Foto: un accampamento di senza terra prima della conquista: é la parola che ha creato cose nuove.
É un momento importante per il nostro futuro e quello del pianeta terra: i governi piú potenti del mondo stanno preparando la Conferenza di Copenaghen sui cambiamenti climatici. Il risultato di quella Conferenza dovrebbe sostituire il Protocollo di Kyoto, del 1997, che aveva fissato la riduzione dei gas serra di 8%. Il governo brasiliano ha annunciato la sua proposta di mete. Definito come "Azioni per la mitigazione delle emissioni fino al 2020", il progetto del nostro governo federale chiede la riduzione tra il 36,1% e il 38,9% di emissioni di diossido di carbonio, uno dei gas responsabili dell´effetto serra. Assieme al governo, parteciperanno i lavoratori brasiliani rappresentati dalla CUT (Central Unica Trabalhadores), che aveva elaborato un documento assieme ad altre centrali sindacali in cui chiedeva la riduzione del 40%.
La segretaria della CUT per i problemi ambientali, Carmen Foro, ha giá presentato la proposta in un incontro di inizio dicembre a Barcellona. La dirigente, (sindacalista abbastanza incline a sviolinare Lula e ad autocompiacersi, come potrete notare), sostiene che la decisione del governo rappresenta un grande passo avanti. "La proposta brasiliana é molto coraggiosa, se si pensa che il Brasile non avrebbe l´obbligo di presentare mete a partire da Kyoto, poiché la sua industrializzazione é stata molto tardiva. Ma quando tu hai una societá che esige, partecipa, si manifesta, e un governo cosciente, responsabile, che prende in mano in timone, il risultato é questo. Il Brasile si sta costituendo nazionalmente e internazionalmente una capacitá di lideranza mai vista". "Un altro grande passo - afferma Carmen - é avvenuto il 26 agosto scorso, quando il Senato federale ha approvato il progetto che istituisce la Politica Nazionale sul Cambiamento Climatico (PNMC). Lo stesso giorno é stato creato il Fondo Nazionale sul Cambiamento del Clima, vincolato al Ministero Ambientale, con l´obiettivo di garantire il finanziamento di studi e programmi sul cambiamento climatico e il suo impatto sull´ambiente".
Dichiara ancora Carmen Foro: "Al contrario di quanto avevano annunciato inizialmente, gli Stati Uniti e la Cina, responsabili del 50% di emissione di gas sul pianeta, hanno annunciato che presenteranno una proposta di riduzione di emissioni. Il presidente Barack Obama dovrebbe annunciare l´intenzione di diminuire del 18% il CO2 prodotto dal suo paese. Il governo cinese é stato piú audace: deve ridurre tra 40% e 50% le emissioni". "Se non adottassero questo atteggiamento, EUA e Cina rimarrebbero isolati davanti al resto del mondo e questo non combina con ció che ci si aspetta dai lider mondiali. Sarebbe una delusione per il mondo e una vergogna per loro".
Queste notizie, tratte da un articolo pubblicato dalla CUT sul sito Adital, sembrano in sintonia con i testi dei profeti che leggiamo continuamente in Avvento: traboccanti di speranze e promesse. In Italia si usa ripetere, con amarezza e scetticismo: "Parole, solo parole". Ma la parola é importante, non bisogna sottovalutarne la forza. Soprattutto da quando "la Parola si fece carne e abitó fra noi". Oggi, ad esempio, Isaia proclamava che il Signore aprirá gli occhi dei ciechi perché vedano la sua opera, non si disperino e non si vergognino di credere. Noi, a Goiás, li cantiamo abbondantemente, quei testi profetici, negli inni di Natale. É importante, nei periodi brutti, alzare la testa e farsi coraggio: "Ecco che verranno giorni - dice il Signore - in cui susciteró a Davide un discendente giusto: un re regnerá e agirá con intelligenza, ed eserciterá sulla terra il diritto e la giustizia" (Geremia, 23, 5). "Dalla terra cosí secca sta sbocciando un fiore - che consola i pianti e le grida di dolore - catene si spezzano, i recinti cadono - nasce una nuova era della storia. - Dentro alla notte scura - della terra dura - del mio popolo - spunta una luce radiante - nel petto smarrito: é giá mattino" (inno della liturgia di Góiás). Se il popolo si sveglia e cammina anche i potenti, poco alla volta, dovranno seguirlo: il problema, per noi moderni, é non lasciarci addormentare dalla midia e dal mercato, ma anche dall´eccessiva fissazione sui fatti negativi.
La mia pagina di oggi potrebbe anche finire quí, ma vi racconteró anche che la Diocesi sta ri-pubblicando il suo "Diretorio" (un libriccino con le linee fondamentali per l´evangelizzazione, l´organigramma della struttura pastorale e le norme pratiche per i presbiteri, religiosi e laici che abbiamo discusso e votato nella riunione di coordinamento diocesano quindici giorni fa. É un lavoro di equipe, ed ora io ho il piacere e l´onore, per incarico del vescovo, di scrivere la redazione finale. In precedenza ho fatto la sintesi della storia della Diocesi e delle Assemblee. Mi sono venuti dei testi talmente buoni che li abbiamo usato per una veglia di preghiera con gli operatori e operatrici di pastorale. Mi vanto un pó, ma in realtá non é merito mio: se si va un pó indietro a mettere insieme tutto quello che é stato pensato e fatto in questa Diocesi, e gli avvenimenti che ne hanno scolpito il volto, si sente che lo Spirito Santo ci ha dato una buona mano e, alla luce della Parola e del Concilio Vaticano II, ci ha trasformati in una Chiesa viva, Popolo di Dio e piena di passione per il Vangelo: nonostante tutti i limiti che ci sono ancora. Per dirlo con le parole di Isaia, "i sordi hanno udito le parole del libro e gli occhi dei ciechi hanno visto in mezzo alle tenebre e alle ombre" (29, 18).
Vedere i segni del Regno di Dio, sentire Gesú, il salvatore, che viene, nonostante il buio e il male che sembrano dominare la terra: questo é il richiamo dell´Avvento. La parola apre gli occhi, trasforma. Una signora anziana, questa sera, chiacchierava durante la mia omelia e io sentivo quello che diceva. Era un commento al mio commento della lettura: "Quando ci cade addosso un dispiacere si comincia a vedere tutto nero, e se uno si lascia trascinare da questa onda non ne esce piú. Invece bisogna vedere anche tutto il bene che c´é, tutte le meraviglie che Dio continua ad offrirci". Aveva capito, ed era cosí contenta che aveva agganciato la sua compagna di banco e non la smetteva piú di parlare. Quando una ( o uno) parla cosí, sta accadendo qualcosa di nuovo in lei. Sta crescendo. Stamattina un giovanotto mi raccontava la sua storia di quando é uscito dalla droga (quasi due anni fa): "A me piaceva la droga. Sapevo che mi faceva male, e che sprofondavo sempre di piú, ma mi piaceva. Un giorno sono andato a messa, ho sentito Padre Severino che parlava di Gesú con tanta emozione, che ho detto a me stesso: devo smettere, e seguire Gesú Cristo. Al momento della comunione sono andato a ricevere l´Ostia, ho detto a Gesú: se mi dai una mano non mi ferma piú nessuno. Ultimamente sono i miei amici drogati che mi aiutano piú di tutti. Quando dico per scherzo: "fumiamo insieme un pó di erba" - mi dicono: "Non sarai mica matto? Tu che ne sei uscito, non puoi ricadere. Se vuoi tornare alla droga, non contare su di noi!". E ora io ripeto: "Signore, aiutami, e non mi ferma piú niente e nessuno".
La forza della parola agisce a sorpresa, nei momenti e nei luoghi piú impensabili, esattamente come osserviamo nei racconti dei Vangeli. Non per nulla qualcuno ha scritto che la nostra vita puó essere un quinto vangelo (credo che la frase sia di Charles de Foucalt). Ieri sono stato in campagna da mattino fino a tardo pomeriggio, a invitare gente ad una preghiera. La Commissione Pastorale della Terrra di Itaberaí ha deciso di fare una Veglia sul tema "Avvento, Riforma Agraria e Ambiente", e la coordinatrice (Eleusa) é venuta con me a combinare l´incontro tra i senza-terra giá accampati su un´area conquistata, e ad invitare la gente. Si é messo a piovere a tutta forza. Abbiamo letteralmente navigato tra le pozzanghere: il fango é arrivato fino al tetto della macchina. Le famiglie hanno piantato, sugli appezzamenti giá assegnati, le loro baracche di pali coperti da un telone di plastica nera. Sotto i teloni ci sono tamburi di plastica, di quelli che usano per il combustibile delle macchine agricole: riutilizzati per raccogliere l´acqua piovana....La prima signora che abbiamo visitato, Maria Lucia, ci ha accompagnati a visitare le altre famiglie. Il marito é rimasto in casa a prepararci il pranzo. Tutti ci hanno accolto bene, hanno risposto di sí all´invito, e ci hanno regalato le loro prime verdure prodotte sulla propria terra. Sono contenti, perché hanno giá in mano il progetto della casa che costruiranno. Quasi tutti stanno piantando gli alberi da frutta che vorranno avere vicino a casa. Verso l´una siamo andati a pranzo: c´é voluto del tempo, perché abbiamo dovuto cuocere alcune verdure da mescolare al riso e ai fagioli. Zé aveva cominciato anche un umido di pollo, ma non era ancora pronto. Nel pomeriggio abbiamo fatto altre visite, fin dove la strada lo permetteva. A un certo punto, infatti, il fango era cosí profondo che ho dovuto desistere per non rimanere piantato. L´ultimo ad essere visitato, Coró, ha offerto la sua casa per la veglia: era la sede della fazenda, quindi é una casa vera, giá pronta, con stanze grandi e la luce elettrica. Mi ha pure regalato uova e zucche. Le ho portate ai colleghi preti. Io vado matto per le zucche, ma erano tante, le mangeremo insieme. Per dire quanto sia forte la parola, che mette in movimento la gente in luoghi cosí solitari e difficili, in mezzo alla pioggia e al fango, perché ha bisogno di incontrarsi, di credere e lottare, per vivere.
Mi scrive un italiano che ha generosamente aiutato le nostre comunitá ed ha adottato dei bimbi di qui: "Chico una confidenza, fare del bene dovrebbe essere una cosa grata che facciamo con gioia e senza fatica ma nonostante fin da giovane ho ritenuto giusto impegnarmi per i meno fortunati e da un pò ho trovato questa forma molto calvinista della decima come impegno costante ... lo faccio credendo che sia giusto.... ritengo molto più serio che dare pochi spiccioli in chiesa la domenica.... anzi io ho sempre odiato la questua e l'abolirei... ma poi ogni volta che verso e destino dei soldi c'è sempre una vocina dentro di me che mi tira indietro,,, che mi fa pensare se non sono troppi... che mi fa tirare il culo indietro.... e so di essere molto distanti da voi che avete dato tutta la vostra vita agli altri... "don la realtà è che nonostante dica che noi occidentali sfruttiamo il terzo mondo e dobbiamo avere un senso di colpa, nonostante comprenda i poveri ( quando ero piccolo in casa mia da mangiare cene è sempre stato ma per la malattia di mio padre di soldi sempre pochi e il superfluo non sapevamo cosa era) ... so come sia umiliante per un bimbo quando gli altri possono avere anche solo una matita nuova e tu no ..ti tieni i ruoi mozziconi...
non sono ancora arrivato a donare con naturalezza e gioia... forse anche perchè ho toccato per mano come vengono usati i soldi donati in certe associazioni, forse perchè ..non lo so il perchè ma è sempre fatica". E io rispondo: "Non ti preoccupare e non fare mai piú du quello che ti senti. Tutti facciamo fatica a donare e donarci. Tuttavia la parola ci ci inquieta, ci fa agire contro il nostro istinto". Quando noi diciamo, leggendo la Bibbia, "Parola di Dio", a volte dimentichiamo che la Parola di Dio non c´é solo nessa Bibbia. Essa continua in noi, e ogni nostra parola, talvolta e inaspettatamente, puó diventare Parola di Dio.
Il mio amico Giuseppe Stoppiglia scrive (sul sito di Macondo) pensieri profondi sul valore della parola: "Il pensiero e la voce (non c’è voce senza pensiero) sono ormai l’ultima linea di resistenza per riprendere il percorso educativo. Quello di oggi è uno di quei momenti più difficili perché il confronto e lo scontro non avverranno, nonostante le apparenze, sul terreno dei mezzi militari e delle prove di forza materiali, ma sul possesso e sulla manipolazione della parola. Sto pensando a qualcosa di lento e di sotterraneo, a una specie di processo osmotico che valica frontiere e supera steccati, senza che quasi nessuno se ne accorga prima che sia avvenuto, a una sorta di penetrazione delle parole attraverso le barriere del fuoco e dell’acciaio da cui siamo ormai tutti circondati e imprigionati e che ci stanno dividendo al nostro interno gli uni dagli altri, in modo diverso e misura, ormai stranieri in patria. Lavorare sulla parola e per la parola è, quindi, il compito che ci sta davanti. Allargare e dilatare lo sguardo è l’imperativo etico che insieme alla memoria ci aiuta a ricostruire la storia e le storie. Ogni epoca storica chiama la fede e provoca le nostre dimensioni di vita più segrete. Se davvero sentiamo la frammentazione, l’oscurità del presente e le sofferenze che provocano, in noi si deve risvegliare la capacità di vedere un altro ordine del mondo. Vedere realmente non significa fissare qualcosa con lo sguardo e restare fermi, significa iniziare ad agire, perché la vera visione mette in cammino. La società, per diventare equa e armoniosa, deve essere intessuta, come dice Martin Buber, in “comunità di comunità”, cioè dentro una trama complessiva ricca di luoghi, di tradizioni e forme di relazione, dove nessuno è dichiarato ultimo o extracomunitario, perché invece ognuno è considerato come presenza preziosa, un valore vivente infinito, con un volto e una storia".
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