24 gennaio 2008

SCEGLI, DUNQUE, LA VITA


Da lunedì prossimo fino a venerdì, don Maurizio ed io siamo a Manaus, capitale dell'Amazzonia (vedi foto). C'è l'incontro dei "missionari" italiani in Brasile: laici e laiche, preti, frati e suore. E' una riunione "nazionale" che si fa ogni tre anni, e a cui partecipano pure alcuni inviati del CUM di Verona (Centro Unione Missionaria) che coordina per conto della CEI lo scambio tra Italia e diversi paesi e continenti. Per noi questi incontri sono utili e attraenti soprattutto per rivedersi tra amici. Sono occasione, però, anche per la nostra formazione e l'approfondimento di temi importanti e urgenti. Quest'anno, ad esempio, si studierà la questione ecologica e ambientale. Non poteva esserci argomento più adeguato di questo per un convegno in Amazzonia!

Prima di partire faremo l'incontro delle Comunità di Itaberaì in preparazione alla quaresima. Ogni anno i vescovi brasiliani assegnano alle diocesi e parrocchie un tema sociale per dare alla quaresima una motivazione di solidarietà. Si chiama CAMPAGNA DELLA FRATERNITA' ed esiste dal 1964, secondo anno del Concilio Vaticano II. Quest'anno hanno fissato questo tema: Fraternità e difesa della vita - "scegli, dunque, la vita!" (Quest'ultima frase rimanda alla lettura del Deuteronomio, cap.30). E' un invito a guardare in faccia i pericoli e le minacce alla vita che sono in atto oggi. Non per farci disperare, ma per scuoterci e indurci a fare qualcosa. L'elenco dei fattori di morte del nostro tempo è assai lungo: crisi della famiglia, instabilità del lavoro, disorganizzazione dei servizi sanitari e della scuola, esclusione sociale, pregiudizi razziali e contro i poveri, violenza del traffico, violenza urbana, criminalità e traffico di droga, alcoolismo, e poi....inquinamento ambientale e spreco di acqua ed energia. Non siamo in grado di fare cose grandi, ma possiamo essere molto utili con le piccole: ridurre i danni ambientali, aiutare alcune persone a liberarsi dalle dipendenze di alcool e droga, distogliere bambini dalla malavita.

Non approfondirò l'argomento perchè in questo momento non vi può interessare: la vostra attenzione è concentrata sui guai italiani, che non sono pochi. I rifiuti a cielo aperto in campania e la mafia che non li lascia smaltire, i potenti corrotti, le pretestuose polemiche tra scienza e fede (quando io studiavo al liceo queste questioni erano già considerate superate), il pericolo incombente di una recessione mondiale, la caduta del governo. E ancora l'asprezza e arroganza dei discorsi e degli atteggiamenti. Una signora di Maserno mi scrive che domenica, nel carnevale locale, presenteranno un carro allegorico dei baci perugina e aggiunge: "Dillo con un bacio" - sarebbe molto meglio dire le cose con affetto che con odio. Adesso la gente sembra tutta inpazzita". Sono d'accordo. I Fioretti di San Francesco, bellissimo libro antico che tutti dovrebbero leggere, ricordano che il Santo, ad imitazione di Gesù, risolveva le questioni più spinose con la dolcezza, invece che con la severità. L'arroganza provoca arroganza. E' una escalation come quella delle armi. "Chi semina vento raccoglie tempesta".

Nel video una panoramica della foresta Amazzonica. In situazione di emergenza: ne bruciano decine di migliaia di chilometri quadrati ogni anno! Per osservarlo bene dovete passarlo tutto e poi fare il replay: così corre via veloce. Il video è collegato con altri che illustrano l'emergenza Amazzonia, ma i commenti sono in portoghese.


21 gennaio 2008

DELLA SERIE: COME E' PICCOLO IL MONDO



Alto, coi baffi, seduto a destra nella foto. E' padre Jacques Hahusseau, chiamato dai brasiliani padre Tiago. Prete diocesano a Cahors (sud della Francia), si offrì come missionario in Brasile e il vescovo lo affidò alla Mission de France, che lo inviò alla Diocesi di Goiàs (1980, circa). Fu parroco di Jussara dopo don Arrigo Malavolti. In quella parrocchia soffrì minacce di morte per la sua solidarietà ai lavoratori rurali e senza terra, tanto da provocare perfino un intervento dell'Ambasciatore Francese. Nel 1987 fu traferito a Itaberaì assieme a me, e vi rimase quasi cinque anni. Nel 92 i superiori della Mission de France, da cui dipendeva, lo spostarono a Volta Redonda, zona industriale nei pressi di Rio de Janeiro, per fare pastorale operaia. Dieci anni più tardi lo richiamarono in Francia, e lo assegnarono a una parrocchia nella periferia di Parigi, a pochi passi dalla Disneylandia francese. Quest'anno, avendo terminato il contratto con la Mission de France e dovendo rientrare in Diocesi di Cahors, il suo Vescovo (rispondendo a un appello dei Vescovi dell'Amazzonia brasiliana che chiedono preti) gli ha offerto di fare il missionario a Boa Vista, capitale dello Stato brasiliano di Roraima nel nord del Brasile. Lui ha subito accettato ed ora abita là. Giovedì scorso, trovandosi in Goiàs per un Corso di Esercizi Spirituali, è passato da noi per rivisitare la sua antica parrocchia ed ha pranzato con noi nella casa parrocchiale. Rivederlo, è stata per me una grande gioia.


Il giovane al centro della foto è Edimar, un nostro parrocchiano. La sua storia si intreccia con quella di Padre Tiago. Partito da Itaberaì in cerca di lavoro, come tanti, alcuni anni fa arrivò a Parigi come clandestino e dopo qualche giorno fu arrestato. Sfiorò l'espulsione. Fu salvato in extremis dal suo ex-parroco Padre Tiago che, trovandosi in servizio a Parigi e avendo saputo della sua complicata situazione da una telefonata ricevuta dai familiari dal Brasile, riuscì a rintracciarlo e a metterlo in regola e poi lo aiutò a trovare lavoro. In regola per modo di dire: infatti Edimar, assieme ad altri di Itaberaì, ha lavorato per diversi anni in Francia con documenti da operaio edile portoghese. Fino a sollevarsi economicamente e tornare a casa in buone condizioni. Ora abita di nuovo tra noi. Appena ha avuto notizia del passaggio di Padre Tiago è venuto a fare visita a chi gli è stato vicino nei momenti più difficili.


Sono piccole storie di come il mondo è diventato piccolo. Nella nostra testa ci sono ancora i confini nazionali e la gente grida: "Questo è il mio paese". Le esigenze della vita e della sopravvivenza, però, non rispettano frontiere. Le ricchezze e il benessere sono concentrati in poche regioni e città del mondo, mentre la popolazione è aumentata di miliardi in poche decine di anni. Non si è fatta propaganda per anni della "deregulation"? Ebbene, ora il mercato del lavoro e, di conseguenza, il movimento dei popoli, non hanno più regole. Milioni di persone scoprono di essere in un vicolo cieco e vanno a cercare una via d'uscita un pò a caso, dove sanno e dove capita. Fortunati quelli che incontrano, al momento giusto, una persona come Padre Tiago, in grado di dare una mano a risolvere situazioni complicate. Sono convinto che moltissimi la incontrano, perchè di solidarietà ne esiste ancora: ma quanti sono quelli che, invece, cadono vittime di assassini, torturatori, trafficanti di schiavi e schiave o di organi, e perfino delle nostre leggi anti-terrorismo?

Nel video: cartone animato sul tema dell'ostilità e della solidarietà. Titolo: "uccelli stupidi".

18 gennaio 2008

VALORE DELLA VITA


Ho ricevuto da Maserno questa foto dei ragazzi e ragazze classe 1920. (ma ce n'è una, la Gina, che è del 1910). Guardando questa immagine il pensiero va alle loro vite. Che hanno resistito non solo al tempo, ma ai sacrifici straordinari del tempo di guerra e a quelli quotidiani del tempo di pace. Con molto lavoro, sobrietà, fede, pazienza e amore. Amore alla famiglia soprattutto, ma anche alla buona cucina, al loro paese, alla conversazione, alla musica, allo stare insieme....e altro. Ci insegnano il valore della vita. Dovremmo ascoltare di più i loro racconti.
"Valorizzare la vita" è il tema che i vescovi ci hanno assegnato per la Campagna della Fraternità di quest'anno. E' una iniziativa che la CNBB (la Cei brasiliana) lancia ogni anni per motivare la quaresima ad una riflessione e un gesto di solidarietà. Cominceremo a prepararla la prossima settimana, appena finita la sagra. Il senso è: ogni vita ha un valore immenso e noi dobbiamo impegnarci per preservarla, coltivarla, renderla migliore. Ogni vita, ossia la vita nel suo insieme, quindi anche quella della natura e dell'ambiente: perchè tutto, nell'universo, è collegato.
Siccome ora non ho tempo, riprenderò questo argomento in un prossimo post. Per ora vi offro solo questo video: che mostra come nessuna limitazione fisica distrugge una persona umana, quando lo spirito è a posto. Coltivare lo spirito è coltivare la vita. Pure San Paolo scriveva che l'universo intero attende la salvezza da noi, e aspetta che ci riveliamo come figli di Dio (confronta Lettera ai Romani, capitolo 8).

13 gennaio 2008

LA SAGRA



Per tradizione, San Sebastiano (20 gennaio) è patrono del bestiame (come Sant'Antonio Abate in Italia). Oltre alla cattedrale di Rio de Janeiro che vi ho già presentato, anche la nostra Chiesa parrocchiale di Itaberaì è dedicata a lui (vedi foto). Bella o brutta a seconda dei gusti, è, comunque, imponente. Costruita nel 1960, ha 75 metri di lunghezza e 30 di larghezza, con una capienza di quasi mille persone sedute. Il primo gruppo di preti modenesi giunto nel 64 con don Dante della Casa, vi aggiunse un campanile alto circa trenta metri. Lo stesso don Dante ne portò a termine il pavimento e altre rifiniture, mentre don Isacco ed io avemmo l'onore di amministrare la pavimentazione in pietra della grande piazza antistante. Per farlo fummo costretti a contrattare perfino un operaio addetto a cavare le lastre sulle montagne vicine, nella zona oggi detta "Calcilandia".

La sagra cade il 20 gennaio. Venerdì scorso, all'alba, si è scatenata la "Alvorada": una sveglia a suon di mortaretti, per avvisare la città dell'inizio della novena. Poi ogni sera, fino alla vigilia, c'è la messa solenne seguita dal "leilao" sulla piazza. Il leilao è la vendita all'asta delle donazioni portate dalla gente: torte, polli arrosto, cestini di frutta, porcellini, e molto altro... Trattandosi del patrono dei bovini, la donazione più quotata è il vitello. Di solito più di un centinaio di vitelli sono offerti in questa occasione. Tutte le rendite del leilao finiscono nel conto della parrocchia, di cui sono quasi la principale fonte di rendita. Questo avviene nel piazzale della chiesa: naturalmente il resto della città è invaso dalla fiera, luna-park e stand gastronomici come in tutte le sagre del mondo, ma lo spazio intorno alla Chiesa è riservato. Il giorno della festa non è molto diverso da tutte le altre sagre del mondo, eccetto gli orari (per via del caldo). Messa solenne alle 20, seguita da processione e poi....fuochi! Magari saranno semplici mortaretti, ma la bramosia di bruciare grosse somme di denaro in pochi minuti fa parte del codice genetico, soprattutto dei latini.

Non è una novità: nella sagra c'è un pò di tutto. Fede autentica, un poco di superstizione, cultura, folklore, desiderio di incontrarsi e stare insieme, condivisione, competizione, ostentazione ed altro ancora. E' un assortimento in cui penso sia assai presente Gesù Cristo: perchè le messe sono preparate con passione da ciascuna equipe di pastorale, e sono partecipate con vivacità da una folla numerosa. Poi, perchè Gesù si è incarnato per essere vicino alla gente, a noi tutti, pur conoscendoci come siamo. Infine, perchè un pò ovunque le feste sono ancora una delle poche espressioni di resistenza della cultura popolare al livellamento generale dell'umanità.

Sicuramente ci sono luoghi in cui la presenza di Gesù Cristo si sente molto di più. Una bimba di undici anni (benchè ne dimostri qualcuno in più) è arrivata ieri in un accampamento di "senza terra". Violentata da suo padre, è corsa lì per stare con il ragazzo che ama. Non ha nulla. Gli accampati sono lì da quattro anni, in attesa di ricevere un pezzo di terra dalla Riforma Agraria che è ferma da un pezzo. Una situazione che noi chiameremmo "disperata". Vivono sotto sole e pioggia, riparati appena da un telone di nylon. Maria e Benedita, due donne dell'accampamento, raccontano: "Stiamo costruendo la baracca per lei e il suo ragazzo. Se non ci aiutiamo tra noi! Ci sono ragazze che finiscono in strada perchè vogliono, ma questa è una bambina, e ci finirebbe perchè non ha altra scelta. Non siamo ricchi, ma un pò l'uno e un pò l'altro si rimedia". Bisogna vedere con quanta tenerezza parlano: nemmeno un cenno di riprovazione e pregiudizio. Praticano, forse senza pensarci, le parole di Gesù ai discepoli: "Date loro voi stessi da mangiare". Mi hanno chiesto di contribuire con due o tre pentole e tegami. Certo che lo farò. Solo i poveri possono ancora indicarci la strada della salvezza.

Nel video, un leilao di bestiame della festa di San Sebastiano.


10 gennaio 2008

CHI CREDE CAMBIA LA STORIA


Martedì scorso Mario, il postino (ve l'ho già presentato in un post dei giorni scorsi) era in forma smagliante, e ha scritto una bella pagina sulla vita della comunità del suo quartiere (bairro). Non era previsto, ma non resisto alla tentazione di pubblicarla per il vostro diletto ed edificazione. La accompagno ad una foto panoramica della campagna di Itaberaì, particolarmente accattivante nel suo verde estivo - e con questo strano titolo: "chi crede cambia la storia" - che forse capirete leggendo il resto. Poi me lo spiegate?
Carissimi,
“Quando Gesù scese dalla barca, vide tutta quella folla ed ebbe compassione di loro perché erano come pecore senza pastore” (Mc 6, 34). In questi giorni che seguono l’Epifania, la liturgia, forse per evitarci il pericolo di pensare al mistero del Natale come ad una bella fiaba, si preoccupa di illustrarci il significato e i contenuti di questo passaggio di Dio nella storia, che ha il nome di Gesù di Nazareth. Significato che noi (pastori, magi, discepoli di ieri e di oggi) riconosciamo e adoriamo come verità di Dio, ma anche come verità, senso, vocazione più vera della nostra vita. “Ebbe compassione”: non c’è forse espressione migliore per riassumere tutto ciò. Noi si è meditato il Vangelo di oggi (Mc 6, 34-44), prima a casa di Né e Djari, poi da Dorcelina e Nego, su all’Aeroporto. Qui, grazie a Dio, ai piani bassi della storia, si riesce ancora a vivere un’economia della compassione. Che è ciò che non riescono, il più delle volte, a fare le strutture in cui si organizza il vivere civile, dato che esse sempre più si pongono sul piano del potere, della competizione, e del profitto. Che, perciò, non solo non si preoccupano dell’altro che resta indietro o ai margini, ma lo presuppongono e, in qualche modo, lo esigono. Noi abbiamo raccontato i risultati di un’inchiesta condotta di recente da un giornalista “travestito” da ex-detenuto nel vostro Paese. E della barriera di ostilità, indifferenza, rifiuto, oppostagli da istituzioni pubbliche, da una Banca che si dice Etica, da agenti immobiliari e di collocamento, commercianti, centri sociali, e semplici cittadini. Un quadro che, del resto, non è certo esclusivo della vostra realtà, ma cifra di una intera “civiltà”. La risposta più drammaticamente buffa o patetica ci è parsa quella che gli è venuta da un ragazzotto di un centro sociale: Noi non ci occupiamo di casi singoli, noi ragioniamo sulle masse, in termini politici. Il tuo caso non c’entra niente. L’infelice! Il ragazzotto, ovviamente, mica l’ex-detenuto! Dicevamo, dunque, della compassione. O della solidarietà. Dona Nady ha raccontato di come, a Natale, con ciò che ciascuno ha dato (il litro d’olio, i fagioli, il riso, lo zucchero, il caffè..., insomma, i cinque pani e due pesci del racconto evangelico), si sia riusciti a mettere insieme quattro ceste di alimenti. E di quando è andata con Vidal a consegnarle ai destinatari. E ci ha detto della vecchina, da cui sono entrati, che stava preparando un riso, senza condimento, senza contorno. E le fanno: siamo venuti a trovarla. E lei risponde: siete arrivati proprio all’ora giusta. Se vi accontentate, possiamo pranzare assieme. Non è granché, è solo un risottino bianco. Ma lo preparo sempre col cuore. E loro hanno accettato. Lei gli ha porto i piatti, si sono serviti, si sono accomodati sulla panca, il piatto in mano, come spesso si usa qui, per risparmiare il tavolo. Mangiando e raccontandosi i casi belli e tristi della vita. Poi, alla fine, le fanno: noi si deve andare, ma, a dire il vero, si era venuti qui anche per darle una cosa. E Vidal è andato fino al furgone a prendere la cesta. E la vecchina la guarda, scuote la testa e gli occhi non sanno se ridere o piangere e, alla fine, gli viene fuori solo: Dio vi paghi. “Date voi stessi a loro da mangiare” (v.37). Questa è la missione della chiesa. Per questo, una società che dimentica la fame e la sete anche solo di una parte dei suoi, è una società pagana e idolatra. E una chiesa o dei semplici cristiani che non diventano alimento e bevanda per i poveri, cioè non spendono il loro tempo, le loro forze, le loro risorse per la causa dei poveri, o, peggio, li manipolano, o si limitano a servirli un giorno sì e un giorno no, non è una comunità cristiana, non sono discepoli di Cristo. Un gesto, quello di dare il pane, che si limiti al rito consumato tra le mura di una chiesa, e non muti lo stile di vita, l’agire politico, l’impegno economico di chi lo celebra, è quello che Paolo denuncia come mangiare indegnamente del pane del Signore, senza discernere in esso il Suo corpo e, perciò, meritevole di condanna (cf 1Cor11, 27-29).


“Grida di collera, di passione, di fede” definì l’Abbé Pierre le sue poesie, raccolte tutte, poche, in un quadernetto scritto a mano, scritto quasi cinquant’anni fa e ripescato dopo tanto tempo. Che la comunità di Romena ha tradotto in italiano e pubblicato con il titolo “Foglie sparse”. Noi ve ne offriamo lo stralcio di una d’esse, dal titolo “A dei novizi...”. Indirizzata perciò anche a noi, che siamo sempre all’inizio di un cammino. È, per oggi, il nostro


PENSIERO DEL GIORNO
Quando soffri / ama più forte. / Ama quelli / che sono più in lacrime / di te / più al freddo / con più fame / e più soli in se stessi, / e quasi più inesistenti / più assenti / a se stessi. // Non esiste più / per te / altra gioia profonda / possibile. // Amali abbastanza / per farli essere / tutta la pienezza / di ciò che possono / ti faranno male / amali di più. // Se la tua vocazione / - per un periodo? / per sempre? / che puoi saperne adesso? - / è veramente / di entrare in questa follia / di assoluto / non c’è altro modo / allora / per mantenersi dritto / vacillante / e comunque dritto / se non questo amore / minuscolo / in tutte le minuscole offerte / di tutti i minuscoli istanti // questo amore / dei più piccoli / dei più gracili / dei più meschini / dei più senza gradi // poiché / è allora / che il grado unico / compare // sotto il più disfatto / sotto il più insudiciato / sotto il più schernito / sotto l’ultimo / dei visi / il viso di un uomo / immagine / dell’Eterno Invisibile Viso // Lascia gemere / e borbottare / e lamentarsi / il tuo essere // Non provare mai / nel tuo intimo / a fare il furbo / mai / nel tuo intimo / a mentirti / giocando a mormorare / che il male non è male / che il male è bene // o che è neutro! // Tutto il disordine / tutto ciò che froda / è frode / è il brutto / che rovina la Bellezza // Sì, Signore / sono vigliacco / e fragile / e tremante // ah! essere finalmente / fuori del cerchio del tempo / dove si mischia / così tanta colpa / al più piccolo bene // Ma, Signore, non è / perché sono debole / e miserabile / e così avido / per necessità di perdono // non è perché mi serve così tanto / il Tuo perdono / che dirò: scappo / e abbandono // abbandono quelli che piangono / e che sono soli nella loro pena. // Sarebbe stupido / aggiungere la stupidità alla debolezza / e cattivo // Signore / poiché sono così vigliacco / ah! è chiaro / bisogna che io ami / cento e mille volte di più // e che io serva / e che io rida / e che sorrida a ciascuno / anche quando bisogna / rimproverare per amore / e che nasconda le mie lacrime / e la confusione del mio rimorso / e lo spezzarsi di tanta confusione / nel più profondo di me. // Solo la bontà / la vera e leale bontà / la pratica e reale bontà / che fa sì che io voglia / privarmi / affinché meno altri ancora / vengano privati / lava e / come la neve / fa ritornare / immacolato il candore // (Abbé Pierre, A dei novizi...).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro. Il postino.

9 gennaio 2008

LA GLOBALIZZAZIONE


La nuova cattedrale di Rio de Janeiro, progettata dall'architetto Edgar Oliveira da Fonseca, è stata costruita negli anni sessanta su un terreno donato proprio nel centro di Rio, nei pressi del Largo da Carioca. Non ricordo la data precisa: credo nel 69, perchè quando sono sbarcato a Rio nel 67, e poi quando vi sono ritornato nel 68, non era pronta. E' dedicata a San Sebastiano, come la nostra di Itaberaì. A forma di cono con la punta mozza, ha un diametro di 106 metri alla base, e un'altezza di 96 metri. La sua capacità è di 20 mila persone. La porta principale è 18 metri. Tutta di cemento, metalli e vetro, il suo interno progettato da Padre Paulo Lachen Maier è particolarmente bello: decorato con basso-rilievi in bronzo, che raffigurano temi di fede. Le vetrate hanno colori forti e lasciano filtrare la luce con intensità diversa a seconda delle ore del giorno, creando un clima "mistico". Tra qualche giorno anche lì ci sarà la sagra.


In una megalopoli moderna come Rio de Janeiro, in cui si toccano i due estremi della miseria e dell'opulenza, questo imponente monumento cristiano provoca quella riflessione che era molto comune proprio all'inizio degli anni settanta, dopo la seconda Assemblea della Chiesa Cattolica dell'America Latina: "Come possiamo atteggiarci a cristiani se siamo così ingiusti nella distribuzione delle ricchezze e dei beni della vita?" Oggi non è più così frequente, nella Chiesa, sentire qualcuno che pone questi interrogativi. Il Papa lo ha fatto il giorno dell'Epifania, ed io vi ripropongo alcune frasi che sono state pubblicate in una pagina speciale del sito dei Vescovi Brasiliani. Eccole:


Non si può dire che la globalizzazione sia sinonimo di ordine mondiale, anzi al contrario. I conflitti per la supremazia economica e l'accaparramento delle risorse energetiche, idriche e delle materie prime, rendono più difficile il lavoro di tutti coloro che, a tutti i livelli, si sforzano di costruire un mondo più giusto e solidale. Ci vuole una speranza maggiore, che permetta di preferire il bene comune di tutti al lusso di pochi e miseria di molti. Solo quando esiste una grande speranza si può perseverare nella sobrietà. In caso contrario, si cerca la felicità nell'ubriachezza, nel superfluo, negli eccessi, e così si distrugge sè stessi e il mondo. Solo adottando uno stile di vita sobrio, accompagnato da un serio impegno per una giusta distribuzione delle ricchezze, sarà possibile instaurare un ordine di sviluppo giusto e sostenibile. Per questo, occorrono uomini che alimentino una grande speranza e possiedano, perciò, molto coraggio, il coraggio dei Magi.....”.

Mentre leggevo queste parole, il mio pensiero andava alla cronaca drammatica di questi giorni (e anni): le guerre (a volte mascherate da umanitarie) nelle regioni in cui c'è petrolio e ricchezza. I palestinesi di Gaza rinchiusi e blindati in un assedio disperato. Il tragico miscuglio di politica - affarismo - mafia e camorra - sedizionismo e separatismo che minaccia l'Italia. E il deterioramento delle condizioni di lavoro dei giovani con contratti da gallina: co.co.co e co.co.pro. La strafottenza con cui, in tutto il mondo, si affrontano ancora i problemi ambientali e climatici. Gente, questo tipo di globalizzazione non va bene. Bisogna cambiare, nel modo di vivere e nelle strutture, se no ci prepariamo a un disastro.

5 gennaio 2008

I RE MAGI




Uccelli di città: Non avendo una foto dei re magi, vi mando questo simpatico uccello urbanizzato. E' un "joao de barro" (traduzione letterale: Giovanni di fango), così chiamato perchè lavora esclusivamente con terra bagnata. Costruiva sempre la sua casetta di fango sulla "paineira", un enorme albero dai bellissimi fiori rosa, che i contadini piantavano vicino alle loro abitazioni per la lanuggine che produce, ottima per imbottire materassi. I tempi moderni hanno spinto l'uomo dei campi verso la città, e "joao di barro" lo ha seguito. "Se non c'è più la paineira, un palo da luce va benissimo! Gli isolanti di porcellana fanno più resistente la casa della mia signora. La paineira non è poi così lontana: quì siamo in periferia, e un materiale leggero come la lanuggine lo possiamo trasportare facilmente per qualche chilometro". Detto e fatto, la camera è pronta, manca solo la parete di fronte. Si è costruito pure una piattaforma di lancio e atterraggio, per non toccare quell'orribile cavo d'acciaio che, sotto il sole, scotta da morire. "Giovanni" ha la tecnologia nel sangue!

La foto di gruppo dei Re Magi non ce l'ho - ma ce ne sono decine nei dintorni, ad Itaberaì, in periferia e in campagna. Don Maurizio, ieri, è andato a un pranzo di folia. Ogni folia riunisce centinaia di persone. E' un canto infinito, che racconta lentamente la storia di Gesù Bambino e dei Magi con una melodia monotona e ripetitiva, in strofe. Incanta la gente con le straordinarie armonie vocali e il ritmo. Più ancora, attrae il suo stile teatrale e comunitario: la figura del diavolo, il portabandiera, i Santi Re coi loro ampi manti esotici dai colori vivacissimi, i chitarristi, batteristi e danzatori in divisa. Cose che fanno impazzire i ragazzi. Poi i riti di entrata nelle case, il pranzo per tutti preceduto e seguito da una preghiera solenne cantata, il rito del riposo a tarda notte. La folia è una specie di culto presieduto da "sacerdoti popolari", riconosciuti dalla gente. Il capo-folia porta una stola, anche quando è donna. Per almeno tre secoli, nelle campagne del Brasile, la fede cristiana è arrivata assai prima dei preti ed è stata mantenuta in vita da tre cose: le preghiere di mattino e sera che quasi tutti sapevano a memoria, il rosario (spesso cantato e seguito da una festa), e la folia. Ce n'erano per tutte le principali feste dell'anno. I preti passavano soltanto ogni cinque, otto o dieci anni per la "desobriga": battesimi, messa, confessioni e legittimazione dei matrimoni! Quando arrivarono stabilmente i preti nelle parrocchie dell'interno, fecero di tutto per sopprimere o sostituire rosari cantati e folias. Ai loro occhi erano un miscuglio di sacro e profano assai poco ortodosso, ma la gente continuò a praticarle senza dirlo al parroco. Per forza: erano l'espressione di fede più vicina ai loro sentimenti e modo di essere. In tempi più recenti è avvenuta la riconciliazione. Oggi il prete è invitato alla folia, e molta gente partecipa alla messa con gli stessi sentimenti ed entusiasmo della folia. Religione ufficiale e religione popolare si complementano.

Ancora oggi i magi: A Natale abbiamo letto la visita dei pastori a Gesù bambino, narrata da Luca. All'Epifania leggiamo quella dei Magi, raccontata da Matteo. Così nel rito romano. Quello orientale (sia cattolico che ortodosso) mette insieme i due fatti, fissando la data di Natale il sei gennaio. Pastori rozzi e analfabeti - sapienti (o scienziati) di paesi lontani: ecco la strana gente che riconobbe Gesù. I sacerdoti del Tempio e i farisei della Sinagoga stabilivano regole, ma lo Spirito Santo seguiva altri percorsi. I Magi furono da sempre il segno che Gesù Cristo è di tutti i popoli. Lo dichiara anche San Paolo nella lettera che leggiamo domani a messa. Scrive un mio confratello: "L’Epifania è il superamento definitivo dell’identità cristiana con la civiltà occidentale e seppellisce per sempre i tentativi maldestri dei laici devoti o dei religiosi atei che rinchiudono il cristianesimo nella prigione di una cultura o segmento di civiltà, negando così la sua essenza universale e «cattolica». Vi suona chiaro? E' forse un poco pepato...

A proposito di Ecumenismo: nei giorni scorsi è morto il cardinale Aloisio Lorscheider, per tanti anni arcivescovo di Fortaleza (CE), la città amata dai montesini. Negli anni 60 fu presidente della Commissione Nazionale per l'ecumenismo. Fu due volte (dicono...) candidato a Papa: superato da Giovanni Paolo I e, in rapida successione, da Giovanni Paolo II, alla fine degli anni 70. Per molto tempo fu presidente della CNBB, e come tale sostenne, con prudenza e fermezza, la Teologia della Liberazione e le Comunità Ecclesiali di Base. Scrive di lui il monaco Marcelo Barros: "Una volta tutto il Brasile si commosse vedendo in televisione il cardinale dom Aloisio come ostaggio in una ribellione di carcerati nel penitenziario di Fortaleza. Egli vi si era recato per aiutare affinchè i diritti umani dei prigionieri fossero rispettati. Soffrì rimanendo come ostaggio per ore, ma tutte le sue dichiarazioni furono di solidarietà umana e di chiedere che la giustizia cominci a valere anche per i più poveri". (O Popular, giornale di Goiania).

1 gennaio 2008

ITABERAI DAL SATELLITE




L'anno nuovo promuove Itaberaì al rango di città globale. Potrete vederla a distanza ravvicinata dall'Italia con google-earth, come in questa foto che focalizza la parte centrale, con la Chiesa Cattolica e l'Avenida Pio XII al centro. In realtà era già stata inclusa da un mese o più. Per trovarla dovete scegliere l'opzione "in volo" e indicare la destinazione: Itaberaì, GO, Brasil. Nella nostra zona tutta in ombra, questa città sorge nel mezzo di un quadrato illuminato. Siamo stati benedetti dal dio Mercato?


Forse sì. Quì la ditta Superfrango macella più di 200mila polli al giorno, per rifornire i supermercati di tutto il paese! L'indotto è immenso: centinaia di allevamenti sono disseminati nei dintorni. Non si sa di che cosa siano fatti i mangimi, ma l'affare è molto proficuo e dà lavoro a innumerevoli lavoratori e lavoratrici. La stessa impresa sta costruendo una gigantesca incubatrice, e un'altra di fama nazionale ha avviato l'installazione, delle stesse proporzioni, di un frigorifero di carni bovine. Hanno già aperto le assunzioni di operai e operaie.


Città di 31 mila abitanti, dicono le cifre ufficiali. Forse 45 mila, affermano molti. Quando l'ho conosciuta io per la prima volta (nel 1967) ne aveva 10 mila nel centro urbano e altrettanti sparsi nelle campagne, che ora sono quasi disabitate. Ogni giorno arriva gente in cerca di lavoro e lo trovano. Nonostante questo ci sono parecchi emigranti: in USA e Canadà, in Portogallo e anche in Italia. Credo che sia la febbre dei soldi e del consumismo che li spinge. Una illusione che giunge a loro nel vento. L'aria del nostro tempo. Se sapessero com'è il mondo a cui vanno incontro non partirebbero. Per quanto precarie siano le loro condizioni sociali e finanziarie, il meglio lo potrebbero trovare qui.


Essere benedetti dal dio-mercato non è il paradiso. Il mercato è, per natura, un dittatore. Certi giorni anche l'aria odora di pollo spellato e defunto. I diritti del lavoro non sono rispettati al meglio. Il Rio das Pedras, il nostro fiume, è a rischio: riceverà tutti gli scarichi. Depurati, dice il Sindaco. Ma sapete anche voi quanti dubbi suscitano le dichiarazioni delle autorità, quando il padrone dell'impresa è più potente. La gente brontola ma chi osa? In fin dei conti c'è lavoro, c'è speranza almeno nell'immediato. Poi si vedrà. Chi vuol tornare ai tempi delle lume a petrolio e del carro tirato dai buoi? Forse un pò di nostalgia viene, ma non saremmo più capaci di vivere come i nostri padri. O sbaglio? Questo progresso contiene equivoci tremendi, ma per il momento la gente benedice anche lui.


Ieri sera noi tre preti abbiamo concelebrato e poi abbiamo mangiato una pizza insieme, per festeggiare l'anno nuovo. La messa è stata molto calda, in tutti i sensi. Almeno a messa, comincia con la benedizione di Dio e ignorando il mercato: è per tutti, non per alcuni. "Il Signore ti benedica e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo viso su di te e abbia compassione di te. Il Signore ti guardi e ti doni la sua pace". L'anno nuovo, ancora bambino, è una pagina bianca che presto sarà imbrattata e piena di sgorbi, lo sappiamo. Per il momento la vediamo candida. Benediciamo il Signore e ci benediciamo a vicenda.

In Italia poca gente è abituata a benedirsi. Piuttosto, qualche volta, a "stramaledirsi" o "mandarsi a...quel paese" (per non dire di peggio). Forse perchè, dopo tanto sviluppo economico, proviamo una sensazione di abisso? Invece i bambini brasiliani, di qualsiasi fede, chiedono la benedizione ai genitori e agli anziani che incontrano. Ai preti la chiedono quasi sempre anche gli adulti. La gente si saluta con "Dio ti benedica" oppure "và con Dio". Direte che sono solo parole! Certo, è vero. Talvolta esprimono solo ipocrisia. Nonostante ciò preferisco parole gentili a tutti i "vaffa 2008" che si celebreranno nella penisola da cui provengo.

Il primo gennaio è, per i cattolici, anche la giornata mondiale della pace. Nel 1969 con la riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II e con la pubblicazione del Messale romano riformato, Paolo VI ha dedicato il primo giorno dell’anno civile a «Maria Santissima Madre di Dio». A questa giornata associò anche la Giornata mondiale della Pace che ogni anno ha un tema particolare di riflessione. Per il 2007 (40a edizione) il tema proposto dal papa è: «La persona umana, cuore della pace» che dovrebbe essere la traduzione moderna dell’evangelico: «Il sabato è per l’uomo, non l’uomo per il sabato» (Mc 2,27).

BUON 2008 A TUTTI