30 maggio 2008

LA NUOVA GENERAZIONE

Guardate che tipino! Che impressione vi fa? E' uno dei bambini del nostro asilo San Francisco. Come tutti gli altri, è nato da meno di cinque anni in questa città che è ancora a mezza via tra la civiltà rurale e quella urbana, ma che diventa ogni giorno più omologata al mondo globale. Probabilmente sarà questa nuova generazione a completare la metamorfosi. Per il momento ci accontentiamo di aiutarli a uscire dall'emergenza alimentare e a crescere come persone sociali. Tra qualche anno entrerà quasi certamente in uno dei numerosi branchi di ragazzi e adolescenti che già si aggirano per i quartieri provocando inquietudine tra gli anziani. Ragazzi continuamente esposti ai pericoli: motociclette, alcoolismo, droga, violenza, promiscuità sessuale. Apparentemente il futuro prossimo è così per tutti. In Brasile 80% della popolazione abita in città, ed è sempre più influenzata dalla mentalità che chiamiamo "globale", tanto per usare un nome. Nel mondo la media degli abitanti "urbani" è 70%, cioè più di 5 miliardi di persone. Esistono programmi pastorali per il mondo urbano post-moderno? Se ne parla molto nei documenti episcopali. Il più recente scritto dei vescovi latino-americani, quello dell'Assemblea di Aparecida dello scorso anno, osa perfino lanciare una campagna: "Discepoli di Gesù e missionari", cioè impegnati ad avvicinare la gente che non viene in chiesa, più che a curare l'ordinata amministrazione e i servizi religiosi delle parrocchie. La domanda è: "Siamo in grado, con le strutture ecclesiastiche attuali, di realizzare una simile missione?" Agli specialisti (e ai posteri) "l'ardua sentenza". Noi facciamo quello che sappiamo fare.


Ho l'impressione che gli adolescenti, nella nostra situazione, siano praticamente irraggiungibili. Solitari e timidi quando sono soli, spesso si trasformano nel branco in bulli spavaldi e qualche volta feroci. Pochi fanno sport, pochissimi vanno in chiesa, e si dice che la scuola che frequentano lasci molto a desiderare. Forse è un periodo intermedio insapore e incolore, perchè in effetti abbiamo poi le chiese piene di giovani tra i 20 e i 40 anni. Nell'insieme sono ugualmente una percentuale piccola, ma è segno che sono tornati. Hanno cercato il senso della vita per altre vie e alla fine lo hanno trovato nella messa e nel Vangelo. Qual'è il senso che hanno trovato? Tutto quello che sulla strada e nel posto di lavoro non possono trovare. La statura di Gesù. Un ideale bello, grande, nobile e pulito da vivere. Uno spazio di gratuità e libertà, in cui non si fa nulla per costrizione. Una comunità in cui si può esprimere il meglio di sè stessi e spontaneamente. Si può anche essere giovani: cantare, muoversi, danzare, parlare davanti a tutti, proclamare le proprie speranze e denunciare le porcherie. Questo è il clima delle comunità ecclesiali di base, che è nato e cresciuto (pur con molte resistenze) a partire dal Vaticano II, da Puebla e Medellin, dalla Teologia della liberazione. Imploro: non chiudete la strada a questo percorso per tornare alla "grande disciplina". Il Vaticano II è la risposta giusta ai bisogni del nostro tempo: è la grande occasione, per la Chiesa, di non allontanare un'altra generazione.


Un autore che si chiama Reinold Blanck scrive (in portoghese-brasiliano) che l'uomo di oggi vive nelle "tecno-metropoli" e ha fame e sete di trascendenza come l'umanità di qualunque epoca. Non rifiuta la religione: ma rifiuta le istituzioni religiose, perchè sospetta che gli vogliano imporre l'esperienza della sottomissione e togliergli la libertà. E' un uomo (o una donna) diffidente nei confronti delle grandi istituzioni religiose. Se invece gli viene offerto di partecipare a una comunità fraterna che tenta di seguire Gesù Cristo e il Vangelo senza dargli le risposte già pronte e le regole già definite a priori, è capace di rimanerne affascinato.
Lo stesso autore, giocando con la parola "pastorale", aggiunge: "Le pecore non vogliono più essere pecore": cioè vogliono essere trattate da persone, desiderano essere rispettate e magari aiutate a fare le loro scelte senza imposizioni e minacce. Io sono d'accordo con questo autore, perchè dice ciò che anch'io ho sempre riscontrato ogni volta che sono uscito dai ristretti circoli che si chiudono nelle sacristie, per andare in mezzo alla gente che ha lasciato la Chiesa o in Chiesa non è mai stata.


Cambiamo argomento. Ieri sera, in parrocchia, abbiamo fatto un incontro con le pastorali sociali e altre organizzazioni civili sul tema della difesa ambientale. Sono emersi dati interessanti. Itaberaì produce 28 tonnellate di rifiuti al giorno, e sono scaricati a cielo aperto senza nessuna selezione. Il fiume contiene già diversi componenti tossici e inquinanti. La raccolta è fatta sul bordo della strada senza cassonetti, in sacchi di plastica che rimangono esposti per intere notti all'attività dei cani e dei gatti che ne spargono in giro il contenuto. In campagna abbiamo più di 250 imprese agricole, e tutte usano agrotossici. Alcune (184) usano anche l'irrigazione tramite pozzi artesiani e pivot, che danneggiano severamente i fiumi vicini e le falde acquifere. Il comune è invaso soprattutto dalla canna da zucchero, che mortifica tutte le altre produzioni agricole. Ci sono 74 industrie, di cui alcune altamente inquinanti, e tutte scaricano nel fiume che passa per la città. Sono in arrivo un grande macello di bovini e una fabbrica di alcool per le automobili: quanto ai posti di lavoro che generano, siamo tutti contenti. Ma per l'inquinamento dell'aria e dell'acqua, che cosa si farà? Questo è il progresso! In ottobre realizzeremo un forum, invitando tutta la città, per trattare di questi problemi e decidere cosa si può fare.

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