28 dicembre 2009

BILANCI DI FINE ANNO

Foto: la festa in pizzeria con gli amici e i figli degli amici.

Abbiamo giá cominciato a festeggiare fine anno e capodanno: vedete nelle foto. Cogliendo l´occasione della visita di Maria Helena, che fu missionaria laica in questo quartiere e in diverse comunitá rurali, abbiamo organizzato un incontro in pizzeria con i piú anziani della "caminhada" e coi loro figli, alcuni dei quali hanno giá la "namorada". Maria Helena ha visitato le comunitá, ha partecipato alla novena di Natale con quella di São Francisco, e dopo Natale se n´é andata. La visita, l´incontro e la condivisione (mangiare insieme) sono l´essenza del piano di salvezza rivelato da Gesú. É un buon fine anno e un buon auspicio per quello che sta per cominciare.

Pessime notizie, invece, da Vignola. Ne sono sconvolto. Iniziammo il 2009 perplessi per tutto quello scomposto vociferare (e voci-ferire) sul dramma Englaro. Ora lo finiamo con un omicidio in casa nostra: quasi in sacrestia, si puó dire. Vignola é il mio paese adottivo. Conoscevo il prete solo di vista, ma me ne hanno sempre parlato con stima e simpatia. La signora era mia amica 50 anni fa, quando lei era catechista e io seminarista. Col marito avevo un buon rapporto, qualche volta abbiamo pranzato insieme. Cosa sará successo? Come púó accadere? Che cos´é che puó indurre una persona (un prete) a diventare un assassino? Credo che tutti se lo chiedano. Io stento ancora a crederci. Il massimo che riesco a pensare é quanto siano fragili i nostri pensieri e giudizi, e quanto siamo impastati di fango al punto da diventare disumani! Allora: che la legge cerchi il responsabile, giudichi, condanni e punisca ma, sia ben chiaro, sappiamo che solo la misericordia di Dio puó salvarci. "Siate misericordiosi, affinché Dio vi usi misericordia". San Paolo, a suo tempo, scriveva: "So che il bene non abita in me, cioé, nei miei istinti egoisti. In me c´é il volere il bene, ma non sono capace di farlo. Non faccio il bene che voglio, ma il male che non voglio". E insiste: "Me infelice, chi mi libererá da questo corpo di morte? Siano date grazie a Dio, per mezzo di Gesú Cristo, nostro Signore". (Romani, 7, 14-25).

A fine anno l´istinto ci spinge a fare bilanci, anche se é meno divertente che andare in pizzeria. Ci sono tanti modi di farli, e il ventaglio di componenti da prendere in considerazione é assai ampio. Ci sono bilanci di carattere generale, altri ristretti alle vicende personali, altri ancora limitati alle vittorie e alle sconfitte, ai passi avanti o indietro nel campo politico, economico, ecclesiale, ecologico, eccetera. Io, di solito, rifletto sulla mia crescita umana e spirituale, che é poi strettamente collegata alla soddisfazione o insoddisfazione circa lo scopo che piú mi preme: la fedeltá a Cristo e l´impegno per il Regno. Ma non sono pensieri da mettere in circolazione su un blog.

Meglio riferirvi il bilancio politico-economico di Dom Demetrio Valentini, Vescovo di Jales (SP) e Presidente della Caritas Brasiliana, pubblicato su Adital il 23 dicembre: che mette in risalto le maggiori sfide che il 2010 erediterá dal 2009. Ecco il testo:

"Era grande l´attesa per l´arrivo del duemila. Si era creato attorno ad esso un immaginario collettivo denso, nel quale non mancavano scenari apocalittici, proprii di contesti di millenarismo. La realtá ha mostrato che la natura continua col suo ritmo e la storia con la sua dinamica. Il nuovo millennio porta con sé l´ereditá di quello anteriore, e bisogna affrontare le sfide che abbiamo ricevuto.

Ora é giá passata la prima decada del nuovo secolo. Osservata con attenzione, puó servire da campione di ció che ci aspetta nel prossimo futuro. Alcuni fatti sono in risalto: l´attentato dell´undici settembre, la potenza economica della Cina, la crisi ambientale, tanto per prendere quelli piú in evidenza. La virulenza dell´abbattimento delle torri gemelle, l´11 settembre 2001, si rivestí della liturgia mediatica dei grandi spettacoli, ma trasmise un messaggio chiaro e incisivo. Le torri gemelle erano simbolo della scandalosa concentrazione economica, moralmente perversa, ecologicamente insostenibile. In un mondo sempre piú globalizzato, diventano sempre piú insopportabili le disuguaglianze sociali ingiuste, prodotte da un sistema economico sfruttatore ed escludente. Gli esclusi non tollerano piú i privilegi che escludono.


L´attentato dell´11 settembre presenta la sfida chiara di un nuovo ordine economico mondiale come compito di questo secolo, che non si puó rimandare. Solo cosí il mondo potrá coltivare una ragionevole speranza per il millennio. Se si continua cosí com´é, l´economia mondiale diventerá senza soluzione entro poco tempo.

Un fatto che si impone alla nostra attenzione, in questo nuovo secolo, é la sorprendente ascensione della Cina sullo scenario mondiale politico ed economico. La Cina sta squilibrando il mondo. É riuscita nella prodezza inaspettata di unire i due peggiori ingredienti prodotti dalle innovazioni degli ultimi due secoli, e metterli al servizio della sua crescita economica, a spese del vero sviluppo umano mondiale. Da una parte, continua ad avere un regime politico statizzante e dittatoriale, nell´esercizio di un comunismo radicale e intollerante. Dall´altra, ha adottato pratiche del peggiore dei liberalismi economici, sfruttando la manodopera a buon mercato delle centinaia di milioni di cinesi che sono nella fila dei disoccupati. Cosí la Cina riesce ad invadere il mondo con una gamma di prodotti ogni giorno piú ampia, frutto di una nuova forma di schiavitú, che viene ridistribuita al mondo intero, che si vede costretto a pagare meno gli operai per mantenere la competitivitá dei suoi prodotti. Il "fattore Cina" si fa presente in tutte le situazioni.

Una delle chiare sfide della politica mondiale, in questo inizio del secolo 21, é integrare la Cina nel convivio della democrazia, nel rispetto minimo dei diritti umani elementari.

Ma il campione piú evidente di questa prima decada del nuovo millennio arriva rivestito dai colori della crisi ambientale. All´inizio di questo millennio, si aprono gli occhi della coscienza ecologica. I segnali sono ogni giorno piú evidenti. Lo squilibrio si manifesta in molti modi. Il sintomo piú incontestabile é il rapido scioglimento dei ghiacciai, che sono la maggiore riserva di acqua dolce del pianeta. O l´umanitá inverte questo processo, o rischia di rendere impossibile la vita sul nostro pianeta.

Entriamo nel nuovo millennio con le spalle appesantite dalle conseguenze di equivoci accumulati negli ultimi secoli. Il vantaggio puó essere quello di essere consapevoli che é arrivata l´ora di affrontarli, con determinazione e coraggio. Il fallimento di Copenaghen mostra che non siamo ancora pronti. Cambieremo in tempo?"


Se avete finito di leggere l´analisi di Mons. Demetrio, vi passo ora un bilancio piú leggero e divertente, sotto la forma di "Lettera a Gesú Bambino". É di Beppe Severgnini, pubblicato su Corriere della Sera. Copio e incollo:

Caro Gesú Bambino: è nostro dovere avvertirti. Se quest'anno decidi di scendere nuovamente tra noi, lo fai a tuo rischio e pericolo. Non c'è Erode, questo è vero. Ma il momento è rissoso (in politica, in economia, sul web, alla stazione Centrale di Milano), e vedrai che proveranno a metterti in mezzo.

- per cominciare, cercheranno di arruolarti in un partito. Sotto Natale, improvvisamente, tutti cattolicissimi: gente che usa il crocefisso come un manganello, atei devoti e calcolatori, ministri preteschi e prelati ministeriali. Come hai detto? Ieri Di Pietro ti ha scritto, mettendoti in guardia dal diavolo? Uno di questi giorni ti suggerirà una frase: «Tu sei Di Pietro, e su questa pietra edificherò il mio partito». Non fidarti.

- alla Camera litigheranno per stabilire se Astro del ciel è di destra mentre Tu scendi dalle stelle è di sinistra. Al Senato Schifani griderà "Abbassiamo i toni!". Rutelli ti offrirà la tessera n.2 del suo nuovo partito (la n.1 se la tiene). La Santanché dirà che la cometa è ispirata a una sua pettinatura.

- rischierai di restare bloccato nella grotta, al freddo. Causa eccezionali precipitazioni di natura nevosa - oggi le nevicate si chiamano così - i trasporti non sono assicurati, il riscaldamento nemmeno. Il bue e l'asinello? Scòrdateli. Il primo è in sciopero contro il prezzo del latte alla stalla, per solidarietà bovina. L'asinello - detto anche somaro - è impegnato a discutere nei salotti TV.

- nella grotta arriverà una troupe del Tg4 in cerca di storie alternative di Natale ("Coppia hippy si rifugia con figlio neonato in una grotta - non sapeva che il Cavaliere ha abolito l'Ici sulla prima casa!"). E se tu dirai loro "Abbiate Fede!", quelli risponderanno "Ce l'abbiamo, ce l'abbiamo. Da diciotto anni... "

- rischierai di finire nella pubblicità del Pan di Stelle o di un pandoro. Ti chiederanno di esclamare "E' divino!" - e lassù Qualcuno potrebbe dispiacersi. Non solo: Lavazza e Nescafè stanno litigando per una pubblicità ambientata dalle tue parti - sì, in Paradiso. Se ti trovano, ti chiedono un arbitrato. Rischi di passare la notte di Capodanno con Bonolis, Clooney e la Canalis, scocciata perché tua mamma è più giovane e carina di lei.

- a proposito: Maria è meravigliosa, ma un po' fuori moda. Pensa che non ha nemmeno venduta l'esclusiva delle tue prime foto a Chi e non ha creato un gruppo Fan di Jesus su Facebook.

- Giuseppe, bravo artigiano e tuo papà in terra, verrà chiamato Pino, Pinuccio, Giusè, Puccio, Peppe e Beppe - te lo dice uno che se n'intende. "Da Pinuccio & Figlio snc - Infissi e porte blindate" (visti i tempi).

- qualcuno dirà che Babbo Natale - laico, casinista e sovrappeso - è più televisivo di te. Tutti possono interpretarlo: basta un cappello rosso e la barca bianca. Per imitarti, invece, dovremmo tornare umili. E questo, in Italia, non va più di moda.
Dimenticavo. Non aspettare i Re Magi. Sono extracomunitari senza visto e sono stati oggetto di respingimento.


Sempre a proposito di bilanci, ve ne propongo uno di poeta: Eugenio Montale. I poeti mi piacciono. Dopo i profeti biblici e i mistici cristiani, i poeti sono quelli che sanno trovare le parole piú suggestive per volare alto e non rimanere impantanati nella quotidianitá.

La Storia

La storia non si snoda
come una catena
di anelli ininterrotta.
In ogni caso
molti anelli non tengono.
La storia non contiene
il prima e il dopo,
nulla che in lei borbotti
a lento fuoco.

La storia non è prodotta
da chi la pensa e neppure
da chi l'ignora. La storia
non si fa strada, si ostina,
detesta il poco a poco, non procede
né recede, si sposta di binario
e la sua direzione
non è nell'orario.

La storia non giustifica
e non deplora,
la storia non è intrinseca
perché è fuori.
La storia non somministra carezze o colpi di frusta.
La storia non è magistra
di niente che ci riguardi. Accorgersene non serve
a farla più vera e più giusta.

La storia non è poi
la devastante ruspa che si dice.
Lascia sottopassaggi, cripte, buche
e nascondigli. C'è chi sopravvive.
La storia è anche benevola: distrugge
quanto più può: se esagerasse, certo
sarebbe meglio, ma la storia è a corto
di notizie, non compie tutte le sue vendette.

La storia gratta il fondo
come una rete a strascico
con qualche strappo e più di un pesce sfugge.
Qualche volta s'incontra l'ectoplasma
d'uno scampato e non sembra particolarmente felice.
Ignora di essere fuori, nessuno glie n'ha parlato.
Gli altri, nel sacco, si credono
più liberi di lui.

22 dicembre 2009

CI FACCIAMO GLI AUGURI?

Le foto: 1) Le strade di campagna inondate dalla pioggia, visione notturna; 2) la confraternizzazione dopo la messa nella comunitá di Córrego Rico.

Il motto: "Se il mio dolore serve a salvare il paese, sono felice di soffrire".

Mi pare che in Italia andiate in ferie domani. Padre Mauro, il nostro pretino che studia a Roma, ci ha mandato un messagio e-mail per avvertirci che la facoltá ha chiuso il 19 e riaprirá il 5 gennaio (perché non il 7?). É a Modena, o meglio, a Castelnuovo, ospite di don Isacco. In questi giorni arrivano auguri da ogni parte: perfino dal Centro Missionario di Modena. E allora dái, perché non ci facciamo gli auguri anche noi? La settimana scorsa vi ho postato la lettera di Natale, e adesso...auguri e basta.

La piú bella novitá di questi giorni é che piove molto. Nonostante i gas serra, le delusioni del summit mondiale di Copenaghen, l´incapacitá dei popoli e dei loro governi di mettere un freno alla distruzione delle foreste, al consumismo e all´inquinamento, le piogge sembrano tornate come ai vecchi tempi. La natura resiste. Andare in campagna di notte a celebrare la messa quando piove forte, come ho fatto io venerdí scorso, puó creare qualche difficoltá: le strade sono allagate, come spero potiate vedere nella foto che ho scattato dalla macchina (era quasi mezzanotte, e non potevo uscire dalla macchina per non bagnarmi). La comunitá di Corrego Rico era un pó meno numerosa, ma parecchi si sono riuniti ugualmente nonostante abbiano dovuto fare una camminata a piedi, con l´ombrello e la torcia elettrica, in mezzo al fango e all´erba bagnata. E nessuno si é lamentato per la pioggia: quella é una benedizione, ringraziamo Dio che ce la manda. La costanza di questa gente agli incontri di comunitá, a volte mi sorprende. Abbiamo celebrato in un gazebo sotto i manghi, perché la coppia che ci ha ospitato é di giovani moderni, di quelli che non si negano i piaceri della vita. Dopo la messa hanno imbandito la tavola. Una breve confraternizzazione, e poi via. Per uscire da quel cortile abbiamo avuto bisogno di due o tre uomini a spingere, perché c´era una salita fangosa che non riuscivamo a superare. Abbiamo impiegato un´ora e mezza a tornare a casa.

Viene a proposito un testo pubblicato sul blog di Padre Dario, un comboniano in missione qui al nord, nel Maranhão, che commenta il Vangelo di domenica scorsa sottolineando l´importanza degli incontri di comunitá, il camminare, le visite. Ve lo passo, perché mi ha tolto le parole di bocca, e lo ha fatto in modo insuperabile. Vorrei anche segnalarvi un bell´articolo di Fra Benito Fusco, dei Servi di Maria di Bologna, pobblicato su Adista, ma credo che i miei lettori l´abbiano giá visto. Riguarda il Natale in Italia: Natale senza bambini e senza bambino. É molto triste, ma non é il caso di Itaberaí: quí di bambini ce n´é in abbondanza. Ieri il nuovo sindaco é venuto a trovare i preti in canonica per segnalarci la carenza che ha riscontrato nel settore dell´educazione del Comune: "Itaberaí cresce, e la richiesta di servizi educativi si fa pressante. Occorrre costruire d´urgenza almeno altre due scuole, una casa per minorenni di strada, e un´altra per i minori delinquenti, che attualmente sono rinchiusi nella prigione della vicina Heitoraí, in condizioni disumane". Complimenti per le sue buone intenzioni.

La bellezza dell'avvento é attendere, in una tensione viva verso ció che deve avvenire; la vita non dipende di noi per spuntare, ma spetta a noi riconoscerla e scommetterci, perché non passi inosservata e forse neanche piú torni.

I Vangeli dell'avvento mettono bene a fuoco questo compito: vigilanza, spirito di iniziativa, impegno, tempo da dedicare per preparare la nostra casa, cosí che Dio entrando vi si senta bene e rimanga con noi.
L'ultima domenica prima di Natale convoca due donne, sapienti nell'attesa, per darci gli ultimi consigli. Da Maria e Elisabetta impariamo tre lezioni: camminare, incontrarsi e sorprendersi.

Camminare: Maria cammina in fretta per visitare Elisabetta, cosí come la gente nordestina ama camminare e visitarsi. Come é bello andare per le strade della cittá e dei villaggi per cercare altra gente! E come é bello stare in casa aspettando questa visita!

É stata l'esperienza delle nostre ultime 'Missioni Popolari', nelle zone interne della parrocchia: il giorno intero camminando sotto il sole, con la sfida di non trascurare nessuna casa e visitare tutti. Cosí si ripete, anno dopo anno, una fecondazione di speranza per la nostra gente.

Il cammino di Maria assomiglia molto anche al cammino di dona Rosa: lei ogni mese percorre 13 Km per partecipare agli incontri del nostro gruppo di difesa dei diritti umani. Dona Rosa ha perso sua figlia, di 13 anni, travolta dal treno che trasporta il minerale di ferro e che corre calpestando i diritti della gente lungo la ferrovia.Il pellegrinaggio in cerca di giustizia di dona Rosa sta seminando vigore e fiducia nelle altre persone: per riconoscere la vita che viene, bisogna esse persistenti.

Incontrarsi: dev'essere stato un vuoto interiore, misto di paura e confusione, a spingere Maria in cammino verso Elisabetta. Anche oggi le persone, confuse e indebolite, hanno molto bisogno di incontrarsi. All'inizio sembra uno sforzo contro corrente, ma chi riesce a superare la resistenza dell'isolamento e dell'individualismo sente il gusto e la bellezza dell'incontro.
Durante tutto l'anno, la nostra gente si é incontrata nelle case molte volte, pregando e condividendo la Parola di Dio, in piccoli semplici gruppi biblici. Si é ripetuta, nella storia di oggi, l'irruzione dello Spirito Santo nelle case dei piú semplici.

Sorprendersi é lasciarsi stupire dalla bellezza inattesa e nascosta che scopriamo all'improvviso nei fatti della vita; é qualitá dei bambini, per i quali tutto é nuovo e speciale. E cosí, il bambino nel ventre di Elisabetta salta di gioia e ci invita a riconoscere i fatti di speranza quotidiana.

Quando, assieme alla gente, tentiamo riscattare i maggiori segnali degni di stupore, molti indicano la resistenza dei piccoli.

Selma ne é un esempio: lottando per settimane intere per un diritto che dovrebbe esserle garantito (l'emodialisi gratuita), al limite fisico della sopravvivenza, ha raccolto un gruppo di donne attorno a sé. Chi cucinava per lei, chi le lavava i vestiti... e chi alzava la voce in suo nome contro i servizi pubblici sordi e indifferenti.

La resistenza delle donne ha vinto l'ipocrisia del nostro sistema municipale di salute pubblica: sará Natale anche per Selma, sará Natale perché ancora bambini e sogni sobbalzano nel ventre dei piccoli, che camminano, si visitano e riscaldano la speranza!

Missione é: http://padredario.blogspot.com/

É graça divina começar bem. Graça maior persistir na caminhada certa. Mas graça das graças é não desistir nunca.
(D. Hélder Câmara)

16 dicembre 2009

LETTERA DI NATALE

Nell´imminenza del Natale ci sentiamo quasi in obbligo di fare gli auguri e scrivere parole buone: un obbligo che a volte diventa pesante, perché sembra troppo formale e suona anche un pó falso. Avendo ricevuto questo del monaco Padre Marcelo Barros agli amici che mi ha toccato profondamente, la faccio mia e la condivido con voi lettori del blog, affinché l´augurio dell´amico per me sia anche il mio per voi. Cosí, indirettamente, vi passo anche le notizie sulla salute del fratello Marcelo, che vive una situazione di estrema sofferenza. É un profeta e un pioniere della Chiesa-popolo di Dio e della liberazione degli oppressi. Soffre le conseguenze del suo impegno. Ricordiamolo nella preghiera.

"So che la fonte sgorga e zampilla
nonostante sia notte....
Non conosco la sua origine, oppure so che non ce l´ha.
Da essa nasce tutto ció che é fonte.
Questo lo so, nonostante sia notte.
I suoi torrenti sono abbondanti,
Irrigano la terra, il cielo e l´inferno
E pure i popoli e le persone,
nonostante sia notte".

San Giovanni della Croce.


La celebrazione del Natale non é il compleanno del bambino Gesú, a un evento pasquale che ci ricorda: l´umanitá continua a essere visitata da Dio per diventare, man mano, sempre piú divinizzata. In questo Natale, la nostra gioia é vedere che, in tutta l´America Latina, pur essendo ancora notte, comincia giá ad apparire l´alba di un nuovo giorno délla libertá e dell´unione continentale e bolivariana, che comincia da una nuova valorizzazione delle culture e dal rispetto per la dignitá di tutte le persone e perfino di ogni essere vivente, per mezzo del quale l´amore divino feconda l´universo.

Che la luce di questo amore cominci a rompere le nostre tenebre, delle strutture del mondo e delle Chiese, e ci rafforzi nell´impegno di essere persone di dialogo e comunione. Cosí, nel nostro piú profondo essere, scopriremo un presepio, nel quale riposa non piú il bambino Gesú ma il Cristo risorto, per le persone con le quali conviviamo e che incontriamo. Vi scrivo questo di cuore, come uno che si sente debole e povero, tuttavia col cuore gravido di tale speranza che esiste la fonte, ed essa é vicina e zampilla. Col desiderio immenso di ri-imparare il linguaggio del dialogo e dell´impegno di liberazione come cantico universale del Natale, vogliate accettare un abbraccio affettuoso del fratello irmão Marcelo Barros.


Aggiungo solo poche notiziole: la prima é che questa mattina ho ricevuto la visita ufficiale di una delegazione (che vedete nella foto) della comunitá San Francisco, il quartiere in cui abito, a partecipare alla loro novena di Natale. Andró stasera. Noi preti siamo pochi, e le comunitá di una parrocchia sono tante. Il risultato, purtroppo, é che volendo essere un pó presenti ovunque finiamo per non esserlo a sufficienza in nessun posto: nemmeno vicino a casa. Questo é il messaggio che mi hanno trasmesso, ed é la pura veritá. Si é parlato del modello dei presbiteri, che é stato il tema della loro seconda sera di novena, e mi hanno detto: "Forse il clero deve ripensare la sua organizzazione". Io ho risposto: "Il primo passo é che voi coordinatori di comunitá vi facciate carico del vostro sacerdozio battesimale: uniti in Cristo a tutti noi, prendetevi cura del vostro gruppo e fatevi "comunitá di discepoli di Gesú in comunione con tutti noi, e noi col Vescovo, ma prima con Cristo, naturalmente.

Interesserá a qualcuno che la conosce: abbiamo in visita Maria Helena Skovronski, che per molti anni fu l´apostola di questa comunitá San Francisco e di tante altre, soprattutto in campagna. Era venuta a Goiás dal Rio Grande del Sud come volontaria laica, dopo un´esperienza come novizia di una congregazione di suore. Ha lavorato dieci anni a Itapuranga e sei a Uruana come aiutante di Don Isacco. Negli anni novanta, dopo la partenza di don Isacco, le ho ceduto la mia casa ad Itaberaí perché continuasse la formazione di questa comunitá: io ero stato nominato parroco di Itapirapuã. Fece molto bene, e anche di piú: in molte comunitá rurali in cui passo per celebrare la messa, incontro ottimi animatori e animatrici che hanno ricevuto la prima formazione da Maria Helena. Ha lasciato il segno.

Ieri sera, sono andato a celebrare nella povera e debole comunitá rurale di Barreiro, in compagnia di una coppia di sposi che si sono presi come missione seguire quella comunitá. Ancora una volta abbiamo letto il profeta Sofonia. Al ritorno, mentre andavamo in macchina su una strada rovinata dalla pioggia e cosparsa di pozzanghere (manco a dirlo), João, il marito, commentava con le stesse parole di Marcelo (e del profeta Sofonia): "Noi laici siamo fortunati. Abbiamo la fonte a portata di mano, dobbiamo solo chiedere ai nostri preti che ci aiutino ad attingervi". Davanti a questa fede disarmante, cosa fareste voi? Come affermava la lettura della messa, abbiamo ancora in mezzo a noi tanti fanfaroni arroganti, ma ci sono anche gli umili e i poveri che accolgono davvero Gesú.

11 dicembre 2009

CARO DIARIO 3

Foto (che c´entrano col tema di Copenaghen): 1) il mio povero orticello; 2) La vicina Serra Dourada: erano montagne come le dolomiti, e in milioni di anni sono rimasti questi scheletri: quanto ci metteremo noi a distruggere il pianeta?

La stagione delle piogge regala una bizzarra sorpresa alle nostre celebrazioni eucaristiche notturne in campagna: sciami di insetti. Il piú sgradito l´abbiamo avuto dieci giorni fa nella cappella di Santa Rita. A frotte piccolissimi coleotteri a striscie bianhe e gialle hanno preso possesso della tovaglia bianca dell´altare e hanno continuato a svolazzare intorno per tutto il tempo. La gente del posto, simpaticamente ironica, lo chiama: "Maria fedida". Fedida significa puzzolente. Il nome Maria, se non mi inganno, é legato al fatto che é assai frequente... Si sono divertiti poco anche i fedeli, ma si sono confortati assistendo alla mia lotta per proteggere calice e teca con le ostie, e ad allontanare quelle che mi si fermavano sul naso. Immagino che queste bestioline siano convinte di essere profumate, perché prediligono fermarsi sul naso (oltre a girare attorno alle lampade e aggrapparsi voluttuosamente a tutto ció che é bianco). Ma la serata peggiore é stata ieri sera. Celebravo all´aperto, sotto un porticato, con un bel gruppo di gente. Intorno, la campagna tutta buia. Attratti dalla luce, gli insetti poco alla volta hanno invaso l´ambiente, cosí numerosi che ho dovuto spostare il corporale con tutte le cose della messa in un angolo buio, e poi continuare le preghiere e l´omelia stando alla larga dalle lampadine. A parte la scomoditá e il disturbo, é un autentico spettacolo osservare quanta vita c´é, quanti esseri viventi che normalmente noi neppure immaginiamo. Sono piccolissimi, spregevoli, li calpestiamo e uccidiamo, ma sono creature di Dio come noi. E forse che le nostre dimensioni e il nostro valore sono grandi in confronto all´universo che ci circonda? Chissá se il Signore non ha un piano di salvezza anche per loro?

Gli insetti sono intelligenti. Sanno esattamente fra quante ore o minuti pioverá. Quando sciamano, sta per piovere. Infatti ieri, appena finita la messa, é caduta acqua a catinelle. Se guardaste i pascoli quando é in arrivo un temporale, rimarreste sorpresi dalla nuvola che esce dalla terra e sale verso il cielo: sono le termiti, che per l´occasione mettono le ali e vanno a compiere, in mezzo alla pioggia, i loro riti di fecondazione e riproduzione. É la loro festa. Subito dopo, perdono le ali e continuano per poco tempo il loro viaggio a piedi, poi muoiono. Apparentemente, sono nate solo per questo. Ma che ne sappiamo noi? Un fatto curioso che ho osservato andando in macchina appena buio, é che a quell´ora i rospi sono tutti in mezzo alla strada, al pulito, e con la bocca aperta verso l´alto. Hanno una lingua velocissima con la quale afferrano le termiti in volo. Ne fanno il pieno. Se passate di lí dopo un paio d´ore, quando é finito il volo delle termiti, non vedete piú rospi. Si sono rintanati di nuovo in mezzo all´erba. Qualcuno, probabilmente, é servito da pasto ai serpenti: anch´essi, infatti, sanno dove andare a cercare il cibo. É una storia molto variegata e complessa, ci si potrebbe fare sopra una filosofata, oppure...un salmo.

Questa settimana é stata funestata da diversi lutti. É morta la signora Maria, la moglie di Arlindo. Ambedue, per molti anni, sono stati tra i piú impegnati nella nostra comunitá parrocchiale. Siamo sempre rimasti legati da una profonda amicizia. Sono anche i padrini di Silvio, il figlio di Peppino e Giovanna, una coppia di Varese che ha fatto volontariato a Itaberaí e continuano a mantenersi in contatto e fare visite (sono passati di qui l´estate scorsa). Arlindo era un dirigente di comunitá di base. Maria seguiva e partecipava agli incontri delle donne che si riunivano per lavori artigianali. In questi ultimi tempi si erano un pó ritirati, ma hanno seguito e aiutato moltissimo un accampamento di senza-terra. Il marito ha la mia etá, lei é piú giovane. É stata una morte prematura e inaspettata. É andata all´ospedale a Goiania serenamente, per una chirurgia alla vescicola, ma é sopravvenuta un´infezione per cui l´hanno dovuta operare di nuovo, e non ha resistito. Ho visto la sua bara scendere nella fossa, poi scomparire sotto le palozzate di terra rossa. Cosí finiamo, e di tutto il nostro parlare e movimentare rimangono solo affetti, ricordi e nostalgie: e davanti a Dio le opere buone. Cosí crediamo e speriamo.

É morta pure la signora Dalva, la mamma di Maria Alice, che fu una delle nostre catechiste. E poi l´ex-sindaco Carlos Mendonça, che é deceduto di infarto in seguito a una colluttazione con un ladro che era entrato, nottetempo, in casa sua. Per cui abbiamo avuto pure un giorno di lutto cittadino. Carlos ha la casa vicina a quella di Arlindo: era stato alla veglia funebre della signora Maria. Quando é rientrato, due ladri lo hanno seguito e quando hanno puntato le armi contro di lui e sua moglie, lui ha reagito lottando mentre i vicini chiamavano la polizia. A quel punto uno dei due é scappato, e l´altro é stato arrestato. L´ex-sindaco si é sentito poco bene, si é avviato a piedi verso l´ospedale vicino, e giá in ospedale, dopo circa mezz´ora, é stato colpito da infarto. In effetti era ancora giovane e forte, ma aveva diversi by-pass. La gente ha partecipato in massa al suo funerale, perché sono molti ad averne un buon ricordo. Curiosamente, nel momento della sepoltura gli hanno dedicato una raffica di mortaretti: pare che fosse stata una sua richiesta esplicita, perché era appassionato di fuochi.

Nel frattempo, durante la settimana scorsa abbiamo pure cambiato sindaco. Il precedente, che aveva vinto per pochi voti le elezioni, é stato condannato per compra di voti (corruzione elettorale). Per tutto l´hanno, mentre si svolgevano le diverse istanze del processo, le tensioni anche forti tra le diverse fazioni della cittá non sono mancate. Tutta la vicenda ha dei risvolti un pó oscuri e discutibili, ma si sa, in politica molta gente pensa che l´essenziale é vincere. É subentrato il suo avversario, il dottor Benedito. In pochi giorni ha giá licenziato tutti gli impiegati del primo e secondo scalone, come si usa fare da queste parti. Ora stanno setacciando i dipendenti degli scaloni inferiori. Quelli che sono stati assunti sulla fiducia, senza concorso né diplomi adeguati, se hanno partecipato alla campagna elettorale del suo rivale saranno dimessi (dicono che ci sia anche il problema di "asciugare la macchina", perché il comune ha troppi dipendenti. Don Eligio ed io siamo andati a trovarlo, perché abbiamo una convenzione col comune per la manutenzione e i salari dei dipendenti dell´asilo San Francisco, che deve essere rinnovato. Pare che non ci saranno problemi, ci ha rassicurati che rinnoverá il contratto. Il dottor Benedito é molto popolare ad Itaberaí, soprattutto per la sua professione di medico pediatra, che svolge da anni con molta attenzione e gentilezza. Le campagne elettorali accendono passioni e mettono in rilievo molte contraddizioni, ma penso che sará un buon amministratore.

Noi con queste beghe locali, mentre a Copenaghen hanno fatto la riunione sulle emissioni dei gas serra. Alla fine dei conti, hanno preso qualche misura efficace per il clima? Io ho seguito male, e non ci ho capito niente. Salveranno la terra? Proteggeranno le nostre vite, e quelle di chi verrá dopo di noi? Un amico italiano mi ha scritto: "Chico che delusione copenaghen ... quanti soldi e risorse sprecate quando sanno già che non raggiungono nulla di concreto ... sanno già che hanno posizioni divergenti e non soluzioni concrete e cosí faranno un accordo che non serve a nulla di facciata e non affrontano il problema???" Io spero che non sia vero. So che gli italiani sono sempre piuttosto pessimisti in queste faccende. Mi pare che i grandi abbiano destinato alcuni miliardi (due o tre) ai paesi poveri per la preservazione delle foreste e dei fiumi: certamente é assai poco, ma é anche vero che spesso gli aiuti sono impiegati malamente.

Mi rendo conto che questo é un post di cronaca molto locale, che a voi puó interessare assai poco. Avró difficoltá anche a trovare foto per illustrare questa pagina, perché sono indaffarato e non ho mai portato con me la macchina fotografica. Voi avete beghe assai piú grosse: ma coraggio, almeno siete governati da uno che ha le palle! Non vi consola? Se non vi basta, ritorniamo col pensiero all´Avvento, e alle promesse di Dio. Ieri sera Isaia ci diceva: "Io sono il Signore tuo Dio, che ti prendo per mano e ti dico: non temere, ti aiuteró. Non avere paura Giacobbe, povero verme, non abbiate paura uomini di Israele. Io vi aiuteró" (41, 14). E se non bastasse, ci sono le parole di Gesú: "In veritá vi dico, di tutti i nati nessuno é maggiore di Giovanni Battista. Tuttavia, il piú piccolo del regno dei cieli é maggiore di lui" (Matteo, 11, 11). Con Cristo siamo sicuri della salvezza, ma proprio per questo abbiamo il dovere di resistere e insistere nella difesa della vita.

5 dicembre 2009

AVVENTO: LA PAROLA É FORTE

Foto: un accampamento di senza terra prima della conquista: é la parola che ha creato cose nuove.

É un momento importante per il nostro futuro e quello del pianeta terra: i governi piú potenti del mondo stanno preparando la Conferenza di Copenaghen sui cambiamenti climatici. Il risultato di quella Conferenza dovrebbe sostituire il Protocollo di Kyoto, del 1997, che aveva fissato la riduzione dei gas serra di 8%. Il governo brasiliano ha annunciato la sua proposta di mete. Definito come "Azioni per la mitigazione delle emissioni fino al 2020", il progetto del nostro governo federale chiede la riduzione tra il 36,1% e il 38,9% di emissioni di diossido di carbonio, uno dei gas responsabili dell´effetto serra. Assieme al governo, parteciperanno i lavoratori brasiliani rappresentati dalla CUT (Central Unica Trabalhadores), che aveva elaborato un documento assieme ad altre centrali sindacali in cui chiedeva la riduzione del 40%.

La segretaria della CUT per i problemi ambientali, Carmen Foro, ha giá presentato la proposta in un incontro di inizio dicembre a Barcellona. La dirigente, (sindacalista abbastanza incline a sviolinare Lula e ad autocompiacersi, come potrete notare), sostiene che la decisione del governo rappresenta un grande passo avanti. "La proposta brasiliana é molto coraggiosa, se si pensa che il Brasile non avrebbe l´obbligo di presentare mete a partire da Kyoto, poiché la sua industrializzazione é stata molto tardiva. Ma quando tu hai una societá che esige, partecipa, si manifesta, e un governo cosciente, responsabile, che prende in mano in timone, il risultato é questo. Il Brasile si sta costituendo nazionalmente e internazionalmente una capacitá di lideranza mai vista". "Un altro grande passo - afferma Carmen - é avvenuto il 26 agosto scorso, quando il Senato federale ha approvato il progetto che istituisce la Politica Nazionale sul Cambiamento Climatico (PNMC). Lo stesso giorno é stato creato il Fondo Nazionale sul Cambiamento del Clima, vincolato al Ministero Ambientale, con l´obiettivo di garantire il finanziamento di studi e programmi sul cambiamento climatico e il suo impatto sull´ambiente".

Dichiara ancora Carmen Foro: "Al contrario di quanto avevano annunciato inizialmente, gli Stati Uniti e la Cina, responsabili del 50% di emissione di gas sul pianeta, hanno annunciato che presenteranno una proposta di riduzione di emissioni. Il presidente Barack Obama dovrebbe annunciare l´intenzione di diminuire del 18% il CO2 prodotto dal suo paese. Il governo cinese é stato piú audace: deve ridurre tra 40% e 50% le emissioni". "Se non adottassero questo atteggiamento, EUA e Cina rimarrebbero isolati davanti al resto del mondo e questo non combina con ció che ci si aspetta dai lider mondiali. Sarebbe una delusione per il mondo e una vergogna per loro".

Queste notizie, tratte da un articolo pubblicato dalla CUT sul sito Adital, sembrano in sintonia con i testi dei profeti che leggiamo continuamente in Avvento: traboccanti di speranze e promesse. In Italia si usa ripetere, con amarezza e scetticismo: "Parole, solo parole". Ma la parola é importante, non bisogna sottovalutarne la forza. Soprattutto da quando "la Parola si fece carne e abitó fra noi". Oggi, ad esempio, Isaia proclamava che il Signore aprirá gli occhi dei ciechi perché vedano la sua opera, non si disperino e non si vergognino di credere. Noi, a Goiás, li cantiamo abbondantemente, quei testi profetici, negli inni di Natale. É importante, nei periodi brutti, alzare la testa e farsi coraggio: "Ecco che verranno giorni - dice il Signore - in cui susciteró a Davide un discendente giusto: un re regnerá e agirá con intelligenza, ed eserciterá sulla terra il diritto e la giustizia" (Geremia, 23, 5). "Dalla terra cosí secca sta sbocciando un fiore - che consola i pianti e le grida di dolore - catene si spezzano, i recinti cadono - nasce una nuova era della storia. - Dentro alla notte scura - della terra dura - del mio popolo - spunta una luce radiante - nel petto smarrito: é giá mattino" (inno della liturgia di Góiás). Se il popolo si sveglia e cammina anche i potenti, poco alla volta, dovranno seguirlo: il problema, per noi moderni, é non lasciarci addormentare dalla midia e dal mercato, ma anche dall´eccessiva fissazione sui fatti negativi.

La mia pagina di oggi potrebbe anche finire quí, ma vi racconteró anche che la Diocesi sta ri-pubblicando il suo "Diretorio" (un libriccino con le linee fondamentali per l´evangelizzazione, l´organigramma della struttura pastorale e le norme pratiche per i presbiteri, religiosi e laici che abbiamo discusso e votato nella riunione di coordinamento diocesano quindici giorni fa. É un lavoro di equipe, ed ora io ho il piacere e l´onore, per incarico del vescovo, di scrivere la redazione finale. In precedenza ho fatto la sintesi della storia della Diocesi e delle Assemblee. Mi sono venuti dei testi talmente buoni che li abbiamo usato per una veglia di preghiera con gli operatori e operatrici di pastorale. Mi vanto un pó, ma in realtá non é merito mio: se si va un pó indietro a mettere insieme tutto quello che é stato pensato e fatto in questa Diocesi, e gli avvenimenti che ne hanno scolpito il volto, si sente che lo Spirito Santo ci ha dato una buona mano e, alla luce della Parola e del Concilio Vaticano II, ci ha trasformati in una Chiesa viva, Popolo di Dio e piena di passione per il Vangelo: nonostante tutti i limiti che ci sono ancora. Per dirlo con le parole di Isaia, "i sordi hanno udito le parole del libro e gli occhi dei ciechi hanno visto in mezzo alle tenebre e alle ombre" (29, 18).

Vedere i segni del Regno di Dio, sentire Gesú, il salvatore, che viene, nonostante il buio e il male che sembrano dominare la terra: questo é il richiamo dell´Avvento. La parola apre gli occhi, trasforma. Una signora anziana, questa sera, chiacchierava durante la mia omelia e io sentivo quello che diceva. Era un commento al mio commento della lettura: "Quando ci cade addosso un dispiacere si comincia a vedere tutto nero, e se uno si lascia trascinare da questa onda non ne esce piú. Invece bisogna vedere anche tutto il bene che c´é, tutte le meraviglie che Dio continua ad offrirci". Aveva capito, ed era cosí contenta che aveva agganciato la sua compagna di banco e non la smetteva piú di parlare. Quando una ( o uno) parla cosí, sta accadendo qualcosa di nuovo in lei. Sta crescendo. Stamattina un giovanotto mi raccontava la sua storia di quando é uscito dalla droga (quasi due anni fa): "A me piaceva la droga. Sapevo che mi faceva male, e che sprofondavo sempre di piú, ma mi piaceva. Un giorno sono andato a messa, ho sentito Padre Severino che parlava di Gesú con tanta emozione, che ho detto a me stesso: devo smettere, e seguire Gesú Cristo. Al momento della comunione sono andato a ricevere l´Ostia, ho detto a Gesú: se mi dai una mano non mi ferma piú nessuno. Ultimamente sono i miei amici drogati che mi aiutano piú di tutti. Quando dico per scherzo: "fumiamo insieme un pó di erba" - mi dicono: "Non sarai mica matto? Tu che ne sei uscito, non puoi ricadere. Se vuoi tornare alla droga, non contare su di noi!". E ora io ripeto: "Signore, aiutami, e non mi ferma piú niente e nessuno".

La forza della parola agisce a sorpresa, nei momenti e nei luoghi piú impensabili, esattamente come osserviamo nei racconti dei Vangeli. Non per nulla qualcuno ha scritto che la nostra vita puó essere un quinto vangelo (credo che la frase sia di Charles de Foucalt). Ieri sono stato in campagna da mattino fino a tardo pomeriggio, a invitare gente ad una preghiera. La Commissione Pastorale della Terrra di Itaberaí ha deciso di fare una Veglia sul tema "Avvento, Riforma Agraria e Ambiente", e la coordinatrice (Eleusa) é venuta con me a combinare l´incontro tra i senza-terra giá accampati su un´area conquistata, e ad invitare la gente. Si é messo a piovere a tutta forza. Abbiamo letteralmente navigato tra le pozzanghere: il fango é arrivato fino al tetto della macchina. Le famiglie hanno piantato, sugli appezzamenti giá assegnati, le loro baracche di pali coperti da un telone di plastica nera. Sotto i teloni ci sono tamburi di plastica, di quelli che usano per il combustibile delle macchine agricole: riutilizzati per raccogliere l´acqua piovana....La prima signora che abbiamo visitato, Maria Lucia, ci ha accompagnati a visitare le altre famiglie. Il marito é rimasto in casa a prepararci il pranzo. Tutti ci hanno accolto bene, hanno risposto di sí all´invito, e ci hanno regalato le loro prime verdure prodotte sulla propria terra. Sono contenti, perché hanno giá in mano il progetto della casa che costruiranno. Quasi tutti stanno piantando gli alberi da frutta che vorranno avere vicino a casa. Verso l´una siamo andati a pranzo: c´é voluto del tempo, perché abbiamo dovuto cuocere alcune verdure da mescolare al riso e ai fagioli. Zé aveva cominciato anche un umido di pollo, ma non era ancora pronto. Nel pomeriggio abbiamo fatto altre visite, fin dove la strada lo permetteva. A un certo punto, infatti, il fango era cosí profondo che ho dovuto desistere per non rimanere piantato. L´ultimo ad essere visitato, Coró, ha offerto la sua casa per la veglia: era la sede della fazenda, quindi é una casa vera, giá pronta, con stanze grandi e la luce elettrica. Mi ha pure regalato uova e zucche. Le ho portate ai colleghi preti. Io vado matto per le zucche, ma erano tante, le mangeremo insieme. Per dire quanto sia forte la parola, che mette in movimento la gente in luoghi cosí solitari e difficili, in mezzo alla pioggia e al fango, perché ha bisogno di incontrarsi, di credere e lottare, per vivere.

Mi scrive un italiano che ha generosamente aiutato le nostre comunitá ed ha adottato dei bimbi di qui: "Chico una confidenza, fare del bene dovrebbe essere una cosa grata che facciamo con gioia e senza fatica ma nonostante fin da giovane ho ritenuto giusto impegnarmi per i meno fortunati e da un pò ho trovato questa forma molto calvinista della decima come impegno costante ... lo faccio credendo che sia giusto.... ritengo molto più serio che dare pochi spiccioli in chiesa la domenica.... anzi io ho sempre odiato la questua e l'abolirei... ma poi ogni volta che verso e destino dei soldi c'è sempre una vocina dentro di me che mi tira indietro,,, che mi fa pensare se non sono troppi... che mi fa tirare il culo indietro.... e so di essere molto distanti da voi che avete dato tutta la vostra vita agli altri... "don la realtà è che nonostante dica che noi occidentali sfruttiamo il terzo mondo e dobbiamo avere un senso di colpa, nonostante comprenda i poveri ( quando ero piccolo in casa mia da mangiare cene è sempre stato ma per la malattia di mio padre di soldi sempre pochi e il superfluo non sapevamo cosa era) ... so come sia umiliante per un bimbo quando gli altri possono avere anche solo una matita nuova e tu no ..ti tieni i ruoi mozziconi...
non sono ancora arrivato a donare con naturalezza e gioia... forse anche perchè ho toccato per mano come vengono usati i soldi donati in certe associazioni, forse perchè ..non lo so il perchè ma è sempre fatica". E io rispondo: "Non ti preoccupare e non fare mai piú du quello che ti senti. Tutti facciamo fatica a donare e donarci. Tuttavia la parola ci ci inquieta, ci fa agire contro il nostro istinto". Quando noi diciamo, leggendo la Bibbia, "Parola di Dio", a volte dimentichiamo che la Parola di Dio non c´é solo nessa Bibbia. Essa continua in noi, e ogni nostra parola, talvolta e inaspettatamente, puó diventare Parola di Dio.

Il mio amico Giuseppe Stoppiglia scrive (sul sito di Macondo) pensieri profondi sul valore della parola: "Il pensiero e la voce (non c’è voce senza pensiero) sono ormai l’ultima linea di resistenza per riprendere il percorso educativo. Quello di oggi è uno di quei momenti più difficili perché il confronto e lo scontro non avverranno, nonostante le apparenze, sul terreno dei mezzi militari e delle prove di forza materiali, ma sul possesso e sulla manipolazione della parola. Sto pensando a qualcosa di lento e di sotterraneo, a una specie di processo osmotico che valica frontiere e supera steccati, senza che quasi nessuno se ne accorga prima che sia avvenuto, a una sorta di penetrazione delle parole attraverso le barriere del fuoco e dell’acciaio da cui siamo ormai tutti circondati e imprigionati e che ci stanno dividendo al nostro interno gli uni dagli altri, in modo diverso e misura, ormai stranieri in patria. Lavorare sulla parola e per la parola è, quindi, il compito che ci sta davanti. Allargare e dilatare lo sguardo è l’imperativo etico che insieme alla memoria ci aiuta a ricostruire la storia e le storie. Ogni epoca storica chiama la fede e provoca le nostre dimensioni di vita più segrete. Se davvero sentiamo la frammentazione, l’oscurità del presente e le sofferenze che provocano, in noi si deve risvegliare la capacità di vedere un altro ordine del mondo. Vedere realmente non significa fissare qualcosa con lo sguardo e restare fermi, significa iniziare ad agire, perché la vera visione mette in cammino. La società, per diventare equa e armoniosa, deve essere intessuta, come dice Martin Buber, in “comunità di comunità”, cioè dentro una trama complessiva ricca di luoghi, di tradizioni e forme di relazione, dove nessuno è dichiarato ultimo o extracomunitario, perché invece ognuno è considerato come presenza preziosa, un valore vivente infinito, con un volto e una storia".

29 novembre 2009

COME RUGIADA, LA GIUSTIZIA DAL CIELO

Foto: 1)Riapertura del monastero: rito di accoglienza; 2) I due "piccoli fratelli" che gestiranno la casa; 3) L´assemblea dei fedeli. 4)Una ragazza di Maserno che sale sulle montagne del Cile: suo padre mi ha mandato la foto pochi giorni fa.

Chi desidera vedere le foto della riapertura del monastero, puó utilizzare questa link: http://cid-3b4a395ce4efcac3.skydrive.live.com/browse.aspx/apertura%20mosteiro%2029%20novembre%202009

Durante la notte mi ero svegliato con un´idea é mi ero alzato per scrivere la solita pagina di blog per non dimenticare, ma non ero del tutto soddisfatto. Perció avevo avvertito che ci sarebbero stati dei cambiamenti. Ed eccoli: a cominciare dal titolo. Stamattina é stato riaperto ufficialmente il monastero di Goias, ed io ho partecipato alla celebrazione. L´ho fatto senza i paramenti, per essere libero di fotografare. Vedete nella prima foto come sta bene il clero, sempre in bella mostra. Siamo una casta, no? Dio ha creato il mondo, le caste se ne sono impadronite! Ma c´erano anche parecchi laici e laiche affezionati del monastero: perfino un nutrito gruppo di oblati benedettini.

Il monastero, per volontá del vescovo che ora é responsabile amministrativo, continuerá col nome di monastero dell´annunciazione, ma non é piú benedettino. Al posto dei monaci, c´é una comunitá formata da due "piccoli fratelli di Charles de Foucault", Gabriel e Marcos. Sono giá arrivati da quindici giorni e hanno giá dimostrato di essere dei gran lavoratori. Hanno ripulito perbene gli edifici e i giardini, che non é cosa da poco: "Abbiamo lavorato dalle 6 del mattino alle 8 di sera" - sostiene André, il prete della fraternitá, che é in comunitá a San Paolo ma per l´occasione é venuto ad aiutarli. I piccoli fratelli avranno la responsabilitá dell´accoglienza e delle relazioni con la gente del quartiere, che é la zona piú povera della cittá di Goiás. Questo é il loro carisma, e sono stati ben contenti di accettare la proposta della diocesi anche con la speranza di ingrossare quí le file della fraternitá di de Foucault, che in Brasile é ancora molto piccola. Inoltre, la casa funzionerá anche come centro di spiritualitá per la diocesi: per ritiri ed esercizi spirituali, ma anche per chi, laico-religioso o prete, voglia passare una giornata di riposo, preghiera e riflessione fuori programma. Per cominciare abbiamo giá fissato un ritiro spirituale per preti e operatori pastorali nel prossimo febbraio. Abbiamo cantato "Dalla terra secca spunterá un fiore". Testo parafrasato dal libro di Isaia, che é il profeta piú letto nella liturgia di Avvento e Natale. Infatti oggi é la prima domenica di Avvento. "Avvento non é attesa di un futuro lontano, ma avviene ogni giorno e ogni momento: Cristo é tra noi, e rinnova la vita". La rinascita di questo luogo ne é la prova: finita una comunitá, ne comincia un´altra. Noi, peró, sappiamo bene che la giustizia non cade dal cielo come rugiada: é venuto con Gesú, ma cresce soltanto quando ci lasciamo condurre da lui.

Al nostro vescovo che nell´omelia gli chiedeva di raccontare come era nato il monastero benedettino di Goiás, dom Tomás, vescovo emerito, ha risposto sagacemente: "La comunitá nacque naturalmente come quando una cosa é chiusa in un contenitore che non la contiene piú. Tre benedettini erano in un monastero di Curitiba e hanno cercato la nostra diocesi perché amavano la nostra scelta preferenziali per i poveri. In realtá é stata un´occupazione: il popolo, con loro, ha occupato uno spazio in questa chiesa. Ed é rimasto fino a quando non é stato sfrattato, come accade per gli accampamenti dei senza terra".

Anche la pastorale ha bisogno di rinnovarsi. Ha bisogno di Avvento e di Natale. Per questo a fine anno si fanno bilanci e programmi per l´anno seguente. Noi l´abbiamo fatto nella riunione di coordinamento diocesano del 21-22 novembre. Poche novitá: ci sono le tensioni e contraddizioni tipiche del nostro tempo. La tendenza ad una pratica religiosa che fugge dai problemi reali é sempre forte. Laici che sognano una bella tunica per servire all´altare. Preti giovani che preferiscono assecondare le devozioni private e lo stile caratteristico deo carismatici e delle chiese pentecostali. Ci siamo preoccupati un pó, ma non ci scandalizziamo. Vengono da contesti diversi dai nostri e sentono meno le questioni sociali: di piú il problema di salvare la gente dalla droga e dall´alcool facendo leva sul fervore religioso. Non possiamo dimenticare che anche la presa di coscienza del progetto di Gesú é frutto di un processo. Ma ho visto anche la determinazione del Vescovo, delle religiose, dei laici a resistere. "Vogliamo dare ai laici una formazione socio-politica, seguendo la linea "fede e politica", a livello parrocchiale e regionale (nei vicariati, che quí si chiamano regioni). "Vogliamo lavorare anche con la gioventú universitaria". "Vogliamo la marcia per la terra e l´acqua" e la marcia "in memoria dei nostri martiri". Le due manifestazioni sono giá state fissate in agenda: la prima il 5 giugno prossimo, ad Anicuns (fuori diocesi perché é di tutto lo Stato di Goiás). La seconda, per il 23 ottobre, sará in una nostra parrocchia, in occasione dei 25 anni della morte di Nativo da Natividade, un giovane delle nostre comunitá che fu assassinato perché, da sindacalista, difendeva i diritti dei tagliatori di canna da zucchero. Per l´occasione saranno invitati anche don Giuliano Barattini, che fu uno dei piú decisi sostenitori di Nativo e promosse il processo agli assassini (per l´occasione compose una bella canzone che é ancora in uso e sará cantata nella Romaria). E Padre Francesco Cavazzuti, che é il nostro martire-vivo.

Per il Natale del mercato globale, l´Avvento é giá cominciato da un pezzo nella pubblicitá: panettone, porchetta, spumante, regali, ferie tropicali. É un´occasione d´oro per accelerare l´economia capitalista. Questo é un natale-morte: non fa nascere nulla di nuovo. Arricchisce chi é giá ricco. Uccide il pianeta con l´inquinamento e lo sfruttamento accanito delle risorse a scopo di lucro. Fa morire di fame gli africani. Produce le migrazioni di tante "famiglie di Nazaret" a cui, poi, diremo: "Non c´é posto per voi". Per il Natale dei devoti, invece, l´Avvento comincia oggi. Ma anche questo é discutibile, se serve solo a raccontarcelo come una favoletta per sentirci piú buoni. Il motto dell´Avvento é non dormire: e noi, spesso, si dorme con la coscienza tranquilla, evitando di guardare in faccia la realtá.

Scrive il monaco Marcelo Barros, in una lettera agli amici: " "La notte é quasi finita e il giorno giá si schiarisce. Vinciamo ogni torpore di sonno e alziamoci, perché la nostra salvezza é piú vicina a noi..." (Paulo aos romanos 13, 12- 13). Cari fratelli e sorelle, in questa domenica che le antiche Chiese d´Occidente chiamano prima domenica di Avvento, inizio del nuovo anno liturgico, questa lettura di Paolo é proclamata nell´ufficio del mattino. É importante notare che i cristiani di Roma cominciavano giá ad essere perseguitati dall´Impero, ed emarginati dal giudaismo ufficiale dei rabbini del tempo. Stavano affrontando ogni tipo di difficoltá interne ed esterne. É in questo contesto che Paolo scrive: "La notte sta passando e il giorno sta quasi schiarendosi". Nella Bibbia, notte e giorno sono simboli e dire che il giorno é quasi chiaro significa affermare che le cose si chiariranno e miglioreranno". E da questo viene l´appello: superiamo ogni tipo di sonnolenza e svegliamoci per un nuovo giorno". E il monaco aggiunge: "Condivido con voi questo appello, oggi, che io stesso ascolto per me. Nel contesto nuovo del mondo. Niente ripetizione di riti e consolazioni illusorie di una fede ingenua".

Ieri mattina ho condotto l´incontro dei dirigenti delle comunitá rurali in preparazione della Novena di Natale, e Arcangelo ha commentato cosí la frase del Vangelo: "Vegliate e pregate!": "Restare svegli, per non entrare ingenuamente e inavvertitamente nello spirito del mercato, che fa del Natale di Gesú una festa del consumismo che distrugge la vita nel mondo. Essere vigilanti e non dormire, per poter accogliere prontamente e gioiosamente nella nostra vita la speranza che Egli ci porta".E ancora: "Riconoscere i segni del Regno, che é il progetto di Dio, per il quale Gesú ci viene incontro. Non dormire sugli allori della nostra fede e identitá cristiana, come se la nostra coscienza potesse sentirsi a posto con un bel presepio e una messa, mentre la disuguaglianza e la violenza dimostrano che siamo ancora complici di un sistema di morte e di una vita non fraterna e non condivisa".

"L´invocazione piú ripetuta nella liturgia dell´Avvento é: Maranatha, vieni Signore Gesú: invocazione aperta a tutte le novitá che rigenerano la speranza e l´impegno". Katiuska, la suora venezuelana, spiegando i simboli dell´Avvento, ha commentato: "La corona di rami verde speranza, che rappresenta il nostro universo su cui incombono sempre le tenebre e l´oscuritá. La venuta di Gesú ci fa accendere, dentro alla corona, le quattro candele dell´avvento, o le nove candele della novena, perché crediamo che Lui é la Luce che squarcia quelle tenebre. I colori tristi e tenui degli arredi sacri, il viola e il rosa; l´assenza di ornamenti sull´altare: per creare un vuoto che fará esplodere l´allegria del giorno di Natale".

Suor Katiuska ha poi ricordato gli impegni presi dalle Comunitá Ecclesiali di Base nell´incontro nazionale (interecclesiale) di Porto Velho, in Rondonia (a cui lei ha partecipato): "Ci impegniamo a rafforzare le lotte dei movimenti sociali popolari: dei popoli indigeni per la demarcazione delle loro terre e il rispetto della loro cultura; degli afro-discendenti, per il riconoscimento legale dei loro "quilombos"; delle donne, per la loro dignitá e la crescita delle loro organizzazioni; degli abitanti delle rive, per la legalizzazione dei loro poderi; degli espropriati dalle dighe, per il diritto ad una terra equivalente e per indennizzazioni congrue; dei senza-terra, per la Riforma Agraria; dei Movimenti Ecologici, contro la devastazione della natura e la difesa dei fiumi e degli animali".

Un Natale cristiano non é, quindi, un "Bianco Natale", come una favoletta idilliaca e consolatoria per passare una giornata fuori dalla competizione ed egoismo quotidiano. Oppure (tanto meno) da usare per difendere l´identitá di una fede cristiana senza Gesú e senza Vangelo, o contro Gesú e il Vangelo. Un Natale cristiano, per le Comunitá Ecclesiali di Base, é una militanza che dura tutto l´anno, per un progetto politico contro l´ingiustizia, la disuguaglianza e l´esclusione. Sono impegnate in un cammino tutto in salita. Oggi sono quasi sempre indebolite da una ripresa religiosa che vuole ignorare i conflitti, bearsi di una spiritualitá di fuga dai problemi concreti, e proteggere la propria identitá cristiana fatta di pregiudizi e discriminazioni: ma sono vive e rivendicano: "Creare comunitá ecologiche di base nei quartieri di cittá. Rafforzare la formazione biblica. Stimolare una chiesa tutta ministeriale in cui laici e laiche siano protagonisti e soggetti della missione. Dialogo ecumenico e inter-religioso superando l´intolleranza e i pregiudizi". É un cristianesimo che non ha paura del futuro, né dei diversi. "Un altro mondo é possibile". Gesú é venuto per aiutarci a fare questo, e non puó accontentarsi di un´identitá cattolica in cui "non c´era posto per loro".

Per i poveri, l´unica ricchezza del Natale é questo rinnovarsi della speranza. Lo dicevano, l´altra sera, quelli della comunitá Lago Primavera: "Per me il giorno di Natale é come gli altri giorni". Perché uno é in attesa di un trapianto di rene, l´altra é disoccupata e deve chiedere aiuto anche solo per mangiare, tutti hanno vite difficili. Penso che la sfida piú grande della nostra fede sia questa venuta di Gesú, che mostra un Dio impotente (perché non dona la salute al marito di Nilda, che é una persona cosí umile e buona? Perché lascia Marcelo a lottare contro il tumore, invece di curarlo?) che si offre per aiutarci, sta accanto a noi, fa tifo per noi, ma aspetta che siamo noi ad affrontare il male. Il Gesú del Natale é debole, ma l´impegno a cui ci chiama é forte: superiore alle nostre forze. Eppure San Paolo scrive che l´intervento di Cristo trasforma la nostra debolezza in forza. Il Natale dell´identitá cattolica é per i ricchi. Lo usano, talvolta, come un muro per impedire che i poveri disturbino i loro lauti pranzi. Per i poveri é l´irruzione nella storia umana di un Dio che vuole sovvertire l´ordine ingiusto, e aprire un cammino per una umanitá di fratelli che vivono, pensano e agiscono da figli di Dio.

19 novembre 2009

POVERI E LIBERI?

Foto: 1 e 2)Hemerocallis del mio giardino; 3) Un dettaglio dell´incontro diocesano dei sindaci e consiglieri comunali.

Riprendiamo dalla notizia dell´ultimo post: "Una chiesa «povera e libera», «così dev'essere la comunità ecclesiale, per riuscire a parlare all'umanità contemporanea» ed essere vicina alle sfide di oggi: crisi economica, immigrazione, educazione dei giovani. Lo ha detto papa Benedetto XVI nell'omelia della messa celebrata nel Duomo di Brescia, culmine di una sua visita pastorale nella diocesi. (ANSA)". É vero, ma é complicato, no? La Chiesa é una istituzione molto grande, fortemente centralizzata. É quasi un impero: religioso, s´intende. Retta da un ordine sacerdotale che é come un esercito, e costa molto. Ha bisogno di molto denaro per far funzionare tutte le sue strutture. Come si fa a predicare in piena libertá il vangelo che denuncia l´oppressione sistematica dei potenti sui poveri, quando si dipende dal loro finanziamento? E la gente é disposta a sopportare una Chiesa povera e che sta dalla parte dei poveri?

Giá negli anni 60, durante il Vaticano II, dom Helder Câmara assieme a un nutrito gruppo di vescovi (circa 300), aveva fatto proposte concrete per un percorso di conversione della Chiesa alla povertá. Nel 64, dom Helder scrisse in una lettera: "Ho mostrato che piú grave ancora del trovarsi coinvolti dall´ingranaggio del denaro, é di essere prigionieri dell´ingranaggio del prestigio e della forza" (da "As noites de um profeta - Dom Helder Camara no Vaticano II, di José de Broucker, pag. 91, Paulus).

Mi fa venire in mente una vecchia canzone italiana il cui testo era: "E allora dái, e allora dái - le cose giuste tu le sai - e allora dái - e allora dái - dimmi perché tu non le fai?" Un amico mi ha mandato, dall´Appennino modenese, un testo sulla questione del crocefisso (in Italia c´é pure una questione del crocefisso), in cui conclude: "Tocca a tutti noi, ma in particolare tocca a voi, “colonne della chiesa”, mettervi alla testa del Popolo di Dio. Fate un bel passo indietro e datevi da fare ( demosi da far), come disse Giovanni Paolo secondo, scherzando in romanesco. Non c’è tanto da scherzare. Datevi da fare sul serio. Tocca a voi. Non so come, ma so con esattezza che c’è un modo solo: quello di quel tal Francesco da Assisi, Patrono d’Europa, che non volle mai far parte del clero del suo tempo. Fate in fretta prima che anche il suo ordine sia intaccato dal tarlo delle ricchezze. Non dite più che la chiesa è dei poveri: dimostratelo con la vita, e vedrete che mai nessuno metterà più in discussione il Cristo nelle scuole. Pace e bene a tutti!"

Lasciamo perdere, almeno per il momento, e occupiamoci di cose piú facili. Domenica scorsa sono andato a celebrare la messa a Calcilandia, tra le montagne, in un paesaggio da idillio. Una signora mi ha fatto notare quella meraviglia: davanti a una finestra della cappella isolata in mezzo alla steppa, un´immensa distesa verde con il bestiame intento a pascolare, e sullo sfondo le montagne della Serra Dourada, suggestive, che si innalzano fino ai mille metri di quota. Faceva un caldo terribile, ed io sudavo e sudavo. Ad un tratto, durante il canto, ho pensato bene di sedermi per un pó, per riprendere fiato. Immediatamente una signora mi ha portato un bicchiere di acqua fresca. In quell´istante mi sono reso conto di quanto siano cambiati i tempi. In quel posto alla fine del mondo, fino a poco tempo fa non avevano nemmeno l´energia elettrica. Ho costruito io il primo rustico di quella chiesina, quasi 40 anni or sono. Si celebrava la messa alle tre del pomeriggio, e si moriva di caldo. I bambini erano molti, allora, e di solito piangevano in coro. Se mi fossi seduto a quel modo, probabilmente mi avrebbero preso per un frocio. Ora che si celebra di sera, i bambini sono pochi e ben nutriti, la gente ha installato in chiesa una macchinetta che fornisce acqua naturale e acqua fresca: e me la portano all´altare.

Calcilandia mi ricorda don Graziano Botti. Prima di me, nel 67, era lui a celebrare in quel paese che, a quei tempi, di chiamava Caiera (é il nome popolare per designare una cava di pietra da calce). Gli uomini lavoravano alla cava. Lavoro infame, e molti erano fuggitivi della giustizia di altri Stati del Brasile. Quello che guadagnavano, finiva quasi tutto in favolose bevute di "cachaça". Non c´era la cappella, e la messa era nell´unica sala grande della scuola elementare, al centro della borgata. Di fronte c´erano due o tre "botecos", botteghe in cui si vendeva di tutto e che servivano anche da bar. Gli uomini arrivavano a messa con il "macete" alla cintura. C´era uno che quando era ubriaco piangeva come un bimbo e voleva confessarsi: veniva da me, e io non sapevo come trattarlo. Guardavo quel macete alla sua cintura, e proferivo parole amichevoli. Mi raccontavano che don Graziano, una volta, dovette scappare in uno stanzino perché cominció una sparatoria intorno alla piazza mentre celebrava, e i fedeli si sparpagliarono da ogni parte. Adesso io critico il progresso che distrugge l´ambiente, il capitalismo che ha sconvolto la cultura contadina: e la gente sta attenta, molti sono d´accordo. Ma lo possiamo fare perché c´é stato il progresso. Me la chiarite, voi, questa contraddizione?

Un episodio molto simile mi é accaduto martedí sera, nella Fazenda Maria Alves, assai piú vicina e meno impervia. Confessioni dei cresimandi (tutti adulti) in una cappella nuovissima, ampia e confortata da grandi ventilatori. Intorno, aranceti bellissimi e piantagioni di soia, irrigati da un impianto centrale a pivot. La serata era afosa e la chiesina era un forno, nonostante la ventilazione artificiale. Ad un certo punto entra un giovanotto per confessarsi e mi fa: "Padre, lei quí muore dal caldo. Bisognerá che montiamo un condizionatore, se no uccidiamo i nostri preti!". Io, che non ho mai amato l´aria condizionata, gli ho fatto notare: "Hai mai pensato che cosa accadrebbe se la gente, in tutti i posti caldi del mondo, installasse un condizionatore? Quanta energia bisognerebbe produrre? Quanto inquinamento e devastazione ambientale in piú? Non é meglio sopportare un pó di caldo?" Ci ha pensato un pó, e poi mi ha risposto: "Ha ragione. Nei vostri paesi c´é giá questo problema. É meglio il caldo, tanto tra poco cade la pioggia".

Sono aneddoti banali, ma rivelano un problema assai reale e importante: la tecnologia e il nuovo modo di vivere avanzano alla velocitá della luce. Dove ci portano? Non si torna indietro, non ci si ferma. L´unica alternativa é formare una coscienza nuova per i tempi nuovi: in caso contrario il futuro, se c´é, sará un inferno. Pensate se dovessimo affrontare il futuro mondializzato che si prospetta, con la mentalitá di quel comune italiano che, se é vero ció che ho letto su un quotidiano, ha organizzato l´operazione Bianco Natale: "Vigili casa per casa per togliere la residenza a chi non è in regola. L'assessore: "Natale non è la festa dell'accoglienza, ma della nostra identità cristiana" (di SANDRO DE RICCARDIS). Proprio il Natale dovevano scegliere, per combattere l´accoglienza: "Ella lo fasció e lo pose nella mangiatoia, poiché non c´era posto per loro dentro casa" - Luca, 2, 7). Siamo indietro con la coscienza planetaria! Per questo anche la Chiesa Brasiliana ha sentito il bisogno di lanciare una riflessione sull´economia nella prossima Campagna della Fraternitá. Vi trascrivo in anteprima la presentazione della campagna della Conferenza Nazionale dei Vescovi (CNBB).

"La Campagna della Fraternitá del 2010, la terza campagna ecumenica, ha come tema “Economia e Vita” e come motto “Voi non potete servire a Dio e al denaro". Una frase ricorrente nel testo base riassume bene il suo messaggio: una economia al servizio della vita. Creare un´economia al servizio della vita, questo é un enorme programma di conversione, individuale e collettivo, locale e regionale, nazionale e internazionale, planetario. L´obiettivo é immenso: si tratta nientemeno che della salvezza, ben concretamente. E la sfida non é da meno: spingere il cambiamento del sistema del modo in cui l´umanitá organizza il sostentamento delle proprie necessitá e la sua convivenza su questo pianeta. Cosí il tema della Campagna della Fraternitá ha la sua messa a fuoco diretta nella costruzione del Regno di Dio, nella costruzione di relazioni basate nel riconoscere che siamo parte della creazione, che in Dio siamo una cosa sola e siamo uguali, fratelli e sorelle. É da questo riconoscimento che nascono la solidarietá e la giustizia, capaci di provocare il cambiamento di direzione nel capitalismo sfrenato e predatore, i cui effetti piú perversi sono la miseria, la disuguaglianza smisurata e la degradazione della natura fino al punto di minacciare la vita sul pianeta. (Suor Rita Petra Kallabis mc[1)
--------------------------------------------------------------------------------

[1] Economista, master in Sviluppo Economico nella Unicamp, email: rita_kallabis@yahoo.com.br

13 novembre 2009

SOLO NOTIZIE IN BREVE

Foto: un dettaglio del battesimo nell´accampamento degli zingari.

Nella nostra cittá continua l´ondata di violenza. In questi giorni un giovane é stato accoltellato in pieno centro. La gente é impressionata, e nella "preghiera dei fedeli" ripete invocazioni per la pace delle famiglie. Chiedere a Dio é ottimo, ma bisogna che ci mettiamo la nostra parte: e come si fa?

Lunedí 10 novembre la cittá ha festeggiato il compleanno: 141 di amministrazione comunale. Il Reforço Escolar ha partecipato attivamente alla sfilata. Padre Maurizio ha pubblicato sul web un album di foto sull´argomento. Cosí ne approfitto per darvi la url del sito del Reforço, di cui non vi avevo ancora dato notizia. Annotate e guardatevi le foto:
http://cecafp-itaberai.spaces.live.com/

Sabato scorso Padre Severino e Don Eligio sono andati a battezzare 5 ragazzi nell´accampamento degli zingari. 4 adolescenti e una bimba. Severino ha celebrato pure un matrimonio. É stata una festa di colori, in stile molto popolare, in uno spiazzo fangoso ai margini della cittá. Ho pubblicato le foto sul mio spazio window live. Io non so insegnarvi come arrivarci, ma se ci riuscite (é aperta a tutti quelli che sono nella mia lista di contatti mail) lo troverete con la url
http://home.live.com/

In settimana abbiamo ricevuto la visita di due comunitá di religiose, interessate a conoscere la cittá in vista di un servizio pastorale tra la gente. Puó darsi che almeno una di queste si decida a svolgere la sua attivitá in una di queste periferie.

E ora una notizia un pó piú grossa, che pare sia uscita anche nei giornali italiani: per la prima volta da tanti anni la distruzione della foresta amazzonica é diminuita. Vi traduco una frase del lungo articolo uscito su Folha online, e scritto da LORENNA RODRIGUES, em Brasília: "Il governo ha annunciato giovedí scorso la riduzione del 45% di area disboscata in Amazzonia, dal 2008 al 2009. Secondo dati di INPE (Istituto Nazionale di Ricerche Spaziali), l´area é passata da 12.911 kmq ad un totale stimato in 7008 Kmq quest´anno. Secondo il Ministero dell´Ambiente é il minore disboscamento giá registrato negli ultimi 20 anni. Alcuni attribuiscono il merito alla crisi economica. Il Governo sostiene che é dovuto anche a una sua politica piú rigorosa: da notare che l´annuncio ufficiale é stato fatto in una manifestazione improntata a pré-campagna elettorale, con la presenza di Dilma candidata di Lula. La quale (dicono) da quando Marina si é candidata alla presidenza, si é messa a frequentare corsi e incontri su temi ecologici per mostrarsi all´altezza.

Un´altra notizia, bruttissima, l´ho raccolta domenica mattina in un incontro di studio della pastorale carceraria: secondo un sondaggio scientifico, 30% dei bambini brasiliani non conosce il padre o, comunque, é educato solo dalla mamma. E 80% dei giovani che affollano le prigioni sono stati figli senza padre.

Ma non perdiamoci questa: BRESCIA, 8 NOV - Una chiesa «povera e libera», «così dev'essere la comunità ecclesiale, per riuscire a parlare all'umanità contemporanea» ed essere vicina alle sfide di oggi: crisi economica, immigrazione, educazione dei giovani. Lo ha detto papa Benedetto XVI nell'omelia della messa celebrata nel Duomo di Brescia, culmine di una sua visita pastorale nella diocesi. (ANSA).

6 novembre 2009

TANTO PER INTENDERCI

Ho letto nel sito di don Augusto Fontana (http://www.chiesanews.myblog.it), ho gradito, e molto volentieri vi ritrasmetto. Per Bartimeo, il cieco che gridó fino ad importunare i discepoli: "Gesú, figlio di Davide, abbi pietá di me!" - é una precisazione troppo importante.

MA IO DIFENDO QUELLA CROCE

Dipendesse da me, il crocifisso resterebbe appeso nelle scuole. E non per le penose ragioni accampate da politici e tromboni di destra, centro, sinistra e persino dal Vaticano. Anzi, se fosse per quelle, lo leverei anch´io.

Fa ridere Feltri quando, con ignoranza sesquipedale, accusa i giudici di Strasburgo di combattere il crocifisso anziché occuparsi di lotta alla droga e all´immigrazione selvaggia: non sa che la Corte può occuparsi soltanto dei ricorsi degli Stati e dei cittadini per le presunte violazioni della Convenzione sui diritti dell´uomo. Fa tristezza Bersani che parla di simbolo inoffensivo, come dire: è una statuetta che non fa male a nessuno, lasciatela lì appesa, guardate altrove. Fa ribrezzo Berlusconi, il massone puttaniere che ieri pontificava di radici cattoliche. Fanno schifo i leghisti che a giorni alterni impugnano la spada delle Crociate e poi si dedicano ai riti pagani del Dio Po e ai matrimoni celtici con inni a Odino. Fa pena la cosiddetta ministra Gelmini che difende il simbolo della nostra tradizione contro i genitori ideologizzati e la Corte europea ideologizzata tirando in ballo la Costituzione che riconosce valore particolare alla religione cattolica. La racconti giusta: la Costituzione non dice un bel nulla sul crocifisso, che non è previsto da alcuna legge, ma solo dal regolamento ministeriale sugli arredi scolastici.

Alla stregua di cattedre, banchi, lavagne, gessetti, cancellini e ramazze. Se dobbiamo difendere il crocifisso come arredo, tanto vale staccarlo subito. Gesù in croce non è nemmeno il simbolo di una tradizione (come Santa Klaus o la zucca di Halloween) o della presunta civiltà ebraico-cristiana (furbesco gingillo dei Pera, dei Ferrara e altri ateoclericali che poi non dicono una parola sulle leggi razziali contro i bambini rom e sui profughi respinti in alto mare).


Gesù Cristo è un fatto storico e una persona reale, morta ammazzata dopo indicibili torture, pur potendosi agevolmente salvare con qualche parola ambigua, accomodante, politichese, paracula. È, da duemila anni, uno scandalo sia per chi crede alla resurrezione, sia per chi si ferma al dato storico della crocifissione. L´immagine vivente di libertà e umanità, di sofferenza e speranza, di resistenza inerme all´ingiustizia, ma soprattutto di laicità (date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio) e gratuità (Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno).

Gratuità: la parola più scandalosa per questi tempi dominati dagli interessi, dove tutto è in vendita e troppi sono all´asta. Gesù Cristo è riconosciuto non solo dai cristiani, ma anche dagli ebrei e dai musulmani, come un grande profeta. Infatti fu proprio l´ideologia più pagana della storia, il nazismo - lo ha ricordato Antonio Socci - a scatenare la guerra ai crocifissi. È significativo che oggi nessun politico né la Chiesa riescano a trovare le parole giuste per raccontarlo.

Eppure basta prendere a prestito il lessico familiare di Natalia Ginzburg, ebrea e atea, che negli anni Ottanta scrisse: "Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. È l´immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l´idea dell´uguaglianza fra gli uomini fino ad allora assente. Perché mai dovrebbero sentirsene offesi gli scolari ebrei? Cristo non era forse un ebreo e un perseguitato morto nel martirio come milioni di ebrei nei lager? Nessuno prima di lui aveva mai detto che gli uomini sono tutti uguali e fratelli.

A me sembra un bene che i bambini, i ragazzi lo sappiano fin dai banchi di scuola. Basterebbe raccontarlo a tanti ignorantissimi genitori, insegnanti, ragazzi: e nessuno ateo, cristiano, islamico, ebreo, buddista che sia - si sentirebbe minimamente offeso dal crocifisso. Ma, all´uscita della sentenza europea, nessun uomo di Chiesa è riuscito a farlo. Forse la gerarchia è troppo occupata a fare spot per l´8 per mille, a batter cassa per le scuole private e le esenzioni fiscali, a combattere Dan Brown e Halloween, e le manca il tempo per quell´uomo in croce. Anzi, le mancano proprio le parole. Oggi i peggiori nemici del crocifisso sono proprio i chierici. E i clericali.

Marco Travaglio.

Articolo da Il Fatto Quotidiano n°38 del 5 novembre 2009 - La foto é dal sito miguell.giovani.it

3 novembre 2009

REQUIEM - DE PROFUNDIS

Foto: paesaggio nordestino della regione semi-arida.

Il titolo non é per via della giornata di ieri, dedicata ai morti. Dom Tomás Balduino, in occasione della visita di Lula alla regione nordestina del Rio São Francisco (di cui vi ho dato notizia il mese scorso) ha pubblicato questo articolo intitolato: "Requiem per la trasposizione del Rio São Francisco". Non contento di segnalarvelo, lo copio e traduco per voi dal sito ADITAL. Per chi non ne fosse informato, la deviazione delle acque del grande fiume provocó, negli ultimi anni, un duro conflitto col governo Lula da parte dell´associazione di abitanti delle rive sostenuta addirittura dal Vescovo, Dom Luís Cappio, che contro quest´opera faraonica e giudicata da molti inutile e dannosa, corse il rischio di due lunghi scioperi della fame.

É naturale che i capi di Stato sognino di legare la propria memoria ad una grande opera perenne. Brasília é il monumento che ha immortalato Juscelino Kubitschek. Immagino che Lula, nordestino che ha sofferto la sete nella regione semiarida e ha portato anfore d´acqua sulla testa, stia sognando di stabilire un legame personale col nordestino fiume São Francisco, simbolo di integrazione nazionale, trasformando il grande sertão della siccitá in un´oasi benedetta, grazie a un gigantesco progetto di trasposizione delle sue acque. Il progetto non avrebbe nulla da invidiare alla Transamazônica e nemmeno a Itaipu. Questo spiega, chissá, la sua appassionata cocciutaggine nel volere portare avanti quest´opera nonostante le innumerevoli reazioni contrarie da parte del Potere Giudiziario, del Ministero Pubblico, dei midia, di scienziati, dell´episcopato cattolico, di organizzazioni sociali, dei colpiti dalle opere: contadini, abitanti dei quilombos, gruppi indigeni.

Nella sua escursione lungo il canale progettato, portando sulla tribuna Ciro Gomes (suo avversario politico, ndt), oltre alla sua candidata Dilma Rousseff, non é mancato, da parte del presidente, l´iroso messaggio riguardo a quelli che lui considera gli ostacoli alla trasposizione. Nel frattempo, l´attenzione di molti é stata attratta dal gesto del vescovo di Barra, dom Luiz Cappio, che ha fatto suonare le campane a morto nella cattedrale mentre Lula passeggiava per quella cittá. Le campane sono il secolare e inconfondibile contrassegno della cultura cristiana nei templi delle grandi metropoli e nelle piccole cappelle dell´interno. Accompagnano le gioie e le speranze, le tristezze e le angustie della comunitá nei maggiori eventi locali o annunciano, col loro rintocco lugubre, la morte di persone care e il Giorno dei Morti.

Conoscendo personalmente i sentimenti di quell´uomo, che non ha esitato a mettere la sua vita a disposizione del popolo della riva e della rivitalizzazione del fiume, posso dire che quel gesto, di suonare le campane, cosí come quello del digiuno, hanno il peso di una profezia. Questi simboli vogliono dire che la trasposizione del São Francisco non terminerá. Morirá. Riposerá in pace. Perció, requiem per lei! Molta gente é convinta che il mega-progetto non é realizzabile. Ecco le ragioni. La trasposizione pretende sollevare in modo continuo, con un dislivello di 300 metri, 2,1 miliardi di metri cubi dell´acqua piú cara del mondo verso il Nordest, che per conto suo accumula giá 37 miliardi di m3 a costo zero. Se il problema della siccitá del Nordest non si risolve con questi 37 miliardi di metri cubi immagazzinati, sará risolto con i 2,1 miliardi di metri cubi della trasposizione?

Una certezza che hanno in molti: i 70 mila laghetti artificiali del Nordest costruiti in questi cento anni dimostrano che lá non c´é mancanza di acqua. Ció che manca é la distribuzione di quest´acqua. Basta impiantare un vigoroso sistema di condutture, come é stato proposto dall´Agência Nacional de Águas per mezzo dell´"Atlante del Nordest"che é stato ridotto al silenzio dal governo. Si tratta di portare l´acqua, per mezzo di una maglia di tubi e condotti, a tutta la popolazione sparsa del semi-arido, per il rifornimento umano, senza la trasposizione. Mentre la trasposizione servirebbe 12 milioni di persone in quattro Stati, secondo dati ufficiali, il progetto alternativo ne rifornirebbe 44 milioni in dieci Stati. Costo: la metá del prezzo della trasposizione. Nel mezzo di questo intreccio di conflitti, esiste un rintocco di campane foriero di speranza.


Mentre da un lato prevale l´industria della siccitá (la trasposizione ne fa parte), che rende una fortuna ai politici e impresari e mantiene il popolo nella situazione di disastrato e migrante, secondo l´espressione lirica di Luis Gonzaga (cantautore famoso per le sue popolarissime canzoni sulle vittime dei periodi di siccitá del nordest, ndt), di Portinari (pittore famoso per i quadri sullo stesso tema, ndt), di Graciliano Ramos (scrittore famoso per il romanzo "Vite Secche", ndt.), di João Cabral de Melo Neto (autore del poema "Morte e vita Severina" ambientato in quella regione, ndt.), eccetera, dall´altra parte sta nascendo una nuova coscienza nelle comunitá popolari carica di speranza liberatrice.

Si tratta di convivere col semi-arido. Come i popoli del ghiaccio, delle isole e del deserto vivono bene convivendo col loro habitat, cosí questo popolo comincia a scoprire la straordinaria ricchezza della vita nel Nordest. La questione non é "farla finita con la siccitá", ma adattarsi all´ambiente in modo intelligente. Su questo percorso, un muratore del Sergipe ha inventato la tecnologia rivoluzionaria delle chiamate cisterne familiari di captazione dell´acqua della pioggia per il consumo umano. Sta arrivando, perció, la trasfigurazione del popolo e della terra costruita dal basso verso l´alto, nel rispetto della convivenza, liberandosi dai progetti faraonici devastatori, imposti autoritariamente dall´alto al basso. Questo umile rintocco di campane, allegro e festivo, giá puó essere udito con nitidezza, poiché questo cambiamento, pieno di vita e speranza, é un fatto compiuto nel grande sertão nordestino
.

D. Tomás Balduino

Per gli amanti della poesia (che capiscono la lingua) segue un piccolo brano del poeta nordestino João Cabral de Melo Neto.

O RETIRANTE EXPLICA AO LEITOR QUEM É E A QUE VAI

— O meu nome é Severino,
como não tenho outro de pia.
Como há muitos Severinos,
que é santo de romaria,
deram então de me chamar
Severino de Maria
como há muitos Severinos
com mães chamadas Maria,
fiquei sendo o da Maria
do finado Zacarias.

Mas isso ainda diz pouco:
há muitos na freguesia,
por causa de um coronel
que se chamou Zacarias
e que foi o mais antigo
senhor desta sesmaria.

Como então dizer quem falo
ora a Vossas Senhorias?
Vejamos: é o Severino
da Maria do Zacarias,
lá da serra da Costela,
limites da Paraíba.

Mas isso ainda diz pouco:
se ao menos mais cinco havia
com nome de Severino
filhos de tantas Marias
mulheres de outros tantos,
já finados, Zacarias,
vivendo na mesma serra
magra e ossuda em que eu vivia.

Somos muitos Severinos
iguais em tudo na vida:
na mesma cabeça grande
que a custo é que se equilibra,
no mesmo ventre crescido
sobre as mesmas pernas finas
e iguais também porque o sangue,
que usamos tem pouca tinta.

E se somos Severinos
iguais em tudo na vida,
morremos de morte igual,
mesma morte severina:
que é a morte de que se morre
de velhice antes dos trinta,
de emboscada antes dos vinte
de fome um pouco por dia
(de fraqueza e de doença
é que a morte severina
ataca em qualquer idade,
e até gente não nascida).

Traduzione in prosa: "LO SFOLLATO DELLA SECCA SPIEGA AL LETTORE CHI É E VERSO CHE COSA CAMMINA" - Il mio nome é Severino - non ne ho altri di battesimo - e siccome ci sono molti Severino - che é un santo da pellegrinaggi - si sono messi a chiamarmi - Severino della Maria - e poiché ci sono molti severini - con madri chiamate Maria - sono diventato quello della Maria - del defunto Zaccaria.
Ma questo dice ancora poco - perché ce n´erano almeno altri cinque - con nome di Severino - figli di altrettante marie - mogli di altrettanti - giá defunti Zaccaria - che vivevano sulla stessa collina - magra e scheletrita in cui io vivevo. - Siamo molti Severino - uguali in tutto nella vita: - con la stessa testa grande - che a stenta si mantiene in equilibrio - con la stessa pancia gonfia - sulle stesse gambe sottili - e uguali anche perché il sangue - che usiamo ha poco colore.
E se siamo Severini - uguali in tutto nella vita - moriamo della stessa morte - stessa morte severina: - che é la morte di cui si muore - di vecchiaia prima dei trenta - di imboscata prima dei venti - di fame un pó tutti i giorni - (di debolezza e malattia - é che la morte severina - attacca a qualsiasi etá - e perfino gente non nata).

26 ottobre 2009

GRANDI OPERE....E GRANDI DISASTRI?

Questo blog é molto chiuso al dialogo: sarebbe bello se chi lo legge manifestasse le sue reazioni. A questo scopo ho corretto le impostazioni: potete mandare i vostri commenti tramite posta elettronica o direttamente sul post, cliccando il bottone "commenti".

Cominciamo con gli auguri a DON ELIGIO SILVESTRI: ha compiuto felicemente 88 anni venerdí scorso, 23 ottobre. Sta bene. Non ha bisogno di alimentazione e idratazione artificiali, segno che l´aria di Itaberaí, che puzza di spennatura di pollo, non gli fa male. Non gradisce le feste di compleanno, ma alla nostra piccola commemorazione tra le mura domestiche ha reagito con educazione. Complimenti e auguri anche ALL´AFRICA, al termine del Secondo Sinodo per l´Africa (5-25/10) che si é concluso domenica. Vi hanno partecipato 244 padri sinodali e 49 uditori. Un motto evangelico sintetizza il messaggio finale: "Africa, alzati e cammina". Sí, e tu, Chiesa africana, Chiesa-sorella, esci dai palazzi e dalle cattedrali e cammina con gli africani. Teologia africana, liturgia africana, modo africano di seguire Gesú. Lasciati inventare dallo Spirito. L´altra mattina, nella preghiera di lode, mi ha colpito questa frase di Isaia: "Ecco dove rivolgo il mio sguardo - oracolo del Signore: al povero e all´oppresso, a colui che trema di fronte alla mia parola" (Isaia, 66, 2). Ci sta a pennello con l´Africa. Informatevi su Missione Oggi, cartacea o sito, che ha una rubrica tutta sul Sinodo.

Grandi opere: cosa ne sappiamo noi della centrale elettrica di Belo Monte, che sará la seconda maggior centrale del Brasile dopo quella di Itaipú, nello Stato di Paraná (confine col Paraguay)? Pensata inizialmente per un´area di 1.225 kmq con una produzione di 11 mila megawatt di energia elettrica, il progetto é stato approvato nei giorni scorsi per 400 kmq di invaso e 5 mila mgw di energia. Sorgerá nel comune di Altamira (Pará), utilizzando l´acqua del Rio Xingú e sloggiando 9 popolazioni indigene. L´inizio dei lavori é previsto per Natale di quest´anno: pare che il governo Lula e quello di Berlusconi col "ponte sullo stretto" abbiano aggiustato i loro orologi come fanno i soldati...nei film di guerra. Coincidono pure i costi. Il vescovo della regione, Dom Erwin Krautler, ha scritto al presidente dell´Istituto Brasiliano per l´Ambiente (IBAMA). Dopo aver criticato il modo formale e frettoloso di consultare le popolazioni interessate, il vescovo chiede alle autoritá di andare a parlare con gli indigeni e i contadini delle zone che saranno inondate, e non tenere conto solo delle ragioni tecniche.

E conclude: "Ho la certezza assoluta che sotto l´aspetto socio-ambientale gli studi elaborati lasciano molto a desiderare e richiedono un maggiore approfondimento, poiché non si tratta di macchine e dighe, di barriere di cemento e canali di derivazione, ma di persone umane in carne e ossa, che conosco, di donne e uomini, bambini, adulti e anziani, che soffriranno un impatto. Si tratta anche dell´ambiente, la casa che Dio ha creato per questi popoli, che ha giá cominciato a soccombere fatalmente agli attacchi senza scrupoli della distruzione e annientamento, diventando inabitabile e deserto come ho giá visto in altre zone dello Xingu. Ecco perché i movimenti sociali e i popoli indigeni hanno sollecitato l´IBAMA a fare 17 udienze pubbliche complementari"(Adital) . Ancora piú sconcertante é la questione sollevata dai tecnici ambientali che chiedono al governo: "Dove andrá a finire questo surplus di energia? Unicamente a industrie che estraggono e lavorano metalli da esportare. E allora, é meglio cambiare il nostro modello di sviluppo o distruggere per sempre le nostre preziose risorse ambientali"? Ma non facciamoci illusioni: con o senza Lula, la gente vuole queste cose! Possibilmente lontano da casa (ma non troppo). Quando pensiamo ai soldi non vediamo la gente, e la distruzione e la morte non ci commuovono. É per questo che nessuno riesce a fermare il mostro. Proprio in questi giorni Lula ha passato diversi giorni nel bacino del Rio São Francisco a fare pre-campagna elettorale. Lui stesso ha ammesso, alla faccia del vescovo Dom Luis Cappio, che i lavori di bonifica del fiume procedono molto in ritardo, mentre le opere di deviazione dell´acqua vanno a tutta birra.

Itaberaí puzza di pollo: fosse tutto lí il danno ambientale provocato dall´industria di allevamento e abbattimento. Il proprietario di una fazenda adiacente al macello (situata dall´altra parte del fiume e a poche centinaia di metri dal centro di Itaberai), mi racconta che da un paio di anni l´eccessivo inquinamento del corso d´acqua lo ha costretto ad abbandonare la coltivazione di pomodori e altri ortaggi. Ora produce soltanto fieno, che vende agli allevatori. Recentemente la presenza di grassi ha messo il tilt anche il suo impianto di irrigazione (pivot) che ora é fermo. Secondo lui, i filtri dell´impresa furono costruiti per il macello di 70 mila polli al giorno, mentre attualmente ne macellano piú di 200 mila. Mi ha consegnato fotografie e copie di una misurazione da lui ordinata a una ditta specializzata. Risulta che il 15 settembre scorso i grassi presenti nel fiume, tollerati fino a 60 unitá, erano a quota 3500. Il nitrogenio, ammesso fino a 20 unitá, era a 89,6. Chiede ai cittadini di intervenire, perché la faccenda riguarda la salute di tutti. Ma a chi ci rivolgiamo per controllare se le accuse sono fondate e per provvedere? Il sindaco, condannato in terza istanza per corruzione, é deposto. Quello che dovrebbe subentrare ha avuto la campagna elettorale sostenuta dall´impresa accusata di queste gravi irregolaritá. Egli ha affermato piú volte che non governerá agli ordini dei finanziatori della sua campagna, ma al servizio dei cittadini. Ora vedremo se é vero.

Oltre ai polli, quí c´é grave inquinamento da droga: nell´ultimo mese diverse le vittime di omicidio, presumibilmente da parte di trafficanti. Un ragazzo é stato accoltellato e abbandonato cadavere con un lucchetto infilato nelle labbra. La polizia ha raddoppiato le vetture di controllo in strada: 5 per il quartiere Fernanda Park (il piú contaminato dal traffico), e altre 5 per il resto della cittá. Le famiglie non sanno come fare per salvare i loro figli. Si bisbiglia, ma le iniziative sono poche e timide: solo la polizia non basta. Qualcuno mi ha raccontato che la droga é entrata tra i braccianti a giornata che lavorano nelle aziende di canna da zucchero e di pomodori. Il tagliatore di canna é pagato un tanto al metro: in un giorno ne taglia 5 metri cubi, ma con la droga raddoppia la produzione. É un´infezione che dilaga e non c´é tempo da perdere, ma chi é preparato? Ne abbiamo parlato nelle celebrazioni delle comunitá. La gente stenta a parlare apertamente del problema. Nell´ultima assemblea generale della parrocchia, sabato scorso, nessuno vi ha fatto cenno.

Non é venuta fuori nemmeno la "scelta preferenziale dei poveri". Si é parlato molto, invece, di formazione: principalmente biblica e liturgica. Cos´é, una fuga dalla realtá? Ci sará forse anche quello, perché siamo umani. Non abbiamo il coraggio di afferrare i tori per le corna. Anche come Chiesa locale abbiamo fatto due passi indietro e temo che si voglia farne altri. Ma cerchiamo di vedere il lato buono e non cadere nel pessimismo! Penso che questo sia un segno, una tacita ammissione che le ingiustizie e la violenza del mondo sono troppo grandi, la nostra volontá conta troppo poco, e bella grazia se riusciamo a mantenere la rotta nella sequela di Gesú e verso il Regno. Tra la gente la scelta preferenziale non é scomparsa. Viene a galla nelle conversazioni informali. In una comunitá rurale, l´altra sera, un ragazzone ha proclamato questa preghiera: "Preghiamo per i preti, affinché il Signore li sostenga e continuino a tenerci svegli e a mostrarci la direzione per sperare ancora nella salvezza". É chiaro che lui non si riferiva alle politiche ecclesiastiche, alle omissioni e ai compromessi che tradiscono i poveri, ma alla testimonianza e annuncio di Gesú Cristo. L´Eucaristia (Parola e Sacramento) é una luce nel cammino di tanti. Mi fido di questi doni che la Chiesa mi fa portare alla gente, nonostante le contraddizioni, i ritardi e le ipocrisie nell´azione concreta. Credo che, ancora una volta, l´umanitá stia affrontando le doglie del parto e lo Spirito Santo stia preparando la nascita di un mondo nuovo. Certo, un pó piú di disposizione alla profezia e al martirio ci vorrebbe, ma é dura.

A Bartimeo3 (domenica scorsa era l´onomastico del Blog, c´era il vangelo di Bartimeo) era sfuggita l´approvazione all´unanimitá da parte del Senato brasiliano, il 7 ottobre scorso, di un testo di Accordo con la Santa Sede che definisce lo Statuto giuridico della Chiesa cattolica in Brasile. In precedenza era stato approvato, dopo lunga discussione, dalla Camera. Ora seguirá l´Iter normale per entrare in vigore. Il fatto ha valore storico: dalla proclamazione della Repubblica (1889) non esisteva nella legislazione brasiliana uno strumento giuridico organico a cui fare riferimento. Fanno parte dell´Accordo: il riconoscimento immediato, da parte dello Stato, degli Istituti Ecclesiastici previsti dal Diritto canonico: Conferenza Nazionale dei Vescovi, le Diocesi, le Parrocchie e le Congregazioni religiose. Inoltre, le persone giuridiche "ecclesiastiche" finalizzate all´assistenza sociale, come le opere sociali, avranno diritto alle stesse esenzioni, immunitá e benefici attribuiti alle entitá civili dello stesso genere. Il patrimonio storico, artistico e culturale della Chiesa Cattolica sará considerato "patrimonio culturale brasiliano" e avrá diritto alla protezione e salvaguardia da parte dello Stato. I luoghi di culto, i simboli, le liturgie, le immagini e oggetti culturali della Chiesa Cattolica saranno protetti contro violazioni e mancanze di rispetto. I titoli accademici e le qualifiche ottenute in universitá della Chiesa potranno essere riconosciuti in Brasile. Ed é stata aperta la possibilitá di insegnamento religioso cattolico nelle scuole pubbliche (primo e secondo grado) con iscrizione facoltativa.

Non chiedete a me di commentare il testo perché non l´ho letto. Quelli che se ne intendono dicono che é utile perché compatta le norme che giá esistevano in ordine sparso, e fa chiarezza. Noi italiani guardiamoci dai paragoni: le relazioni tra Stato e Chiesa, e tra Stato e societá, sono diversissime da un paese all´altro. Penso che l´ultimo item sará quello che dará piú filo da torcere quando qualcuno lo vorrá realizzare. L´insegnamento religioso nelle scuole, in Brasile, c´é ed é facoltativo e pluralista. I professori sono di nomina statale o comunale (a seconda del tipo di scuola). C´é una traccia elaborata da commissioni ecumeniche e inter-religiose. Sappiamo che ci sono professori (soprattutto evangelici) che ne approfittano per catechizzare, ma in genere l´insegnamento é di cultura religiosa nel senso piú ampio del termine, sul filone di un cristianesimo molto annacquato anche se poggiato sulla Bibbia: e mi pare che a quasi tutti piaccia cosí. Relativismo puro, direbbe qualcuno. D´altra parte suppongo che si possa dire senza timore di smentita: il cristianesimo é assai piú che una religione. É farsi discepoli di Gesú e seguirlo sulla via indicata dal Vangelo. La scelta di trasformarlo in una religione da manuale scolastico presuppone l´abbandono della sua radicalitá e la sua "mondanizzazione". Diventa una norma di vita adattata a una fede paganeggiante, coi suoi valori e i suoi idoli. Un galateo spirituale per rendere il popolo governabile. Fu cosí anche nel IV secolo, ai tempi di Costantino, quando furono scritti i primi testi scolastici di religione cristiana. La conversione autentica avviene in altri modi sotto l´azione dello Spirito Santo, ed é collegata non alla scuola pubblica ma alla comunione con le comunitá cristiane che vivono l´Eucaristia.

Domenica scorsa, per la Pastorale del Brasile, era anche la "Giornata Nazionale della Gioventú". In lingua nostra é chiamato DNJ: si puó leggere anche Disastro Nazionale della Gioventú, perché la pastorale giovanile va malissimo. Le manifestazioni di questa giornata riuniscono parecchi giovani, perché si affitta un pulman e si scarrozzano i giovani gratuitamente. Molti vanno solo per fare una passeggiata. Perché sará che i gruppi organizzati di "pastorale della gioventú" sono in una crisi cosí profonda, mentre invece ci sono tanti giovani a messa e nelle diverse equipes di pastorale? Tanti sono i giovani che cercano Gesú Cristo e un cammino di fede,
e tanti quelli che lo trovano in un impegno concreto di comunitá. Sembra quasi che ci sia un mondo giovanile impenetrabile all´offerta della nostra pastorale: chi si inserisce nella Chiesa esce da quel mondo. Nemmeno i giovani piú impegnati nella parrocchia sono capaci di fare pastorale giovanile. Dove sta il problema, e qual´é la soluzione?

Scrive, in proposito, Dom Demetrio Valentini vescovo di Jales (SP) e coordinatore nazionale della Caritas: "Per quanto riguarda i giovani, sicuramente la maggioranza non ha nemmeno avuto notizia dell´iniziativa, e non sa che esiste un giorno nazionale della gioventú. Oggi la crisi di identitá che i giovani vivono é tale, che a loro interessa poco sapere se la societá si preoccupa per loro e dedica loro un giorno speciale. Non é facile capire che cosa sta accadendo alla gioventú. Non é facile avere a che fare coi giovani. Lo dicano i genitori, che guardano i loro figli con perplessitá, e sono spaventati dalla grande differenza tra generazioni. Lo dica la scuola, a cui vengono i brividi davanti ai problemi che i suoi alunni sollevano, e si sente incapace di offrire soluzioni. Lo dica la Chiesa, che ha perduto il contatto coi giovani e non sa piú come riallacciare il dialogo con loro".

Continua dom Demetrio: "´Del resto, siamo tutti d´accordo che viviamo un´epoca di cambiamenti allucinanti, tanto da farci dire che "non é un´epoca di cambiamenti ma un cambiamento di epoca", come ha riconosciuto recentemente la Conferenza di Aparecida. Ebbene, i cambiamenti incidono piú direttamente sui giovani. Essi si trovano allo sbaraglio senza rifugi di protezione, che possano attutire l´impatto delle rapide trasformazioni culturali in corso ai nostri giorni. Oltretutto, i giovani sono bersaglio scelto di chi sfrutta la situazione per fatturare sulla debolezza umana. I giovani diventano obiettivo di manovre dannose, che hanno la loro traduzione piú crudele e dannosa nella rapida disseminazione della droga". (....) Ebbene, questo é il mondo dei giovani. Davanti ad esso non é il caso di scoraggiarsi. Perché nonostante tutto, i giovani conservano il desiderio di vita, la sete di valori autentici. La cosa migliore é sfidarli a diventare essi stessi protagonisti della propria realizzazione". "Sfidare i giovani a farsi carico della loro missione" (Adital).

Foto: 1)inquinamento del Rio das Pedras. 2) 88mo compleanno di don Eligio.
3) Superfrango: l´industria di abbattimento dei polli. 3) La famiglia riunita.