27 ottobre 2011

POTERE DELLA STOLA

Foto: 1) Reforço escolar; 1) I miei colleghi, il sindaco e autoritá comunali; 3) genitori e alunni. 2) I ragazzi.

"Non cé stato nessun documento o gesto concreto per modificare la netta perspettiva teologica (.....) che traduce l´idea che tutte le religioni trovano la propria realizzazione nella Chiesa cattolico-romana" - scrive Faustino Teixeira a commento dell´incontro delle religioni ad Assisi. "Il nuovo incontro si pone in questa prospettiva, ma puó favorire nuovi segni di dialogo. É ció che tutti speriamo". Ossia una "possibilitá di trasmettere la vocazione essenziale di accoglienza e ricerca della pace, senza le quali non sará possibile un futuro di amore per il nostro tempo".

Il Vangelo di domenica solleva uno dei temi che che ho affrontato con piú passione nella mia vita di prete: esercitare il ministero da compagno di strada della gente, nel cammino verso il Regno, in una Chiesa-Popolo di Dio senza posare da dottori della legge, né padri, né maestri. E a non usare la stola per affermazioni personali. Questo aspetto dello spirito e della pratica di Gesú é ancora lontano dall´essere capito e diventare pratica comune nella Chiesa. Perció non é la strada verso il successo, É un percorso che supera le capacitá umane. Io ho provato di tutto per mettere in pratica questo. Sicuramente fo anche pasticciato. Sono contento di avere annunciato il Vangelo e celebrato per convinzione, senza farmi pagare né in contanti né in promozioni. Se me lo avessero permesso, avrei anche pagato il cibo col lavoro delle mie mani: ma questo non l´ho potuto fare. Credo di aver aiutato qualcuno a sentirsi libero figlio di Dio in comunione con la Chiesa e discepolo solo di Gesú Cristo. É un potere che mi basta e avanza.

Il gesuita Francisco Taborda, prete dal 1968, professore emerito della facoltá di teologia dei gesuiti di Belo Horizonte (MG), ha pubblicato quest´anno un libro intitolato "A Igreja e seus ministros" nel quale sostiene che il modello evangelico dell´ordine presbiterale ed episcopale non si trova nel sacerdozio (né in quello giudaico né in quello pagano) ma nel Servo di Javhé e nel Buon Pastore. In proposito, leggete queste belle pagine. Mi sembrano tanto utili per la meditazione, sia per noi preti e i vescovi, sia per i laici (pag. 53-57 del libro nell´edizione brasiliana della editrice Paulus, non so se esista in altre lingue).

Se la parola "potere" é ambigua e tende ad essere presa nel senso cattivo di potere-dominio, anche la parola "servizio" puó significare una maschera del dominio, per mezzo del paternalismo, della bonarietá e dello zelo che non danno spazio all´altro. Interpretare cosí la funzione del Servo di Iavhé sarebbe privarlo di vigore. La Chiesa serva, alla luce della teologia del Servo di Iavhé, é la Chiesa che, spogliandosi delle proprie pretese di potere mondano, cerca la realizzazione dell´essere umano tutto e di tutti gli esseri umani. Spende tutte le sue energie affinché l´essere umano arrivi ad essere fonte delle proprie decisioni, ad esprimere liberamente la propria identitá e a condividerla con gli altri in un intercambio di reciprocitá.

Nel Vangelo, Gesú stabilisce chiaramente la differenza tra potere-dominio e potere-servizio. Potere-dominio lo hanno i re e i tiranni, il cui modo di agire é designato col verbo greco catacuriéin (curiein=essere signore; catá=dall´alto al basso, contro); nella Chiesa, dev´esserci il potere-servizio (cf. Marco 10, 43-45). Mentre il primo si esercita sopra un gruppo umano, il secondo ha il suo posto dentro una societá o comunitá. Il primo si impone con la forza; il secondo sboccia dal di dentro. In questo senso, per la sua origine, il potere-servizio che vuole risvegliare il potere addormentanto in ciascuna persona, si indentifica con autoritá o exousia. Yves Congar definisce il potere come "la possibilitá che un individuo ha di far prevalere la propria idea e volontá su quella degli altri in un determinato sistema sociale". Da esso si distingue chiaramente l´autoritá: "L´autoritá é spirituale o morale. É una efficacia di irradiazione e attrazione. Puó esistere potere senza autoritá e ugualmente si puó avere ed esercitare autoritá senza "potere".

P.H. Kolvenbach, ex-Preposto Generale della Compagnia di Gesú, spiegó il concetto di autoritá come "trasformare l´altro in autore", dare spazio all´altro. É il potere che si usa per fare in modo che tutti siano "autori", responsabili delle proprie azioni. In questo contesto paragona la Bibbia al Corano. Per l´Islam, Dio ha un potere-dominio; per la tradizione giudeo-cristiana Dio ha autoritá. Due esempi lo chiariscono. Secondo il Corano, Dio insegna "ad Adamo i nomi delle cose e degli esseri" e Adamo, subito dopo, mostrerá che ha imparato, rivelandoli agli angeli; nella Bibbia, é Adamo che dá il nome agli animali (Genesi 2, 19). Dio ha autoritá, perché fa di Adamo un "autore". Lo stesso si dica dell´annunciazione a Maria: nel Corano gli angeli, dopo aver annunciato a Maria che Dio l´ha scelta, le dicono: "O Maria, sottomettiti al tuo Signore, inclinati e prostrati con quelli che si prostrano"; in Luca, Maria é autrice della risposta: "Sia fatto di me secondo la tua parola (LUca, 1, 38). Dio non vuole l´essere umano assoggettato a un potere-dominio - sia esso quello di Dio o di chiunque altro - ma lo vuole "autore", libero. La sua autoritá risveglia l´essere umano perché diventi "autore" ed eserciti il potere che c´é in lui. Ossia: lo porta ad essere libero.

Autoritá é servizio al potere dell´altro, risvegliare nell´altro il potere soffocato che, nonostante sia presente in lui, il potere-dominio non permette che si sviluppi. É non spegnere lo stoppino che ancora vacilla e nemmeno spezzare la canna crepata (cf. Isaia, 42, 3). (.....)

La forma di assumersi la responsabilitá storica é vivere la spiritualitá del Servo di Javhé, ció che é possibile solo per l´azione dello Spirito Santo. Egli ci fa oltrepassare noi stessi e cosí entrare nella condizione del Servo, collocare il potere del gruppo o personale a servizio della realizzazione dell´essere umano. Ora, la Chiesa é diversa da tutti gli altri collettivi, perché esiste per la risposta della fede in Cristo. Una comunitá, nella quale forse tutto tende a separare (razza, cultura, interessi, genere, classe...), si riconosce come il Corpo stesso del Signore Risorto. La forza dello Spirito che unisce i membri del Corpo di Cristo é maggiore di loro e li porta a superare sé stessi.

La prassi della Chiesa stará, perció, nel seguire Gesú, il servizio all´umanitá, la realizzazione umana, quella che l´essere umano assuma il proprio potere, la propria libertá, sia "autore". Ecco il potere della Chiesa da esercitarsi in un mondo in cui i dominatori non vogliono che l´essere umano, ciascuno e tutti, giungano al potere e alla libertá. Per questo, come il Servo, la Chiesa sará perseguitata e dovrá consegnarsi alla morte nella fede in Dio che risuscita i morti.

Dentro a questo contesto si capisce cosa significa "il potere nella Chiesa é servizio". Il potere é prima di tutto il potere della Chiesa, cioé il dispendio di sforzi ed energie che essa fa come collettivo. Tanto l´insieme come ciascun individuo deve entrare nella condizione di Servo per essere fedele alla sua vocazione. "Siete stati chiamati alla libertá. Non fate della libertá un pretesto per servire la carne. Al contrário, fatevi schiavi gli uni degli altri per amore" (Galati, 5, 13). "Sottomettetevi gli uni agli altri nel timore di Cristo" (Efesini 5, 21). In questo senso, la Chiesa é tutta ministeriale, ha un potere che dev´essere realizzato come servizio, dando spazio agli altri.

Ma la Chiesa é anche un´istituzione. Sociologicamente é proprio delle istituzioni strutturarsi secondo le proprie necessitá in una "macchina di potere" che sempre divide, crea tensioni e tende al dominio. Anche teologicamente, la Chiesa é istituzione. Come tale, é centrata nella persona di Gesú Cristo, che l´ha istituita chiamando persone concrete che stessero con lui ( i dodici) e, conservando la loro individualitá, formassero un collettivo. La mediazione tra il polo sociologico, per il quale la Chiesa come societá umana assicura la propria esistenza dandosi una struttura di potere, e il polo teologico per il quale la Chiesa vive della forza dello Spirito, é il ministero ordinato. Per questo, i ministri sono ordinati sotto l´invocazione dello Spirito Santo; non sono semplicemente una istituzione umana, che il gruppo sociologico Chiesa dá a sé stesso. Per loro missione compete ai ministri far prevalere nella Chiesa un tipo di potere che si affermi non negando gli altri, ma attraverso la realizzazione di ciascun essere umano e di ciascun gruppo umano nella libertá, nell´identitá e nella condivisione.

Se é questo l´esercizio del potere nella Chiesa, il regime di governo non é né monarchico (il potere nelle mani di uno solo), né aristocratico (il potere con i migliori), né democratico (il potere é del popolo), ma "pneumocratico" (il potere é dello Spirito), o "adelfocratico" (il potere compete ai fratello come fratelli). Con questi neologismi si vuole accentuare che tutti i membri della Chiesa sono soggetti attivi, membri integrali, "pietre vive" (cfr. 1 Pietro, 2, 5). Tutti godono della "paresia", il diritto di parlare, davanti a Dio e davanti al pubblico. Non ci sono padri, né maestri, né guide, solo fratelli (cfr. Matteo, 23, 8-10). Non esistono "laici", tutti sono sacerdoti (cfr. 1 Pietro, 2, 9; Ap. 1, 6).

19 ottobre 2011

ANCORA I MURI

Foto: orquidea di stagione.

Sabato scorso, nel Consiglio Parrocchiale, la suora piú anziana di Itaberaí (una venezuelana) commentava gli interventi di noi preti: "La gente va di qua, voi preti andate di lá". Lo diceva allargando le due braccia per indicare le due direzioni opposte. Analiticamente parlando, aveva ragione da vendere.

La religione del mondo contemporaneo (lo chiamiamo ancora post-moderno? Secondo me ha fatto un altro passo avanti, almeno da queste parti!) é l´ottimismo e il bene-stare a tutti i costi. Comblin, che é morto l´anno scorso, lo ha lasciato scritto in un libretto: é la religione di Paolo Coelho e dei manuali per stare bene in tutte le situazioni. E i cristiani seguono l´onda del mondo. In questo momento una chiesa evangelica di Goiania diffonde un volantino di propaganda di un "locale dei miracoli": un luogo dove lo Spirito Santo cura tutti i mali, i dispiaceri, le depressioni, eccetera. I cattolici non sono da meno. La gente vuole delle celebrazioni belle, gradevoli, con molta musica e spettacolo, paramenti e tuniche splendide per i ministri. I carismatici hanno le loro sessioni di cura. Parecchi preti giovani diventano preti in quest´ottica. Quelli che possono, si preparano a fare le show-messe alla moda di padre Marcelo Rossi.

I vescovi e il clero che li segue insistono sulla scelta dei poveri, la sobrietá, l´impegno, le comunitá ecclesiali di base. Chiamiamola fedeltá al Vangelo, oppure resistenza. Io sono di questo partito. Peró é vero che anche le comunitá ecclesiali di base si lasciano affascinare dalla tendenza generale e si adattano alla cultura del tempo. Oggi bisogna essere sempre giovani, in piena salute, sentirsi bene con sé stessi, essere ottimisti, bandire ogni sentimento e parola negativa. Le cose devono andare sempre bene, e se non vanno bene si esorcizza il male dicendo che vanno bene. Conosco un ragazzo neo-convertito che ringrazia Dio ogni cinque minuti almeno. L´unico problema sociale serio che la gente sente come una minaccia é la droga.

Non scrivo questo come lamentazione: é una constatazione. C´é in atto un riadattamento della fede al mondo. In alcuni casi anche servendosi del latino e del rigore nell´osservanza della liturgia e del diritto canonico: c´é gente che non ha mai studiato una parola di latino e vuole cantare inni e preghiere in latino. Cose che erano giá, in parte, un adattamento della fede al mondo di altri tempi. Talvolta portavano anch´esse ad evadere dalla radicalitá del Vangelo. Si puó proprio dire: "Niente di nuovo sotto il sole".

E ora vi presento la traduzione di un articolo del vescovo Dom Demetrio su tutt´altro argomento.

Dom Demétrio Valentini
Bispo de Jales (SP) e Presidente da Cáritas Brasileira
Adital

La visione del muro che separa il Messico dagli Stati Uniti permane inciso nella retina. Non sparirá tanto presto. É come selezionare un´immagine che serva come tela permanente di un computer. Il guaio é che il muro non rimane solo nella retina, ma nella realtá. É un muro che non cadrá facilmente. Cosí come altri muri continueranno ad esistere. Alcuni sembrano avere la vocazione della Grande Muraglia cinese. Si integreranno nella realtá stessa, come se facessero parte naturale di essa.

Allora rimane la questione, per niente irrilevante. Come convivere coi muri? Poiché bisogna imparare a contornarli, come il fiume contorna la montagna. I muri non riescono a trattenere la vita, che non si limita a frontiere aperte per il commercio e per la libera circolazione di persone. La vita ha altri valori. Quando ostacolati, sembrano crescere e affermarsi in modo sorprendente. Non abbiamo bisogno di aspettare che i muri spariscano per risvegliare in noi nuove energie e valori insospettati. La vocazione umana continua a sfidarci alla convivenza fraterna in questo piccolo pianeta che ci orienta ad aprirci all´universo infinito.

Un prete che da molto tempo lavora vicino alla frontiera del Messico con gli Stati Uniti, si é messo a guardare il muro in modo diverso. Senza il muro, milioni di messicani, sicuramente, passerebbero dall´altra parte. Ma chi ha mai detto che non é possibili rimanere in Messico, e fare di quel paese un luogo dove si puó vivere con gioia e sviluppare splendide potenzialitá del paese, cosí benedetto da Dio nonostante la vicinanza degli Stati Uniti!

Questo significa che i muri possono invertire il loro simbolismo, e risvegliare verso sfide salutari e provvidenziali, come il rafforzamento dell´identitá propria di ciascun paese, e la valorizzazione delle sue caratteristiche umane e culturali. É vero che non ci sarebbe bisogno di costruire muri per questo. Ma se essi sono stati costruiti, utilizziamoli per quello che possono darci di buono.

Ma il muro ha suscitato a Tijuana una realtá commovente, patrocinata dai padri e suore della Congregazione di S. Carlo. Sono stati fondati dal vescovo italiano Mons. Giovanni Battista Scalabrini, con lo scopo specifico di accompagnare e sostenere i migranti. In quel tempo erano migranti che si spostavano a migliaia dall´Europa verso il continente americano. Ora, questi preti e suore si dedicano a seguire le nuove onde migratoria, che hanno invertito le rotte antiche e ora si spostano in direzione all´Europa e agli Stati Uniti.

Dunque, essi hanno intuito che Tijuana é un punto strategico per la loro benemerita missione. Hanno costruito due case di accoglienza, una per le donne, a carico delle suore, e l´altra per gli uomini, a carico dei preti. Ogni giorno, ciascuna delle due case accoglie in media 120 migranti, proveniente in maggioranza dai deportati, che gli Stati Uniti si incaricano di buttare nel territorio messicano, a centinaia al giorno.

Ció che fa impressione é il contrasto che i migranti hanno sperimentato. Buttati fuori con freddezza, sono accolti con molto rispetto dai preti e dalle suore. Possono rimanere a dormire la notte, ricevono vestiti puliti, fanno il loro pranzo, ricevono personalmente un cuscino e una coperta per coprirsi nel letto che é loro destinato. Sono messi in contatto con le loro famiglie. Cosí possono ridefinire meglio la propria direzione e cercare una via d´uscita per la loro situazione.

Tentavano un sogno ingannevole. Finiscono per scoprire una ricchezza diversa, che possono trovare dentro sé stessi. Non ci sono muri che possano fermare la vocazione umana alla realizzazione personale e ai rapporti fraterni con tutti.

10 ottobre 2011

LULA PREMIATO: MEGLIO NON SAPERLO?

Foto: immagini della nostra equipe. Vi appare Padre Luis Cardalda, spagnolo, candidato a sostituire don Eligio ad Itaberaí.

Ricardo Kotscho – Giornalista, blog Balaio do Kotscho. Tradotto dalla fonte di Adital.

“Perché Lula e non Fernando Henrique Cardoso, suo predecessore, per ricevere un omaggio da questa istituzione?”

Comincia cosí, credetemi, con questa domanda indecente, l´intervista di Deborah Berlinck, corrispondente di "O Globo" a Parigi, a Richard Descoings, direttore dell´Istituto di Studi Politici di Parigi, il “Sciences- Po”, che ha consegnato il titolo di Dottore Honoris Causa all´ex-presidente Lula, nel pomeriggio di questo martedí (l´articolo é del 30 settembre scorso).

Risposta di Descoings:"Il presidente anteriore meritava e, come universitario, era considerato un grande accademico (...) Il presidente Lula ha fatto una carriera politica di alto libello, che ha cambiato olto il paese e, radicalmente, ha cambiato l´immagine del Brasile nel mondo. Il Brasile é diventato una potenza emergente sotto Lula, ed egli non ha studi superiori. Questo ci é sembrato totalmente in linea con la nostra politica attuale nel Sciences- Po, quella per cui il merito personale non deve venire solo dal diploma universitario. In Francia abbiamo una societá di caste. E ció che distingue la casta é il diploma. Il presidente Lula ha dimostrato che é possibile essere un buon presidente senza passare per l´universitá".

L´intervista completa di Berlinck a Descoings é stata pubblicata nel portale di "O Globo" alle 22,56 del giorno 22/9. Ma la storia completa della figuraccia che la stampa nostrana “sabuja” ha dato in questi giorni, insofferente per il fatto che Lula sia stato il primo latino-americano a ricevere questo titolo, che é stato fin´ora assegnato solo a 16 personalitá del mondo in 140 anni di storia dell´istituto, é stata raccontata da un giornalista argentino, Martin Granovsky, nel giornale Página 12.

Ho preso in prestito da Mino Carta l´espressione “stampa sabuja” perché é quella che qualifica meglio ció che é accaduto nella copertura del settimo e piú importante titolo di Dottore Honoris Causa che Lula ha ricevuto quest´anno. Sabujo, secondo le definizioni trovate nel Dizionario Informale, significa servile, leccapiedi, adulatore, “baba-ovo, lambe-cu, lambe-botas, capacho” (espressioni intraducibili, ndt).

Sotto il titolo "Escravocratas contra Lula", Granovsky riferisce ció che é accaduto durante una esposizione fatta il giorno precedente dal direttore Richard Descoings per spiegare le ragioni dell´iniziativa di Science- Po di consegnare il titolo all´ex presidente brasiliano.

"Naturalmente, per ascoltare Descoings, erano stati chiamati diversi colleghi brasiliani. Il professor Descoings ha cercato di essere amabile e didattico (...). Uno dei colleghi ha chiesto se era il caso di premiare chi si vantava di non aver mai letto un libro. Il professore ha mantenuto la sua calma e ha dato uno sguardo di sorpresa (...).

"Perché premiano un presidente che ha tollerato la corruzione”, é stata la domanda seguente. Il professore ha sorriso e ha detto: “Veda, Sciences Po non é la Chiesa Cattolica. Non entra in analisi morali, e non trae conclusioni affrettate. Lascia alla Storia il giudizio su questo argomento e altri molto importanti, come l´elettrificazione delle favelas di tutto il Brasile e le politiche sociali (...). Non scusiamo e non giudichiamo. Semplicemente, non diamo lezioni di morale ad altri paesi”.

"Un altro collega brasiliano ha chiesto, con ironia, se l´Honoris Causa di Lula faceva parte dell´azione affermativa del Sciences Po. Descoings lo ha guardato con attenzione, prima di rispondere. "Le elites non sono solo scolastiche o sociali”, ha detto. "Chi deve valutare chi sono i migliori, pure. In caso contrario, ci troveremmo davanti a un caso di elitismo sociale. Lula é um tornitore-meccanico che é arrivato alla presidenza, ma per quanto ho capito fu votato da milioni di brasiliani con elezioni democratiche".

Alla fine dell´articolo, il giornalista argentino Martin Granovsky scrive, per la vergogna dei giornalisti brasiliani: "In mezzo a questa discussione, Lula giungerá in Francia. É bene che sappia che, prima di ricevere il dottorato Honoris Causa di Sciences Po, deve chiedere scusa agli elitisti del suo paese. Un lavoratore metalmeccanico non puó essere presidente. Se per una casualitá é arrivato al palazzo del Planalto, dovrebbe eseguire quello che gli dettano. In Brasile, la Casa Grande delle fazendas era riservata ai proprietari di terra e di schiavi. Perció, Lula, stai zitto per favore. Quelli della Casa Grande sono arrabbiati". (Ndt: la Casa Grande é l´espressione che indica la sede dei proprietari di terra nei latifondi. Era la casa dei padroni. Quella degli schiavi si chiamava “Senzala, di solito stanzoni sotto la Casa Grande, chiusi ermeticamente come una prigione).

Da quando Lula ha passato l´incarico di presidente della Repubblica a Dilma Rousseff nove mesi fa, la nostra grande stampa tenta di mettere l´uno contro l´altra e cerca di far esplodere l´immagine del suo governo, che é arrivato alla fine degli otto anni con indici di approvazione superiori all´80%.

Siccome fin´ora non sono riusciti in nessuna delle due cose, tentano di cancellare Lula dalla carta geografica. L´esempio piú lampante lo ha dato oggi il maggior giornale del paese, la "Folha de S. Paulo", che non ha trovato spazio nella sua edizione di 74 pagine per pubblicare una misera riga sull´importante titolo assegnato a Lula dall´Istituto di Studi Politici di Parigi.

In compenso, ha trovato spazio per pubblicare una simpatico foto di Marina Silva di fianco a Fernando Henrique Cardoso, durante un evento importante dello stesso istituto, com questa didascalia: "Scambi di affetto - FHC e Marina in un dibattito sul Codice Forestale nell´Istituto dell´ex-presidente; il tucano (ndt: tucano é il simbolo del partito di FHC) ha attribuito al fascino di Marina il fatto che l´uditorio era pieno zeppo".

Non si discute, é chiaro, di criteri editoriali, come non si discute delle decisioni della Giustizia. Frattanto a Parigi, secondo una relazione pubblicata nel portale di "O Globo" dalla corrispondente Deborah Berlinck, alle 16,37 impariamo che: "L´ex-presidente Luiz Inácio Lula da Silva e stato ricevuto con festa nell´Istituto di Studi Politici di Parigi -il Sciences-Po-, in Francia, per ricevere un altro titolo di Dottore Honoris Causa, questo martedí. Trattato come una star fin dalla sua entrata nell´istituto, é stato circondato da studenti e salutato con grida. Prima di arrivare alla sala dell´omaggio, in un corridoio, Lula ha udito, dai francesi, la canzone di Geraldo Vandré, "per non dire che io non ho parlato di fiori”.

"La sala dell´Istituto in cui é avvenuta la cerimonia aveva la capacitá per 500 persone, ma molti studenti sono rimasti di fuori. Il direttore dell´universitá, Richard Descoings, ha aperto la cerimonia spiegando che la scelta dell´ex-presidente era avvenuta per unanimitá".

Nel suo discorso di ringraziamento, Lula ha detto: "Benché io sia stato l´unico governante del Brasile privo di un diploma universitário, sono giá il presidente che ha costruito piú universitá nella storia del Brasile, e questo forse perché io volevo che una parte dei figli dei brasiliani aveve l´opportunitá che io non ho avuto”.
Per certi brasiliani, sicuramente dev´essere duro udire queste parole. É meglio non saperlo nemmeno. [Fonte: Blog Balaio do Kotscho].

3 ottobre 2011

UN GRIDO SOSPESO

Foto: 1) Africa. Dall´archivio di Padre Severino che é stato missionario in Mozambico. Dev´essere uno dei suoi capolavori di fotografia. Cliccare sulla foto per vedere bene. 2) Foto del pranzo di saluto a don Eligio. 3) le cuoche (volontarie).

Non é solo per scarsitá di tempo che ho trascurato questo blog; é soprattutto per mancanza di idee. La vita é ripetitiva e la mente non é lucida a sufficienza per scavare sotto gli avvenimenti quotidiani per capirne la sostanza.
Ho vissuto un settembre pieno di incontri con le comunitá. Potrei dichiararmi soddisfatto. La gente che partecipa alle messe, soprattutto, é numerosa e ha un livello molto alto di attenzione e di sete di Vangelo. Non ci sono soltanto due tipi di religiositá, come ho scritto qualche volta: ma tanti. Ne cito almeno 3. C´é la religiositá popolare tradizionale, che si manifesta soprattutto nelle feste dei patroni. Questa é la corrente piú forte, che quando entra in azione assorbisce tutte le altre. Pure in questo momento ci sono quattro comunitá in festa: Mariguela (Nossa Senhora Aparecida ne é la patrona), che é una comunitá di senza terra giá sistemati nei loro appezzamenti di Riforma Agraria. Il quartiere “redenção” in cittá (stessa patrona, Nossa Senhora Aparecida). Poi ci sono i quartieri São Francisco e Santa Terezinha coi rispettivi santi. In queste feste le comunitá si mescolano. Alcune volte si ritrovano persone di sette o otto comunitá. La comunitá in festa invita le altre, a turno, a presiedere la celebrazione. La messa col prete c´é soltanto nella sera di apertura della novena e nel finale della festa, con la processione. C´é sempre una folla. Alla gente piace stare insieme in maniera rilassata. É un tuffo nella gioia della fede e dell´amicizia. É la loro piú normale interpretazione del Vangelo, e non mi sembra male. I problemi ci sono, e i gesti di amore avvengono ad ogni momento, ma senza drammatizzazioni e senza ufficialitá.

Un altro tipo di religiositá é quello carismatico: sono gli entusiasti. Hanno un programma intenso di incontri di lode, ritiri spirituali, studio della liturgia, riunioni organizzative. Sono gli unici a fare una vera e propria attivitá pastorale coi giovani: soltanto loro, al momento, riescono ad aggregare giovani in buona quantitá. Nel sociale si impegnano specialmente nella lotta alla droga e all´alcool. Hanno ottima accettazione popolare anche tra la gente che non aderisce. Non sono dichiaratamente in polemica con la pastorale parrocchiale, e vi partecipano quasi sempre attivamente, ma con il loro stile.

Accanto ai carismatici possiamo mettere il movimento dei Casais Con Cristo (coppie con Cristo) (esiste anche a Modena). Hanno un tipo di spiritualitá simile a quello dei carismatici, ma totalmente inserito nella pastorale diocesana e parrocchiale. Fanno degli incontri intensivi di formazione, con ore e ore di studio e di preghiera. Dopo il secondo incontro si inseriscono nelle diverse pastorali. Sono quasi tutte coppie giovani, e diventano un supporto formidabile per le attivitá parrocchiali: sono impegnatissimi nella liturgia, nell´accompagnamento alle comunitá rurali piú isolate, nella raccolta delle decime, nell´amministrazione economica, nelle letture bibliche di preghiera, nei corsi per fidanzati, nel servizio dei matrimoni, nella liturgia domenicale, catechesi dei ragazzi e degli adulti, e altro.

Poi c´é la pastorale ufficiale: per la nostra diocesi é costituitá soprattutto dalle comunitá di base e dai gruppi di servizio pastorale. Non li enumero perché sono una quarantina di comunitá e una ventina di gruppi. Alcuni sovrabbondano di laici impegnati: a volte con ottime capacitá e formazione, altre volte scarsi. É un processo. Cito solo la pastorale della terra, la pastorale missionaria, la pastorale carceraria e quella della salute, perché sono le piú eroiche. Sono pastorali impegnative, che non ottengono molta cooperazione. Sabato ho partecipato a un incontro diocesano della pastorale carceraria, totalmente in mano ai laici. Si propone la meta, ambiziosa e quasi utopica, di promuovere una giustizia redentiva e non punitiva. É impopolare. Io faccio parte di questa pastorale, visito i carcerati, e so che per realizzare questo ideale i primi da convertire sarebbero i carcerati stessi. Questa pastorale é programmata ogni tre o quattro anni dalla Conferenza Nazionale dei Vescovi. In diocesi la si studia e si rielabora secondo le neccessitá locali, poi si cerca di seguirla a menadito.

Le messe domenicali in parrocchia, e un poco anche quelle delle comunitá di base, fanno da ponte tra i diversi tipi di religiositá. Per questo motivo la maniera di celebrare é ibrida. Soprattutto nella grande messa centrale della domenica sera, alla quale partecipa quasi un migliaio di persone. La messa, da queste parti, é davvero il centro della comunitá cattolica. É esplosione di sentimenti, canto, divertimento, passerella, ma é anche un grande momento di ascolto del Vangelo, di preghiera, di adesione a Gesú. La messa della domenica é sempre oggetto di conversazioni e commenti per tutta la settimana: la gente ci ferma per strada e commenta i passi interessanti.
Questo é il nostro orto. Che cosa avviene fuori? Cresce il numero delle chiese evangeliche e quello dei loro adepti (sempre meno). Cresce anche il numero di aderenti all´ateismo, dice l´anagrafe. E nei cattolici, che ufficialmente diminuiscono di numero, cresce la partecipazione effettiva alla vita della comunitá, e aumenta la consapevolezza e l´impegno.

Il nostro orto é quasi un ambiente idilliaco, un paradiso. La povertá ora discretamente prospera é acccolta con gioia senza pretendere troppo, e si cerca soprattutto il cibo spirituale per avere fiducia e speranza nonostante tutto in questa vita, e poi la vita eterna. Dove si loda e ringrazia Dio per ció che si ha e non ci si dispera di fronte alle tempeste e ai baratri del mondo. Anzi, forse si evita perfino di guardarli. Alcuni dei nostri bravissimi fedeli snobbano perfino gli sforzi di Lula e ora del governo Dilma. É per questo che l´interesse per le istanze sociali, la partecipazione ai movimenti e alle mobilitazioni di carattere politico, che pure sono sollecitate con notevole vigore dai programmi dei vescovi, nella realtá smuovono pochi adepti. Ci sono forse le convinzioni, ma non c´é pratica.

Sicuramente, lo ripeto, non siamo un mondo illuminista e positivista come il nord del pianeta, ma in questo momento un poco di analisi non farebbe male. Ho l´impressione che l´impegno della nostra Chiesa per la giustiza sia diventato, complessivamente, un discorso e un´opinione, e basta. Forse diventerá partecipazione effettiva, o forse no. Per il momento siamo isolati quasi del tutto dai movimenti sociali. Non fosse qualche azione imposta, in qualche modo, dalla Conferenza Nazionale, come ad esempio la Campagna della Fraternitá. Che quest´anno era sulla difesa del Pianeta Terra, ma é quasi morta sulla spiaggia (a onor del vero, alcune comunitá hanno fatto un buon lavoro sul piano della coscientizzazione). Mancano persone che si buttino e nuotino: i pochi che si azzardano rimangono quasi sempre soli, senza mezzi e senza uditorio. La nostra Chiesa si é chiusa in sé stessa. Fuori dal nostro orto accadono cose preoccupanti, ma anche cose promettenti: sarebbe doveroso collegarsi. Come, ad esempio, scrive Selvino Heck, assessore speciale della Presidente Dilma Roussef, su Adital:

“Ritorno da alcuni giorni di preteso riposo in casa della mia mamma, ritorno dalla lettura quotidiana dei giornali, riviste e blog di vari tipi, entro a capofitto nella preparazione di tre eventi importanti (.....), e mi rendo conto che sta accadendo qualcosa di diverso.

La televisione mostra la mobilitazione di fronte alla Borsa di valori di Nuova York, dove giovani accampati protestano contro il mercato finanziario e gli alti lucri delle banche. La Grecia si é fermata, in sciopero generale. Gli studenti cileni continuano in strada. Analisti internazionali parlano della necessitá di aiutare i BRICS –Brasil, Rússia, Índia e China – a comprare titoli del debito europeo, per aiutare l´Europa a sfuggire dalla crisi che si approfondisce. Lula, il primo latino-americano in 140 anni a ricevere il titolo di Dottore Honoris Causa dall´Istituto di Scienza e Politica di Parigi, il famoso Sciences Po, e ad essere acclamato, dice: "Il problema della crisi non é economico ma di decisione politica”. La Presidente Dilma, nel suo storico discorso di apertura della 66ª Assemblea Generale dell´ONU, disse: "Il mondo vive un momento estremamente delicato, e, nello stesso tempo, una grande opportunitá storica”.

Ricevo un messaggio con questa chiamata: "Attenzione all´agenda internazionale dei movimenti sociali”. É il Boletim da Minga Informativa deo Movimenti Sociali, che dice che ottobre sará “ il mese delle mobilitazioni nel continente e nel mondo”. Gli assi centrali sono: i temi ambientali e climatici e i diritti della natura, in vista dei negoziati internazionali di Durban (dicembre, sul clima) e Rio+20 (Rio de Janeiro, junho de 2012, sullo sviluppo sostenibile).

Come, per esempio, la IV Minga (ndr: minga é una parola spagnola che indica un impegno o una convenzione di lavoratori che si impegnano a prestare un servizio a favore a una persona o una causa) globale per la Madre Terra del 12 ottobre, convocata dai popoli indigeni dell´Abya Yala. L´obiettivo é che "in ogni angolo del pianeta si alzino le voci e si uniscano le mani in difesa della vita, per i diritti della Madre Terra, per il pieno esercizio dei diritti dei popoli indigeni, contro l´imposizione delle attivitá estrattive e per la costruzione collettiva del Ben Vivere”.

Oppure la Settimana di azione globale contro il debito e le istituzioni finanziarie internazionali, dall´8 al 16 ottobre. “Uniamo le nostre forze e diciamo NO al debito illegittimo. Le istanze organizzatrici invitano a far confluire le azioni di tutto il pianeta, a usare il massimo di creativitá e realizzare ogni tipo di azione appropriata per rendere possibili le aspettative comuni e appoggiare le lotte concrete.”

A Panamá, si realizza nei giorni 1 e 2 ottobre il Forum alternativo sui cambiamenti climatici: "L´obiettivo é di dare supporto ai processi di lotta e denunciare l´applicazione di false soluzioni alla crisi del clima nel suo complesso”. Fino al 7 ottobre le organizzazioni possono sostenere la chiamata contro la presa delle terre, “per contribuire a spingere i governi al rifiuto definitivo dei Principi per le inversioni agricole responsabili (RAI, nella sua sigla in inglese) della Banca Mondiale)”.

Il 12 ottobre avverrá il Grito dos Excluídos Continental (Grido degli esclusi continentale) con la 13ª Giornata di Mobilitazione ‘Per Lavoro, Giustizia e Vita”, in diversi paesi dell´America Latina e Caraibi: “Il Grido avverrá in forme diverse, espressioni e agente diverse, col denominatore comune della difesa della Vita in tutta la sua ampiezza: della natura, delle comunitá, dei diritti sociali delle minoranze e degli esclusi”.

Nella República Dominicana, sono giá iniziate le Giornate di Mobilitazione/2011 per il Diritto alla casa e alla Terra, collegate alla Giornata Mondiale dell´Habitat.
Nella Valle del Cauca, in Colômbia, sará realizzato il Congresso delle Terre, Territori e Sovranitá, dal 30 settembre al 4 ottobre, “convocato da organizzazioni di contadini, indigeni afrodiscendenti e popolazioni urbane e che si propone di riunire diecimila persone di tutto il paese. (....)

Non stiamo perció assistendo a un “Grito fermo nell´aria”, titolo di un pezzo teatrale di Gianfrancesco Guarnieri, di grande successo negli anni 70, che denunciava la censura (...). E nemmeno é ancora il grido degli anni 80 con suo appello al cambiamento. Ma l´effervescenza, la mobilitazione, sono nell´aria e nella testa di tante persone. Ogni giorno diventa piú percettibile che il modello neolibarale di sviluppo sta portanto il mondo a una situazione insostenibili, se non proprio di caos. Non é piú possibile che il mercato finanziario domini l´economia, favorendo gli interessi di una mezza dozzina, e portando paesi interi alla crisi e i lavoratori alla disoccupazione e alla miseria. Non é sostenibile il modello consumista che distrugge la natura, esaurisce l´acqua, inquina il pianeta e dissemina valori come l´individualiso, l´ingordigia, il lucro come misura della vita e delle relazioni sociali, l´egoismo, o, come si diceva negli anni 80 e vale ancora oggi, l´avere al posto dell´essere.

La reazione, la lotta e il sogno, come sempre, vengono dal basso, dai piú poveri e dai lavoratori, dagli indigeni, dai neri e dagli abitanti dei quilombos, dalle donnme e dai giovani, dai militanti dell´economia solidale e dei diritti umani, dagli agricoltori familiari e dai contadini. E disegna un futuro di “un altro mondo possibile”, urgente e necessario.
Scritto il 30 settembre 2011.