26 dicembre 2012

PROPOSITO PER IL 2013

Foto: a partire dalla sera di domenica scorsa 23 dicembre, siamo tornati dentro alla vecchia Chiesa di San Sebastiano ristrutturata. Per puro caso mi é toccato l´onore di spianarla. L´inaugurazione é ancora lontana, perché non é finita. La gente é contentissima. Sono orgogliosi di avere una chiesa cosí grande e bella. La voce e lo sguardo di chi presiede si perdono nello spazio. Continueró a preferire le piccole comunitá in cui ci possiamo guardare negli occhi.
Sono le 22 del giorno di Natale. Sono appena rientrato da una visita a Nello. É sempre solo nel suo tugurio. Ha compiuto 89 anni. É ancora forte di mente e volontá. La coerenza non gli manca, come si conviene a um profeta “voce nel deserto”. Libero come quei filosofi che abitavano nel canile di Atene. Orgoglioso di ció che dice. Per questo gli hanno regalato mezz´ora alla settimana nella radio locale. Nessun altro, che io sappia, ha mai ottenuto un simile privilegio. Per vederlo, io ho attraversato lampi e tuoni sulle montagne di Itapuranga che questa sera sembravano le “cime tempestose”. Ero libero da impegni e avrei potuto concelebrare ad Itaberaí, ma l´amico Padre Luís mi ha detto: “Non troverai Dio nel Tempio, cercalo nel tuo fratello!”. Una bella frase per la notte di Natale e per tutto il 2013 che verrá. Scrive Frei Beto che le feste di Natale risvegliano: 1) il sentimento religioso e la “nostalgia di Dio”; 2) propositi di vivere meglio l´anno nuovo che sta per iniziare; 3) ma anche una speie di noia spirituale provocata da tutto ció che siamo costretti a subire in questo periodo: pranzi e cene, auguri di circostanza e orgia consumistica imposta e strombazzata in tutte le forme possibili.
Ho visto la nostalgia di Dio nella novena, celebrata nei quartieri e in campagna nei gruppi spontanei di famiglie. Un incontro intimo, di preghiera, senza chiasso di festa, ma anche le comunitá piú fiacche si sono risvegliate e riaggregate. É impressionante l´attrattiva che esse esercitano. La gente attende il tramonto, poi accorre. La diocesi fornisce ogni anno um libretto diverso per arricchire la devozione popolare con letture bibliche e riflessioni aderenti alla realtá locale. Pellegrinano da una casa all´altra portandosi dietro un piccolo presepio. Ogni gruppo sceglie le sere preferite dalla maggioranza. Dove le distanze non permettono una novena intera, fanno un triduo. L´ultimo giorno portano bevande e specialitá di cucina goiana (pão de queijo, biscoito de mandioca, etc...) per um´oretta di confraternizzazione. Quando le coincidenze lo consentono ci va pure il prete a celebrare la messa, e in questo caso é giá Natale.
A parte il clima assai diverso, hanno il fervore delle novene della mia infanzia: alle sei del mattino facevamo una scarpinata notevole per arrivare nella cappella della borgata, godere la gioia di ritrovarci con gli amici e conoscenti della zona, ascoltare le magnfiche antifone dei profeti e cantare “Tu scendi dalle stelle”. A quei tempi eravamo tutti al freddo e al gelo. Si camminava al buio ben infagottati tra le colline bianche di brina o dolcemente ammantate di neve. Nei giorni scorsi, usando i potenti mezzi di google maps, ho rivisto quasi dal vivo i luoghi di quelle mattinate indimenticabili: la casa di Ponte Borlenghi, il percorso in mezzo ai frutteti, la chiesetta e la piazzuola, la bottega del fabbro chiusa da tempo immemorabile con lo stesso portone di allora, sempre piú logoro. Mi incantavo a guardare il mantice, la fucina, il fabbro tutto nero che batteva e batteva...e che diceva a noi bimbi: “State alla lontana!”
Tutto é cambiato. Solo 10% della popolazione vive ancora nei campi. Gli attrezzi e i borghi con le attivitá artigianali sono scomparsi anche quí come ovunque. Lo spirito natalizio riesce a farne riaffiorare qualche elemento poetico, um ó dell´anima contadina che sa improvvisare e mettere insieme l´antico e il nuovo. In una notte qualsiasi ho celebrato dentro al capannone di una fazenda, tra macchine agricole e pile di sacchi di concime e cereali. Io ero al centro di un semicerchio di comode sedie bianche di plastica prese in affitto dai grossisti di birra e bibite. Un candeliere fatto con um semiasse e pezzi di un vecchio trattore sorreggeva i nove grossi ceri - simbolo della novena. Sospese su di noi tante palle colorate per creare l´ambiente. A destra un presepio illuminato da cordoni di lampadine cinesi. Accanto alla capanna di Gesú Bambino un albero di Natale, e a destra della mensa eucaristica un Babbo Natale vivo, seduto su un trono, ha presieduto la messa vicino a me. Babbo Natale a messa, non é una contaminazione? Peró fa sorridere e sognare i bambini! Non sará lui a impedire l´accoglienza a Gesú, “Dio con noi”, aperto a tutte le culture e tutti i popoli.
L´ostacolo per Gesú sará, piuttosto, la nostra cecitá. I profeti annunciavano che il Messia sarebbe venuto per essere luce dei “ popoli che camminano nelle tenebre e nelle ombre di morte”. Noi di tenebre ne abbiamo ancora tante e ci rifiutiamo di vederle. Se si pensa, ad esempio, alla situazione degli indios brasiliani, vediamo che il tradimento del Natale é cominciato assai prima dell´arrivo di Babbo Natale. Nel 500 i coloni portoghesi cominciarono ad eliminare gli indigeni che non accettavano la schiavitú. Piú di cinque secoli dopo, circa un mese fa, nel Pará, essi sono stati vittime di una ennesima strage, quasi ignorata dalla stampa. Per dissipare queste ombre di morte non basta né il presepio né il clima di religiositá del Natale. Solo la forza della Parola di Dio potrá far splendere, poco alla volta, la luce di Cristo. I censimenti dicono che 4 persone ogni cinque si dichiarano religiose, ma un miliardo e mezzo vive sotto la soglia della povertá.
A volte ci creiamo Dio a nostra misura. Gli rivolgiamo sospiri ed espressioni estasiate per sentirci vicini a lui, ma le nostre vere aspirazioni sono la ricchezza e il potere a tutti i costi. Non dividiamo il pane. Nei giorni scorsi un commerciante che, rivestito di tunica bianca, mi aveva fatto devotamente da chierichetto, mi ha detto: “Il nostro dovere é amare Dio, non i poveri”. Nel suo caso voglio pensare che sia solo una frase che gli é venuta fuori male (le bestemmie non vanno contestualizzate?), ma il guaio é che sono molti quelli che non vogliono aprire gli occhi o “accendere la Luce”. Il teologo evangelico brasiliano con nome cinese, Yung Mo Sung, spiega che le “elites” hanno bisogno di maltrattare il prossimo per giustificare i propri lussi, perció cercano notte e giorno prove dell´inferioritá altrui per non provare vergogna di ció che fanno. Cosí, quando erano costretti a usare gli schiavi, avevano scoperto che i negri non erano esseri umani. Ed ora sfogano la loro rabbia contro chi, come Dom Tomás, Pedro Casaldáliga ed altri, in adempimento del Vangelo difendono le categorie piú oppresse.
Se lo dice lui! Noi sappiamo per certo che l´egoismo e la cattiveria esistono nel profondo di ogni essere umano, e quelli che hanno potuto dominare e fare leggi hanno strutturato le istituzioni a proprio vantaggio. Allora, che fare? Mi approprio della proposta di un altro teologo che scrive sul sito del CEBI: siccome questo vecchio mondo non é finito nel 2012 come prevedeva il calendario dei Maya, facciamolo finire noi nel prossimo 2013. “É importante cominciare distruggendo alcune cose antipatiche che abbiamo in noi, come l´egoismo, l´arroganza, l´odio, il pessimismo e l´invidia, (...) che non sono salutari per la nostra vita sulla terra”. “Il secondo passo é farla finita coi mondi della fame, ingiustizia, accumulazione”. Poi cominciare un mondo nuovo. Pensare a chi ti sta vicino, averne cura, abbracciare senza paura e senza malizia, amare senza abusare”. “É ora di coltivare i sentimenti della gratitudine, affetto, condivisione”. “Credo in te, in me stesso, nell´umanitá, che in qualche modo impareremo percorrendo la strada dell´amore o del dolore”. (Lucas Rinaldini, Birigui, CEBI - São Paulo Interior).
PS - In questo post ho tradito notevolmente il pensiero di Yung Mo Sung, la cui riflessione nell´articolo che ha pubblicato su Adital é bem piú ampia e precisa. Riassumo qui, con maggiore fedeltá ma con parole mie e volgari, la parte che riguarda la mia citazione: le elites in astratto (in teoria) sono d´accordo che tutti gli esseri umani sono uguali. Ma in pratica, per quelli di loro che pensano di essere superiori perché hanno piú soldi e perció ritengono di avere il diritto al potere, l´uguaglianza diventa spesso un affronto. Per questo, quando emergono persone come Obama, Lula, o Ugo Chavez, schiattano di rabbia e devono trovare per forza prove per squalificare il loro operato.

13 dicembre 2012

PROFEZIE DI NATALE

Le foto: 1) Dom Tomás e dom Pedro Casaldáliga, il vescovo emerito di São Felix, amico per la pelle di Dom Tomás e anche lui novantenne (lucido ma fragilizzato dal Parkinson). Alla sua destra il neo-prete Padre Celso, ex benedettino; alla sinistra il dottor Antonio di Ceres, che fu compagno inseparabile di Dom Tomás nelle visite agli indios (il dottor Antonio ha raccontato tutte le paure che ha passato sul piccolo aereo rosso che Dom Tomás pilotava). 2) I ragazzi del gruppo di capoeira, che sono venuti a suonare il berimbau per dom Tomás. Le altre sono foto dello stesso incontro.
Siamo a un passo dal Natale. Auguri a tutti i lettori! Va di moda la profezia dei Maya, ormai in scadenza. La Chiesa ci fa leggere quelle dell´Antico Testamento che non scadono mai. La nostra situazione assomiglia parecchio alla loro. Quei profeti vivevano l´esperienza dell´invasione degli imperi: Gerusalemme distrutta, i dirigenti deportati e il popolo angosciato, spintonato quá e lá, disorientato. Noi viviamo i tagli, le tasse, i fallimenti di imprese, una schifosissima corruzione politica, la disoccupazione. In Brasile soprattutto la violenza. I profeti facevano gli auguri annunciando un tempo futuro di pace e giustizia fondato sulla fedeltá a Javhé che Israele aveva irriso e violato seguendo idoli d´oro e argento. Noi facciamoci gli auguri della pace in Gesú Cristo e nel Regno di Dio che é in “Avvento”: giá in cammino ma non ancora arrivato. Siamo bugiardi se non riconosciamo che l´abbiamo sostituito agli idoli del profitto e del consumismo, che ci ha portati a questa situazione rovinosa.
La pia signora che mi ha accompagnato stasera nella fazenda del figlio per celebrare la messa, al ritorno mi ha detto testualmente: “Padre, ha visto? Poca gente, nessuno vuole piú abitare in campagna! Ogni nuovo governante é peggio di quello di prima. Pensano solo a riempirsi di denaro: le tasche, la camicia, il cuscino e perfino le mutande. Le strade di campagna sono intransitabili, abbandonate al tempo. I servizi sono lontani, pochi e cari. Quel bimbo che lei ha visto a messa, gli hanno trovato un cancro dietro l´occhio e gli hanno estirpato anche l´occhio. Ora si vergogna, quando parla con qualcuno abbassa la testa. Il padre va e viene da Goiania, spende tutto in viaggi, analisi e medicine. Non lavora piú, non ha pace per curare i campi. Sopravvivono della solidarietá dei vicini di casa. La Dilma incentiva la produzione. Le imprese grandi seminano chilometri quadrati di soia. I piccoli proprietari non possono nemmeno piantare i loro fagioli, perché le malattie della soia distruggono le altre colture. I contadini sono tutti in bolletta”. Ieri sera, sempre in una messa in campagna, mentre si scherzava sulla porchetta che, per molti, é il sogno di ogni Natale, una giovanissima mamma ha commentato: “Padre Chico, guardi che qui la porchetta non ce l´ha nessuno. Piú che altro si mangiano foglie d´insalata. La vita quí é di poca carne!”
Oggi era anche la festa di Nossa Senhora di Guadalupe, la Madonna india, patrona dell´America Latina. Un paio di donne l´hanno ricordata e hanno intonato il “magnificat” in una versione popolare brasiliana. Domani é festa di Santa Lucia e anniversario di morte di Luigi Gonzaga: non il santo principe italiano, ma il favoloso cantautore del nordest brasiliano. Io ho chiesto alla Madonna che aiuti la Dilma, che a metá del suo mandato é nei guai. E a Santa Lucia ho pregato che le apra gli occhi. Scrive cosí il giornalista Ricardo Kotscho, sul suo blog riportato da Adital: “Dilma in questi due anni si é caratterizzata come governante austera e implacabile, a favore degli interessi del paese e contro le malefatte dei suoi collaboratori, piú che per i numeri dell´economia che si possono interpretare tanto a suo favore quanto contro di lei. Da ció che si legge nei giornali non dev´essere facile lavorare con lei che continuamente sembra irritata, richiede provvedimenti urgenti, maltratta ministri, si arrabbia per le cadute di energia elettrica e altri buchi dell´infrastruttura”. “Eletta per le sue promesse di dare continuitá ai successi di Lula, lei ora si trova chiusa nel proprio labirinto”.
"Se i ministri e i progetti non funzionano come lei vorrebbe, perché non cambiarli e montare il governo a modo suo, a sua immagine, d´ora in poi?” – si chiede Ricardo Kotscho. E si risponde da solo: “In un´impresa privata sicuramente lo avrebbe giá fatto. Ma nel potere pubblico il buco é piú in basso, e lei deve tener conto delle sfide della governabilitá. Nonostante l´ampia maggioranza alla Camera e al Senato, con l´appoggio di quasi tutti i 30 partiti nazionali, Dilma non riesce ad imporsi perché deve tener conto degli interessi del sacco di gatti che forma la sua base di sostegno”.
In altre parole, alla Dilma sfuggono di mano troppe cose. E si vede. I prezzi degli alimentari galoppano. Non é che lei non faccia niente: ha inventato il programma "Brasil Carinhoso" per combattere la miseria, e porta avanti quelli creati da Lula, "Minha Casa, Minha Vida" e la "Bolsa Família". Si fa in quattro per il PAC, programma di accelerazione della crescita, che le fece vincere le elezioni e ora si é inceppato in diverse aree del paese. Dilma non ha le persone che vorrebbe, non ha ministri efficienti e adatti a lei. É in gabbia. Dovrebbe fare una riforma ministeriale ma fin´ora non le é riuscito, nonostante abbia un´opposizione che si rimpicciolisce ad ogni elezione. La gente che conosco non si accorge di niente, sorride della crisi europea. “Noi qui, invece, abbiamo davanti a noi un futuro di sviluppo smisurato” – dice qualcuno. Non vede che il Prodotto Interno lordo é ridotto, ormai, ad un misero 1%. Che le nostre immense campagne sono alla mercé della monocultura di esportazione, único pilastro dell´economia esattamente come ai tempi del Brasile coloniale.
Milioni di tonnellate di soia e mais in cambio di dollari ingrassano i conti correnti di alcuni proprietari rurali, ma soffocano l´economia di paesi e cittá che non hanno piú produzione agricola locale e la comprano da fuori a prezzi esorbitanti. I supermercati fanno fallire i piccoli commercianti del posto. Sempre piú numerose le automobili e le ville di lusso, ma anche le bande di delinquenti per le strade e nelle case durante la notte, i “branchi” di ragazzi e giovani nel traffico di droga, i mini-appartamenti dei migranti lontani dalla loro famiglie smembrate. Senza parlare dell´inquinamento e della situazione sanitaria. Che Santa Lucia ci curi la vista. I profeti dell´esilio fanno al caso nostro, in questa vigilia di Natale. Ad Itaberaí anche la chiesa, ristrutturata, ha acquisito l´aspetto di questo progresso, esuberante ma dal futuro grigio e minaccioso. Speriamo di incontrare in questo tempio moderno Gesú Cristo, l´annunciatore della Buona Notizia ai poveri. Si puó sperare?
Rimanendo in tema di profezie: Dom Tomás Balduino, vescovo emerito e profeta, compie 90 anni il 31 dicembre prossimo. É stato vescovo di questa diocesi di Goiás per 31 anni. La diocesi, con la collaborazione di un gruppo di amici, lo ha festeggiato il giorno dell´Immacolata, sabato 8 dicembre scorso. Le foto di questo post sono state scattate lí. Io non potevo mancare, come suo collaboratore dalla sua prima settimana di episcopato fino alla pensione. All´incontro eravamo un centinaio, metá venuti da lontano. Hanno parlato un pó tutti. Un giorno intero di testimonianze di affetto con um pizzico di autocompiacimento e alcuni scivoloni-scivolini di vanitá e adulazione. É umano! Dom Tomás ha lasciato una impronta indelebile nella vita di molti, nelle loro scelte personali e nella storia, non solo della diocesi di Goiás ma della Chiesa stessa e del Brasile. Non esagero. É diventato cosí famoso che chi desidera conoscere i freddi dati del suo curriculum li trova su wikipedia, e in google-immagini si puó vedere un´ampia collezione delle sue foto giovanili e adulte. Se internet, oggi, é il parametro per misurare il valore di una persona, lui é al passo coi tempi.
Nel suo discorso conclusivo, tuttavia, lui stesso ha ridimensionato le proprie glorie ricordando che la sua opera non é solo sua, ma di tutti coloro che l´hanno costruita assieme a lui giorno per giorno durante molti anni. Ha detto che il progetto comune era seguire le orme di Gesú e mettere in pratica, nella Chiesa e con la Chiesa, le indicazioni di riforma del Concilio Vaticano II e la scelta dei poveri. Il resto é nato giorno per giorno, dallo sforzo collegiale di rispondere agli appelli del momento. Con queste parole ha reso giustizia a tutti coloro che sono stati suoi "consiglieri" (nel senso di membri del Consiglio) e suo braccio forte, in diocesi, nelle sue attivitá indigeniste e nella solidarietá ai lavoratori rurali (Consiglio Indigenista Missionario – CIMI – e Commissione Pastorale della Terra – CPT – di cui é stato co-fondatore e piú volte presidente).
A dom Tomás io sono grato soprattutto per avermi insegnato ed educato con la sua capacitá di ascoltare, la sua calma, la luciditá e saggezza nel leggere gli eventi e interpretarli alla luce della fede. Se é vero, come lui ha detto, che deve il suo lavoro a molti, é altrettanto vero che senza la sua fermezza serena, la sua coerenza e il coraggio, nessuno sarebbe riuscito a fare ció che ha fatto. Solo aggrappati a um pastore forte come lui si poteva realizzare, in tempi di dittatura militare, una diocesi alleata dei mezzadri, dei senza terra, della riforma agraria, degli indios e di una diocesi amica come San Felix, sempre assediata dal latifondo e pedinata dalla polizia politica. Quando penso a dom Tomás mi vengono in mente le parole azzeccatissime del profeta Geremia: “Non avere paura, se no saró io stesso a farti avere paura di loro. Oggi io faccio di te una cittá fortificata, una colonna di ferro e una muraglia di bronzo contro l´intero paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i sacerdoti e i proprietari di terra. Essi ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per proteggerti – oracolo di Javé”. (Geremia 1, 18-19). Lui forse la paura ce l´aveva, ma non la dimostrava e afferrava il toro per le corna.

4 dicembre 2012

LA FINE DEL MONDO.

Un post senza novitá. Le foto rappresentano una delle piste della mia camminata terapeutica, che dovrebbe essere ciclica. Il medico dice: “Almeno mezz´ora tutti i giorni”. Girare per 30 minuti in um circuito di 600 metri é ripetitivo al massimo. Padre Luis ed io, di solito, preferiamo la strada federale per Brasilia diritta, con saliscendi, paesaggi verdi, larghi orizzonti. Facciamo 4 chilometri: assai piú di mezz´ora. Andiamo in linea quasi retta, ma é sempre un ciclo: tutti i giorni rivediamo gli stessi campi, ma ogni volta diversi: il granturco cresce, gli alberi di eucalipto vengono tagliati, eccetera. La vita é ciclica ma ha la sua linea progressiva.
Ho sentito dire a volte, nelle conferenze di sociologia e anche di pastorale, che bisogna cambiare i nostri schemi mentali perché non siamo piú in una societá agricola, ma urbana. Giusto, no? Ma qualcuno aggiunge, per esempio, che nella societá agricola si pensa la vita secondo i cicli del sole, delle stagioni, dell´anno, eccetera. E sostengono che ora non é piú cosí. Perfino l´importanza del sole é diminuita, perché le cittá sono illuminate a giorno e abbiamo tutti i fanali e le luci che vogliamo per infischiarcene della differenza tra notte e giorno. Questi ragionamenti fanno colpo sulla nostra fantasia, e sul momento li beviamo. Ma sono esagerazioni. Quando arriva dicembre io continuo ogni anno a sospirare come facevano mio padre e gli altri antepassati: “Ecco un altro anno che se ne sta andando!....” E comincio il conto alla rovescia. Sarei curioso di sapere cosa diranno quando l´umanitá avrá completamente superato i cicli della natura e la vita non sará piú una ruota che gira. Nel frattempo puó darsi che il sole diventi piú importante che mai, visto che le fonti di energia si esauriscono e dovremo contare sempre di piú sullo sfruttamento di quella solare.
Nel mio caso, i cicli sono fondamentali perché seguo una liturgia che segue non la rotazione del sole ma quella della luna, di uso assai piú antico. La liturgia é una ruota che gira. Siamo di nuovo nel Tempo di Natale, preceduto dalle quattro domeniche di avvento. Puntualmente mi trovo davanti alle letture apocalittiche e da quelle profetiche. Esse ci ammoniscono che la ruota del mondo si fermerá, non si sa quando, e mentre gira accadranno sempre terribili disgrazie: fenomeni nel sole e nella luna, terremoti, guerre, inondazioni e altre calamitá da far tremare le gambe anche ai piú coraggiosi. E saranno particolarmente spaventosi per le donne incinte, che non riusciranno a fuggire e si sentiranno in trappola. Ma i profeti e i Vangeli, al contrario di come sono stati spesso interpretati, non hanno mai avuto intenzione di spaventarci. Piuttosto che la fine del mondo, annunciano l´inizio di un nuovo mondo.
Il Vangelo di domenica scorsa, ad esempio, affermava: “Quando vedrete accadere queste cose, alzate la testa perché il giorno della vostra liberazione é vicino”. E quello della domenica precedente sosteneva che in mezzo a questi fenomeni funesti e di morte appaiono anche segnali di vita, promesse dell´inizio del Regno di Dio. Il tempo di questo mondo é mezzo inverno e mezzo primavera: “Quando vedete sbocciare le gemme degli alberi sapete che l´estate é vicina. Come mai non vedete i segni della primavera del Regno di Dio?” E il profeta Daniele annunciava: “Babilonia sará distrutta per lasciare il posto a Gerusalemme, la cittá di Dio”.
A me piace moltissimo un inno che noi cantiamo nel tempo di Avvento. Il ritornello invoca: “Oh vieni Signore, non tardare, vieni a saziare la nostra sete di pace”. Le strofe paragonano la sua venuta alle sorprese piú belle ed emozionanti che proviamo nella vita. Traduco a senso: “Oh vieni come giunge una brezza fresca per il sollievo dei poveri che non hanno ventilatore e aria condizionata. Vieni come arriva la pioggia sulla terra riarsa. Vieni come arriva la luce dopo che si é rimasti al buio. Vieni come una lettera da una persona cara di cui da molto tempo non avevamo piú notizie. Vieni come quando nasce un figlio atteso con ansia dai suoi genitori. Vieni come quando si é intrappolati da nemici o assaltanti e arriva improvvisamente uno a liberarci”. Non credo a quelli che dicono che la fede é scomparsa dalla terra. É un bisogno primordiale. Fede, speranza, amore: senza di esse, quando si arriva al dunque, la gente cade in depressione e muore prima del tempo. Le persone magari corrono dietro a fedi fasulle, al turismo religioso, a divinitá false costruite dalla midia, piuttosto che rimanere sole.
Queste metafore descrivono situazioni che noi stiamo vivendo quotidianamente: terremoti, inondazioni, uragani, siccitá. Tumori maligni e infarti. Bombe, guerre, terrorismo. Incidenti stradali e violenza comune. Ed ora l´infinita crisi economica mondiale, seguita da disoccupazione e fallimenti. Il pianto, la disperazione e la morte sono sempre in agguato, dietro l´angolo. Perció abbiamo tutti bisogno di sapere e vedere coi nostri occhi e fare noi stessi il Regno, il tempo di giustizia promesso. Coltivare la semente di giustizia che Geremia annunció e Gesú Cristo ci ha portato. E poi saziarci di vita e di pane, avere un pó di luce per rischiarare il buio del mondo, essere visitati dal portalettere che ci recapita i messaggi di Dio, e di sentire la presenza di Gesú che cammina con noi e ci libera dagli agguati della vita.

23 novembre 2012

L´ERA DI INTERNET

Foto: cose all´antica: il mercatino del giovedí; le carrozze che sopravvivono.
Con meno di 50 anni di esistenza tra il pubblico in generale, Internet ha trasformato l´umanitá in modo irreversibile. In soli 10 anni, il web é cambiato completamente. Uno studo di Best Education Sites, con informazioni come Nielsen, Google e Cnet, ha rivelato come il mondo digitale si é trasformato negli ultimi dieci anni. Ecco alcune delle differenze principali tra Internet del 2002 e quella del 2012:
- 10 anni fa Internet raggiungeva il 9,1% della popolazione mondiale, circa 569 milioni di persone. Oggi raggiunge circa 2,27 miliardi di esseri umani, 33% della popolazione globale. Nel 2002, il cittadino medio passava um 45 minuti al giorno in rete; oggi vi dedica almeno 4 ore al giorno. Prima c´erano pressapoco 3 milioni di siti web; ma oggi le opzioni si sono moltiplicate ad una cifra stimata di 555 milioni di siti. Dieci anni fa il re dei navigatori era Internet Explorer, della Microsoft, con 95% del mercato. Al giorno d´oggi esso continua ad essere il browser piú usato; tuttavia abbraccia solo il 39% degli utenti. Il resto é passato a Google Chrome (28%), Mozilla FireFox (25%), Opera (6%) e 2% ad altri servizi. Lo studio non menziona la penetrazione di Safari, della Apple.
I temi di ricerca si sono trasformati; peró continua la tendenza verso gli eventi globali. Consultazioni su Eminem e American Idol, che si distinguevano nel 2002, hanno ceduto spazio alle ricerche su Adele, Steve Jobs e Osama Bin Laden, alla fine del 2011.
In numeri relativi, lo studio afferma che prima, per scaricare una canzione in un modem di 56k occorrevano in media 12,5 minuti. Oggi, di solito, non ci si mettono nemmeno 18 secondi. Per caricare una pagina si impiegavano in media 16 secondi; ma nel 2012 é considerato lento quando si impiegano piú di 6 secondi. Una delle maggiori differenze é la forza del “social-media”. Nel 2002 Friendster era la piattaforma piú usata, con 3 milioni di utenti. Attualmente non c´é nemmeno bisogno di dirlo che il re é Facebook, com piú di 900 miliano di utenti. [Fonte: sito Adital dall´originale in spagnolo pubblicato in Alto Nivel, México].
Forse sarebbe interessante ed istruttivo, a questo punto,valutare come Internet ha cambiato la nostra vita. Ma, avendo appena letto un giornale italiano che estrae, dall´ultimo libro su Gesú del papa Benedetto, la grande questione “se nel presepio c´era il bue e l´asinello”, ho pensato bene di tradurvi il commento di Antonio Pagola alla pagina di Vangelo di domenica prossima, festa di Cristo re. Non parla di monarchia, ma del regno della veritá di Dio: dobbiamo rassegnarci a nasconderci le grandi veritá del Vangelo per fissare l´attenzione sulle statuine del presepio?
“Il processo contro Gesú avvenne probabilmente nel palazzo in cui risiedeva Pilato quando era governatore di Gerusalemme. Lí si trovano, in un mattino d´aprile dell´anno 30, um reo indifeso chiamato Gesú e il rappresentante del potente sistema imperiale di Roma. Il vangelo di Giovanni riporta il dialogo tra i due. In realtá, piú che un interrogatorio, sembra un discorso di Gesú per chiarire alcuni temi che interessano molto all´evangelista. In um determinato momento Gesú fa questa dichiarazione solenne: "Per questo io sono venuto al mondo: per essere testimone della veritá. Tutti quelli che sono della veritá, ascoltano la mia voce".
Questa affermazione raccoglie un tratto basico che definisce la traiettoria profetica di Gesú: la sua volontá di vivere nella veritá di Dio. Gesú non solo dice la veritá, ma cerca la veritá e solo la veritá di un Dio che vuole un mondo piú umano per tutti i suoi figli e figlie. Per questo, Gesú parla con autoritá, ma senza falsi autoritarismi. Parla sinceramente, ma senza dogmatismi. Non parla come i fanatici che vogliono imporre la loro veritá. Tantomeno come i funzionari che la difendono per obbligo benché non credano in essa. Non si sente mai um guardiano della veritá, ma un testimone.
Gesú non trasforma la veritá di Dio in propaganda. Non la utilizza a proprio vantaggio, ma per la difesa dei poveri. Non tollera la falsitá o l´occultamento delle ingiustizie. Non sopporta le manipolazioni. Gesú si trasforma, cosí, in “voce di chi non ha voce, e voce contro quelli che hanno troppa voce” (Jon Sobrino).
Questa voce é piú necessaria che mai in questa societá intrappolata in una grave crisi economica. L´occultamento della veritá é uno dei piú forti presupposti dell´azione dei grandi poteri finanziari e della gestione politica sottomessa alle loro esigenze. Ci si vuole fare vivere la crisi nella bugia. Si fa tutto il possibile per nascondere la responsabilitá dei principali colpevoli della crisi e si ignora in modo perverso la sofferenza delle vittime piú deboli e indifese. É urgente umanizzare la crisi mettendo al centro dell´attenzione la veritá di quelli che soffrono e l´attenzione prioritaria alla loro situazione sempre piú grave.
É la prima veritá da esigere da tutti se non vogliamo essere disumani. Il dato che viene prima di tutti gli altri. Non possiamo abituarci all´esclusione sociale e alla disperazione in cui stanno cadendo i piú deboli. Noi che seguiamo Gesú, dobbiamo ascoltare la sua voce e uscire istintivamente in loro difesa e aiuto. Chi é della veritá, ascolta la sua voce. José Antonio Pagola (é un biblista spagnolo che scrive su “religion digital”. Ha scritto un libro appassionato su Gesú dal titolo “Gesú – approssimazione storica). 25 de noviembre de 2012 Fiesta de Cristo Rey (B)

12 novembre 2012

RIGUARDO A FESTE DI COMPLEANNO

E passiamo ad altro compleanno: la cittá di Itaberaí, il 9 novembre scorso, ha compiuto 144 anni. É stata fondata infatti il 9 novembre 1868. É uscito in questi giorni uno studio storico interessante dal titolo “I tempi mitici delle cittá goiane” in cui un nostro neo-laureato, Antonio César, fa piazza pulita di parecchi miti sulle origini della cittá, mostrando che i veri fondatori erano famiglie povere che vennero in questa regione per sostentarsi con l´agricoltura, e non i nomi famosi a cui sono state dedicate vie e piazze.
Altro compleanno: la Diocesi di Goiás sta preparando la festa del 90º compleanno di Dom Tomás Balduino. L´8-9 di dicembre prossimo (il compleanno sarebbe il 31/12) vogliono fare le cose in grande! Due giornate di memorie, preghiere e riflessioni, in cui parleranno alcuni protagonisti dei tempi di Dom Tomás e lanceranno un altro libro sulla sua vita. Tutto in omaggio al Vescovo emerito, ma anche per ribadire la volontá della Diocesi di conservare i connotati di Chiesa locale che sono la sua ereditá pastorale. Hanno invitato anche me a parlare. Ho apprezzato la gentilezza, ma preferisco rimanere in platea. Quando daranno la parola al pubblico, diró la cosa importante che Dom Tomás ha insegnato a tutti noi con il suo stile: che evangelizzare é aiutare le persone ad essere soggetto-protagonista della propria fede e partecipazione ecclesiale. Lo insegnava e lo praticava. Spero che questa sia una delle sementi che rinasceranno in futuro, perché di questi tempi la tendenza é diversa.
Quanto alla scelta dei poveri, fiore all´occhiello della chiesa brasiliana, nei nostri programmi pastorali la scelta dei poveri é citata continuamente. Tuttavia i tempi sono cambiati e nelle nostre parrocchie siamo sempre piú una religione dei benestanti. Una religione: non una rete di piccole comunitá. Dei benestanti: non degli ultimi e degli esclusi. Come si potrá, in questo modo, combattere con vigore l´uso indiscriminato di agro-tossici, il consumismo, la violazione dei diritti umani, le condizioni di lavoro nocive alla salute e alla vita di famiglia? Basterá l´intenzione? É piú difficile che per un cammello passare per la cruna di un ago.
Due cose ci imbavagliano e ci impediscono una presenza piú profetica nel mondo: le alleanze coi potenti in cambio di benefici economici o denaro, e l´ossessione di fare numero a qualunque costo. Osserviamo il Vangelo di domenica scorsa: Gesú condanna severamente i dottori della legge perché sfruttano la fiducia delle vedove promettendo grandi preghiere per loro e spogliandole dei loro beni. E fa l´elogio delle vedove povere, disprezzate dal mondo e prive di diritti, che donano generosamente perché non pensano solo a sé stesse. La nostra pratica assomiglia piú a quella di Gesú, delle vedove o dei dottori?
Ma noi ringraziamo Dio che ci dá ancora un pó di salute. Secondo un pensiero moderno molto diffuso, pensare troppo ai problemi sociali non fa bene. Ogni tanto qualcuno mi manda messaggi e-mail che si esprimono piú o meno cosí: guarda il lato buono delle cose, perché fissare l´attenzione sul lato cattivo le peggiora. Io allora sono andato a fare una pescatina. Non ho preso niente, ma ho portato a casa le foto del fiume, che é un bel vedere.

2 novembre 2012

LA CURA DI BARTIMEO

Le foto del saluto finale della visita pastorale. Nella Chiesa di São Sebastião, a ristrutturazione ancora in corso, ma giá con un nuovo volto.
Non sará di cattivo presagio pubblicare un post il 2 novembre? Se fosse, é in gioco poca cosa. Piú pericolo per Padre Marcelo Rossi, il piú famoso dei preti-cantanti del Brasile, e per la sua Diocesi di Santo Amaro nella Grande San Paolo. Secondo notizie raccolte da giornali essi inaugurano oggi, con la messa per i defunti, il nuovo Tempio costruito appositamente per le sue messe-show che attirano migliaia di persone. L´opera é monumentale: si dice che copra un´area di 8.500 metri quadrati e dovrebbe contenere 100 mila fedeli. “Sará una nuova cartolina postale di San Paolo” afferma con entusiasmo il sacerdote. "Una costruzione fatta per durare 700 anni”.
Ma il due novembre non é solo il giorno della memoria dei defunti. Dopo un ottobre di fuoco, i santi ci hanno portato la pioggia, e stamattina abbiamo una temperatura normale e un pó di nebbia fresca che si dissolverá appena sorgerá il sole (tra quindici minuti circa).
É giá da una ventina d´anni che in Brasile si sta diffondendo questa nuova forma di pastorale di massa, caratterizzata da celebrazioni eucaristiche in stile di intrattenimento che imitano i grandi shows musicali. Oggi ci sono parecchi preti che seguono la strada di Marcelo Rossi: nello stile delle liturgie, nella passione per le grandi masse trascinate dalla voce e dal ritmo delle canzoni, e anche nella costruzione di nuovi templi adatti ai preti-comunicatori di massa (di uno di loro si cita questa frase: io non celebro per meno di duemila persone alla volta). Padre Robson, il giovane redentorista che conduce questa corrente religiosa in Goiás, sta mobilitando i suoi fedelissimi (e sono tanti!) per costruire un tempio per 50 mila persone a Trindade, dove c´é giá un santuario che ne contiene bene alcune migliaia. Siccome questa non é l´unica tendenza del mondo post-moderno (c´é anche quella, per esempio, a passare da una chiesa all´altra in cerca di nuove emozioni per poi, alla fine, abbandonarle tutte....) non si sa quale sara il risultato.
Il Papa, che nei suoi discorsi piú recenti, ha insistito molto sul bisogno di credibilitá per salvare la fede!
L´Apostolo Paolo tuttavia, ai suoi tempi, scriveva che c´é chi predica per invidia o per altri scopi meno onesti, ma l´importante é che Gesú Cristo sia predicato!
E Gesú, come la pensava? Il vangelo dell´ultima domenica di ottobre era pertinente (Mc. 10, 46-52). E siccome raccontava l´aneddoto di Bartimeo, che ha dato il nome a questo sito, vi riporto il commento di di José Antonio Pagola, uno scrittore-teologo spagnolo che si é specializzato nei commenti ai Vangeli (dal sito Religión digital).
“La cura del cieco Bartimeo...é di una sorprendente attualitá per la Chiesa dei nostri giorni. Bartimeo é "un mendicante seduto al margine della strada”. Nella sua vita é sempre notte. Ha udito parlare di Gesú, ma non conosce il suo volto. Non é la nostra situazione? Cristiani ciechi, seduti lungo il cammino, incapaci di seguire Gesú? Tra di noi é notte. Non conosciamo Gesú. Ci manca luce per seguire la sua strada. Ignoriamo dove stia andando la Chiesa. Non sappiamo nemmeno che futuro vogliamo per essa. Installati in una religione che ci illude di trasformarci in discepoli di Gesú, viviamo accanto al Vangelo, ma al di fuori. Nonostante la sua cecitá, Bartimeo capta che Gesú sta passando lí vicino. Non ha dubbi. Qualcosa gli dice che in Gesú sta la sua salvezza. “Gesí, figlio di Davide, abbia pietá di me”. Questo grido ripetuto con fede provoca la sua cura. Oggi si odono nella Chiesa critiche, proteste e mutue accuse. Non si ascolta la preghiera umile e fiduciosa del cieco. Abbiamo dimenticato che solo Gesú puó salvare questa Chiesa. Non percepiamo la sua presenza vicina. Crediamo solo in noi stessi. Il cieco non vede ma sa ascoltare la voce di Gesú che gli arriva attraverso i suoi inviati: “Animo, alzati, ti sta chiamando”. Questo é il clima di cui abbiamo bisogno nella Chiesa. Dobbiamo incoraggiarci a vicenda a reagire. Non continuare installati in una religione convenzionale. Ritornare a Gesú che ci sta chiamando”.
Dunque, mi sono alzato con le riflessioni che ho pubblicato in questo post e poi, poco alla volta mentre tentavo di concentrarmi sui salmi dell´ufficio divino, sono diventato anche un pó triste. Perché la mente fa una panoramica sulla situazione del mondo, della Chiesa, e anche di questa missione, e mi dá la sensazione che tutto cambia, che di nuovo i poveri non sono piú il punto di riferimento per seguire in cammino di Gesú, e altri mali di pancia di questo genere. Poi una coppia amica mi ha chiamato al telefono piangendo. Chiedevano di andare a pregare con loro. Un giovane di 33 anni é morto ieri sera, di un colpo al cuore, mentre giocava una partita al calcio tra amici di periferia. Giorni fa la dottoressa Virginia gli aveva detto: "Abbia cura di sua moglie, ha il cuore molto debole, puó morire d´infarto a qualsiasi momento". Lei era in pericolo, lui no. Ma lui é morto. Ho trovato una famiglia in pianto ma ricca di fede, solida nella fede. É proibito cedere ai nostri momenti di depressione per ragioni futili o vane teorie, quando dobbiamo aiutare altri ad affrontare sofferenze vere, come una famiglia giovane con figli piccoli che hanno perso il padre.

22 ottobre 2012

VISITA PASTORALE

La settimana é stata contrassegnata dalla visita pastorale del vescovo diocesano, che si é conclusa ieri con la messa nella Chiesa Parrocchiale, ancora in via di ristrutturazione.
I fatti interessanti della settimana, fuori da Itaberaí, sono molti. Non ultimo: in Italia un prefetto si é ritenuto offeso da un prete che chiamava "signora" una sua collega (prefetta?). Io peró mi limiteró a pubblicarvi alcune foto della visita che rimarrá nella storia(suppongo - ma il futuro é imprevedibile).
Gli operatori pastorali di Itaberaí. Manca solo la suora piú giovane, Katiuska, venezuelana, che ha operato lo scatto. Il vescovo, Eugenio Rixen, é quello in mezzo. É un anglosassone, quindi il piú alto e piú rosso del gruppo.
Sotto vedete l´incontro delle comunitá del settore Santo Antonio, che raggruppa 7 comunitá. É l´area in cui io abito e in cui ho una presenza piú frequente, ma non ero presente alla riunione perché quella sera (martedí) ero impegnato con una messa in campagna, nella comunitá di Sitio Novo dove ho celebrato nel portichetto di una casa di contadini. L´incontro con il vescovo é avvenuto, invece, nella cappella piú grande del settore.
La visita al Centro Educacional Fernanda Park, ossia Reforço Escolar - la fondazione di Don Maurizio e Modena Terzo Mondo che ora é anche Associazione Convenzionata con il comune per il servizio di scuola a tempo pieno.
Il gruppo dei funzionari del Consiglio di Tutela dei minori, organo pubblico.
Il pranzo con rappresentanti delle comunitá di base e di alcuni movimenti.

11 ottobre 2012

C´É UN SINODO !!!!

Oggi, 12 ottobre, al mattino presto, ho dato un´occhiata alla web cam di Montese, e ho visto un nebbione fitto che copriva tutto il paese. Brrr....che freddo. Temperatura 16 gradi. A quell´ora, qui erano 19. Poi ho preso la macchina e sono andato al santuario di Areias a celebrare per i pellegrini. Inizio della messa ore 6. Parecchia gente. Dopo ho scattato alcune foto e sono tornato a casa. Aggiungo le foto. al post che ho fatto ieri sera.
Il comune di Itaberaí ha eletto il suo nuovo sindaco, Roberto Silva. Egli é um commerciante, proprietario di un grande magazzino (Mercadão Modas), privo di passato politico. La sua candidatura é stata sostenuta dal movimento “Amigos de Itaberaí”, sorto recentemente. I voti sono frutto di una coalizione di partiti, che ha sconfitto la coalizione DEM-PSDB, con la candidata Rita, che fu sindaca in um mandato anteriore ed ora era sostenuta dall´attuale sindaco Benedito, del PSDB. Altro candidato sconfitto é Ratinho, commerciante, candidato del PT che correva da solo. Hanno ottenuto rispettivamente il 51%, 43% e 5,8%. Il PT ha avuto un ampio successo in comuni confinanti come Itauçú, Itaguarí (dove é stato eletto Padre Agnaldo giá parroco di Heitoraí), e Cittá di Goiás. Ampiamente vittorioso il PT anche nella capitale, Goiania: dove Paulo Faria ha ottenuto il 56% dei voti ed evitato il secondo turno.
La Silvia, direttrice del nostro asilo São Francisco, ha ottenuto quasi 400 voti come candidata a consigliere per il PT, e non ha raggiunto il seggio solo per la debolezza della coalizione. Complimenti, alla prossima vincerá!
Il 7/10 Benedetto XVI ha aperto i lavori del Sinodo dei vescovi per la Nuova Evangelizzazione. Qualcuno se n´é accorto? Terminerá il 28 ottobre, e vi partecipano 262 vescovi di tutto il mondo. La stampa . Il sito migliore (ricco di notizie e pluralista) per informarsi sul Sinodo é il sito spagnolo “religión digital”, da cui raccolgo queste brevi pennellate. “Durante la messa di apertura, il Papa ha chiesto ai cristiani di non essere “né tiepidi né indifferenti”. "Senza una sincera conversione non si puó parlare di nuova evangelizzazione”. Ha affermato anche che l´indifferenza é attualmente il maggiore pericolo per il cristianesimo. “I peccati dei cristiani ostacolano l´evangelizzazione”. E ha insistito sulla necessitá che i cristiani siano credibili.
In coincidenza col Sinodo, l´11/10 in piazza San Pietro lo stesso papa ha celebrato il cinquantesimo del Concilio Vaticano II e l´apertura dell´anno della fede. Ha colto l´occasione per precisare che la sua intenzione é di evitare le nostalgie del passato preconciliare, ma anche le fughe in avanti. Altri commenti interessanti: l´emerito arcivescovo di Pamplona, Fernando Sebastián, ha criticato i laicisti spagnoli che non si sono ancora accorti dei cambiamenti provocati nella Chiesa dal Vaticano II, e continuano a combattere contro la Chiesa dei tempi della monarchia. E osserva: il Vaticano II é stata un´autentica profezia per la Chiesa, alla quale non ci siamo ancora convertiti abbastanza. Resta molto da fare.
"No cuento con las energías para gobernar", afferma Àlvaro Corcuera, successore di Padre Maciel nel governo dei Legionari. Sará sostituito dal vicario generale, il tedesco Sylvester Heereman, de 37 anni. Secondo le notizie del sito spagnolo Religion digital egli avrebbe chiesto un periodo di riposo perché soffriva di esaurimento.
Noi in Brasile siamo molto contenti perché il 12 ottobre, é la festa della patrona del Brasile, Nossa Senhora Aparecida, la cui immagine é presente in ogni casa cattolica e in migliaia di chiese. A dire il vero in molte chiese ce n´é anche piú di una.... Ovunque, perció, si celebra la sua festa. Essa é ufficialmente festa nazionale ed é anche la festa dei bambini, per cui in molte parrocchie le signore preparano immense torte da distribuire ai bambini dopo la messa. A Itapirapuã, quando ero parroco lá, si faceva la novena di preparazione ogni sera trasportando l´immagine in processione di casa in casa, poi il giorno della festa, alle cinque e mezzo del mattino, la processione portava l´immagine in riva al fiume per ricordare l´origine dell´immagine, che fu pescata nel fiume Paraiba nel secolo XVIII. Lá si celebrava la messa, e durante la messa si lanciavano fiori sull´acqua. Terminata la celebrazione si andava nel salone parrocchiale dove c´éra, pronta, la grande torta da distribuire. Nel resto della mattinata i fazendeiros offrivano latte a tutti i bimbi che si presentavano con le loro bottiglie o recipienti. Era bello!
La gente di Itaberaí, invece, ha una tradizione diversa. Um migliaio di persone partono a piedi verso il santuario di Areias, vicino a Goiás. Percorrono circa 24 chilometri. Sono partiti stasera. Alle sei del mattino celebreró la messa per loro, ma io ci vado in macchina. In paese, a Itaberaí, c´é pure una cappella dedicata ad Aparecida, e stasera ci sará la conclusione con messa e processione e fuochi. Gli evangelici di solito non partecipano a queste cose, e c´é pure un movimento per togliere questa festa nazionale. Viva Nossa Senhora Aparecida.

1 ottobre 2012

DANZANDO COI LUPI

Sulla statale GO70 (per Goiania) hanno costruito un viadotto che conduce da niente a niente. Nel mezzo delle due piste hanno eretto chilometri di pali su cui, chissá quando, saranno installate lampade. Tutto in attesa che arrivi la ferrovia nord-sud, che secondo i progetti unirá Belém do Pará alle ferrovie giá esistenti che conducono ai porti di Santos e Paranaguá. Trasporteranno minerali e prodotti agricoli degli Stati di Amazonas, Pará, Amapá, Maranhão e Goiás. Niente vetture per passeggeri. Il futuro é dell´economia, non degli esseri umani. I suddetti porti, a loro volta, saranno messi in collegamento con quattro paesi: Argentina, Paraguai, Bolivia e Cile, con un progetto ancora di lá da venire che dovrá attraversare, tra l´altro, la Cordigliera delle Ande. Per ora accontentiamoci di questa foto che preannuncia um avvenire di cementificazione che é giá cominciato da molto tempo.
E nella foto seguente potete vedere cosa sono andato a fare a Goiania.
Padre José Cobo, prete spagnolo di Cuiabá (Mato Grosso), ha predicato gli esercizi spirituali a noi, clero della diocesi di Goiás, da lunedí 24 a giovedí 27/09. Ha preso come tema “essere preti nel modo di Gesú”. Padre Cobo é um formatore di preti, rettore del seminario della sua diocesi (Rondonópolis) e assessore della Conferenza Nazionale dei Vescovi Brasiliani (CNBB). Ascoltarlo e parlare con lui é un godimento. “I miracoli di oggi sono le santitá comuni, che si incontrano ad ogni passo” – ha detto Padre Cobo. “Gesú non evangelizzava con lunghi discorsi, ma chiacchierando con la gente”. “Dove passava faceva rinascere la vita: il cieco, la samaritana, Maria di Magdala, l´adultera, il sordo che balbettava, recuperavano la loro dignitá”. “Non incontro Gesú nel Tabernacolo se prima non lo riconosco nei poveri”.
E poi c´é un pezzo che mi ha impressionato piú di tutti ma non l´ho scritto. Lo trascrivo ora, ricordandolo a senso.
Nei pressi di Cafarnao, seduti sulle loro barche accanto alla riva, tre pescatori rassettavano le reti. Un giovane di passaggio chiese:
“Come va la pesca, oggi?”
“Male. Puoi vedere tu stesso. Abbiamo preso solo quei pochi pesci lí. Ce n´é al massimo per un giorno” – gli rispose il piú anziano.
“Ma tu chi sei? Da dove vieni? Stai cercando lavoro?”
“No, no, passavo per caso e chiedevo solo per curiositá. Vengo da Nazaret e mi chiamo Gesú”.
Risero tutti come se fosse una battuta, e commentarono: “Da Nazaret? Allora non sai fare proprio niente. Sei nel posto sbagliato. Non puoi nemmeno aiutarci a rassettare le reti”.
“Sono carpentiere. Sono abituato a fare un pó di tutto. Ma voi, come mai avete pescato cosí poco? Non c´é il clima adatto?”
¨Il rabbino, nella Sinagoga, dice che Dio ci castiga perché siamo peccatori. Siamo impuri. Dimentichiamo di lavare le mani prima di mangiare. Paghiamo in ritardo le decime. Non rispettiamo sempre il sabato...” – disse uno dei due giovani.
L´altro giovane rise.
“Come ti chiami?” – chiese Gesú all´anziano.
“Pietro” – rispose.
“Pietro, tu ci credi che sia un castigo di Dio?”
“Se lo dice il Rabbi, sará vero”.
“Sei sposato? hai dei figli?”
“Ne ho cinque. Tre maschi e due bimbe, ancora piccole”.
“Se uno di loro ti chiede un pezzo di pane, tu gli dai una pietra? E se la bimba ti chiede un uovo, le dai uno scorpione?”
“Sei impazzito? No di certo”.
“Se voi che siete impuri date cose buone ai vostri figli, come potete pensare che il Padre che é nei cieli maltratti voi, che siete figli suoi? – interpelló Gesú a bassa voce, fissando Pietro negli occhi.
Pietro, a sua volta, fissó il suo sguardo negli occhi di Gesú, mentre pure i due piú giovani lo stavano scrutando in silenzio, e disse: “Hai detto che sei un carpentiere? Ah, va bene, se lo dici tu! Ora, peró, andiamo tutti a casa mia a mangiare un boccone, e tu vieni con noi. Voglio fare una chiacchierata con te”.
Dopo gli esercizi, il 30 settembre, abbiamo celebrato la festa della Comunitá di Base. Per l´occasione mi hanno fatto rispolverare vecchie foto ed é venuta fuori questa in cui mi trovavo, giovane capellone, in mezzo a un gruppo di lavoratori rurali che stava offrendo una giornata di lavoro a un compagno per togliere le erbacce dalla piantagione di arance. Ricordi di passione per la solidarietá in nome di Gesú. Bei ricordi. “Chi vi dará da bere un bicchiere d´acqua perché siete di Cristo, non rimarrá senza ricompensa” (Marco 9, 41, vangelo del giorno). La solidarietá é il modo di scacciare i demoni in ogni epoca.
E a proposito del Vangelo di domenica scorsa, contiene alcune frasi violente che rispecchiano scelte drammatiche in cui ci imbattiamo in ogno tempo. “Se il tuo occhio ti scandalizza strappalo...” (Marco 9, 43-48). Non é necessario strapparsi gli occhi o tagliarsi le mani e i piedi. In molte situazioni o collabori all´ingiustizia e al crimine almeno col tacito consenso, o ti rendono la vita impossibile. Tanti scandali, sopraffazioni e violenze, sempre piú frequenti in tutto il mondo, accadono per questo: i disonesti possono fare affidamento sulla paura degli onesti. I quali, per paura, danzano coi lupi, come diceva il titolo di um famoso film. Danziamo coi lupi per non essere sbranati, e cosí i lupi dominano il mondo.

20 settembre 2012

CALDO E....INDIETRO TUTTA !

Quando il sole sembra un braciere, la temperatura é di 38 gradi all´ombra e l´umiditá dell´aria é 20 per cento, la testa va in surriscaldamento ed io non riesco piú a concentrarmi su niente. Sono circa venti giorni che ogni pomeriggio siamo messi cosí. La stagione secca é ufficialmente finita, ma é caduta soltanto una pioggerellina di dieci minuti. L´unica cosa certa é che prima o poi pioverá. Perché, su questo punto, scienza e fede coincidono. Gli scienziati assicurano che la nostra galassia ha ancora parecchi milioni di anni prima di esplodere. E il Signore ha promesso di ascoltare sempre il grido degli oppressi.
Abbiamo avuto qui in casa diverse visite: Chicão (Don Francesco Cavazzuti) e sua sorella Suor Teresa, poi don Angelo Cocca che, con suo nipote Marco, é rimasto con noi una settimana. Le suore con la mamma di una di loro (dall´Argentina). Infine, é rientrato dall´Italia Padre Lira, ex compagno di Padre Severino e Luis nella missione in Mozambico. Partito alcuni anni fa per studiare alla Gregoriana, si era invaghito della parrocchia Toscana dove andava ogni domenica in aiuto a un parroco anziano, e per questo aveva abbandonato quasi del tutto gli studi. Ha fatto felicemente il suo ingresso ad Heitoraí, di cui era stato nominato parroco prima ancora di arrivare. Non ci sono i vini della Toscana (mi pare che lui fosse a Laiatico, vicino a Volterra), ma gli piacerá la “pamonha”. E sará nostro vicino.
Le formiche che invadevano la mia cucina ogni notte sono sparite grazie a una manciata di chiodi di garofano collocata nei loro punti di accesso ai cibi. Le formiche rosse che cercano zucchero, e pure le altre piccole e nere che attaccano qualsiasi cibo o bevanda, odiano l´odore dei chiodi di garofano e scappano via. Non conosco l´inventore, ma funziona. É stata un´idea geniale di qualcuno o qualcuna impegnati nella lotta millenaria degli esseri umani per dominare la natura. Quest´ultima tuttavia (la natura), sviluppa nuove proprietá per affrontare i veleni e le diavolerie che noi le opponiamo. Infatti é comparsa una nuova specie di formiche che non avevo mai visto in vita mia, e che non temono l´odore di chiodi di garofano. Sono cosí piccole che, quando si riesce a vederle, ce ne sono giá migliaia. Riescono a passare perfino sotto il tappo a pressione del barattolo dello zucchero. Sono talmente affamate che, se lasciate un bicchiere di spremuta di frutta sul tavolo, quando l´andate a bere ci trovate centinaia di formichine annegate. Non c´é scampo.
Come il sole, anche la campagna elettorale diventa si fa sempre piú rovente man mano che si avvicina il giorno del voto: 7 ottobre. In questa fase i candidati cominciano a denunciare la disonestá degli avversari. Invitano a comizi in cui si insegnerá al popolo di Itaberaí quanto é importante dare il voto a persone senza macchia, che hanno sempre cercato solo il bene del prossimo. Il governatore, per intercessione del candidato (a) alleato (a), si affretta a passare una copertura di asfalto nelle vie principali. Le altre, pazienza: le asfalterá nelle prossime elezioni! Casualmente, passando davanti alla sala di un comitato elettorale, ho testimoniato una scena che farebbe andare giú di testa i modenesi: i propagandisti in circolo, che si tengono per mano mentre la candidata dirige una piccola celebrazione con lettura biblica (“se Dio é con noi, chi sará contro di noi?”) e poi preghiere spontanee (Affinché la nostra candidata possa realizzare il suo proposito di salvare questa cittá, ascoltaci o Signore) e infine un Padre Nostro e la benedizione (Che il Signore ci benedica). Non é commovente?
E ora una notizia seria: si continua a commentare l´emorragia di cattolici nella Chiesa brasiliana. Negli ultimi 20 anni avrebbe perso 16 punti percentuali, da 83 a 67%. I Vescovi ne hanno discusso in assemblea nel maggio scorso. Negli anni 60 erano piú del 90%, ma i praticanti non arrivavano al 10%: con la rapiditá con cui i pentecostali preparavano pastori, presbiteri e obreiros, mentre dentro alla nostra Chiesa c´era solo un piccolo numero di preti e religiose, era evidente che avremmo perso sempre piú terreno. Ma noi siamo duri di comprendonio. Nell´80 incolparono la Teologia della liberazione, e decisero di sopprimerla e adottare un percorso neo-tradizionalista. Il professor José Lisboa Moreira de Oliveira, della Pontificia Universitá Cattolica di Brasilia, in un articolo di cui vi traduco alcune parti perché le condivideva giá assai prima che lui le scrivesse, cosí commenta:
“Io non sono preoccupato per la crescita degli evangelici. Benché sia convinto che molte chiesine evangeliche non possiedono nessuna ossatura di serietá, penso che Dio ha le sue strade. Egli puó, tra le altre cose, togliere il suo Regno dalle mani di una chiesa che se ne crede padrona, per consegnarlo ad un´altra. E se preferisce consegnarlo a qualche segmento evangelico, non c´é modo di impedirglielo. Ció che voglio sottolineare in questa breve riflessione é il fallimento di un modello di Chiesa che fu impiantato nel nostro paese negli ultimi anni. Si é perduta l´occasione di dare vita a un modo di essere Chiesa assai piú prossimo al Vangelo e alla realtá del popolo brasiliano. Da questo non si puó sfuggire senza tradire la veritá. (....)
“Non sono mancati i "segni dei tempi”, ma buona parte dei dirigenti della Chiesa cattolica preferí "non interpretare il tempo presente” (Lc 12,56). Sarebbe bastato, ad esempio, prendere sul serio ció che aveva detto Paolo VI nell´esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi. In quel documento, elaborato partendo dalle indicazioni del Sinodo dei Vescovi del 1974 sull´evangelizzazione nel mondo contemporaneo, il papa, quasi in modo profetico, prevedeva una serie di percorsi di evangelizzazione ben appropriati e necessari alla Chiesa di allora. Ma, come si é visto, il progetto di evangelizzazione neoconservatore che seguí non prestó la minima attenzione alle indicazioni del papa. (.....)
Il papa affermava, allora, il valore delle comunitá ecclesiali di base le quali, in modo speciale nelle grandi metropoli, avrebbero potuto contribuire efficacemente a superare la massificazione e l´anonimato (nº 58). Ma cosa fecero la maggioranza dei leaders cattolici? Preferirono la pastorale delle masse, dei grandi raduni del gregge, degli spettacoli, nei quali, come dimostra la sociologia della religione, prevale l´anonimato e l´indifferenza. Le persone saltano, gridano, danzano, ma senza preoccuparsi dell´”altro”. Pensano solo nei loro problemi e nella soddisfazione immediata delle proprie necessitá e carenze. La pastorale di massa non umanizza le relazioni. Riunisce ma non unisce, e non alimenta la solidarietá.
I leaders, in maggioranza, preferirono sopprimere le comunitá ecclesiali di base o le relegarono a un secondo piano, in modo che si puó dire che la loro esistenza oggi é frutto del grande miracolo della resistenza di alcune persone. Nel frattempo, gli evangelici seguivano il cammino opposto, aprendo in ogni angolo un piccolo tempio in cui le persone si incontrano non solo per pregare o canticchiare, ma anche per rafforzare legami di amicizia e sostegno reciproco. Il calore umano diventa, in certo modo, “vincolo di fraternitá”, che conserva le persone unite nella comunitá.
Ci fu pure lo smantellamento di altri elementi indicati da Paolo VI come essenziali per la nuova evangelizzazione. Si pensi, ad esempio, al dietrofront nel campo dell´ecumenismo, del dialogo inter-religioso, del dialogo coi non credenti e coi non praticanti. Ma si pensi anche nei retrocessi interni che hanno portato le persone pensanti e piú consapevoli ad abbandonare definitivamente la Chiesa Cattolica. Mi sembra, perció, che sia giá ora che la gerarchia in Brasile si ponga davanti a queste domande serie sollevate da tante persone. E, come voleva Paolo VI, “dia risposte leali, umili e coraggiose, agendo di conseguenza”.
José Lisboa Moreira de Oliveira – Filosofo, dottore in teologia, ex-assessore del settore vocazioni e ministeri della Conferenza Nazionale dei Vescovi Brasiliani (CNBB), ex-presidente dell´Istituto di Pastorale Vocazionale, direttore e professore del Centro de Riflessione sull´etica e antropologia della religione (CREAR) dell´Universitá Cattolica di Brasilia. Fonte Adital.

10 settembre 2012

PERCHÉ ABBIAMO PAURA ?

Il 7 settembre, anniversario dell´Indipendenza del Brasile, per me é quasi una tradizione visitare il compaesano Nello (nato a Polinago). Ha 88 anni, é un pó dimagrito, ma continua testardo e indipendente. Lucidissimo e facondo nella sua lettura della storia, da come parla sembra appena uscito da un romanzo di Bernanos. La radio locale di Itapuranga gli ha concesso a vita mezz´ora di trasmissione col diritto di dire ció che vuole. La sua interpretazione del mondo riflette sentimenti assai diffusi, ma che solo lui ha il coraggio di esprimere cosí apertamente: perció l´indice di ascolti é garantito. Pure la sua vita reale é un discorso. Vive in un tugurio, non accetta medici e ospedali, va dai vicini ad assistere le partite di calcio. Nessuno dei poveri che lo circondano gli negherá una mano per aiutarlo a morire quando sará ora, perché gli vogliono bene. Registro una sua frase come se fosse il suo testamento (ognuno lo decifri come vuole).
“Chico, nel tempo in cui sono stato prete, io non ho mirato a carriere, ricchezze o interessi. Ho scelto la povertá e i poveri, e rimango tutt´ora uno di loro. Sono contento di ció che ho fatto dietro ispirazione di Gesú. Oggi viviamo nella menzogna, si falsificano i pesi, le misure, i contratti, le notizie e anche il Vangelo. Gesú, é stato legato con tre camicie di forza: la civiltá e cultura greco-romana, il sistema religioso-gerarchico e il capitalismo. Se tornasse tra noi sarebbe crocefisso di nuovo, subito”.
Carlo Maria Martini é un altro anziano partito da questo mondo nei giorni scorsi. Cardinale di santa romana Chiesa, arcivescovo emerito di Milano e gesuita, non ha usufruito del privilegio di farsi un palazzo. Amatissimo dai milanesi e apprezzato in tutto il mondo, il suo testamento spirituale é una domanda imbarazzante finita sulle prime pagine dei giornali: “Perché abbiamo paura?” Biblica. La si riscontra nei Vangeli: “Gente di poca fede, perché dubitate?” (Mt. 14, 22-23). E poi nell´Esodo, nelle lettere di Paolo, eccetera. Pietro scriveva: “Si deve obbedire prima a Dio che agli uomini” (Atti, 5, 29). E Paolo: “La debolezza di Dio é piú forte degli uomini” (1 Cor. 1, 25). Giovanni XXIII fu un esempio di coraggio, convocando un Concilio Ecumenico “per ascoltare la voce di tutte le Chiese e i popoli del mondo” e chiedendo ai cristiani di guardare intrepidi verso il futuro”. Don Abbondio invece, interrogato a Milano da un predecessore di Martini, aveva risposto con una sentenza altrettanto famosa ma assai piú prosastica: “Il coraggio uno non se lo puó dare!”
La domanda del cardinale riguarda problemi concreti e attuali (come la comunione ai praticanti risposati, e il celibato obbligatorio dei presbiteri che lascia centinaia di migliaia di comunitá senza la messa per un comandamento che Dio non ha mai dato), e le riforme strutturali per organizzare la Chiesa come “Popolo di Dio”, nel modo indicato dal Vaticano II e giá praticato dalle prime chiese locali cristiane. C´é tutto il capitolo II della Lumen Gentium da realizzare. Ne parlano apertamente, ormai, i giornali e la teologia di tutto il mondo. Riforme complesse, che non piacciono a tutti e che spaventano chi é abituato ad amministrare lo status quo. Per ora si risponde imponendo il silenzio. Purtroppo il mondo non si ferma ad aspettare. I responsabili dovranno pur trovare una soluzione collegiale e onesta, pensando al Popolo che Dio vuol salvare.
Anche il nostro vescovo emerito novantenne, don Tomás Balduino, in una recente intervista concessa a Padre Ermanno Allegri direttore di Adital, ha sottolineato l´importanza di attuare il Concilio: “Sono 20 anni che penso e tento trasmettere. Per prima cosa che il futuro é nelle mani del laicato della Chiesa, non della gerarchia. Una pianta di banane che ha giá prodotto il casco non serve piú. Ha la sua funzione, ma la forza della Chiesa é il laicato. E il Concilio é andato avanti un pó timidamente su questo, ma il cammino per superare queste dipendenze, queste mille dipendenze dalla parrocchia oppure dal Vescovo, una linea per creare una autonomia é la scuola di teologia, la scuola biblica”.
Personalmente condivido queste posizioni (quelle che conosco!) e ho fatto del mio meglio, nella pastorale, per far crescere il laicato. Anche con qualche esito. Tuttavia temo che siamo rimasti indietro anche noi. Molta gente ha giá trovato le proprie soluzioni: c´é chi si é allontanato del tutto, chi ha scelto altre chiese cristiane forse perché piú piccole e semplificate della nostra, e c´é un numero sempre in crescita di chi si rivolge alle devozioni, alle preghiere di cura e ad altre forme che forniscono emozioni piú forti. I problemi piú sentiti non sono, forse, quelli dell´organizzazione ecclesiastica, ma quelli della salute, della famiglia, delle difficoltá economiche e di lavoro.
Cosí ci sono preti che incantano milioni di telespettatori con lunghissime ed emozionanti benedizioni a bicchieri d´acqua posati sulla tavola dagli utenti televisivi, che poi bevono l´acqua benedetta per avere la cura. E raccolgono fior di quattrini per costruire nuovi templi. In questi giorni, in tv, vedo un pastora che fa successo vendendo federe per i cuscini: “le federe dei buoni sogni”. Le immagini di madonne e santi vanno a ruba, e affollano sempre piú chiese e cappelle. A Itaberaí prosperano il “rosario per uomini”, la “novena del perpetuo soccorso”, il “rosario della misericordia”, la “rosa mistica”. Soltanto Dio sa che cosa ne verrá fuori da tutte queste novitá. Gesú non respinse i devoti che avevano bisogno dei miracoli. Ma le sue cure non utilizzavano i poveri e sofferenti per raccogliere fondi per la sua congrega: e curavano soprattutto la societá religiosa e civile dalla malattia delle esclusioni. É consolante che in tante comunitá la messa piace ed é celebrata e partecipata con intensitá e ascolto attentissimo della Parola.

1 settembre 2012

RICORDARE, ASCOLTARE

In attesa delle foto di don Angelo Cocca, che assieme al nipote Marco é passato in visita ad Itaberaí - para matar a saudade!
“Não temais os que matam o corpo – não temais os que armam ciladas – não temais os que vos caluniam – nem aqueles que portam espadas. – Não temais os que tudo deturpam – prá não ver a justiça vencer”. “Non temete quelli che uccidono il corpo – non temete quelli che preparano agguati né quelli che portano spade – non temete quelli che deturpano ogni cosa per evitare che la giustizia trionfi”. E conclude: “Temete piuttosto la paura di chi mente per sopravvivere”.
É la prima strofa di un inno intitolato “la veritá vi fará liberi”. Essa ha avuto un ruolo importante 25 anni fa, nei giorni che seguirono l´attentato a don Francesco Cavazzuti (27 agosto 1987), che fu accecato con una fucilata a pallini da un killer, pagato da latifondisti per ucciderlo. In quei giorni, appunto, nelle chiese di Mossamedes e Sanclerlandia dove don Francesco (Chicão) era parroco, questo inno fu cantato ininterrottamente in chiesa da una folla orante ma anche molto indignata: quasi come un inno di guerra.
Sono altri tempi. Allora, bisognava scegliere da che parte stare perché il clima era di battaglia. Al grido “Riforma Agraria” rispondevano col fucile. Oggi chi vuole un pezzo di terra fa domanda scritta e aspetta. I beneficiari della Riforma sono ben visti. Sono tra i pochi che fanno ancora produzione agricola tradizionale, che va a ruba nei mercati di paese. Gli eroi del passato sono ricordati come uno stimolo ad affrontare i problemi di adesso, che sono del tutto diversi. Il muro su cui sedevano quelli che “mentono per sopravvivere” non esiste piú. Ne hanno costruiti altri. Don Francesco é venuto a Goiania a ricordare, e il principale giornale della capitale gli ha dedicato l´intera prima pagina, con una foto grande e un´intervista.
La sera del 27 agosto scorso, durante l´incontro diocesano di Goiás, abbiamo celebrato insieme la messa in memoria. Don Francesco ha presieduto. Sono passati 25 anni! Chicão ha fatto notare nell´omelia che per lui sono stati 25 anni di cecitá sí....ma di vita, comunque. ‘Dio ha lasciato al killer la libertá di spararmi, ma non gli ha permesso di togliermi la vita”. Alla fine della messa diverse persone, tra quelle convenute anche da assai lontano per incontrarsi con lui, hanno confermato e completato il suo discorsi affermando: 25 anni di vita in cui ha continuato ad essere importante per la nostra vita. “Lui, cieco, ha fatto aprire gli occhi a me” – é stata una delle testimonianze.
Nel frattempo noi, nell´incontro diocesano di Coordinazione, abbiamo abbordato i principali documenti del Vaticano II per dare inizio alla celebrazione dei 50 anni del Concilio. L´avevo giá annunciato su questo blog. La diocesi si propone di continuare la commemorazione fino al 2015, a tappe. Il Vaticano II é importante: le sue proposte di come essere Chiesa, come celebrare, come leggere e pregare la Bibbia, come fare pastorale, ci permettono ancora oggi, come Chiesa, di “guardare intrépida para o futuro” (parole di Giovanni XXIII nel discorso di apertura del Concilio), perché le strade sono state aperte.
Il Vaticano II ha dato la parola a tutte le voci del mondo: alle Chiese, alle religioni e a quelli che non hanno “fede” ma cercano la veritá e la giustizia. La Chiesa, nel Concilio, ha ascoltato! Ci ha indicato che la via della pace e ascoltarci l´un l´altro. Di solito facciamo il possibile per far tacere l´altro, interromperlo mentre parla, anticipare le sue parole per fargli dire qualcosa che lo condanni. Scribi e dottori facevano cosí con Gesú.
Ultimissima: Carlo Maria Martini ci ha lasciato. Continuerá presente tra noi come Gesú: nel grande Mistero del Corpo di Cristo. Perché é stato un suo discepolo esemplare.

20 agosto 2012

VATICANO II: 50 ANNI DOPO....

Le foto: 1) Confraternizzazione del clero diocesano; 2) Un dettaglio della festa religiosa; 3) La strada della mia camminata salutista. 4)immagine di stagione.
L´evoluzione umana attraversa una fase di stallo? In certi posti le folle tentano di linciare una bimba di 10 anni accusata di bruciare pagine del Corano. In certi stadi si umiliano i giocatori di colore. Alcuni lider religiosi perseguitano, dove é possibile, i loro eretici. Governi mettono in carcere gli oppositori e poliziotti sparano sui dimostranti. Come definire quei tre o quattro mascherati che, ad Itaberaí, hanno assaltato una casa isolata di campagna ed hanno violentato e terrorizzato una signora di 75 anni? Dire che sono bestie é un´offesa per le bestie. Homo homini lupus. Pietá, Signore: si aprano i cieli e le nubi piovano il Giusto!
Siamo in mezzo al chiasso della campagna elettorale. Il frastuono dei candidati é direttamente proporzionale al denaro di cui dispongono. Ma per il momento la polemica tra i tre schieramenti dei candidati a sindaco non é rovente. Noi (parrocchia) in parallelo abbiamo lanciato una raccolta di firme per rivendicare un migliore servizio di sanitá pubblica. Auguriamoci che eleggano uno in gamba. Impiegherá metá mandato a riparare i danni del sindaco precedente.
La festa di Nossa Senhora da Abadia e São Benedito (San Benito) (15 agosto) ha avuto un´affluenza mai vista. Sommando la sagra con la novena, sono stati 10 giorni assai intensi. Folla attentissima alle messe, all´aperto ma sotto i teloni. Nel silenzio della praça da matriz, lontano dal chiasso della fiera che occupava il resto del paese. Si sono succeduti a celebrare parecchi preti delle parrocchie vicine. Abbiamo seguito un percorso spirituale sul tema: “Sulla strada di Gesú con Maria e San Benito”. Merito di decine, forse centinaia, di laici che non chiamiamo nemmeno piú “laici”: sono cristiani che assumono il loro sacerdozio battesimale. Nonostante i venti contrari, la parrocchia é sempre piú popolo di Dio in cammino, comunitá viva, come voleva il Vaticano II.
É questo che si voleva quando furono scritte la Lumen Gentium e la Gaudium et spes. Nella Coordinazione Diocesana, dal prossimo venerdí a domenica, celebriamo il cinquantesimo dell´apertura di quel Concilio rispolverando i documenti principali, le Costituzioni. In questi 50 anni qualcuno ha pensato che avesse provocato solo confusione. Invece ha ridato vita alle comunitá parrocchiali e diocesane. Ora si parla, si discute, si crea, si fa. La Chiesa non é piú solo un clero e una gerarchia ristretta che decide e un popolo che “riceve” passivamente. Se il clero smette di considerarsi separato dal popolo (sacerdos) e diventa pastore, il gregge diventa protagonista.
Il Vaticano II fu un Concilio Pastorale. Fu un cambio di passo rispetto al Vaticano I che fu un Concilio in parte dogmatico, in parte giuridico, ma che viene ricordato specialmente per il dogma dell´infallibilitá del Papa. Nel Vaticano II avvenne un ritorno allo stile di Gesú Cristo. “Io sono il Buon Pastore”.
Il rinnovamento della Chiesa, o “aggiornamento”, voluto da Papa Giovanni XXIII, non era “progressismo”, come venne spesso, e scioccamente, interpretato. La stampa cosí chiamava i preti e vescovi piú impegnati ad applicare il Concilio: progressisti. Era un equivoco, a volte dettato dall´eccesso di ottimismo, un pó superficiale, di quell´epoca. In realtá, il senso del rinnovamento era un ritorno alle radici sane della Chiesa, necessario per evangelizzare in un´epoca nuova, un mondo completamente diverso da quello del passato. Ed oggi é ancora piú necessario: non si puó tornare indietro.