Chi desidera vedere le foto della riapertura del monastero, puó utilizzare questa link: http://cid-3b4a395ce4efcac3.skydrive.live.com/browse.aspx/apertura%20mosteiro%2029%20novembre%202009
Durante la notte mi ero svegliato con un´idea é mi ero alzato per scrivere la solita pagina di blog per non dimenticare, ma non ero del tutto soddisfatto. Perció avevo avvertito che ci sarebbero stati dei cambiamenti. Ed eccoli: a cominciare dal titolo. Stamattina é stato riaperto ufficialmente il monastero di Goias, ed io ho partecipato alla celebrazione. L´ho fatto senza i paramenti, per essere libero di fotografare. Vedete nella prima foto come sta bene il clero, sempre in bella mostra. Siamo una casta, no? Dio ha creato il mondo, le caste se ne sono impadronite! Ma c´erano anche parecchi laici e laiche affezionati del monastero: perfino un nutrito gruppo di oblati benedettini.
Il monastero, per volontá del vescovo che ora é responsabile amministrativo, continuerá col nome di monastero dell´annunciazione, ma non é piú benedettino. Al posto dei monaci, c´é una comunitá formata da due "piccoli fratelli di Charles de Foucault", Gabriel e Marcos. Sono giá arrivati da quindici giorni e hanno giá dimostrato di essere dei gran lavoratori. Hanno ripulito perbene gli edifici e i giardini, che non é cosa da poco: "Abbiamo lavorato dalle 6 del mattino alle 8 di sera" - sostiene André, il prete della fraternitá, che é in comunitá a San Paolo ma per l´occasione é venuto ad aiutarli. I piccoli fratelli avranno la responsabilitá dell´accoglienza e delle relazioni con la gente del quartiere, che é la zona piú povera della cittá di Goiás. Questo é il loro carisma, e sono stati ben contenti di accettare la proposta della diocesi anche con la speranza di ingrossare quí le file della fraternitá di de Foucault, che in Brasile é ancora molto piccola. Inoltre, la casa funzionerá anche come centro di spiritualitá per la diocesi: per ritiri ed esercizi spirituali, ma anche per chi, laico-religioso o prete, voglia passare una giornata di riposo, preghiera e riflessione fuori programma. Per cominciare abbiamo giá fissato un ritiro spirituale per preti e operatori pastorali nel prossimo febbraio. Abbiamo cantato "Dalla terra secca spunterá un fiore". Testo parafrasato dal libro di Isaia, che é il profeta piú letto nella liturgia di Avvento e Natale. Infatti oggi é la prima domenica di Avvento. "Avvento non é attesa di un futuro lontano, ma avviene ogni giorno e ogni momento: Cristo é tra noi, e rinnova la vita". La rinascita di questo luogo ne é la prova: finita una comunitá, ne comincia un´altra. Noi, peró, sappiamo bene che la giustizia non cade dal cielo come rugiada: é venuto con Gesú, ma cresce soltanto quando ci lasciamo condurre da lui.
Al nostro vescovo che nell´omelia gli chiedeva di raccontare come era nato il monastero benedettino di Goiás, dom Tomás, vescovo emerito, ha risposto sagacemente: "La comunitá nacque naturalmente come quando una cosa é chiusa in un contenitore che non la contiene piú. Tre benedettini erano in un monastero di Curitiba e hanno cercato la nostra diocesi perché amavano la nostra scelta preferenziali per i poveri. In realtá é stata un´occupazione: il popolo, con loro, ha occupato uno spazio in questa chiesa. Ed é rimasto fino a quando non é stato sfrattato, come accade per gli accampamenti dei senza terra".
Per il Natale del mercato globale, l´Avvento é giá cominciato da un pezzo nella pubblicitá: panettone, porchetta, spumante, regali, ferie tropicali. É un´occasione d´oro per accelerare l´economia capitalista. Questo é un natale-morte: non fa nascere nulla di nuovo. Arricchisce chi é giá ricco. Uccide il pianeta con l´inquinamento e lo sfruttamento accanito delle risorse a scopo di lucro. Fa morire di fame gli africani. Produce le migrazioni di tante "famiglie di Nazaret" a cui, poi, diremo: "Non c´é posto per voi". Per il Natale dei devoti, invece, l´Avvento comincia oggi. Ma anche questo é discutibile, se serve solo a raccontarcelo come una favoletta per sentirci piú buoni. Il motto dell´Avvento é non dormire: e noi, spesso, si dorme con la coscienza tranquilla, evitando di guardare in faccia la realtá.
Scrive il monaco Marcelo Barros, in una lettera agli amici: " "La notte é quasi finita e il giorno giá si schiarisce. Vinciamo ogni torpore di sonno e alziamoci, perché la nostra salvezza é piú vicina a noi..." (Paulo aos romanos 13, 12- 13). Cari fratelli e sorelle, in questa domenica che le antiche Chiese d´Occidente chiamano prima domenica di Avvento, inizio del nuovo anno liturgico, questa lettura di Paolo é proclamata nell´ufficio del mattino. É importante notare che i cristiani di Roma cominciavano giá ad essere perseguitati dall´Impero, ed emarginati dal giudaismo ufficiale dei rabbini del tempo. Stavano affrontando ogni tipo di difficoltá interne ed esterne. É in questo contesto che Paolo scrive: "La notte sta passando e il giorno sta quasi schiarendosi". Nella Bibbia, notte e giorno sono simboli e dire che il giorno é quasi chiaro significa affermare che le cose si chiariranno e miglioreranno". E da questo viene l´appello: superiamo ogni tipo di sonnolenza e svegliamoci per un nuovo giorno". E il monaco aggiunge: "Condivido con voi questo appello, oggi, che io stesso ascolto per me. Nel contesto nuovo del mondo. Niente ripetizione di riti e consolazioni illusorie di una fede ingenua".
Ieri mattina ho condotto l´incontro dei dirigenti delle comunitá rurali in preparazione della Novena di Natale, e Arcangelo ha commentato cosí la frase del Vangelo: "Vegliate e pregate!": "Restare svegli, per non entrare ingenuamente e inavvertitamente nello spirito del mercato, che fa del Natale di Gesú una festa del consumismo che distrugge la vita nel mondo. Essere vigilanti e non dormire, per poter accogliere prontamente e gioiosamente nella nostra vita la speranza che Egli ci porta".E ancora: "Riconoscere i segni del Regno, che é il progetto di Dio, per il quale Gesú ci viene incontro. Non dormire sugli allori della nostra fede e identitá cristiana, come se la nostra coscienza potesse sentirsi a posto con un bel presepio e una messa, mentre la disuguaglianza e la violenza dimostrano che siamo ancora complici di un sistema di morte e di una vita non fraterna e non condivisa".

Per i poveri, l´unica ricchezza del Natale é questo rinnovarsi della speranza. Lo dicevano, l´altra sera, quelli della comunitá Lago Primavera: "Per me il giorno di Natale é come gli altri giorni". Perché uno é in attesa di un trapianto di rene, l´altra é disoccupata e deve chiedere aiuto anche solo per mangiare, tutti hanno vite difficili. Penso che la sfida piú grande della nostra fede sia questa venuta di Gesú, che mostra un Dio impotente (perché non dona la salute al marito di Nilda, che é una persona cosí umile e buona? Perché lascia Marcelo a lottare contro il tumore, invece di curarlo?) che si offre per aiutarci, sta accanto a noi, fa tifo per noi, ma aspetta che siamo noi ad affrontare il male. Il Gesú del Natale é debole, ma l´impegno a cui ci chiama é forte: superiore alle nostre forze. Eppure San Paolo scrive che l´intervento di Cristo trasforma la nostra debolezza in forza. Il Natale dell´identitá cattolica é per i ricchi. Lo usano, talvolta, come un muro per impedire che i poveri disturbino i loro lauti pranzi. Per i poveri é l´irruzione nella storia umana di un Dio che vuole sovvertire l´ordine ingiusto, e aprire un cammino per una umanitá di fratelli che vivono, pensano e agiscono da figli di Dio.
Perche non:)
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