2 settembre 2013

DOPO LE FERIE: CON GIOIA

Riprendo il mio blog dopo due mesi di silenzio. Nel frattempo sono venuto in Italia. Non posso fare a meno di rivedere ogni tanto luoghi o persone cui sono legato da affetti e memorie. Sono ancora qui, però mancano pochi giorni. Se tutto corre secondo i piani, il giorno 11 settembre sarò di nuovo nella mia sede di Itaberai per riprendere il lavoro. Nel frattempo il vescovo di Goiàs ha mandato una lettera a tutti i preti preannunciando cambiamenti e chiedendo pareri: vedremo cosa succederà nei prossimi mesi.
Agosto non è adatto per incontrarsi con le persone e risolvere problemi in Italia: gli uffici sono chiusi e molta gente va via, in ferie. Tuttavia a Serramazzoni ho trovato tranquillità, un clima favoloso e tutt’ intorno queste magnifiche montagne per saziare gli occhi e fare qualche camminata rigeneratrice. Ho goduto della convivenza e accoglienza di familiari e amici antichi e nuovi. Incontri assai proficui e gratificanti: con escursioni in montagna, lunghe conversazioni in casa e in pizzeria. Vignolesi, montesini, comunità del Villaggio, riminesi, varesini, confratelli, preti e laici ex colleghi di Brasile. Molto accogliente pure l’arcivescovo che mi ha invitato e intrattenuto affabilmente per uno scambio di vedute. Grazie a tutti, perché le mie ferie senza di loro sarebbero state una noia. Invece sono state ottime per la salute fisica e dello spirito.
"Il Brasile non interessa più" - si dice. Non è del tutto vero, poichè sono ancora tanti i modenesi, soprattutto laici, che si interessano, visitano, ci stanno vicini e si sentono beneficiati spiritualmente da questo intercambio con un'altra chiesa locale. Ma, effettivamente, pare che non ci siano più candidati a continuare la collaborazione con la Diocesi di Goiàs. Noi cerchiamo pure, ogni tanto, di scoprire le "colpe" di questa indifferenza o incomprensione:abbiamo sbagliato noi? Hanno sbagliato altri? Non credo che sia importante. Siamo tutti umani e commettiamo errori, ma abbiamo cercato sostanzialmente di essere fedeli al vangelo e alle esigenze di costruire la Chiesa Popolo di Dio, alleata degli oppressi e testimone della misericordia di Dio verso i poveri. Non lo abbiamo fatto per ottenere riconoscimenti. Come spiega, giustamente, un mio collega, "era prevedibile e necessario che, facendo certe scelte, fossimo incompresi da chi faceva scelte diverse". Anzi: era il minimo che ci si potesse aspettare.
Chi ha la fortuna di essere di nuovo nella Diocesi di Goiàs, percorrere le medesime strade di 50 anni fa, incontrare e celebrare con le stesse comunità e camminare con i numerosi gruppi di operatori e operatrici pastorali laici e laiche, conosce molti motivi per rallegrarsi dei buoni frutti di ciò che abbiamo fatto sia pure imperfettamente. I risultati sono visibili e e abbondanti. Gioia, gioiae gioia, unita alla preoccupazione per i problemi che stiamo vivendo oggi. Pure il Brasile è cambiato, sta cambiando, e ci sono da affrontare nuove e grandi sfide, ma questo toccherà alla Chiesa locale, che oggi è in condizione di camminare anche da sola. Noi, tre o quattro anziani stranieri "sopravvissuti" in quella diocesi, e ormai non più in primo piano, ci stiamo dedicando il più possibile a formare uno spirito missionario anche in quella Chiesa, perchè una Chiesa non è mai completamente di Cristo se si chiude in sè stessa. Fu il motivo per il quale nacque l'iniziativa Fidei Donum, che ebbe come fondamento questo richiamo del papa Pio XII ai vescovi: aprite il cuore alla "sollecitudine di tutte le Chiese. Altro che indifferenza!
Abbiamo dovuto condividere, purtroppo, avvenimenti tristi: la crisi mondiale, la disoccupazione in Italia, la situazione medio-orientale a rischio di causare un altro pezzetto di guerra mondiale. Lo stupore e lo sdegno per la faccia tosta del nostro Alì Babà coi suoi 40 ladroni che tengono il nostro paese in ostaggio. E ancora di più per la rassegnazione e assuefazione della gente a questo clima indecente. Sembra che sia molto diffusa nell’opinione pubblica italiana la convinzione che la giustizia, i diritti umani, l’onestà e perfino la democrazia e l’uguaglianza di diritti e doveri siano impraticabili. E’ una situazione strana, mai vista prima e inaccettabile per un paese civile. Non possiamo tapparci gli occhi e gli orecchi: tira una brutta aria. C’è in giro anche molta insofferenza verso questi sfollati dalla miseria e dalle guerre, che arrivano e sono sempre più spesso accolti con ingiurie e minacce. L’antipolitica che si sente nelle conversazioni, il fare di ogni erba un fascio, mi pare che non aiutino ad avanzare verso la soluzione dei problemi. Ma, come dice il papa Francesco, dobbiamo fuggire dal pessimismo per non dover andare dallo psichiatra, che costa troppo.
Abbiamo anche motivi di ottimismo. Il mio ononimo Francesco, ad esempio, ci fa respirare aria nuova: se non altro, una gerarchia e un clero più vicini alla gente, più spirituali. Mettiamo l’accento più sull’amore misericordioso, più sul vivere in Cristo e vivere il mistero della salvezza, più sulla gioia di seguire Gesù. Le letture del Vangelo di Luca di questo periodo hanno aiutato molto a capire lo spirito di Gesù. Siamo una Buona Notizia per i poveri? Portiamo gioia, vita, speranza ovunque andiamo? Abbiamo mantenuto acceso il fuoco che Gesù ha voluto portare sulla terra, e lo sentiamo ancora ardere nelle nostre parrocchie e diocesi? Abbiamo ancora la stessa passione che aveva Gesù per i sofferenti e gli oppressi, per la vita in comunità e per la fratellanza? Lavoriamo per soddisfare i bisogni più profondi dell’essere umano, o seguiamo semplicemente l’andazzo generale? Passiamo per “la porta stretta” vivendo nello spirito del perdono, della misericordia, della verità, della giustizia, dell’amore vero che rende liberi? O semplicemente ci siamo adattati ad una via di osservanza “abbiamo mangiato e bevuto con te, e tu hai insegnato nelle nostre piazze”! Abbiamo almeno tentato di fare la scelta preferenziale per i poveri? “Quando devi dare un banchetto non invitare, fratelli, amici e parenti che ti possono ricambiare; ma invita i poveri, i mutilati, gli zoppi e i ciechi, che non possono darti niente in cambio…”
Credo che si possa dire che ci sono ovunque molte persone che vivono tutto questo, ma io con queste letture mi sono sentito interpellato e richiesto di una conversione più profonda e concreta. Non possiamo seguire Gesù nell’intimo e poi amministrare la parrocchia e fare pastorale secondo i criteri mondani: interesse, proselitismo, ricerca del successo e del trarre vantaggio da ogni cosa che si fa.

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