24 settembre 2009

UN ANNO PER IL SACERDOZIO

La settimana prossima anche noi, clero della diocesi di Goiás, ci ritireremo per alcuni giorni in preghiera e meditazione sul tema scelto dal nostro vescovo Eugenio in coincidenza con l´Anno Sacedotale voluto dal papa Benedetto: il sacerdozio. I miei quattro lettori avranno pazienza se espongo in anticipo le mie conoscenze su questo argomento, per fare una sintesi in preparazione a questi esercizi spirituali: infatti in questi giorni non riesco a pensare ad altro. In certo senso ho giá cominciato i miei esercizi. Quando li avró terminati, se avró scoperto qualche novitá ve le comunicheró. Ovviamente l´argomento é molto ampio, e qui dovró limitarmi al nocciolo. Per chi vuole approfondire ci sono tanti libri di gente che sa piú di me.

Il "sacerdozio" c´era nelle religioni pagane e in quella di Israele. Il termine indica una casta di uomini separati dagli altri e consacrati, per fare da mediatori tra Dio e l´uomo. Piú dalla parte di Dio che dell´uomo. Gesú era un ebreo, ma non é mai stato sacerdote del sacerdozio ebraico. Come del resto noi non siamo sacerdoti nel modo di Gesú. Perché il suo é unico nel suo genere, ma questo non é il problema: le parole cambiano significato. I Vangeli non attribuiscono questo titolo né a Gesú né ai suoi discepoli. Le lettere di Paolo e quelle di Giovanni spiegano per filo e per segno che noi, dopo la conversione e il battesimo, essendo uniti a Cristo, non abbiamo piú bisogno di intermediari perché siamo Figli di Dio, ed é presente in noi lo Spirito Santo che ci fa gridare "Abbá, Padre", rivolgendoci a Lui direttamente (e Gesú ci ha insegnato a rivolgerci direttamente: Padre Nostro che sei nei cieli!). L´unico libro del Nuovo Testamento che dá a Gesú, espressamente, il titolo di sacerdote, guarda caso é la lettera agli ebrei. Ma lo fa per dire loro che Gesú é quasi l´opposto dei loro sacerdoti (vedi nota): Gesú é un sacerdote che: 1) Non é intermediario né separato, ma si é fatto uomo e si é messo in mezzo e dalla parte dell´umanitá. 2) Non celebra riti, ma vive. 3) Non offre sacrifici di animali, ma sé stesso. 4) Non ha bisogno di ripetere l´offerta, perché una basta per tutti e per sempre. 5) Il suo non é lo "Yom Kippur" (il principale sacrificio espiatorio del Tempio ebraico), che é morte e spargimento di sangue: ma é la sua stessa vita intera, assieme alla morte e specialmente risurrezione. Gesú non fa una "espiazione", bensí con la fedeltá completa al Padre dall´inizio alla fine, e soprattutto con la risurrezione, vince per sempre la schiavitú dell´umanitá al peccato. "Per questo motivo, entrando nel mondo, Cristo disse: tu non hai voluto né sacrifici né offerte. Al loro posto, tu hai dato a me un corpo. Olocausti e sacrifici non ti sono graditi. Per questo io ho detto: eccomi quí, o Dio - nel rotolo del libro scritto per me - per fare la tua volontá" (Ebrei, 10, 5-7). Non siamo autorizzati a pensare che Dio abbia ordinato a Gesú di farsi ammazzare perché voleva il suo sangue in riparazione all´offesa del peccato. Il Padre buono di Gesú non comporta un sacrificio umano, tanto meno di Suo Figlio. Gesú é morto in conseguenza della vita di fedeltá al Padre, non per volere del Padre. Ha vissuto una esistenza umana perfettamente obbediente al Padre. Una esistenza, peró senza peccato. Talmente senza peccato, che pur di non cedere al peccato ha affrontato la morte. E la sua risurrezione é rimasta come il segno della vittoria: l´uomo non é piú soggetto al peccato e ai sacrifici della Legge, perché Cristo ha vinto (lo scrive Paolo nella lettera ai romani, e in altre). Il sacrificio é abolito (lo afferma la lettera agli ebrei).

Oltretutto, Gesú si scontró spesso coi sacerdoti cosí come con gli scribi e dottori della legge, quindi con la religione istituita del suo tempo e paese, rappresentata dal Tempio e dalle Sinagoghe. Tanto che furono loro a decretarne la morte, come risulta chiaramente dai 4 Vangeli. Perché? Non possiamo certo pensare che lui fosse un mistico con la testa fra le nuvole, o un anarchico che non voleva nessuna istituzione, o un pauroso che si rifugiava in Dio perché non aveva il coraggio di affrontare la vita reale. Sapeva bene che niente funziona, nel nostro mondo, senza istituzioni. Solo che le istituzioni, anche quelle religiose, sono un potere: e viziano. Invece di mettersi al servizio dell´uomo, gli "istituiti" cominciano a servire solo sé stessi e operano per il mantenimento del potere e dei privilegi. In particolare il sacerdozio, ai tempi di Gesú, operava per contare i "buoni e fedeli", usarli, sfruttarli e mantenerli sotto la Legge. E per escludere gli altri. La legge esigeva la "puritá", che per alcune classi sociali era praticamente impossibile. Gesú si mise dalla parte degli esclusi (prostitute, pubblicani, storpi, lebbrosi, e perfino gente che faceva una vita in cui non si poteva lavare le mani secondo la Legge), e denuncia: "Il sabato é fatto per l´uomo, non l´uomo per il sabato". A questo punto i sacerdoti e gli scribi (religiosi) si mettono d´accordo con gli erodiani (autoritá civili), per farlo morire. Del resto lui aveva rifiutato ogni tipo di potere vincendo le tentazioni nel deserto, e manteneva solo il potere di "Figlio dell´uomo", cioé un uomo vicino a Dio, e poi direttamente di Figlio di Dio. La sua vittoria sulla cattiveria e ingiustizia umana verrá dopo la sofferenza per resistere alla cattiveria e all´ingiustizia, non piegandosi ad essa per evitare i patimenti "chi perde la sua vita per amor mio la salverá" - (Mt. 10, 39).

Avendo rifiutato ogni forma di potere, non ha senso pensare che Gesú volesse distruggere il sacerdozio e la religione per sostituirla con un potere contrapposto (che avrebbe poi commesso gli stessi abusi). L´obiettivo dichiarato da Gesú é un altro: "Annunciare una Buona Notizia ai poveri, la libertá agli oppressi e dare la vista ai ciechi" (cfr. Lc. 4, 18) e poi creare un nuovo "fermento" che faccia lievitare e trasformi tutta la massa. Sempre, in ogni tempo e luogo. Ha istituito anche dei segni per riconoscersi dentro a questo fermento: il battesimo, segno di adesione a Lui come discepoli, e l´Eucaristia: "Ogni volta che farete questo, lo farete in mia memoria" (dalla preghiera eucaristica della messa). Questo é, o almeno dovrebbe essere, il nostro tipo di sacerdozio. Nel corso dei secoli si sono aggiunti elementi culturali e religiosi di diverse provenienze: dall´A.T., dal paganesimo (perché no?), dal diritto romano, dal diritto germanico, eccetera. Era inevitabile, dal momento che il cristianesimo diventava religione di massa e istituzionale: e non é credibile che Gesú l´avesse escluso a priori, visto che aveva i piedi per terra. Ma noi siamo chiamati a non smettere mai di essere "nuovo fermento" e "sale della terra". E questo il sacerdozio, é questo essere "la Chiesa di Cristo: essere essere fermento e sale (quindi una minoranza disarmata, sprovvista di potere ma attiva). Non vale solo per i preti ordinati, ma per tutti i "battezzati": "Voi siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo acquistato da Dio per proclamare...." (1Pietro, 2, 9). Dove si sviluppa il cancro di un potere oppressivo, e dove la religione istituita diventa sua alleata volontaria o involontaria e strumento per opprimere o escludere "nel nome di Dio", il nostro compito é reagire. "Beati voi, quando vi insulteranno e perseguiteranno, e vi calunnieranno in tutti i modi per causa mia. Siate allegri e contenti, perché sará grande per voi la ricompensa nei cieli" (Mt. 5, 11).

A questo proposito, a Manaus si é diffusa una versione assai diversa da quella che vi ho passato io alcuni giorni fa, circa l´assassinio del prete padovano don Ruggero Ruvoletto. La mia era la pista seguita dalla polizia. La gente del posto ritiene che il ladruncolo che lo ha derubato non lo avrebbe ucciso, se non fosse stato preparato e pagato per questo. Pensano ai trafficanti di droga, a cui dava fastidio l´arrivo nel quartiere di questo prete affabile e zelante che attirava i giovani fuori dal giro della droga. Lo hanno ucciso con un unico colpo alla nuca, dopo averlo fatto inginocchiare accanto al letto. É morto in ginocchio. Al funerale la folla ha cantato l´inno dei martiri del repertorio delle Comunitá di Base: "Se faranno tacere la voce dei profeti - le pietre parleranno". Le pietre, perché la gente non parla: bisbiglia soltanto. I trafficanti di droga, oggi, sono un potere non istituzionale ma armato e collegato, probabilmente, ad altri poteri: e fa paura.

E nessuno mi venga a dire che questa é una lettura sociologica, orizzontalista, ideologica del Nuovo Testamento. Non cerchiamo un mondo perfetto e una liberazione immanente e imminente, né fatta solo di stipendi e benessere. L´abbiamo giá capito come si trasforma, si ricrea e si riproduce l´oppressione. Tuttavia i poveri credono in Dio e aspettano di prendere parte a pieno titolo al banchetto della vita: non prendiamoli in giro con misticismi fasulli che banalizzano la vera mistica cristiana. La promessa di Gesú, il Regno dei cieli, é un premio che non puó essere relegato all´evanescenza di un vago spiritualismo o rimandato ad un futuro remoto di lá da venire. O apparteniamo al Regno subito e cerchiamo di concretizzarlo, o siamo fuori. Siamo mondani mascherati di spiritualitá. Questa é una scelta da vivere finché siamo vivi, ogni giorno, quí, nell´impegno che é giá di per sé gioia del Regno mescolata alle sofferenze per il Regno. Paolo scriveva dalla prigione dicendosi pieno di allegria e preoccupandosi delle minime cose della sua comunitá, e spiegava perché: "Il mio vivere é Cristo" (Filippesi, 1, 21). Noi non siamo da tanto, ma giá in questa vita possiamo e dobbiamo scegliere tra il Regno di Dio e l´anti-Regno di Dio, che sono sempre contemporanei. E agire di conseguenza, per quel tanto di cui siamo capaci.

NB: La riflessione sulla Lettera agli ebrei e alcune altre osservazioni sparse nel testo, non sono farina del mio sacco. Le ho tratte, liberamente e affidandomi alla mia comprensione personale, dal libro di François Varone, Ce Dieu censé aimer la souffrance, Éditions du Cerf, 1993 - tradotto in brasiliano da José Augusto da Silva e pubblicato dalla Editora Santuário di Aparecida, dei redentoristi, nel 2001.

La foto: accampamento Paulo Farias: i poveri credono in Dio e aspettano di prendere parte a pieno titolo al banchetto della vita.

21 settembre 2009

SCENARI BRASILIANI

Avrete letto la notizia sui giornali: Dom Roberto, un prete fidei donum di Padova (uno dei piú giovani, ormai: 52 anni!) é stato ucciso nella periferia di Manaus, capitale dell´Amazzonia. Una rapina dentro casa. Era venuto in Brasile per l´evangelizzazione soprattutto della gioventú: una missione di pace, questa sí, assolutamente disarmata. L´ipotesi piú probabile é che i rapinatori fossero dei drogati che lo conoscevano bene, che forse lui aveva anche aiutati, e che volevano qualche banconota da cento reali. Puó succedere in qualsiasi posto del mondo, ma chi viene missionario nei quartieri di periferia del Brasile deve per forza mettere nel conto anche l´eventualitá di morire vittima di coloro che vuole salvare. Io ho sofferto una rapina del genere alcuni anni fa: dentro casa e in piena notte. Quella volta il rapinatore aveva solo un coltello. Penso di avere evitato il peggio perché lo aiutai a vincere la paura (mi stagliuzzó la gola di tanto che tremava). Se ne andó con i 150 reali che avevo nel portafoglio. La periferia é molto violenta. Le cause le sanno tutti: vuoto nella testa dei ragazzi, a cui non si dá una formazione umana (e non dico nemmeno cristiana!). Teste piene del pattume delle televisioni e la violenza della strada. Disuguaglianza sociale che provoca rabbia. Disorganizzazione sociale: i movimenti popolari sono stati sistematicamente bleffati. Il modello di sviluppo, che fa emigrare milioni di persone verso le cittá dietro la chimera del benessere che c´é solo per pochi: gli altri sono relegati, cinicamente, alla condizione di "riserva di manodopera". Il loro mondo é davvero un "paese di missione": il piú pericoloso, ma quello che merita di piú l´annuncio del vangelo. Del resto non sono cose solo dei nostri giorni: la storia ci conferma quanto fossero violente le cittá italiane nei secoli del cattolicesimo piú forte e della "societas cristiana": come ai tempi di San Francesco, per esempio.

In Brasile si preparano le candidature per la campagna presidenziale, che comincerá nella seconda metá del prossimo anno. Si sono giá fatti avanti G. Serra del PSDB, che fu l´avversario di Lula nelle precedenti elezioni, e Dilma del PT che é la candidata di Lula. Ed ora anche Marina Silva, del Partito Verde, giá ministra dell´ambiente nel governo Lula. Lúcio Flávio Pinto, in Adital, scrive: "La presenza della senatrice Marina Silva nella disputa per la presidenza fará bene al Brasile". "Ella é nordista, e nessun nordista é mai riuscito a essere presidente". "L´Amazzonia é l´unica regione brasiliana che non é stata ancora culla di un presidente. Confermare la sua candidatura sará giá un successo per Marina. É entrata di colpo nella storia in un paese di esclusioni regionali e sociali ancora drammatiche. Lei é negra, donna, senza bellezza fisica, é stata alfabetizzata da adulta e dal Mobral (Movimento Brasiliano di Alfabetizzazione, ndt), ha esercitato una professione disprezzata, quella di lavoratrice domestica, é stata raccoglitrice di caucciú e maestra (altra professione maltrattata in Brasile), era povera fino ad entrare in politica (nella quale non si é arricchita, al contrario della pratica comune), porta i segni di malattie che consumano (malaria, leishmaniose, contaminazione da metalli pesanti), la sua apparenza (a 51 anni, con 4 figli) é di fragilitá, ed é di sinistra. Alcuni di questi aspetti basterebbero, da soli, a bloccare la sua avanzata negli strati del potere, ma lei é salita fino a vicino alla cima con tutta questa combinazione e anche qualcosa in piú". Vedremo fin dove arriverá: é comunque una buona notizia. Per il momento il grande favorito nei sondaggi é Serra. Certamente la situazione cambierá di molto quando entrerá in campagna Lula a favore di Dilma. Per il momento, il Presidente commenta soddisfatto come di un successo suo: "Nelle prossime elezioni il Brasile non avrá nessun candidato troglodita".

"La cosa migliore e a cui non dobbiamo mai rinunciare - proclama Lula - é la democrazia". Io non sono politico, ma questo stile e spirito di fedeltá alla Costituzione, che afferma sempre con molta determinazione, mi piace. Del resto lui ne é stato uno degli autori. Se un paese é governato secondo le regole ferree della democrazia (che é la forma di governo piú lontana dall´anarchia) ci si guadagna tutti. Il vantaggio per l´evangelizzazione é evidente. Il nostro Vescovo di Goiás, in questi giorni, sta convocando i sindaci, vicesindaci e segretari comunali ad una riunione per il prossimo quindici ottobre. La lettera di invito spiega che il tema sará: fede e politica alla luce della Parola di Dio. E lo scopo é "per illuminare e dare forza ai responsabili del governo della cosa pubblica". Quando sai che non esiste, dietro le quinte, nessun accordo di favori reciproci tra Stato e Chiesa, puoi presentare i bisogni delle comunitá e le esigenze del Vangelo senza provocare paure di ingerenza. Lo Stato laico é una grande invenzione. I laici cattolici esercitino il loro ministero battesimale portando la luce di Cristo nelle realtá temporali e umane, come insegna il Concilio Vaticano II. É il "loro" ministero: di credenti adulti, che agiscono secondo coscienza alla luce del Vangelo ma tenendo conto delle necessitá concrete del bene comune, e non come marionette o sacrestani. Non sará facile nemmeno cosí, ma evitiamo di coinvolgere Dio in colossali errori e ingiustizie.

A parte queste cose molto serie, siamo nel tempo delle cicale e della fioritura di alcune bellissime piante. Sono rientrato ora da un viaggio di lavoro ad Heitoraí e Itapuranga, e per tutto il tempo ho avuto nelle orecchie il loro canto stridente: sono insetti enormi e fanno voli brevi ma veloci come saette. Alla luce dei fari si vedono i loro occhi rossi come braci. Mi é venuta in mente una canzone: "Cicale, cicale, cicale - e la formica - quella non ci cale mica". Pensiero profondo. Ma la vita é una cosa tremenda: al mio arrivo a Itaberaí la strada era sbarrata dalla polizia davanti all´industria Superfrango, e poi ho incontrato don Eligio e Maurizio che si stavano dirigendo lí perché il padre della Veneranda, una donna della comunitá Fernanda Park, é rimasto schiacciato sull´asfalto. Non occorre andare in Afganistan o a Manaus, né essere eroi, per morire stupidamente in una serata cosí piena di odori e suoni di vita. Lui era solo un modesto operaio di una industria che uccide e pela decine di migliaia di polli al giorno.

Foto: dal mio archivio, la nostra presenza al convegno dei preti Fidei Donum italiani a Manaus, lo scorso anno.

15 settembre 2009

RADICI CRISTIANE AUTENTICHE

1 - Cominciamo con una notizia di cronaca: l´influenza A si sta diffondendo ad Itaberaí, e in alcune cittá vicine ha fatto anche dei morti. Arriva un uomo trafelato ed emozionato in canonica e dice: "Padre, la Secretaria di Sanitá pubblica suggerisce di non dare piú la comunione in bocca". Cosa non induce a fare (e a dimenticare) la televisione. Io ero presente quí nel 1968, quando cominció la pratica del Concilio Vaticano II e noi chiedemmo ai fedeli di andare a ricevere la comunione camminando in fila, invece che in ginocchio alla balaustra: e sul palmo della mano invece che in bocca. In poche settimane tutti adottarono felicemente questo nuovo modo. Si diceva: "É piú da adulti, e mette in risalto la dignitá di ogni battezzato. Non siete bambini che hanno bisogno di essere imboccati, ma persone che seguono volontariamente Gesú e partecipano alla "cena eucaristica" in sua memória". Recentemente sono sorti dei movimenti che, invece, chiedono di ricevere di nuovo la comunione in bocca. Alcuni hanno aderito: non molti. Il pretesto é che le mani sono sporche e indegne del Corpo di Cristo. Perché la bocca sarebbe piú pulita e piú degna? Adesso, scoprendo che la bocca puó essere piú infetta delle mani, dovranno tenerla chiusa! Ma davanti a Dio resta sempre vero ció che dice il Vangelo: lo sporco esce dal cuore dell´uomo, non entra attraverso le mani o la bocca.

2 - Il grido di allarme di un Bartimeo italiano é stato lanciato su Internet: IL PAESE DI SAN FRANCESCO É IL PRIMO A PRIVATIZZARE L´ACQUA. É di Padre Alex Zanottelli, che poi accenna al Cantico delle creature: "Laudato sii, mi Signore, per sora acqua - la quale é molto utile, et preziosa et casta". San Francesco é il patrono d´Italia, e l´inno é una delle prime gemme della letteratura italiana. Se non sono radici cristiane queste! Eppure, fa notare il missionario, la prima nazione al mondo a trasformare l´acqua in una fonte di guadagno per imprese private, assimilabile alla raccolta e riciclaggio dei rifiuti, é la stessa che rivendica un crocifisso appeso alla parete nelle sale pubbliche, l´insegnamento cattolico nelle scuole, lo sbarramento contro le moschee. "Giorni fa abbiamo avuto l’ultimo tassello che porterà necessariamente alla privatizzazione dell’acqua. Il Consiglio dei Ministri , infatti, ha approvato il 9/09/2009 delle “Modifiche” all’articolo 23 bis della Legge 133/2008 . Queste "Modifiche" sono inserite come articolo 15 in un Decreto legge per l’adempimento degli obblighi comunitari. Una prima parte di queste Modifiche riguardano gli affidamenti dei servizi pubblici locali, come gas, trasporti pubblici e rifiuti. Le vie ordinarie -così afferma il Decreto- di gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica è l’affidamento degli stessi, attraverso gara, a società miste, il cui socio privato deve essere scelto attraverso gara, deve possedere non meno del 40% ed essere socio "industriale”.

3 - Un altro che grida - ma senza alzare la voce - é Mario. Legge attentamente il Vangelo del giorno nelle case dei quartieri piú poveri della cittá di Goiás e, sfruttando le osservazioni piú incisive dei partecipanti, invia ogni giorno una breve riflessione agli amici italiani iscritti alla sua mayling list. Si firma "il postino". Tuttavia é un postino che ci mette del suo: e da buon milanese non puó esimersi da riferimenti ai fatti italiani. I suoi "pezzi" diventano, in questo modo, un campanello d´allarme costante: a stare attenti, per non assorbire inavvertitamente il "lievito" mondano o quello, piú insidioso, dei farisei e degli scribi, scambiandolo per quello di Gesú. Quello dei farisei ci trasforma in marionette. Quello di Gesú ci fa figli di Dio. Vi pubblico alcuni stralci dei suoi "vangeli" di questi giorni, per condividere. A chi volesse, poi, leggerlo tutti i giorni e per intero, indico il sito italiano http://giornoxgiorno.myblog.it a cura di don Augusto Fontana, un parroco della diocesi di Parma che ha buoni rapporti con noi. Nella pubblicazione completa sono incluse anche memorie molto precise dei "santi" e "martiri" del Vangelo nella storia, seguendo non solo la lista del martirologio cattolico ma anche quella, assai piú ampia, dei giusti di ogni religione, popolo ed....epoca.

4 - “Un sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. C’era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo” (Lc 6, 6-7). Ancora una volta la sinagoga, ovvero la comunità. E un uomo, la cui mano destra paralizzata è insieme conseguenza e specchio della nostra incapacità di “fare” il bene. Marco, nel racconto parallelo a questo, mette in scena anche gli erodiani (i partitari del premier godereccio di Galilea) a congiurare con membri del partito religioso per far morire Gesù (Mc 3, 1-6). Detto in altri termini, per eliminare il Suo significato dalla nostra storia, svuotare il Suo nome (e la Sua chiesa) della “Buona Notizia per i poveri” (Lc 4, 18) che egli è (e che noi dovremmo testimoniare), riducendolo così a semplice contenitore vuoto, pronto per essere riempito di qualsiasi altro contenuto. Funzionale al potere, senza inutili intralci al manovratore di turno. Luca, quando scrive, ha ben presente come sarebbe finita, come Gesù, appunto, sarebbe stato condannato da una manovra congiunta del potere politico (Pilato), di un partito paganeggiante (erodiani), di alte gerarchie religiose (sadducei), e di un’influente corrente religiosa assolutamente ortodossa (farisei). Espressione, evidentemente, di una, solo apparentemente strana ma reale, convergenza di interessi. E si fa premura di ricordarlo alla sua comunità, e alle comunità di ogni tempo. Dimenticare ciò che è prioritario per Gesù (cioè, per Dio) – dare (o ridare) all’uomo (ogni uomo) la sua capacità di agire, renderlo cioè soggetto della sua storia – a cui dovrebbe tendere ogni legislazione civile e religiosa (la legge del Sabato), è tentazione ricorrente. Non solo per le istituzioni, ma anche per ognuno di noi, individualmente. Ed è volta ad influenzare la scelta dei nostri stili di vita, le nostre preferenze politiche, le nostre opzioni economiche e la nostra maniera di vivere la fede e testimonianrne i contenuti. “Gesù disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: Àlzati e mettiti qui in mezzo! Si alzò e si mise in mezzo” (Lc 6, 9). L’autore della cura, si fa ora specchio dell’uomo guarito. Guarire significa mettere al centro delle nostre attenzioni l’altro. E liberarlo. Certo, ai potenti che hanno bisogno, non di uomini, ma di marionette, o di cristiani mai davvero adulti e responsabili, questo può dare fastidio. Molto fastidio.

5 - “Alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: “Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo” (Lc 6, 20-22). Sono le beatitudini nella versione che ce ne fornisce Luca. Ad esse seguono i lamenti di Gesù sui ricchi, i sazi, i gaudenti, i vanamente adulati. Ma noi ci si potrebbe fermare anche solo alla prima beatitudine: beati voi, poveri! Così apparentemente paradossale. Ancor più per quel verbo al presente che attribuisce loro la proprietà del regno di Dio. Che se fosse al futuro, uno direbbe: ma sì, lasciamo che si consolino con la promessa del paradiso prossimo venturo. Ma non si parla di paradiso. Si parla di qui e di adesso. Questa è una beatitudine che non manca di scandalizzare ogni volta che ci si soffermi solo un po’ a pensarla. Perché, da pazienti frequentatori di chiesa, ci si aspetterebbe, ogni tanto, un contentino per noi: beati voi, battezzati, cresimati, devoti, e anche, magari solo ogni tanto, buoni e con almeno una qualche virtù di cui potervi vantare. E, invece no. Nemmeno al giudizio, quello finale e definitivo, saremo giudicati su questo. No, nemmeno una parola per noi. Ma tutto per loro: beati voi, poveri. Certo, quelli che sono tra noi, ma anche quelli che incontriamo per strada, la mattina presto, mentre si va a pregare, e che vanno chi al lavoro, chi a scuola, e chi, invece, magari, ritorna dal perdere tempo in sciocchezze. Di quelli che, di Dio, non gli sfiora neanche lontanamente il pensiero. Beati voi, poveri: perché io ho già scelto; sto dalla vostra parte! Così come siete, buoni o cattivi, riconoscenti o ingrati, lavoratori o pigri, sobri o mica tanto, di quelli che non cadono mai o recidivi. E così via. Dio è così. La chiesa dovrebbe essere così. Mica intenta a farsi proseliti o a distribuire sacramenti. Ma a tifare per i poveri, che è l’unica maniera di tifare per Gesù Cristo. A lasciarsi convertire da loro. Cioè, da Lui. Beh, a questo punto molti storcerebbero il naso e finirebbero con l’andarsene di chiesa. È persino ovvio. Ma arriverebbero altri. Per pura passione e incanto. Come già succedeva si recassero da Lui. Passione di Dio. E i sacramenti non sarebbero più la stanca ripetizione di cose che non si capiscono più, ma il modo di raccontarci questo amore e di giocare ad essere un po’ come Lui. Dio.

6 - “A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. [...] La vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi” (Lc 6, 27-28. 35). Non viene naturale amare chi ci sta sulle scatole, ci dicevamo stamattina. Né fare tutte le altre cose che Gesù ci suggerisce in questo brano di Vangelo. Eppure, se c’è qualcosa per cui il Vangelo è davvero Buona Notizia, si tratta di queste parole. Perché ci dicono come è Dio, come agisce anche con coloro che lo sfuggono, gli disobbediscono, si ribellano. Dunque anche con noi, che gli resistiamo. Lui è una buona madre, che può perdere ogni tanto la pazienza, però poi alla fine, perdonare, non smettere di amare, è più forte. Come dice Dominga, che fa l’esempio di lei e Daniela. E come conferma, l’altra Dominga, più avanti negli anni e perciò nell’esperienza, e con uno stuolo di figli e nipoti. Lui, però, Dio, ha un vantaggio (come Dominga con Daniela e l’altra Dominga con i suoi cuccioli più o meno cresciuti), è il fatto che noi, tutti, siamo figli suoi. Mentre quelli che ci sono nemici, che ci maledicono, che ci perseguitano, non sono quasi mai figli nostri, né fratelli o anche solo parenti. E allora le cose si complicano. Questo, però, ci rivela che noi non abitiamo veramente in Dio, non viviamo della sua vita. Perché, diversamente, vedremmo con i suoi occhi – solo figli e figlie, dappertutto -, giudicheremmo, o, meglio, ameremmo, con il suo cuore. La tentazione, davanti a questa difficoltà, è far finta di niente, saltare a piè pari queste istruzioni, o minimizzarle, banalizzarle, svuotarle di significato. Ma, così facendo, si butta a mare Dio. Allora, forse, si tratta piuttosto di prendere atto della difficoltà. E, senza tradire la Parola, affidarci all’azione della grazia. “Siamo molti a dire, ma pochi a fare. Almeno però nessuno deve adulterare la parola di Dio per giustificare la propria negligenza, ma confessare la propria debolezza e non celare la verità di Dio: perché non diventiamo responsabili, oltre che della trasgressione dei comandamenti, anche della falsa interpretazione della parola di Dio”.

7 - “Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani. Alcuni farisei dissero: Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?” (Lc 6, 1-2). La contesa non è tanto tra farisei e discepoli di Gesù, né, quando scrive Luca, a rottura ormai consumatasi tra chiesa e sinagoga, tra ebrei e cristiani (tanto è vero che Gesù, nel racconto, argomenta in difesa dei discepoli a partire dall’Antico Testamento). No, la contesa è tra due modi profondamente diversi di pensare Dio e il rapporto con Lui. Certo, alcune prescrizioni che la Torah ci consegna riguardo al sabato suonano terribili (Es 31, 14-15). Ma nulla lascia immaginare che siano uscite mai dalla carta. Anche perché la Torah orale che accompagnava l’interpretazione di quella scritta, aveva da sempre anche la funzione di giustificare ogni volta la mancata applicazione di norme tanto severe. Salvando capra e cavoli, cioè la lettera e lo spirito della legge. Evitando una brutta fine al malcapitato contravventore, e tranquillizzando nel contempo il buon Dio, che, certe cose, se l’era lasciate scappare solo per un’eccessiva preoccupazione paterna. Del tipo: Sì, l’ho detto, ma non prendetemi alla lettera! Gesù, con la sua risposta mira a questo. La Legge, quella di Dio almeno, è al servizio della crescita dell’uomo, della sua dignità e della sua libertà. A protezione dagli abusi dei potenti. Per chi, invece, la usa “contro” i piccoli, gli ultimi, i deboli, vale il severo richiamo di Gesù: “Guai a chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare!” (Mt 18, 6). Dove lo “scandalo” è ciò che impedisce di credere che la vita sia il compimento di una benedizione e di una promessa di Dio. Che è Padre. E solo quello. Niente a che vedere con l’occhiuto carabiniere che non ha altro da fare che controllare quei poveri discepoli [di suo Figlio, per giunta!] che colgono quattro spighe fuori orario. Che tipo di chiesa siamo noi: una chiesa che si diverte a sparare sui poveri cristi, e dà magari, nel contempo, di gomito ai pesci grossi?

Foto: una via del centro di Cittá di Goiás conservata come ai tempi degli schiavi, che la pavimentarono. Le periferie sono tutta un´altra cosa. Fondata nel 1725 come cittá mineraria (oro), é dichiarata patrimonio culturale dell´umanitá.

11 settembre 2009

CARO DIARIO(2)

Giá a fine agosto si é rimesso a piovere. Nei giorni scorsi abbiamo avuto almeno una notte intera di forti acquazzoni. Musica per le mie orecchie, perché io amo pioggia e vento! C´é stata addirittura una sera in cui ho dovuto fare marcia indietro da una celebrazione eucaristica in una comunitá di campagna, perché la strada era diventata un torrente! Arrivato in casa, ho ricevuto una telefonata dal coordinatore della comunitá: "Meglio che non venga, quí c´é del pantano ovunque e la gente non si é mossa, ci siamo solo noi della famiglia". Meno male. Cosí, poco alla volta e quasi senza che ce ne accorgessimo, la stagione secca é finita assai prima del previsto. Solo quattro mesi di siccitá, quest´anno: che sia per lo scioglimento dei ghiacciai ai poli? Nessuno se ne lamenterá, tranne la nostra chiesona di San Sebastiano che é in ristrutturazione. Le hanno tolto il tetto e non c´é ancora quello nuova. Se le piogge continuano cosí, c´é il rischio che metta radici e fiorisca...(Questa battuta fa parte del repertorio di don Eligio).

Cosí il clima e la metereologia fanno quello che pare a loro. Seguono le leggi fisiche e sorvolano le ipotesi e le miserie umane! Noi invece ci siamo dentro. Le prime pagine dei giornali si occupano a fondo delle denunce di corruzione nel Senato federale. Impressionante come la corruzione sia diffusa nel mondo intero. Lula procede abbastanza bene, ma ha un alleato che gli costa parecchio in termini di reputazione: Sarney, ex presidente del Brasile, che ha usato soldi del Senato per figli, parenti e amici. Mercadante del PT, presidente della commissione di inchiesta del Senato federale, é arrivato a un pelo da doversi dimettere. Da una parte Lula, suo compagno di partito e amico, che gli diceva: "Ho bisogno di Sarney, andateci piano". Dall´altra il dovere di investigare sulla corruzione, dentro a un partito che é particolarmente esigente in questa materia e lo teneva d´occhio. A un certo punto ha annunciato le dimissioni e Lula lo ha fermato. Se l´é cavata con la Ragione di Stato: "Lula mi ha chiamato e mi ha detto che ci sono ragioni di forza maggiore di cui tener conto per il bene del paese e dei brasiliani". Intanto peró la corruzione rimane impunita e dilaga.

Adital denuncia che la diffusione rapida della coltivazione dell´eucalipto per la cellulosi si rivela un disastro ecologico e sociale. Nel solo Stato dello Spirito Santo la foresta atlantica, definita patrimonio nazionale dalla stessa Costituzione, é stata ridotta in meno di 20 anni da 4 milioni di ettari a 402 mila (da 80% a 8% del territorio statale. Secondo i geografi, le piantagioni di eucalipto in Bahia e Minas hanno giá fatto seccare 4 mila sorgenti. L´eucalipto asciuga il terreno, allontana completamente la fauna e costringe migliaia di piccoli agricoltori a lasciare la terra. Economicamente é una produzione che rende molto, ma porta ad un uso della terra esclusivamente mercantile, come al solito senza tener conto (e senza far pagare) i danni ambientali e sociali decorrenti. Un disastro che é giá arrivato anche a Goiás: nel comune di Itaberaí ci sono giá grandi fazendas interamente coperte di questo "verde" che, fino a qualche anno fa, si chiamava "foresta secca". Infatti, andate a vedere se c´é un nido di uccelli su quegli alberi! Altro aspetto terribile, tipico del nostro tempo, é che la gente esulta: la televisione ha giá preparato i cervelli con servizi speciali ad hoc. Un ragazzino mi dice, guardando la foresta di eucalipto dal finestrino: "Padre, sa che le piantagioni di eucaliptus sono benefiche alla terra? É l´albero che assorbe piú acqua di tutti gli altri". "Certo" - dico io. Cosí sia. Oggi chi ha visto la televisione sa tutto e non ha bisogno nemmeno di capire.

Economia che mette al primo posto il lucro a sfavore dell´ambiente e delle persone: ce lo ripetiamo sempre, ma é un problema non facile da risolvere. Il nostro bellissimo cerrado andrebbe coltivato in altro modo, attraverso un´agricoltura meno aggressiva e piú ecologica, ma anche per fare questo occorrono investimenti, soprattutto in formazione e offerta di infrastrutture. Non si puó negare che il governo offre delle possibilitá. In questi giorni é stato offerto anche per questa regione di Itaberaí un finanziamento per "scuola agro-ecologica" per i giovani agricoltori, e sono in arrivo altri fondi da investire nella preservazione del "cerrado". Dipenderá anche dalla gente, se ha voglia di rimboccarsi le maniche e utilizzare bene questi mezzi.

Per la Chiesa brasiliana Settembre é il mese della Bibbia. Non ricordo se é cosí anche in Italia. Il libro suggerito dai vescovi é la lettera ai filippesi. . Molte delle comunitá di base hanno cominciato a leggerlo da qualche mese, perché hanno in mano un testo per incontri settimanali su brani di quella lettera (lo dico per modestia, sono componente dell´equipe di redazione). Forse é lo scritto in cui Paolo si mostra piú affettuoso e piú bisognoso dell´affetto della comunitá a cui scrive: ma a parte questo, mi fa molta impressione la serenitá e la forza con cui vive l´esperienza della prigione. E va bene che fosse una prigione romana, con un trattamento da dottore della legge: non certo quella fogna in cui si rinchiudeva la povera gente! Ma é pur sempre un carcere, e Paolo asserisce di non aver nulla da lamentarsi e di essere pronto anche alla morte, perché "il mio vivere é Cristo". Qui ripeto una cosa che ho scritto altre volte: Battezzati in Cristo, siamo nuove creature, e dovremmo tutti pensare come Paolo:"Il mio vivere é Cristo". Speriamo che Lui ci venga incontro e ci metta una pezza, perché io mi accorgo che gli anni sono passati e non ho fatto grandi progressi.

Immagino che per vivere in Cristo sia valido il monito del vangelo di oggi (Luca 6, 41): togliere la trave dal mio occhio, prima di criticare la pagliuzza nell´occhio del fratello. Ma non va dimenticata la frase di Gesú in Matteo 10, 34: "Non sono venuto a portare la pace sulla terra". Che va letta nel suo contesto, dove Gesú parla per giustificare se stesso quando usa parole forti, denuncia e si fa carico dei conflitti reali che esistono. Il teologo Carlo Tursi, del coordinamento delle Cebs brasiliane, scrive in proposito su Adital: "Oggi siamo tutti ostaggio di ció che é gradito alle moltitudini. E niente é loro piú gradito del discorso di pace". "Dopo decadi di lotte, manifestazioni, pugni alzati, discorsi infiammati e parole di ordine gridate, la gente sembra stanca e cerca ora profeti e sacerdoti (o cantori?) di parole pacate, che promettono tempo buono e serenitá, preferibilmente senza dover bagnare la camicia di sudore. "Beati i mansueti (Mt 5,5) e - soprattutto - i sorridenti, che il grande pubblico andrá ad ascoltare". "Se esistono conflitti - e non si puó negare che esistano, sia nella societá che nella Chiesa - si deve fare silenzio su di essi, perché vivere un conflitto, peggio ancora pubblico, sarebbe oggi disastroso per l´immagine".

Ricorda poi il centenario della nascita di Mons. Helder Câmara, un vescovo che non lesinava nelle denunce e non si piegava al gusto del pubblico. E continua: "Ad una spiritualitá cristiana autentica, peró, quest´ansia di "pace a qualsiasi prezzo" é sempre sembrata falsa. Giá denunciava il profeta biblico: -Dal minore al piú grande, sono tutti approfittatori, dal profeta al sacerdote, tutti truffatori. Senza responsabilitá vogliono curare la ferita del mio popolo dicendo soltanto "pace, pace!" quando la pace non c´é. (Ger. 6,13-14). E lo stesso Cristo, annunciato come "mansueto e umile di cuore"......fu in realtá un grande polemizzatore delle cause giuste che discuteva con giuristi canonici e sacerdoti, chiamandoli ipocriti, guide cieche e sepolcri imbiancati. (Mt 23). (....) Gesú andó giú pesante coi ricchi ("Guai a voi!) e politici ("Volpe"), ma non adulava nemmeno le moltitudini che lo ascoltavano ("generazione cattiva e adultera!"). "Non sono venuto a portare la pace, ma la spada", disse una volta. Ossia, é venuto per forzarci a fare una scelta: o a favore o contro le prioritá del Regno di Dio".

Foto: Ana Maria Melini in mezzo ai ragazzi e alle insegnanti del suo Istituto Pete, che ha fondato e dirige. Durante la visita dei modenesi di BVA.

6 settembre 2009

CARO DIARIO (1)

Oggi pomeriggio, che noia! Ecco perché: abbiamo due giorni festivi di seguito. Oggi é domenica, e domani é il giorno dell´Indipendenza del Brasile, festa civile. Avevo agendato un viaggio all´assentamento di Canudos, nel sud, sul Rio dos Bois. Avrei visitato famiglie di quí, antiche amicizie, che hanno lottato per la terra e l´hanno ottenuta laggiú. Poi é andato tutto storto. Venerdí scorso sono rimasto quasi inchiodato da un dolore alla colonna vertebrale, zona lombare, che mi faceva camminare gobbo. Ieri sono comparsi tosse e altri sintomi di influenza. La pigrizia ha fatto il resto. Ho cancellato il viaggio. Stamattina ho preso un aulin e ho celebrato la messa in una comunitá di periferia, al posto di don Eligio: c´era poca gente, perché la gente sfrutta questi fine settimana lunghi (si chiamano "feriadão") per visitare parenti. E poi, un pomeriggio vuoto di impegni e programmi: una cosa terribile, quando non si é in forma e le piccole cose che riempiono comunque una giornata non suscitano piú interesse. In piú, si era fatto un caldo soffocante, afoso. Alla fine ho rimosso la pigrizia e ho cominciato a visitare questo e quello. Incontrarsi con le persone é un toccasana: si smette di preoccuparsi di sé stessi e la vita acquista sapore. Tra un giro e l´altro, ho incontrato una bimba che battezzai piú di 30 anni fa e non avevo quasi piú visto: interessante, io non l´ho riconosciuta e lei sí. Una volta i suoi erano poveri in canna, ora lei é responsabile amministrativa di un emporio fotografico. Il Brasile é decisamente cambiato.

Lo diceva anche Lula in televisione, questa sera. In meno di otto anni ha cambiato la faccia del paese. Ora sta lanciando il pré-sale. Forse si loda un pó piú del giusto, ma i riscontri sono positivi. Il debito estero é saldato e con il petrolio previsto da questi nuovi giacimenti in profonditá si prospetta una prosperitá economica che cancellerá il breve periodo di ristagno di quest´anno. Il Presidente annuncia migliaia di nuovi posti di lavoro, e commenta: abbiamo fatto uscire 30 milioni di brasiliani dalla fascia della miseria, e altri 30 milioni sono diventati classe media. La seconda affermazione mi pare vera, la prima non del tutto. C´é ancora tanta migrazione da una regione all´altra, da uno stato all´altro, e questo vuol dire che ci sono aree depresse. Nella mia via sono arrivate due famiglie con un branco di figli e quasi niente da mangiare. Hanno trovato lavoro nella ditta "Centro-alcool", si guadagnano 700 reali al mese (300 euro). Ho trovato per loro un pó di viveri, persone generose si sono offerte per fare una colletta. Ne avranno bisogno almeno fino a quando non riceveranno i primi due o tre stipendi. In casa non hanno sedie, e ad una famiglia manca pure il materasso. Pensate, vengono dalla Chapada de Diamantina, nello Stato della Bahia, una delle regioni piú belle del Brasile: montagne rocciose, grotte, cascate, laghi con sorgenti che si vedono a fior d´acqua, eccetera. Una zona turistica da visitare con i fuoristrada o i camion, perché le strade sono impossibili.

Ho incontrato un´ora fa Eleusa, della CPT. Abbiamo parlato di un incontro per organizzare una scuola "agro-ecologica". Io non so nemmeno cosa sia, ma é finanziata dal governo e c´é chi sa come farla. Noi dobbiamo pensare solo a riunire gli agricoltori affinché i promotori possano parlare con loro, e preparare l´infrastruttura, perché sará ad Itaberaí. Abbiamo giá il posto adatto: le lezioni saranno nei fine-settimana, un mese sí e un mese no. Vedo la gente felice e serena. Non é che manchino i critici di Lula, ma sanno bene che nessun governo ha fatto per la gente e per lo sviluppo del paese quello che ha fatto lui. Qualcuno insinua che avrebbe voluto una terza presidenza, ma lo escludo: Lula non toccherá mai la Costituzione. Ogni volta che parla fa l´elogio della democrazia e raccomanda: "Partecipate, scrivete le vostre idee al deputato di vostra conoscenza, fate appelli e sottoscrizioni....la democrazia é la molla che fa andare avanti la societá". I brasiliani sono contenti e hanno un´unitá nazionale, nonostante il paese sia cosí grande. I problemi sono infiniti, ma ieri sera hanno battuto 3 a 1 l´Argentina, hanno costretto Maradona a rosicchiarsi le dita tutto il tempo, perció non hanno di che lamentarsi.

Domani ci saranno le sfilate per l´Indipendenza. Alcune Chiese organizzano ancora il "Grito dos excluídos". La Conferenza Nazionale dei Vescovi ne fa uno (si tratta di una manifestazione per ricordare le situazioni di esclusione che ancora esistono) al Santuario di Aparecida do Norte, il piú grande e visitato tempio del paese. Sia le sfilate che il "Grito" sono ormai poco seguiti. La gente sta meglio e passa la giornata all´ombra degli alberi o sulla riva dei fiumi a mangiare le grigliate. Speriamo bene: é cosí che si perde poi, pian piano, quello che si é conquistato. Non so ancora quale programma abbiano fatto i miei colleghi preti: oggi abbiamo mangiato insieme i tortellini della madre di don Maurizio. Li ho preparati io, ma alla panna, che orrore (non c´era brodo). Don Eligio sta bene. Pratica l´auto-medicazione: si ordina le analisi da solo, poi va dai farmacisti a farsi ordinare le medicine. Fin´ora gli é andata bene, é piú in gamba di noi. Ero preoccupato perché guida ancora la macchina, peró mi ha detto che quando é in giro di sera nelle campagne prende con sé qualcuno per guidare.

Questa settimana abbiamo avuto anche la visita di Luca Mucci con un gruppo consistente di soci di Modena Terzo Mondo. A Itapirapuã c´é stato pure un matrimonio tra un italiano e una brasiliana (a cui io non ho partecipato, perché é lontanuccio). Qui hanno visitato l´asilo San Francisco e il Reforço escolar di Fernanda Park, opere costruite da quell´associazione. Hanno partecipato a una lunga riunione con le maestre d´asilo, che hanno esposto la situazione dell´Istituto sotto tutti gli aspetti, e il metodo educativo: una lezione coi fiocchi, fatevela raccontare. E per finire, io ho ricevuto fotografie e articoli dell´incontro a Fiumalbo, degli ex-allievi del Seminario che ora é chiuso, in occasione dei 150 anni della fondazione. Il Seminario di Fiumalbo non era comodo: si mangiava piuttosto male, e di solito si gelava perché il riscaldamento c´era solo nelle sale scolastiche e di studio. Oggi nessuno sopporterebbe piú quei metodi pedagogici e quella spiritualitá. Ma noi eravamo quasi tutti figli di poveri contadini e operai, e quello era l´unico posto in cui le nostre famiglie potessero pagarci gli studi. Quindi siamo grati. Il resto (mangiare per forza, restare al muro durante le ricreazioni, qualche crucco o ceffone) faceva parte del mondo di quel tempo e chi le commetteva non immaginava nemmeno che fossero sbagliate. Piuttosto, vediamo di non rimpiangere troppo quell´epoca e di non tornare indietro. Nella fotografia vedete il gruppo di allievi che ha preso parte al raduno.

Una maestra d´asilo ha detto, riguardo a 8 bambini diversamente abili che hanno nell´asilo: "Nessun bimbo é deficiente. Un bimbo é quello che é, e basta. Siamo deficienti noi, che non sappiamo come trattare con loro". Se avessimo sempre quest´apertura mentale e sensibilitá nella societá (e anche nella Chiesa) come cambierebbe il mondo. Questo é Vangelo vissuto!

La foto: il gruppo di 120 ex-allievi del Seminario di Fiumalbo presenti al raduno del 24 agosto.

2 settembre 2009

CENE, FORTEZZE E TENDE

Sabato scorso era la memoria del martirio di San Giovanni Battista. Ho celebrato la messa nell´accampamento dei "sem terra" denominato Paulo Farias. In questi giorni ci sono almeno 80 tende, perché stanno riunendo le forze per entrare in una terra. C´era un sacco di gente, quasi tutti uomini. Immaginate la scena: la mensa eucaristica é allestita nella tenda delle riunioni, una capanna abbastanza grande coperta di plastica nera. La luce é quella di un lampione a gas´. Le panche sono grossi tronchi di bambú legati insieme. La fiammella delle due candeline liturgiche oscilla sotto la brezza e minaccia ad ogni momento di spegnersi. In un angolo quasi completamente buio si sono sistemati due abili "violeiros" decisi a dare spettacolo di bel canto. La gente sbuca dall´ombra della notte semi-illuminata dalla luna, cammina fino all´altare e posa, su un tavolino al lato, le bevande e le iguarie di manioca che ha portato per la condivisione che si fará dopo. É poco dire che c´é un clima di gioia: incontrarsi con Dio, ma anche con l´altra gente come loro, per i poveri é ancora una soddisfazione. Tutti salutano tutti con effusione. É venuta un pó di gente anche dalla borgata vicina (San Benedito), hanno tanti scherzi e cose serie da raccontarsi. Quando la coordinatrice intona il canto accompagnata dalle armoniose chitarre, comincia il rito: "Eccoci qui, Signore - siamo venuti da tutti i posti - portando un pó di ció che possiediamo - per condividere la nostra fede - portando le nostre lodi - un canto di allegria - e la nostra voglia - di vedere splendere un nuovo giorno.

Il Vangelo della messa ci ha descritto un banchetto ben diverso da quello che stavamo facendo: "Era il compleanno di Erode, ed egli fece un grande banchetto per i grandi della corte, gli ufficiali e i cittadini importanti della Galilea" (Marco, 6, 21). Nelle feste dei grandi si mangia e si beve molto, si perde la testa per una ragazza e si decide di tagliarla ai profeti. I senza-terra sanno bene come funzionano queste cose. Il 28 agosto di venticinque anni fa i "grandi" mandarono dei pistoleiros ad uccidere Sebastiaõ Rosa da Paz, un sindacalista di queste parti che proteggeva i tagliatori di canna: lo massacrarono di colpi dentro la sua baracca, davanti alla moglie e ai bimbi piccoli. Poco piú di un anno dopo, fecero la stessa cosa con Nativo da Natividade, difensore dei tagliatori di canna di Carmo do Rio Verde, quí vicino. Sollecitata da queste due memorie, i presenti cominciano a ricordare tante altre vittime del Vangelo e della giustizia: fino a Don Francesco Cavazzuti, che difendeva un gruppo di famiglie di "posseiros" (contadini di terre demaniali senza rogito), e fu vittima di un attentado nel 1987. La vicenda di Giovanni Battista continua a ripetersi oggi in diverse regioni del Brasile e del mondo: la morte violenta dei profeti é sempre di attualitá. Il 23 ottobre del prossimo anno celebreremo il 25o di morte (o di nascita al cielo) di Nativo, un martire della nostra Chiesa di Goiás, e li ricorderemo tutti. Qualcuno si é giá messo in moto per preparare una "romaria".

Tra i partecipanti c´erano persone che stanno affrontando discussioni dure con le organizzazioni sindacali e l´INCRA (Istituto Nazionale Colonizzazione e Riforma Agraria), perché le promesse sono tante ma gli espropri, la divisione della terra e i finanziamenti ritardano moltissimo. I loro movimenti e organizzazioni (MST e MLST) sono deboli di fronte al rullo compressore del potere giudiziario e dei ruralisti (l´organizzazione dei latifondisti) che cercano in tutti i modi di rallentare la Riforma Agraria. Perció il tema che li ha piú colpiti, e sul quale si sono soffermati nei loro interventi, é stato il coraggio dei profeti come era descritto nella prima lettura (Geremia, 1, 17-19): "Andiamo, vestiti e mettiti la cintura....: non avere paura, se no ti faró tremare alla loro presenza (uno ha tradotto cosí: "se no ti cagherai nei pantaloni"...). Io ti trasformeró in una fortezza, in una colonna di ferro, in un muro di bronzo contro tutti, di fronte ai re di Giuda e ai suoi principi, ai sacerdoti e ai proprietari della terra". E anche nella preghiera dei fedeli questo é stato l´argomento dominante: come trovare la forza per lottare e per resistere?

Noi borghesi, di solito, abbiamo paura di molto meno (a fare i profeti non ci pensiamo neanche per sogno!). Le societá moderne sono terrorizzate da gente che vaga per il mare su barconi alla mercé delle onde, che fugge da guerre e angherie, da popolazioni che vivono in tendoni sempre aperti come quelli dei nostri "senza terra" o in roulotte, scantinati, case diroccate e abbandonate. Temiamo i vicini di casa, i concittadini e soprattutto la gente diversa che passa per strada. È una paura egoista, contro la quale Dio non ci puó offrire nessun rimedio. Allora trasformiamo noi, da soli, le nostre case in fortezze, e costruiamo muri di cemento. Alimentiamo un prospero mercato di sistemi di allarme. Anche in Brasile, ormai, é comune circondare le casette a pian terreno con un muro di tre metri, spesso con il recinto elettrico sopra. Oltre che brutto, non serve a nulla se non a tenere fuori qualche ubriaco. Un vero delinquente non avrá molte difficoltá a scavalcare il muro, e una volta dentro é tranquillo e potrá fare ció che gli pare: chi lo vedrá piú? Chi ascolterá le grida di aiuto? Ci chiudiamo in una prigione con le nostre stesse mani e inutilmente. Che Dio abbia pietá di noi! Perché non cerchiamo di costruire la sicurezza nella giustizia e nella solidarietá?

Foto: un dettaglio dell´accampamento Paulo Farias.