28 aprile 2008

25 APRILE: LA RESISTENZA E' SPERANZA



Un rametto di salvia come simbolo della Resistenza: raccolto sulle colline di Savignano ha viaggiato nella mia valigia avvolto in un giornale bagnato. Piantato in un sacchetto per dargli tempo di formare radici, poi trapiantato in terra, ha resistito al brusco cambiamento di clima e di terreno. Ora si sta espandendo in questo bellissimo cespuglio. In questi giorni ho scoperto che la salvia officinalis (così si chiama) è già coltivata in Goiàs in alcuni orti, come pianta medicinale rara. Le foglie di quì sono verdi, quasi prive del magnifico velluto argentato che hanno in Italia. Anche odore e sapore sono leggermente diversi. I suoi infusi, però, sono ricercati per diversi problemi di salute. Da noi abbonda, invece, la salvia splendens, con le sue spighe di fiori rossI che attirano il colibrì. L'amministrazione comunale ne coltiva le piantine in un vivaio, per ornare le piazze ma anche per distribuirle gratis ai cittadini che le desiderano in giardino. I goiani ignorano le proprietà gastronomiche della salvia nostrana. La mia vicina di casa l'ha provata sulla carne di pollo e ne è rimasta entusiasta. A me, ora, non resta che usarne le foglie sui tortelloni: ma non li so fare e mi sembrano piuttosto complicati. Penso che comprerò i ravioli del supermercato che sono ripieni di verdure. Il gusto del burro alla salvia dovrebbe "dirci bene".

Tornando al 25 aprile, la Resistenza Italiana merita una sottolineatura speciale. Se non altro perchè, anche se abbiamo voltato pagina su quella del passato, di resistenza c'è sempre bisogno. Resistenza, infatti, è pensare con la propria testa, non lasciarsi fare il lavaggio del cervello, non vendere la coscienza. Nemmeno costruire un buon cristiano è possibile, se alla base non c'è un essere umano dotato di cuore e testa veri. In omaggio a tutti quelli che resistono, pubblico testo che mi è arrivato da una italiana in questi giorni: di uno che se ne intendeva, dice lei.

«Può tuttavia accadere che un gusto eccessivo per i beni materiali porti gli uomini a mettersi nelle mani del primo padrone che si presenti loro. In effetti, nella vita di ogni popolo democratico, vi è un passaggio assai pericoloso. Quando il gusto per il benessere materiale si sviluppa più rapidamente della civilità e dell'abitudine alla libertà, arriva un momento in cui gli uomini si lasciano trascinare e quasi perdono la testa alla vista dei beni che stanno per conquistare. Preoccupati solo di fare fortuna, non riescono a cogliere lo stretto legame che unisce il benessere di ciascuno alla prosperità di tutti.
In casi del genere, non sarà neanche necessario strappare loro i diritti di cui godono: saranno loro stessi a privarsene volentieri... Se un individuo abile e ambizioso riesce a impadronirsi del potere in un simile momento critico, troverà la strada aperta a qualsivoglia sopruso. Basterà che si preoccupi per un po' di curare gli interessi materiali e nessuno lo chiamerà a rispondere del resto.
Che garantisca l'ordine anzitutto! Una nazione che chieda al suo governo il solo mantenimento dell'ordine è già schiava in fondo al cuore, schiava del suo benessere e da un momento all'altro può presentarsi l'uomo destinato ad asservirla. Quando la gran massa dei cittadini vuole occuparsi solo dei propri affari privati i più piccoli partiti possono impadronirsi del potere.
Non è raro allora vedere sulla vasta scena del mondo delle moltitudini rappresentate da pochi uomini che parlano in nome di una folla assente o disattenta, che agiscono in mezzo all'universale immobilità disponendo a capriccio di ogni cosa: cambiando leggi e tiranneggiando a loro piacimento sui costumi; tanto che non si può fare a meno di rimanere stupefatti nel vedere in che mani indegne e deboli possa cadere un grande popolo».

(De la démocratie en Amerique di Alexis De Tocqueville, anno 1840).

21 aprile 2008

QUALCOSA SI MUOVE IN PARAGUAY


Sebastiao (alla chitarra) dirige i canti nella comunità Sitio Novo, nelle campagne di Itaberaì. Celebrai il suo matrimonio quasi 30 anni fa: sono stato felice di incontrarlo di nuovo, già con i figli cresciuti. Abbiamo celebrato in cucina perchè fuori era scoppiato un violento temporale. Difficile è stato tornare a casa. Viaggiare in macchina su strade fangose sotto la pioggia è, più o meno, come sulla neve fresca. Da giovane queste situazioni mi divertivano, adesso un pò meno, ma la velocità a cui si corre non è molto pericolosa. Al massimo si rimane a piedi....


In Italia avete votato, e ora starete certamente riflettendo (si riflette meglio dopo che prima, no? C'è meno chiasso!). Non vi darò fastidio coi miei commenti. Oggi votano in Paraguay, nostro paese confinante. E' il paese più piccolo dell'America del sud, e il più povero. Negli anni ottanta vi ho un pò girato in treno, e ho passato una settimana nella capitale, Assuncion. Lottavano anche là per la Riforma Agraria, e a me piaceva ascoltare le rivendicazioni e le speranze dei contadini. La gente era molto affabile. C'è un'alta percentuale di indigeni, superata forse solo da Perù e Bolivia che però sono di stirpi andine, assai diverse culturalmente. I brasiliani, da anni, vanno in Paraguay a comprare i prodotti elettronici provenienti dall'Asia e gli alcoolici di qualunque posto - che là costano assai meno perchè è zona franca. Vi si trova di tutto, ma è quasi impossibile sfuggire alle falsificazioni. Una volta comprai in quel paese una bottiglia con l'etichetta "nocino Toschi di Vignola" che costava come a Vignola. Solo per curiosità. Arrivato a casa lo aprimmo per festeggiare, ma la bottiglia era piena di un liquido rosso brodoso e dolciastro, non bevibile. Solo il vetro aveva il colore del nocino.

Gli elettori del Paraguay sono 2 milioni e ottocento mila. Il paese, nel dopoguerra, è stato il rifugio privilegiato dei tedeschi ex-nazisti. E' stato governato per più di 40 anni dal Presidente Alfred Stroessner, che aveva instaurato una dittatura militare. Ricordo i tempi di Stroessner, fu nel 1969 la mia prima visita al Paraguay: i soldati di là usavano gli stessi elmetti e lo stesso passo di marcia dei soldati di Hitler. Dopo di lui, ha continuato a governare fino ad oggi il suo stesso partito, Partito Colorado. I paraguayos dicono: "Siamo passati dalla dittatura alla democratura". In queste elezioni si prevede che la situazione sarà rovesciata: il partito Aliança Patriotica, di opposizione, avrebbe attualmente un milione e mezzo di iscritti, cioè più della metà degli elettori. Il suo lider è il Vescovo Cattolico Fernando Lugo, che è davanti in tutti i sondaggi. Il Vescovo, invitato dalla sede romana a non candidatarsi, ha rinunciato alla Diocesi per non deludere le aspettative di cambiamento del suo popolo e del suo paese.


Lugo è ritenuto un simpatizzante di Ugo Chavez. Nel suo programma difende la riforma agrária e la sovranità paraguaya nelle decisioni sulla centrale idroelettrica di Itaipù, costruita insieme da Brasile e Paraguai per uso comune, sul confine tra i due paesi. Vuole alzare il prezzo che il Brasile paga. Nel suo discorso di fine campagna, davanti a 60 mila persone, ha sostenuto che queste elezioni saranno la risurrezione del popolo paraguaio. Ha abbracciato pure la causa degli emigranti, promettendo di creare condizioni perchè tornino a casa con le loro famiglie e possano vivere bene nel loro paese, e i diritti degli indigeni. A disputare la Presidenza con lui ci sono altri 2 candidati con buoni pronostici. Il primo è il generale Lino Oviedo, dell'Unione Nazionale dei Cittadini Etici (ma ex-dirigente del Partido Colorado, accusato di aver partecipato, nel 1999, all'uccisione dell'ex-vice presidente Luis María Argaña, per cui fu costretto ad auto-esiliarsi per 4 anni in Brasile). L'altra è l'ex-ministra dell'istruzione dell'attuale governo, Blanca Ovelar, del Partido Colorado.


Qualcosa si muove anche nel blogger: il contatore e la datazione automatica sono bloccate. Prevedo un periodo di attesa prima di pubblicare ancora, finchè non trovo la soluzione del problema.

11 aprile 2008

L'IMPORTANTE E' LA SALUTE.

Nella Campagna della fraternità "in difesa della vita" abbiamo parlato tanto di minacce alla vita: miseria, ingiustizie, inquinamento, e poi aborto, eutanasia.... Ci siamo dimenticati di questa zanzara, la aedes aegipti, che in questo momento è quella che preoccupa di più la gente perchè sta assediando le città del Brasile. E' piccolissima, ma una vera fetentona. Si distingue da quelle notturne delle case (culex) perchè ha le striscie pedonali sulla schiena (cliccate sulla foto per ingrandirla e poi ditemi se non è vero!). Lavora solo di giorno. Trasmette la febbre gialla e la dengue (un tipo di febbre ricorrente). Di dengue ce n'è una forma comune e una emorragica. La prima provoca febbre molto alta e forti dolori in tutto il corpo. La seconda, oltre a questo, dilata i vasi sanguinei e produce emorragie che, quando sono negli organi interni...si muore. C'è un'epidemia grave di dengue a Rio de Janeiro e a Goiania, capitale del nostro Stato. C'è n'è una pure nel comune qui vicino. Ieri, a Itaberaì, nel quartiere Jardim Cabral, è morta Jaqueline, una ragazza di 16 anni, ed è corsa la voce che fosse arrivata la dengue emorragica. Sembra, invece, che sia morta di epatite B. Si può morire così a 16 anni? Dona Benedita ha commentato: "Non dovevano portarla dal medico. Questa è una infermità che i medici non curano. Quando si prende l'epatite si beve infuso di "picao" (un'erbaccia che cresce nei cortili e nelle praterie). Non ho mai visto uno morire di epatite dopo aver bevuto l'infuso di picao!".


L' efficiacia della medicina popolare è comprovata. Nei centri parrocchiali di pastorale della salute c'è sempre la fila per comprare i più diversi estratti di piante. Però la gente, quando sta male, va dal medico. Non esiste un conflitto tra le due forme di cura: anche i più ricchi usano una e l'altra. Le parole di Benedita sono uno sfogo dell'angoscia più che una polemica. Angoscia, perchè lei sa che Jaqueline non doveva morire. Amiche e conoscenti raccontano che è rimasta più di una settimana nell'ospedale regionale senza sapere di che cosa era malata e senza ricevere attenzione. Quando accade un caso del genere, è quasi sempre accompagnato da storie così: denutrizione, ritardi nella diagnosi, imprecisione nella cura. Quanto ci mette un povero ad ottenere un'analisi e una diagnosi? E chi si straccia le vesti quando una ragazza di periferia muore per la lentezza dei soccorsi o l'imprecisione nelle cure? La salute è il problema numero uno delle famiglie. La malattia è una minaccia costante, e spesso diventa un incubo. A messa, e negli incontri di preghiera, noi preti abbiamo in mente il piano di Dio, l'evangelizzazione, il piano pastorale: chiediamo al Signore che la Chiesa cresca, diventi una comunità fraterna e segno di giustizia e di pace. Buona parte dei fedeli, invece, prega per la propria salute e quella dei familiari e vicini, perchè in qualche modo sono sempre toccati dalla malattia. Era così anche ai tempi di Gesù. Secondo i vangeli, dedicò gran parte del suo ministero a curare malati. Diverse comunità ecclesiali di base fanno la stessa cosa: visitano continuamente gli ammalati del loro quartiere, spesso ogni giorno, portando cibo, aiuto e conforto. I documenti di pastorale ne parlano poco. Il monaco Marcelo Barros, sul Popular di oggi, ha pubblicato un bell'articolo che mostra i legami stretti tra salute e spiritualità. Del resto anche gli italiani anziani ripetono spesso nelle conversazioni: "L'importante è la salute!" In contatto con questa realtà, che è mondiale (tanti bambini e giovani che perdono la vita per inefficienza o inesistenza dell'assistenza sanitaria), i dibattiti sull'eutanasia o l'accanimento terapeutico sembrano arrivare da un altro pianeta.


Ho conosciuto un giovane che si trova in condizioni molto simili a quelle che il vangelo di Marco (Mc. 5) chiama: "L'indemoniato di Gerasa". Amilton ha 38 anni, ed è un ragazzone dall'apparenza normale: robusto e di bella apparenza. Venti anni fa abitava nello Stato di Bahia, lavorava in campagna ed aveva amici, perchè era un buon lavoratore e un tipo di compagnia. Nel 94 decise di trasferirsi in Goiàs per lavorare in una ditta. Sua madre racconta: "Andò al lavoro per due giorni di seguito, poi scomparve. Dopo parecchio tempo ci avvisarono che girovagava senza meta e non ricordava più nulla. Mio marito lo è andato a prendere e siamo venuti ad abitare qui, sperando che guarisse e riprendesse il suo lavoro". Hanno costruito per lui, dietro casa, un appartamentino separato con un portichetto chiuso da una gradinata. E' come una prigione. "E' per proteggere lui, padre: lei dovrebbe vederlo quando esce, per capire. Se non ci siamo noi ad accudirlo, si sdraia ovunque si trovi, anche sotto la pioggia o in una pozzanghera, sulle spine, nella sporcizia. Si raggomitola lì e dorme per ore e ore". Le cure amorose di un papà e di una mamma non gli mancano, ma lui sembra non accorgersene. "Per lui è come se il mondo non esistesse. Qualche volta si sveglia per due o tre ore e si comporta normalmente, altre volte invece diventa feroce. Un giorno aggredì suo padre, urlava come una belva e sembrava volesse ucciderlo". Una volta è rimasto sveglio per giorni, tanto da trovarsi un'occupazione e andare a lavorare per un pò, poi è ricaduto. Decine di visite psichiatriche e di cure non hanno approdato a nulla. Non sanno ancora che cosa gli sia accaduto, e di che cosa sia malato. Vive murato in sè stesso, un muro senza nemmeno una breccia da cui far passare la voce. Se almeno lanciasse un urlo come Bartimeo! Che cosa si può fare? Gesù curò l'uomo di Gerasa. Non potremmo pregare perchè curi anche Amilton?


Così, mentre voi siete in ansia per le prossime elezioni, io vi ho sfornato un testo sulla salute. Vuol dire che lo leggerete distrattamente, con la testa altrove....

7 aprile 2008

DOLCE-AMARO DELLA CANNA DA ZUCCHERO


La monocultura della canna da zucchero, dopo aver coperto diversi comuni nei dintorni, invade anche l'area rurale di Itaberaì che non aveva mai dimostrato simpatie per questo tipo di produzione. Un tempo, i contadini piantavano alcuni metri quadrati di canna vicino a casa per le loro necessità familiari: un pò di "rapadura" e di zucchero grezzo, e ogni tanto una dolcissima spremuta. Ai bambini piaceva tagliare qualche canna più bella delle altre e, dopo averla fatta a pezzettini, rosicchiarla come un frutto. Recentemente sono arrivate le compagnie di produzione di alcool-combustibile e la situazione si è capovolta. "E' difficile resistere" - confida un piccolo proprietario - "perchè la Compagnia dell'Alcool offre affitti molto convenienti e si prende tutti i rischi. Noi agricoltori non otteniamo vantaggi economici così alti con nessun altro tipo di coltura o allevamento, nemmeno nelle migliori annate. Per continuare a lavorare la terra in proprio, oggi, bisogna essere degli appassionati!"


Il primo effetto è senza dubbio un ulteriore svuotamento della campagna. Apparentemente, è un vantaggio per tutti. Chi continua a vivere nei campi ha un'occasione d'oro per guadagnare di più. In piazza vanno a ruba polli ruspanti, frutta, verdura, formaggi, dolci, torte e tanti altri alimentari fatti in casa. Ciò che fino a poco tempo fa serviva solo per fare un regaletto, oggi è fonte di reddito. Il pulmino della scuola va a prendere i ragazzi sulla porta di casa. La televisione e l'automobile, o la camionetta, sono una garanzia contro l'isolamento. I preti celebrano la messa nelle case e ogni volta si fa una bella festicciola tutti insieme. Per chi non ha resistito ed è andato ad abitare in città ci sono i vantaggi dello stipendio fisso e di tutti i servizi pubblici vicino a casa. La canna da zucchero, i pollli, i macelli regalano ad Itaberaì una piccola "epopea del progresso". Ora è iniziata la campagna elettorale per il sindaco, e non si parla d'altro. Gli addetti alla propaganda spargono ogni mattina i loro volantini ciclostilati sul progresso: sotto le porte, nelle macchine, all'entrata dei supermercati. Ogni candidato si prende la sua parte di merito nello sviluppo e promette nuovi investimenti. Uno si attribuisce frasi delle lettere di San Paolo: "Posso tutto in Colui che mi dà la forza!" Oppure: "Se Dio è con me, chi sarà contro di me?" Lui è di fede evangelico-pentecostale, ma tanti catttolici non disdegnano la sua "teologia della prosperità". Teologia dei soldi, che storicamente non è affatto una novità.


Sembra tutto rose e viole ma voi, in Europa, con le stime della crescita scese allo 0,3%, sapete bene che il progresso è un mito che va e viene, e che la realtà non è così dolce. Oltretutto la canna, pur essendo da zucchero, provoca non pochi danni. Per esempio concentra capitali, esclude parecchia gente e produce molti esuberi, come ogni impresa moderna. (Vedi Alitalia, ma lì pare ci fosse troppo clientelismo). La maggior parte della ricchezza agricola se ne va verso le banche internazionali: sul posto rimangono solo i magri stipendi dei dipendenti. I tagliatori di canna, che ieri lavoravano in condizioni assai prossime alla schiavitù, oggi vedono le loro scarse conquiste sociali minacciate dalla concorrenza delle macchine: ciascuna sostituisce più di 200 lavoratori. Noi, in Chiesa, possiamo offrire loro poco più che inni ben zuccherati, di incoraggiamento e consolazione. Sosteniamo le iniziative di agricoltura e artigianato alternativo: utilissime, ma una goccia nell'oceano. Predichiamo il Vangelo, ma anche fra gli imprenditori più cattolici, quanti ne tengono conto quando si tratta di affari? La conversione al Vangelo richiede una nuova pratica economica e politica. Se no, è troppo facile: uno appende un crocefisso in sala e una corona del rosario sullo specchietto della macchina, e via che va.


Non fraintendiamo: gli inni e il Vangelo sono un sostegno fondamentale per chi affronta la durezza. "Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio": è pura verità. Come sa "dona Ifigena" (il nome è fittizio), che l'altra mattina è arrivata nell'ufficio parrocchiale e ha chiesto alla segretaria: "Non avete mica un poco di alimenti per un vecchio rottame come me? Sono rimasta senza!" La segretaria è andata a prendere un sacchetto di fagioli e uno di riso (nel ripostiglio dietro l'ufficio ce n'è sempre una scorta, perchè i casi come questo sono frequenti). La signora, ridendo di felicità, ha ringraziato: "Grazie, accetto volentieri. Spero che quello che mi dà non venga a mancare a lei! Ho preso con me anche la sporta. Sa, io ho 74 anni e sono rimasta sola. Grazie a Dio ho ancora una buona salute e non sono triste. Tiro avanti con la fede, in Dio e nel buon cuore del prossimo!" Un altro esempio: nella chiesina di S. Francisco, due laici hanno iniziato ora un corso di catechesi per adulti e ci sono già venti partecipanti: molti poveri hanno fame e sete della Parola di Dio, appunto perchè tirano avanti con la fede.


E voi, in Italia, come tirate avanti? Io quest'anno non voterò, perchè pare che la mia residenza sia rimasta a Montese! Padre Maurizio ha già votato e spedito la busta. Brutte elezioni. Ho sottomano lo scritto di un giovane avvilito che esprime un giudizio durissimo: "Se ha qualcosa di positivo questa legge elettorale è l'onestà di chi l'ha pensata e voluta e di chi non l'ha cambiata: per costoro il Parlamento è luogo dove si fanno affari e si curano interessi di uomini d'affari, le elezioni sono un fastidioso passaggio a cui questa Costituzione impone di sottostare, così ottemperano l'obbligo costringendo il Paese a fare una X su una lista chiusa, proprio come nel periodo fascista. Le elezioni, per questi signori, sono tempo perso. Quello che accade in Parlamento non deve interessare il Paese, il Parlamento è cosa loro, è casa loro". E' vero? Siamo caduti così in basso? Eppure tanti politici fanno sfoggio di cattolicesimo. Ovvviamente sono finti, oppure hanno le idee confuse. Il primo dovere di un cattolico è pensare la politica in funzione del bene comune: cerchi di farti eleggere e poi, se diventi ministro o deputato, per te la prima cosa è l'interesse del paese. Amici, avversari, partito, li metti in secondo piano. Il salmo 71 descrive così il politico che agisce secondo Dio (nei tempi biblici era il re): "Governi il tuo popolo con giustizia, giudichi i poveri con equità. Questo re difenderà i poveri, salverà i figli delle persone umili, e abbatterà per terra gli oppressori". Ahi, ahi, ahi! Non è certo un posto adatto agli inquisiti e ai corrotti. Ci arriveremo? Coraggio e auguri.

5 aprile 2008

LIBERATE GLI OSTAGGI



La situazione della senatrice del Partito Oxigênio Verde di Colômbia, Ingrid Betancourt, sequestrata il 23 febbraio 2002, dalle Forças Armadas Revolucionárias (FARC) della Colômbia, é estremamente preoccupante. L'ostaggio, secondo informazioni, si trova con la salute molto compromessa. In Brasile è in atto una sottoscrizione per chiederne la liberazione, chiedendo che il Governo Brasiliano, nella persona del Presidente della Repubblica, dedichi tutto il suo impegno a questo scopo. Io vi passo questo invito che mi è arrivato, perchè sono convinto della necessità di manifestare la contrarietà della gente a questi metodi rivoluzionari crudeli e anacronistici: far soffrire e torturare per ottenere i propri scopi, anche se giusti e legittimi, è un controsenso. Sono sempre stato convinto che la lotta delle FARC sia per la giustizia: vedano di non dimostrare il contrario commettendo loro stessi queste tremende ingiustizie e atti disumani. Liberino tutti gli ostaggi, non solo la Bettancourt.
Se volete partecipare alla sottoscrizione, che va oltre ogni schieramento politico, aprite questo sito:

http://www.liberteingrid.org.br/blog/

Segue questo video che ripete l'appello contro il sequestro.

2 aprile 2008

GESU' RISORTO, SUOR DOROTHY, LE COMUNITA'

Ecco suor Dorothy Stang: statunitense, 40 anni di servizio missionario in Brasile. Nella foto portava una maglietta con la scritta in portoghese: "Il taglio della foresta è la fine della nostra vita". Viveva ad Anapu, nello Stato del Parà, uno degli stati della foresta amazzonica. Faceva parte della Commissione Pastorale della terra (CPT) per la difesa dei diritti dei piccoli agricoltori e dei Senza Terra, in lotta per la Riforma Agraria. Si impegnava al massimo nella difesa ambientale che era, nello stesso tempo, difesa dei popoli della foresta (indios e seringueiros - che sono i raccoglitori del caucciù). Fu assassinata da sicari tre anni fa, il 12 febbraio 2005. Un'altra suora americana, Binka Le Breton, che vive da 18 anni in Brasile nella Foresta Atlantica del litorale nordestino (Stato del Piauì), impegnata anch'essa nella difesa della foresta, ha scritto un libro sulla vita della consorella. In una intervista, la suora-scrittrice dice di aver scoperto, nelle sue ricerche tra la gente con cui suor Doroty viveva, l'importanza del lavoro di quella missionaria: "La lezione che ci lascia (suor Dorothy, ndt) è che si può cambiare il concetto di sè che hanno quelle persone che tradizionalmente si considerano "nessuno", la gente abbandonata in mezzo alla foresta. Il lavoro che lei ha fatto in mezzo a loro ha avuto l'effetto di farle sentire ancora oggi valorizzate. Le donne, spesso, mi hanno detto: "Io ero una donna analfabeta, non valevo niente, ma ora so di essere una persona umana". Quella suora faceva risorgere della gente.


Domenica scorsa, alla sera, sono andato a celebrare la messa nella cappella di Sant'Antonio, un quartiere di periferia. C'erano un centinaio di persone. Si è letto il testo di Giovanni sull'apparizione di Gesù risorto, ed io ho sottolineato, nell'omelia, le parole di Gesù: "Beati quelli che crederanno senza avermi visto". Poi ho chiesto ai presenti: "Qualcuno ha il coraggio di raccontare in pubblico perchè crede in Gesù risorto senza averlo visto?" Hanno esitato, poi un giovanotto sui vent'anni si è alzato e, senza nessun imbarazzo, ha detto: "Io ci credo perchè questa fede mi dà molta gioia e coraggio!" Non mi aspettavo una risposta così breve e netta. Credo che quel giovane abbia bisogno di Gesù per affrontare la sua vita, solo così può averlo capito tanto bene. Gesù risorto ha liberato anche lui dal regno "delle tenebre e delle ombre di morte".

Ve la ricordate la prima lettura di domenica scorsa? Atti degli Apostoli, 2, 42-50. Senza mettere in risalto che la prima comunità cristiana era composta in gran parte di povera gente (non c'era bisogno di dirlo, allora, perchè lo sapevano tutti), il testo ci racconta l'entusiasmo con cui partecipavano alle riunioni degli Apostoli, pregavano insieme, spezzavano il pane (cioè celebravano la Cena del Signore), e mettevano in comune il poco che avevano. Vivevano così fraternamente da farsi stimare da tutti, e per questo il piccolo gruppo aumentava. Leggendo altri passi sappiamo che anche in quella comunità non tutto era perfetto! Penso che assomigliasse ai piccoli gruppi che formano la comunità di questo quartiere di Itaberaì. Come quelli di Gerusalemme, sono piccoli nuclei. Assai più donne e bambini che uomini. Si riuniscono ogni settimana per leggere insieme il Vangelo o le lettere degli Apostoli. Ogni volta mettono insieme una o due ceste di roba per aiutare i più bisognosi di loro conoscenza. Si visitano nelle frequenti malattie e si prendono cura gli uni degli altri. Si ritrovano, tutti i gruppi insieme, la domenica. Se c'è il prete celebrano la Messa. Se no fanno la Celebrazione della Parola. In breve, sono persone umili che hanno scoperto la propria dignità e il senso della vita. Hanno trovato uno scopo e una ragione per valorizzare sè stessi e a liberarsi del senso di inferiorità. Magari la fede avesse sempre questo effetto liberatore! Oggi è tornato di moda invocare la fede a consolazione di chi ha già tutto e non intende mescolarsi agli "esseri inferiori". Per esempio celebrando in latino, così la "massa ignorante" abbassa la cresta! Oppure si usa la religione di Gesù per rafforzare il senso di superiorità di alcuni e aiutarli a conservare privilegi e ingiustizie. Che contraddizione, e che afflizione!

Segue un video sull'assassinio di suor Dorothy Stang...