2 febbraio 2009

FORUM SOCIALE MONDIALE (FSM) IN AMAZZONIA


Sabato sera, assieme a Don Eligio, sono andato ad Itapuranga a fare visita a Nello che non vedevo da oltre un anno. Lo abbiamo portato in pizzeria per parlare un pò. Meritava di entrare in questo blog da molto tempo, perchè è, tra quelli che conosco, la persona più coerente nello stare sempre dalla parte dei "bartimei", cioè dei poveri ed emarginati di questo mondo, fino a diventare, in certo senso, uno di loro. Alcuni suoi alunni universitari gli hanno dedicato una monografia valida per la Licenziatura Piena in storia. Il titolo è: "L'immaginario della vita comune: vita e opere di Nello Bononi". In effetti quella di Nello è una vita comune che lui non ha avuto paura di consumare per i suoi sogni. Non è un personaggio facile. Nato a Polinago e inviato come missionario in Brasile dalla Congregazione di don Orione, ha 83 anni di cui 50 vissuti in Brasile. Vive tutt'ora in una baracca con le porte sgangherate e attinge l'acqua da un pozzo con il secchio. La sua vita può essere descritta da questa riga scritta da lui parecchi anni fa: "Ho sempre sognato un mondo con giustizia, uguaglianza e libertà". Già insegnante (apprezzatissimo) nelle scuole pubbliche, da almeno due generazioni di suoi alunni è venerato come un mito.

Ora vi faccio una pagina di informazione politica, per darvi l'idea dell'aria diversa che tira da queste parti. Il Forum Sociale Mondiale, come dice la stessa parola "Forum", sono chiacchiere: solo chiacchiere, se volete. Però è importante che la gente parli e "si parli". In quest'epoca di pensiero unico che sembra senza alternative, un incontro mondiale per fare progetti potrebbe essere il preludio di qualcosa di nuovo a cui vale la pena prestare attenzione.

Mentre a Davos i 20 paesi più ricchi del mondo discutono sulla crisi mondiale, i movimenti popolari che cercano alternative all'economia di mercato sono riuniti nella città di Belèm, in Amazzonia, nel Forum Sociale Mondiale (FSM). Giovedì scorso, 29 gennaio, per la prima volta il Forum ha riunito attorno allo stesso tavolo rappresentanti dei movimenti sociali e 4 presidenti di paesi che hanno in atto progetti alternativi di politica economica: Hugo Chávez (Venezuela), Evo Morales (Bolívia), Rafael Correa (Equador) e Fernando Lugo (Paraguai) hanno condiviso la discussione con Nalu Farias (Marcha das Mulheres, Brasile), João Pedro Stedile (MST, Brasile), Pablo Reyner (Central de Trabalhadores, Argentina), ed altri. L'evento, convocato da movimenti sociali os sociais come Via Campesina, que aggrega i principali movimenti agrari, e Jubileu Sul, CAOI, Aliança Social Continental, ha avuto come obiettivo il dialogo sull'Integrazione Popolare in America Latina. Il presidente Brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva non è stato invitato.

Rafael Correa, che ha realizzato una nuova Costituzione e ha adottato misure richieste da tempo dai movimenti sociali; Evo Morales, che ha affrontato recentemente la ribellione della minoranza economicamente ricca della Bolivia e ne è uscito vittorioso il 25 gennaio scorso con un referendum; Fernando Lugo, que lavora per mantenere una delle sue promesse di campagna elettorale, la revisione del trattato col Brasile sulla centrale elettrica di Itaipù (mi pare che il Brasile abbia già accettato la proposta del governo paraguayo); e Hugo Chávez, che ha resistito a un tentativo di colpo di Stato e ha vinto diversi referendum, sono stati applauditi da circa 600 persone di diverse organizzazioni. In comune, i quattro hanno un progetto chiaro di sovranità piena per il loro popoli e per l'integrazione latino-americana.

Il rappresentante della Centrale dei Lavoratori (CTA) ha detto che l'America Latina è l'unica regione che attraversa un processo di resistenza per raggiungere alternative concrete all'economia di mercato. "Siamo partecipi della stessa volontà di cambiamento, e questo tavolo inaugura una forma inèdita di dialogo coi nostri governi". Rafael Correa ha sottolineato l'obiettivo comune "di costruzione di un'America Latina più giusta e degna". Ha criticato il modello neoliberale e ha affermato: "Noi stiamo vivendo una crise che non abbiamo creato noi. E la via d'uscita è l'integrazione. Noi non possiamo aderire agli interessi del capitalismo". Il presidente del Paraguay, Fernando Lugo, ha osservato che l'ispirazione del suo governo per andare avanti sta nei movimenti sociali, nella lotta delle donne, dei contadini, nella questione indigena. "E' la lotta dei movimenti sociali che cambia lo scenario dell'America Latina". Ma c'è ancora molto da fare. "Ciò che abbiamo ottenuto è sufficiente per sconfiggere i conservatori, ma non lo è per garantire il tipo di società che i latino-americani meritano". Ha elencato poi alcuni obiettivi necessari: la difesa delle riserve acquifere Guaranì, la restituzione di Guantanamo a Cuba, il prezzo giusto dell'energia elettrica (in riferimento al Trattato di Itaipù col Brasile).

O coro orquestrado pelos militantes de "Evo, Amigo. O povo está contigo" ecoou pelo ginásio quando o presidente boliviano pegou o microfone. "Não quero que me convidem, quero que me convoquem", falou sobre o encontro com os movimentos sociais. "Vejo muitos movimentos sociais e só foi através deles que eu consegui chegar à presidência. E se hoje este fórum conseguiu reunir quatro presidentes é graças à luta de vocês", disse para o público.

Evo Morales, accolto da un coro di militanti al grido di "Evo, amigo - o povo està contigo", ha ricordato le conquiste del popolo boliviano negli ultimi anni e ha riaffermato il suo impegno per la sovranità del paese, che sarà possibile solo con un processo democratico portato avanti attraverso i movimenti sociali. Hugo Chávez, presidente del Venezuela, ha scherzato col pubblico e ha fatto menzione degli amici che erano in platea (Aleida Guevara, filha de Che Guevara) ed esaltato la "revolução bolivariana" che, ha detto, si è già instaurata in America Latina, come hanno cercato tanti leader come Bolívar, Martí, Guevara e il "companheiro Fidel". Più incisivo degli altri, non ha risparmiato critiche e ha detto di non aspettarsi molto dall'elezione di Obama. "La FAO sostiene che 800 milioni di persone nel mondo soffrono la fame. La colpa è del capitalismo e della politica irresponsabile degli Stati Uniti". (fonte: Adital, articolo di Ana Rogèria).

In serata i quattro si sono riuniti con il presidente brasiliano Lula, per trattare argomenti di cooperazione tra i loro paesi. A quel punto il salone già non comportava più la folla. Lula ha avuto occasione di fare un discorso molto schietto sulla crisi economica e il Fondo Monetario Internazionale (FMI). “Sembravano infallibili (quelli del FMI, ndt) e che noi fossimo incompetenti. Ora abbiamo la prova che Dio scrive diritto su linee storte. La crisi non è nostra. E' loro. La crise non è nata per colpa del socialismo bolivariano di Ugo Chavez. Non è nata dalle liti di Evo Morales. La crisi è nata perchè, durante gli anni 80 e 90, nello stabilire la logica del consenso di Washington, essi hanno venduto l'idea che lo Stato non era capace di far nulla e che il "dio mercato" avrebbe sviluppato il paese e creata la giustizia sociale. Questo "dio mercato" ha fatto fallimento per mancanza di controllo, per la speculazione". "Spero che il FMI dica al caro Barack Obama come deve aggiustare l'economia. Dica alla Germania come deve risolverla, a Nicolas Sarkozy, a Silvio Berlusconi, come dovranno affrontare le crisi che essi hanno creato".

Lula ha ricordato anche che ora gli stati sono chiamati dal mercato a risolvere la crisi economica. “A quale dio hanno chiesto soccorso? Allo stato. Lo stato che non sapeva fare niente sta mettendo miliardi di dollari, miliardi di euro, per tentare il recupero dell'economia. Trilioni di dollari sono spariti e i banchieri che davano suggerimenti, che misuravano il rischio dei nostri paesi, dicevano se noi stavamo bene o male, hanno chiuso la bocca perchè sono falliti per pura speculazione”.

Il presidente brasiliano ha poi sottolineato che la crisi è grave, ma che i paesi in via di sviluppo presentano condizioni migliori per superarla. Ha detto di aver parlato con il presidente G. Bush, ancora a fine mandato, sul negoziato Doha e di avergli suggerito che sarebbe importante metterla nell'Organizzazione Mondiale del Commercio prima di passare il posto a Obama, ma Bush non gli ha dato retta. "Per una piccola divergenza con l'India, è uscito dal governo con la guerra in Iraq, l'accordo commerciale non completato e la peggior crisi economica degli ultimi tempi". Il presidente ha poi sostenuto che la riunione del G20 fissata in aprile a Londra dovrebbe regolamentare il sistema finanziario e stabilire legami con la produzione. “La crisi è una opportunità per costruire qualcosa di diverso, per discutere sul mercato finanziario che non può andare avanti separato dal settore produttivo".

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