13 settembre 2013
DI RITORNO COL VANGELO DI LUCA
Le immagini sono delle mie ultime camminate sull´Appennino.
Questa sera, finalmente, sono un poco piú tranquillo. Sono rientrato ieri a mezzogiorno, ed ho avuto parecchio da fare per riorganizzare la casa dopo aver disfatto le valigie, e per riprendere contatto con la routine di quí, ben diversa da quella delle ferie italiane. Ho giá dimenticato quasi tutto quello che mi aveva impressionato nei quasi due mesi di Italia. Pian piano credo che mi torneranno alla memoria. La prima che mi viene in mente é che anche lí come qui in Brasile, in quanto a feste, non si scherza. In luglio e agosto, tra sagre, serate musicali o filosofiche, eccetera, la gente si ritrova insieme, mangia, beve, e si diverte. Meno male. Di fatto si vede bene che la crisi colpisce duramente. C´é gente che soffre e si dispera, e si ascoltano molti discorsi rabbiosi e pessimistici. Ma il livello di vita é mediamente ancora alto, e la gente vuole vivere. In un momento cosí minaccioso per la pace mondiale e cosí povero di prospettive, queste manifestazioni popolari possono essere il luogo in cui l´umanitá si rifugia e rinasce. Credo che in Italia bisognerebbe vincere quel maledetto individualismo che corrompe e deforma la visione della vita sociale e politica: non si é ancora ritrovata nella popolazione una unitá di intenti per organizzare lo Stato al servizio della felicitá e del benessere di tutti. Questo individualismo si sta facendo strada anche qui. É nella radice del cuore umano, ma é un istinto bestiale che dovrebbe essere “umanizzato” dalla conoscenza e da un rafforzamento dei sentimenti di solidarietá.
Ad Itaberaí stasera (poco fa) si é conclusa la Settimana Biblica. Hanno fatto quattro giorni di studio del Vangelo di Luca, che é quello che si legge nelle domeniche di quest´anno. Ho fatto in tempo a prendere le ultime due serate. Um bel lavoro, con una partecipazione modesta per le nostre tradizioni (solo una ottantina di persone), peró molto attenta e vivace. L´atto finale é stato un piccolo banchetto con le cose mangerecce e le bevande portate da ciascuno, segno della condivisione e dello “spezzare il pane”. Domani sará un giorno importante per Itaberaí: alle tre del mattino, per la prima volta nella storia di questa cittá, parte un gruppo di 36 pellegrini accompagnati dal parroco (Severino) per visitare la Palestina. Andranno in corriera fino a Goiania, poi in aereo a Bologna, Roma, Tel Aviv. Il ritorno sará tra quindici giorni, con qualche sosta anche in Italia (Roma e Assisi sicuramente). Due diversi tipi di approccio alla Bibbia.... Buon viaggio. É un lusso che pochi, ancora, possono permettersi, ma se servirá ad avvicinare questi pellegrini all´umanitá di Gesú, sará un risultato eccellente.
É vero che si diventa cristiani a partire dalla risurrezione di Cristo, ma questo é un atto di pura fede, non dimostrabile storicamente. L´único modo che abbiamo per certificare che Gesú é Figlio di Dio ed é risorto sono le opere che Egli ha compiuto (mi conoscerete dalle opere che io faccio) e da quelle che continua a compiere tra noi (ne farete di piú grandi). Le opere di Gesú sono misericordia, perdono, dono di sé, portare gioia e umanitá. Continuano ad accadere, spesso anche per mezzo di persone che esplicitamente non credono in lui ma agiscono come lui.
Il Vangelo di Luca ci ha sollecitato e sfidato, nei mesi scorsi, a percorrere la strada di Gesú per cambiare il mondo: “sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse giá divampato!” “Quando inviti qualcuno a pranzo o a cena, non invitare parenti e amici che possono retribuirti, ma invita i poveri, i ciechi, gli storpi e i mutilati, che non possono ricambiarti”. “Sforzatevi di passare per la porta stretta”. E la parabola di Gesú sul fico che non dava frutti, e che assomiglia tanto al nostro cristianesimo borghese che si alimenta di qualche sacramento e qualche osservanza religiosa ma non é capace di umanizzare le relazioni umane, di accogliere gli sconfitti, di condividere le conquiste del benessere, di rendere gioiosa la vita di chi ha molto arricchendola di generositá e di condivisione con chi ha bisogno di aiuto. Gesú voleva una umanitá gioiosa, solidale, fraterna, e una Chiesa portatrice di una Buona Notizia per quelli che sono abbattuti dalla miseria, dalle malattie, dalla perdita di senso. Il suo non é il modo normale di intendere e vivere del nostro tempo, nemmeno della maggioranza di noi cristiani. Sembra, a volte, che noi ascoltiamo queste letture tranquillamente, senza rimanerne sconvolti, e le traduciamo in modo da potercela cavare con qualche momento di commozione, con un´elemosina e alcune preghiere per i sofferenti.
Abbiamo bisogno di uno scossone. Se ci adattiamo (e ci siamo giá adattati troppo) a questo mondo che ha scelto come legge fondamentale “accumulare” e non “spezzare” il pane, tutta la nostra religiositá nel nome di Gesú, Maria e i santi, diventa una farsa. Di fatto la religiositá e la ricerca di rapporti piú umani sono ancora molto vivi e forti, soprattutto quí in Brasile, ma si sente e si vede che vengono corrosi rapidamente, giorno dopo giorno. Gli alimenti, la casa, la medicina, la scuola, sono sempre piú privatizzate e care man mano che crescono in qualitá. Stiamo camminando nella direzione di un mondo sempre piú fatto per i ricchi e senza compassione per i poveri. Forse é per questo che, nella legge di Mosé, il secondo comandamento era “non nominare il nome di Dio invano”.
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