La nuova cattedrale di Rio de Janeiro, progettata dall'architetto Edgar Oliveira da Fonseca, è stata costruita negli anni sessanta su un terreno donato proprio nel centro di Rio, nei pressi del Largo da Carioca. Non ricordo la data precisa: credo nel 69, perchè quando sono sbarcato a Rio nel 67, e poi quando vi sono ritornato nel 68, non era pronta. E' dedicata a San Sebastiano, come la nostra di Itaberaì. A forma di cono con la punta mozza, ha un diametro di 106 metri alla base, e un'altezza di 96 metri. La sua capacità è di 20 mila persone. La porta principale è 18 metri. Tutta di cemento, metalli e vetro, il suo interno progettato da Padre Paulo Lachen Maier è particolarmente bello: decorato con basso-rilievi in bronzo, che raffigurano temi di fede. Le vetrate hanno colori forti e lasciano filtrare la luce con intensità diversa a seconda delle ore del giorno, creando un clima "mistico". Tra qualche giorno anche lì ci sarà la sagra.
In una megalopoli moderna come Rio de Janeiro, in cui si toccano i due estremi della miseria e dell'opulenza, questo imponente monumento cristiano provoca quella riflessione che era molto comune proprio all'inizio degli anni settanta, dopo la seconda Assemblea della Chiesa Cattolica dell'America Latina: "Come possiamo atteggiarci a cristiani se siamo così ingiusti nella distribuzione delle ricchezze e dei beni della vita?" Oggi non è più così frequente, nella Chiesa, sentire qualcuno che pone questi interrogativi. Il Papa lo ha fatto il giorno dell'Epifania, ed io vi ripropongo alcune frasi che sono state pubblicate in una pagina speciale del sito dei Vescovi Brasiliani. Eccole:
“Non si può dire che la globalizzazione sia sinonimo di ordine mondiale, anzi al contrario. I conflitti per la supremazia economica e l'accaparramento delle risorse energetiche, idriche e delle materie prime, rendono più difficile il lavoro di tutti coloro che, a tutti i livelli, si sforzano di costruire un mondo più giusto e solidale. Ci vuole una speranza maggiore, che permetta di preferire il bene comune di tutti al lusso di pochi e miseria di molti. Solo quando esiste una grande speranza si può perseverare nella sobrietà. In caso contrario, si cerca la felicità nell'ubriachezza, nel superfluo, negli eccessi, e così si distrugge sè stessi e il mondo. Solo adottando uno stile di vita sobrio, accompagnato da un serio impegno per una giusta distribuzione delle ricchezze, sarà possibile instaurare un ordine di sviluppo giusto e sostenibile. Per questo, occorrono uomini che alimentino una grande speranza e possiedano, perciò, molto coraggio, il coraggio dei Magi.....”.
Mentre leggevo queste parole, il mio pensiero andava alla cronaca drammatica di questi giorni (e anni): le guerre (a volte mascherate da umanitarie) nelle regioni in cui c'è petrolio e ricchezza. I palestinesi di Gaza rinchiusi e blindati in un assedio disperato. Il tragico miscuglio di politica - affarismo - mafia e camorra - sedizionismo e separatismo che minaccia l'Italia. E il deterioramento delle condizioni di lavoro dei giovani con contratti da gallina: co.co.co e co.co.pro. La strafottenza con cui, in tutto il mondo, si affrontano ancora i problemi ambientali e climatici. Gente, questo tipo di globalizzazione non va bene. Bisogna cambiare, nel modo di vivere e nelle strutture, se no ci prepariamo a un disastro.
In una megalopoli moderna come Rio de Janeiro, in cui si toccano i due estremi della miseria e dell'opulenza, questo imponente monumento cristiano provoca quella riflessione che era molto comune proprio all'inizio degli anni settanta, dopo la seconda Assemblea della Chiesa Cattolica dell'America Latina: "Come possiamo atteggiarci a cristiani se siamo così ingiusti nella distribuzione delle ricchezze e dei beni della vita?" Oggi non è più così frequente, nella Chiesa, sentire qualcuno che pone questi interrogativi. Il Papa lo ha fatto il giorno dell'Epifania, ed io vi ripropongo alcune frasi che sono state pubblicate in una pagina speciale del sito dei Vescovi Brasiliani. Eccole:
“Non si può dire che la globalizzazione sia sinonimo di ordine mondiale, anzi al contrario. I conflitti per la supremazia economica e l'accaparramento delle risorse energetiche, idriche e delle materie prime, rendono più difficile il lavoro di tutti coloro che, a tutti i livelli, si sforzano di costruire un mondo più giusto e solidale. Ci vuole una speranza maggiore, che permetta di preferire il bene comune di tutti al lusso di pochi e miseria di molti. Solo quando esiste una grande speranza si può perseverare nella sobrietà. In caso contrario, si cerca la felicità nell'ubriachezza, nel superfluo, negli eccessi, e così si distrugge sè stessi e il mondo. Solo adottando uno stile di vita sobrio, accompagnato da un serio impegno per una giusta distribuzione delle ricchezze, sarà possibile instaurare un ordine di sviluppo giusto e sostenibile. Per questo, occorrono uomini che alimentino una grande speranza e possiedano, perciò, molto coraggio, il coraggio dei Magi.....”.
Mentre leggevo queste parole, il mio pensiero andava alla cronaca drammatica di questi giorni (e anni): le guerre (a volte mascherate da umanitarie) nelle regioni in cui c'è petrolio e ricchezza. I palestinesi di Gaza rinchiusi e blindati in un assedio disperato. Il tragico miscuglio di politica - affarismo - mafia e camorra - sedizionismo e separatismo che minaccia l'Italia. E il deterioramento delle condizioni di lavoro dei giovani con contratti da gallina: co.co.co e co.co.pro. La strafottenza con cui, in tutto il mondo, si affrontano ancora i problemi ambientali e climatici. Gente, questo tipo di globalizzazione non va bene. Bisogna cambiare, nel modo di vivere e nelle strutture, se no ci prepariamo a un disastro.
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