei paesi durante la settimana.

La regione São Patrício (6 comuni) é di terra buona, con predominio della piccola proprietá, ma anche con zone del tutto invase dalla canna da zucchero, gestito da imprese che hanno le distillerie nel territorio o nelle adiacenze.

Altri dati della Diocesi: - circa 50 insediamenti di Riforma Agraria, e 15 accampamenti in attesa di insediamento. - 4 distillerie di canna da zucchero: CRV – Carmo do Rio Verde - Vale Verde – Itapuranga. - 4 frigoriferi con macello: Goiás - Santa Fé - Itaberaí con la superfrango, per i polli. - 10 universitá: - Campus UFG – Cidade de Goiás; UEG - Cidade de Goiás; UEG - Sanclerlândia; - UEG Itapuranga; UEG - Jussara; Unifaj - Jussara; - UEG - Itaberai; Aliança - Itaberai; UEG - Ceres; UNI Evangélica- Ceres. Le sigle UEG e UFG sono, rispettivamente, Universitá Statale e Universitá Federale.

BRASILE – Goias - Senador Canedo,

25 febbraio 2010

Carissimi,

in questo periodo è successo un po’ di tutto. Ho lasciato passare diverse settimane e alcune cose inevitabilmente si perdono e diventa arduo ricordarle e raccontarle. Ma credo sia giusto così. In fin dei conti quello che “resta” sono gli avvenimenti e le situazioni che ci hanno colpito di più. Credo che in un qualche modo sia il cuore a fare questa selezione. A volte ci ricordiamo di stupidate o cose da poco... ma spesso sono momenti che per un qualche motivo ci hanno colpito, ci hanno fatto sorridere... ci hanno in un qualche modo toccato. E l’interessante è che tutto questo avviene senza volontà apparente. La “selezione dei ricordi” non chiede il permesso a nessuno. Avviene e basta!

Ieri, uscendo di casa per la consueta visita ai meninos de rua del centro città, incontro seduta sul marciapiede la Kelly, mamma della Natacha e di Natanael. Conosco bene mamma e bimbi perchè per più di due anni sono stati nel progetto di Adozione a Distanza (Caritas Children di Parma). Chi si ricorda della favelina sulla montagnola del Residencial Rio Araguaia? I ragazzi del gruppo Mission che sono passati da noi in questi anni non potranno scordarla!! Bene, la Kelly era la proprietaria della casa (in realtà una baracca di 3x3 fatta di tavole di legno e teli di plastica) che era andata a fuoco. Avevano lasciato il morro e si erano rifugiati a casa di parenti di lui. Poi il crack che prende il sopravvento, i litigi, la mancanza di riferimenti, i problemi economici... Natacha lascia la mamma e comincia a vivere dalla nonna. Dopo alcuni mesi, peggiorando la situazione, anche il piccolo Natanael raggiunge la sorella. Mi ricordo di una chiacchierata, ormai un anno fa, in cui proponevo alla Kelly la comunità terapeutica per uscire dalle droghe. Una lunga chiacchierata in cui, finalmente, aveva ammesso l’uso della droga. Tra le lacrime aveva detto che non ce la faceva più, che il crack (qui lo chiamano anche pedra) le stava portando via tutto e che se non ne usciva alla svelta le avrebbe portato via la vita. Era cosciente, sapeva quello che diceva. Era poi sparita per diversi mesi, fino a ieri. Mi ha sorpreso incontrarla ma mi ha rattristato molto vederla in quello stato. Alla mia domanda “come va” la risposta e secca e chiara: “solo droga”. Lo dice con amarezza e sconforto, ma con una sincerità non comune. E’ magrissima, zigomi sporgenti, clavicole scavate, il busto difficile da descrivere... magro, alto, testo... ma è come se fosse magra di fuori e “gonfia” di dentro. Ho approfittato dell’incontro inaspettato per invitarla di nuovo alle riunioni, che tutti (i suoi bimbi, sua mamma, io... Dio!!) vogliamo vederla diversa. Abbassa il volto e comincia a piangere. “Potrei smettere ma non ce la farò, non ho più forza di volontà”. Preghiamo tanto per questa ragazza, che lo Spirito di Dio possa riempirle il cuore e darle nuovo coraggio.

Sapete che in queste lettere non parlo molto di me, quanto piuttosto delle persone che incontriamo qui. Credo che faccia parte del missionario, consacrato o laico che sia, il cercare di dare voce a chi non ha voce, a chi nella storia non ha peso. Ma oggi voglio rompere un po’ questa “regola” e parlarvi un po’ di me.

Non nascondo a tutti voi, amici lettori di queste piccole lettere dal Brasile, un poco di emozione. Chi mi conosce bene non resterà sorpreso per quanto sto per scrivervi. Qualcuno mi ha detto che non avrei potuto nascondervi una gioia così grande, che voi lettori fate in un qualche modo parte della nostra missione e quindi della nostra stessa vita.

La mia camminata fino ad oggi è stata colorata e movimentata. Diciamo che è successo un po’ di tutto ma che alla fine la missione ha vinto. La svolta più importante mi ha portato qui nel settembre 2007. Ho scelto di venire in Brasile con la consapevolezza dell'importanza della svolta che stavo dando alla mia vita. Non era l’ennesima esperienza “a tempo determinato” ma una scelta di vita. Da anni nel cuore il sogno, oltre che della missione, di una famiglia. Anni fa l’intuizione chiara che la scommessa di una società umanizzata si basa sulla famiglia, e nel petto questa vocazione. Ho incontrato qui una ragazza, Leide, che mi ha toccato il cuore. Col tempo ci siamo conosciuti e abbiamo maturato insieme sogni e speranze. E crediamo che sia giunta l’ora di fare un passo concreto molto importate. E’ l'apertura a una nuova strada nella strada che sto già percorrendo. Perchè la missione è parte della mia vita e sarà parte intrinseca della nostra famiglia. Le nozze saranno, se Deus quiser (se Dio vorrà, come usa pensare qui), in agosto! Non tarderanno ad arrivare gli inviti!!!!!!!

Vi abbraccio davvero fortissimo.

Paolo

Ps: non posso non allegarvi una nostra foto!!!

"Ho abbandonato l'idea del Dio onnipotente, della mia fede sicura, per ritrovare il Dio che condivide la passione dell'umanità, in seno alla quale rimane il Vivente, colui nel quale ripongo la mia fiducia. E' la mia vita inserire vita la dove si trova la morte" (Bernard Rey, teologo francese, in "Dio, dove sei?")

4 marzo 2010

PADRE, VIENI AD ABITARE DA NOI !

Foto: il mio vicino sta costruendo la sua casa e in tutta fretta: in una settimana é arrivato al tetto. Senza fondamenta, senza colonne di sostegno e senza legamenti di cemento. Rua 24: proibito l´ingresso ai terremoti.

Abbiamo appena finito la colletta per Haiti, ed ecco un altro cataclisma violentissimo in America Latina. Non é un pó troppo anche per i piú solidali? Chiedendo perdono per l´eresia, bisognerá chiedere a "Quello Lassú" di andarci piú piano!

Ma i terremoti li comanda lui direttamente? La lotta per la vita ci costringe a rivedere le nostre idee sulla fede: al minimo comprendere meglio i dogmi. Il Padre ci ha creati per vivere, e sicuramente non é lui che ci uccide. Chiede che ci prendiamo cura della natura, ma anche che ci difendiamo dalla sua forza e prevediamo e preveniamo il piú possibile i suoi movimenti a sorpresa. A favore della natura e non contro, perché la natura ce l´ha un ordine, ma esso non coincide sempre col nostro. Se non teniamo conto dell´ordine naturale ne facciamo le spese. E purtroppo le nostre conoscenze non sono ancora sufficienti a prevenire ogni calamitá. Ma allora, Dio é o non é onnipotente? Se volesse, non potrebbe impedire i terremoti? Il teologo André Queruga spiega che la sua onnipotenza é fuori discussione, ma non puó evitare che la natura che ha creato preveda anche la lotta per la vita, con le sue vittorie e sconfitte. Una natura perfetta sarebbe come un circolo quadrato: cioé, un´assurditá. Dio non puó entrare in contraddizione con sé stesso, non puó fare un circolo quadrato. La lotta per la vita, in parte a favore della natura e in parte contro (per dominarla), fa parte della nostra condizione di creature ed é cosa nostra. Non é compito di Dio. Dio sta con noi, é dalla nostra parte, e come un Padre sta piangendo con chi piange e fa tifo per la nostra vittoria sulla morte. Per vincere i terremoti e le altre calamitá ci ha dato l´intelligenza, la scienza, la solidarietá umana. Cosí dice il teologo, ma resta un mistero, no? Nel frattempo c´é chi soccombe in questa storia di evoluzione dell´uomo e, come scrive l´Apocalisse, "chi deve morire morirá".

Molto piú terra terra, un mio amico sfida il problema del male, del dolore e della morte con una preghierina corta e pepata: "Chico - mi dice - adesso sto bene e sono in pace con la vita, ma ho passato momenti terribili. In pochi mesi perdetti la moglie, un figlio e mio fratello, che per me era tutto: era la mia guida, il mio amico e la mia bussola. Arrivai a un punto che pregavo cosí: - Padre che sei nei cieli, perché non vieni ad abitare da questa parte, in mezzo a noi? Hai forse paura dell´Aids, della violenza nelle strade, della droga, delle calunnie e della miseria? - Inutile che vi dica il nome dell´autore di questo grido, é un amico goiano che nessuno di voi conosce. Partecipó, negli anni settanta, ai primi gruppi contadini di Vangelo e alle loro lotte per la terra. Era poeta e compositore e tale é rimasto, nonostante tutto: in questi anni ha pubblicato libri e inciso canzoni. Sempre "fuori dal mercato"!, ci tiene a precisarlo! Infatti é rimasto povero. Egli, poi, conclude cosí il discorso: "Tuttavia io so che Dio é giá venuto, a modo suo. É giá in mezzo a noi, ma noi non gli facciamo caso. Il mondo continua a vivere come se non ci fosse. Noi stessi provochiamo la nostra rovina!"

Le risposte al mistero, anche le piú complicate, sono sempre troppo facili. La fede é vissuta in svariate forme, e nessun teologo potrá certo impedire alla gente di chiedere protezione al Padre contro terremoti, malattie e grandine. Né potrá proibire a Dio di intervenire direttamente ed esaudire le preghiere, se Lui lo vuole. Nel peggiore dei casi, chiedere fa bene alla salute. Lo stesso Gesú insegnava "chiedete e vi sará dato" - anche se poi, quando si tratta di pregare per davvero, ci disse di chiedere "venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontá, dacci il pane quotidiano, perdonaci e dacci la forza di perdonare", che sono le cose essenziali. San Paolo, piú "teologico" degli evangelisti (e diversi padri della Chiesa, in primis S. Agostino, si rifanno al suo insegnamento), afferma che non sappiamo nemmeno che cosa chiedere e come chiederlo, per cui é meglio affidarsi allo Spirito Santo.

Passiamo ad altro. É stata una settimana piena, con riunioni pesantissime, celebrazioni vivaci, incontri gratificanti e conversazioni difficili sul filo della diplomazia, mali di testa, eccetera. Ci si abitua, e diventa complicato scegliere le cose da mettere su questo blog: sembra tutto troppo banale. Complessivamente sono rimasto ben impressionato dal clima diocesano nelle diverse riunioni. Abbiamo una Chiesa locale piccola e con molte deficienze, ma tutto sommato vi aleggia un buon spirito, e questo é giá molto. Vi si sente la tensione nella ricerca di vivere il Vangelo nel segno della Quaresima e della Campagna della Fraternitá, "economia e vita", "non potete servire a Dio e al denaro". Padre Maurice, l´altro giorno, ricordava che quando arrivó dalla Francia aveva fatto stare tutto in una valigia di 18 chili, e giurava che sarebbe stato fedele alla povertá. "Ora - diceva perplesso, manifestando un pizzico di rimorso - per fare un trasloco mi ci vuole un camioncino!" E Severino, l´altra mattina, in una riunione diocesana col vescovo, commentava il Vangelo del giorno: "Il nostro Maestro non ci va per il sottile quando insegna: fate e osservate tutto ció che dicono i dottori della legge. Ma non imitate le loro azioni! Poiché fanno e non mettono in pratica. (Matteo, 23, 3). Del fermento dei farisei siamo cosí imbevuti che é diventato normale amare e competere per le frange, i titoli e i posti d´onore".

Non siamo capaci di fare tutto ció che vorremmo, ma é importante che ci sia almeno la ricerca continua. Batti e ribatti, arriverá il giorno in cui non si dovrá piú protestare timidamente contro parole e stili di vita anti-evangelici, come se fosse un leziosismo da pignoli o baciapile. Almeno tra noi, nella Chiesa. Che la spiritualitá del Vangelo esca dalle meditazioni, preghiere e ritiri spirituali, ed entri nel linguaggio, conversazioni e pratica di tutti i giorni. Nelle riunioni pastorali, nei rapporti umani, nell´uso del denaro, nei titoli che ci diamo, negli acquisti, perfino nell´amicizia e nella solidarietá coi poveri. Quest´ultima, talvolta, richiede di piú della semplice conversione personale. Stare dalla parte degli ultimi é abbracciare la loro causa di liberazione, da un´oppressione che ha profonde radici strutturali. Come dimostra la storia di Padre Ezechiele Ramin, uno dei tanti che ha perso la vita nella lotta contro il latifondo, e di cui celebriamo i 25 anni dalla morte in questi giorni. I suoi assassini sono tutt´ora impuniti. Non l´ho conosciuto personalmente, ma vi cito una intervista telefonica a Padre Pietro Bracelli, pubblicata da Unisinos su Adital.

"Ezechiele Ramin era prete e voleva essere medico. Venne in Brasile nel 1983, dove si prese a cuore la causa dei lavoratori senza-terra e degli indios nella regione nord del paese, come missionario della Diocesi di Ji-Paraná, in Rondonia. Giunto in Brasile, Padre Ezechiele incontró un percorso giá avviato a favore dei popoli della regione, che si vedevano sempre piú oppressi dai latifondisti che erano stabiliti dai colonizzatori che arrivavano per occupare quella regione. Quelli che ricordano la lotta di Padre Ezechiele, dicono che in giovane etá, a 33 anni, trasmetteva loro un entusiasmo pari alla difficoltá da affrontare. "Fu una persona di coerenza, intelligente e impegnato a studiare i problemi del Brasile fin dal suo arrivo dall´Italia".

C´erano cose che davano fastidio profondamente a Padre Ezechiele, come le disuguaglianze sociali, le ingiustizie, l´arroganza di chi tenta di imporsi con le armi o manipolando le leggi. Lottava con veemenza contro questo. "La fazenda in cui morí, giá a quell´epoca, andava oltre i propri limiti e si addentrava nel Mato Grosso. Tutta la dinamica della sua storia riferisce che la sua morte fu in Rondonia, ma i dati piú recenti affermano che fu portato fino a Cuiabá dagli assassini. Era stato sconsigliato ad andare fino a quella fazenda perché era pericoloso. Egli ascoltó senza dire nulla, ma i suoi colleghi udirono, un giorno prima della sua morte, il rumore del motore della sua jip. Cosí, egli si allontanó da casa e andó. Verso le 12 del giorno 24, giunse la notizia della sua morte".


(Padre Pietro Bracelli, comboniano, é nato in Italia nel 1933. É in Brasile da 49 anni. Ha vissuto nello Stato di Espírito Santo, Rio de Janeiro, Santa Catarina e São Paulo, dove vive attualmente. In Brasile, é l´incaricato dei comboniani per la causa di beatificazione di Padre Ezechiele Ramin).

Noi, il 23 ottobre prossimo, celebreremo pure i 25 anni di Nativo da Natividade, un laico di Goiás, sindacalista, che fu assassinato una sera davanti a casa sua, a Carmo do Rio Verde. Per quella celebrazione sono mobilitate la Pastorale della Gioventú e la Commissione Pastorale della Terra. La preparazione sará a tappe, e durerá tutto l´anno: é previsto l´inizio il 14 prossimo, con una Messa solenne in cattedrale. Proprio il giorno dell´ingresso del nuovo arcivescovo a Modena, che ricorderemo. La ragione dell´assassinio di Nativo fu la sua lotta in difesa dei diritti dei tagliatori della canna da zucchero. La Diocesi si mobilitó per far condannare gli assassini. I mandanti erano autoritá comunali di Carmo e del paese vicino, Uruana: furono scoperti, processati e assolti. Il parroco si confessa molto imbarazzato, perché continuano ad andare in Chiesa e fanno la comunione: un fatto che dimostra quanto bisogno ci sia di riflettere su cosa significa il "perdono" (perdonare é assolutamente necessario, ma é altrettanto necessario che qualcuno chieda perdono: avete visto il film "Il perdono"? Secondo me fa testo su questo tema). L´assassino era un pistoleiro a pagamento, che poi in seguito ha raccontato tutta la storia per filo e per segno, e di quella storia é stato pubblicato un libro dal quale risulta che hanno ingannato pure lui, pagando assai meno di quanto gli avevano promesso.

Aiutare i poveri puó essere gratificante e di solito, almeno, appaga la coscienza morale: ma abbracciare la loro causa significa affrontare una struttura sociale consolidata, della quale coloro che ner godono i vantaggi si trasformano in difensori agguerriti e armati. ´Puó costare la vita, come provano le storie di Nativo ed Ezechiele, ma prima e dopo di loro tanti altri, e lo stesso Gesú Cristo. E a proposito di martirio e di strutture che si difendono con violenza, non voglio farvi mancare il quarto capitolo dell´autore che sto seguendo in questo blog per studiare il tema della Campagna della Fraternitá: Jung Mo Sung. Se non vi piace saltatelo, ma cade a pennello dopo quanto ho scritto. Jung Mo Sung precisa che, quando si tratta del rapporto col denaro e il mercato, non basta nemmeno fare una scelta personale, per quanto radicale, per una vita evangelica.

"Essa é necessaria ma non sufficiente. Bisogna anche convertire il mondo. Il problema é che la conversione del mondo, o dei sistemi economici, sociali e politici, richiede logiche molto diverse dalle conversioni o cambiamenti personali". "In primo luogo bisogna avere chiarezza sul fatto che la conversione del mondo non va intesa come conversione di tutte le persone che vi abitano. Ancora oggi molti, gruppi e Chiese, pensano che portare il Vangelo al mondo o proclamare la conversione al mondo significhi cercare la conversione personale di tutti. Cioé pensano che il mondo non sia altro che la somma degli individui; e che la societá sia il risultato della somma di tutte le azioni e atteggiamenti. Se cosí fosse, il cambiamento delle persone e delle loro azioni porterebbe al cambiamento del mondo. In realtá il mondo e i sistemi economici sono molto di piú della somma delle azioni individuali. Il concetto di "sistema" presuppone che ci sia qualcosa oltre le azioni individuali o di gruppi, e che la volontá o le azioni ben intenzionate di ciascuno o di agenti collettivi non sono sufficienti per produrre i risultati desiderati. Nemmeno se l´individuo o il gruppo avesse molto potere".

"Questo tipo di equivoco é piú comune di quanto non si pensi. Per esempio, molte delle critiche che la cosiddetta "sinistra", cristiana o no, dirige al governo Lula, lo accusano di non avere rotto col capitalismo o di non avere fatto riforme sociali e politiche profonde per semplice mancanza di volontá politica. Come se la volontá politica di un individuo o di un gruppo potente bastasse a produrre i risultati sociali e politici voluti. Noi cominciamo a sospettare o riconoscere che esiste qualcosa che si chiama "sistema" esattamente quando le nostre azioni non producono gli effetti desiderati". "Le azioni umane producono due tipi di effetti: quelli che coincidono con le intenzioni (effetti intenzionali), e quelli che non coincidono (effetti non intenzionali, che possono essere buoni o cattivi). In un primo momento pensiamo che gli effetti non intenzionali siano conseguenza di un´azione eseguita male". "Ma quando, pur perfezionando l´azione, l´effetto non cambia, cominciamo a capire che tra i risultati e l´azione esiste qualcosa che interferisce nel processo. Questo qualcosa ha a che vedere col sistema. Cominciamo ad accorgerci che le nostre azioni avvengono all´interno di un sistema. Un esempio molto comune si verifica quando, in una conversazione, le gente capisce male ció che vogliamo dire. In questo caso noi siamo soliti dire: "Non volevo dire questo!" La nostra intenzione era di comunicare un messaggio ben intenzionato, che é stato capito in modo diverso dalla nostra intenzione e ha provocato, forse, un malessere o qualcosa di peggio. In questo caso qualcosa del sistema culturale o del sistema di credenze e di pensiero di chi ascoltava ha interferito nella conversazione e nei suoi risultati".
Questo significa che non basta convincere le persone del fatto che abbiamo bisogno di un´economia socialmente piú giusta ed ecologicamente sostenibile. Nemmeno é sufficiente che le persone convinte cambino il loro modo di agire e le loro abitudini quotidiane. É chiaro che questi cambiamenti sono necessari e importanti, ma non sono sufficienti. In una societá schiavista, per esempio, anche se tutti si convincono del male della schiavitú e i signori cominciano a trattare meglio i loro schiavi, il sistema rimane schiavista. Se il sistema produttivo (economia) continua schiavista e senza mano d´opera libera, un fazendeiro ben intenzionato non puó continuare ad essere padrone di fazenda e contemporaneamente liberare tutti gli schiavi. Se lo facesse, diventerebbe un ex-fazendeiro".

Molti dei discorsi a favore di un "altro mondo possibile" fanno centro, fondamentalmente, sull´impegno di convincere le persone di questa necessitá. Ma, dimenticando o non dando enfasi sufficiente alla necessitá parallela di cambiamento del sistema, questi discorsi finiscono col diventare moralistici, discorsi che fanno appello solo alla coscienza morale. Nel campo dei problemi economici e sociale, buone intenzioni e coscienza etica sono importanti ma non bastano se non ci sono azioni politiche che generino trasformazioni nel sistema economico, politico e sociale. (Nel prossimo articolo parleró della divisione del lavoro). (Dal sito Adital).