28 aprile 2013
PORTE
Oggi, quando ho aperto la porta di casa dopo il mio risveglio (vado sempre a spazzolarmi i denti al rubinetto del lavatoio, esterno alla casa, per sentirmi in mezzo agli alberi), mi sono trovato davanti un tucano. Non é questo della foto, naturalmente, ma voglio rendervi l´idea con un´immagine del repertorio di google. Quello che ho visto io era uguale: perfino la pianta coincide, é un albero di graviola, un frutto delizioso. Ovviamente l´uccello é stato attratto dai frutti: non é venuto fin lí solo per fare turismo.
La lettura evangelica della messa di oggi é il testamento di Gesú. Un invito all´amicizia autentica e sincera, che dovrebbe essere il clima della Chiesa. Combina bene con "Le porte di Francesco", titolo di un articolo che il religioso cileno José María Arnaiz, SM (Conferre – Chile) ha pubblicato il 23 aprile scorso. Di consigli al papa ne sono giá stati pubblicati molti. Vi traduco qualche brano di questo – chiedendo venia degli eventuali errori – perché mi é piaciuto di piú. Non scrive ex-catedra né dandosi arie da maestro. Parla di “sogni”. Che sono sempre stati anche i miei sogni e vedremo se ora si avverano almeno in parte. Chi volesse leggere tutto il testo in spagnolo lo trova sul sito “Religión Digital”.
“La porta é una realtá e un simbolo. La nostra vita é divisa in 4 capitoli; quello delle porte che abbiamo aperto e quello delle porte che abbiamo chiuso; di quelle che abbiamo tenute aperte e di quelle che abbiamo tenuto chiuse. Cosí possiamo riassumere anche il passato del cardinale Bergoglio e il futuro del papa Francesco. Sogniamo un poco".
"Nel pellegrinare del Popolo di Dio, ci sono porte che si sono giá aperte e che ci permettono di transitare per cammini di vita. Ce ne sono altre che devono essere chiuse, per lasciare indietro modelli e realtá ecclesiali che ci alienano oggi da Gesú. Infine, ci sono altre porte che devono essere aperte, affinché ci riempiamo di fede, speranza e amore e altre da mantenere chiuse per evitare errori e deviazioni che si pagano a caro prezzo”.
Prosegue descrivendo le porte che che si devono aprire. Io ve le riassumo: aprire la porta al nuovo che é novitá, possibilitá, speranza, futuro, incontro, vita. Alla caritá, che rende credibile il volto della Chiesa agli uomini e donne di oggi. Alla misericordia, ad una Chiesa che senza lasciare di essere petrina sia sempre piú mariana e non le manchi una buona dose di tenerezza materna. "Aprire questa porta e tenerla aperta, anche quando entrano venti forti, alcune “sporcizie” o fratelli che non hanno la tessera o non vestono “l´abito nuziale”, secondo l´etichetta". Che nella Chiesa si uniscano identitá e pluralitá, innovazione e tradizione, lideranza e comunitá, complessitá e profonditá. Che il papa Francesco sia costruttore di ponti". Ai poveri, "rafforzando la semplicitá come forma di vita e la solidarietá come proposta forte". "É importante portare avanti un cambiamento radicale nel maneggio delle finanze della Chiesa, dei paesi, delle famiglie e delle persone". All´incontro, "che é la chiave della nostra cultura; che non dimentichi che incontrarsi é tutto. Che passi e aiuti a passare dalla chiave della separazione e della distanza a quella della vicinanza e dell´incontro. Incontro sono i sacramenti, l´eucaristia, l´animazione comunitária, la collegialitá in tutte le istanze dell´attivitá pastorale, dalla parrocchia fino alla Santa Sede, includendo movimenti, ordini religiosi, istituti".
Continua: aprire la porta da pari a pari verso l´unitá dei cristiani e che per questo si riesca a rivolgere tutti lo sguardo verso Gesú; in Lui si fará l´unitá. "Da lí passeremo a pregare insieme e condividere la fede al di lá delle diverse e valide tradizioni delle differenti espressioni cristiane, a dare la testimonianza di unitá che ci ha chiesto Gesú e quella che ci porta a fare attenzione non tanto a ció che ci separa ma piuttosto a ció che ci unisce". A nuovi modi di organizzare la vita ecclesiale, rivolti a questo mondo, "che risanino l´odore stantio e malsano dell´istituzione. Si dice che é l´ora dei laici, ma é ora che questo arrivi a toccare i vertici della struttura ecclesiale". "É importante che il papa scelga bene i suoi collaboratori e li faccia partecipi della sua missione. Aprire le porte di un linguaggio ecclesiale rinnovato tanto teologico e catechetico come liturgico. l´attuale é anacronistico e poco comprensibile. Abbiamo bisogno di un linguaggio diretto, semplice, inclusivo, propositivo, vicino e fraterno."
Cito testualmente: “Porte che bisogna chiudere: la porta di una visione di Chiesa gerarchizzata e autoreferenziale, centralizzata ed escludente. Bisogna ricordare che la Chiesa non é del papa, ma di Cristo. Dove il successore di Pietro é, prima di tutto, vescovo di Roma, la Chiesa che presiede le altre nella caritá. Condotta da un vescovo che cammina e dialoga col suo popolo, al quale serve e che, come pontefice, lancia dei ponti. Il papa deve incontrare il modo per non essere costretto a decidere da solo e condividere l´esercizio dell´animazione della vita della Chiesa”.
“Chiudere la porta ai pettegolezzi, alle decorazioni di facciata, ai vestiti sofisticati. Aprire la porta ad una semplice veste talare, croce di vescovo e modeste scarpe di uno che cammina. Giá erano state smesse la sedia gestatoria, la tiara....ora il cappuccio, il berretto, le scarpe viola, le alte mitre decorate, i segni di vassallaggio. Siamo un popolo nato da un re il cui trono é la croce, come ci ha ricordato Francesco la domenica delle palme”.
“Chiudere la porta alla papolatría, alla solennitá (mascherata di “importanza”). Ai discorsi che non si capiscono, agli appartamenti che alienano dal quotidiano, alla limousine blindata, ai baciamani e ai trattamenti da principe. Occorre un rapporto e un linguaggio spiccio, diretto, propositivo, chiaro e fraterno. I gesti di Francesco non fanno riferimento solo al suo ministero. Con essi, ci invita a noi, tutti i cristiani, a mettere fine a ció che egli chiama “mondanitá della Chiesa”, abbandonare nel passato la premessa pastorale della Cristianitá, ma anche il rischio di essere una “pia ONG” per animarci ad essere fermento, semente di mostarda, piccola luce che serva a tutti gli uomini e donne nella costruzione del Regno di Dio”.
“Porte che devono rimanere chiuse: Mantenere chiusa la porta al monólogo; non puó mancare il dialogo e l´interazione nella comunicazione. Ce lo insegna perfino internet. Quando parliamo non pensiamo facilmente di aver detto l´ultima parola e una parola dalla cattedra. Importante che il papa si renda conto che deve imparare e insegnare a ricevere feedback dagli altri”.
“Mantenere chiusa la porta della paura dell´incontro e dell´amore. Che come Gesú sappia amare e lasciarsi amare, innamorato del suo tempo, che conosce e a cui si avvicina, che comprende e serve. Dall´amore nasce l´autentica audacia”.
“ Mantenere chiusa la porta dell´esclusione. Rivedere il ruolo della donna nella Chiesa, superando ogni forma di patriarcalismo maschilista. Questo fa molto male all´uomo e alla donna nella stessa Chiesa che si sta privando di una grande ricchezza che puó venirle dalla donna”.
“ Mantenere chiusa la porta che impedisce di rinunciare. Non abbiamo dubbi che il papa Francesco unirá bene la debolezza umana alla forza di Dio. Che al papa che ha umilmente rinunciato faccia seguito um papa umile di una Chiesa delle rinuncie”.
“Mantenere chiusa la porta del segretismo; raggiungere la transparenza. Informare con tale chiarezza perché ció che si dice nella Chiesa sia sempre credibile”.
22 aprile 2013
L´ANNO DELLE SORPRESE
11 aprile 2013
FATTI QUOTIDIANI
Brutta notizia: da alcune settimane Itaberaí é di nuovo infestata dalla dengue. Ieri mattina ho fatto le esequie di una signora giovane uccisa da questa malattia. In questo caso si tratta della forma di dengue piú pericolosa: la dengue emorragica. Un paio di anni fa io fui colpito dalla forma piú comune. Impiegai piú di un mese per rimettermi in sesto. La aedes aegipti é una zanzarina micidiale, bisogna stare attenti. Le autoritá hanno la loro parte di responsabilitá, ma é indispensabile usare gli accorgimenti di prevenzione che sono alla portata di tutti: non tenere acqua ferma e scoperta in casa o intorno a casa. Io ho trovato che si bagna uno straccio con acqua mescolata a olio di citronella e si passa su tutto il pavimento ogni due o tre giorni. Funziona. Non é del tutto cristiano, perché le zanzare vanno a casa dei vicini....
Ieri mi sono preso una stancata di quelle, ma ho avuto anche la soddisfazione di rivivere tempi di pioneirismo, ormai dimenticati. Una messa in campagna di notte a Bananal, con 35 chilometri di strada terribile. Ho impiegato piú di ora e mezza per andare e altrettanto per tornare. Quarant´anni fa le visite alle comunitá erano quasi tutte cosí, e allora non c´erano nemmeno l´energia elettrica, il cellulare, l´acqua fresca, i bagni che ci sono oggi. Il vantaggio erano i 40 anni di meno! É una comunitá di contadini molto uniti, celebrare con loro é molto bello. Per questi gruppi, in modo particolare, la messa non é solo un rito in piú: é una iniezione di autostima e di coraggio per affrontare le difficoltá continue della vita. Tra parentesi diciamo che i loro bambini fanno questo viaggio tutti i giorni su un rottame di corrierina per venire a scuola in cittá. All´inizio della messa una bimba di due anni é caduta da un muretto e si é fratturata un braccio. Hanno dovuto portarla subito al pronto soccorso. Oggi ho saputo che il braccio si é solo incrinato, guarirá presto.
Siamo in un tempo favorevole, ma la povertá in Brasile é ancora tanta. Dicono che la Dilma nei sondaggi ha il 75% del favore popolare. I politologi la criticano perché non é abile nell´articolazione politica. Secondo loro, quando terminerá il suo mandato, il PT sará privo di personaggi di rilievo da proporre. E fa bella figura amministrando tutto ció che Lula ha iniziato, gestendo i progetti governativi come una brava impresaria e facendo lavorare i funzionari senza perdere un minuto. I comuni sono diventati, con lei, applicatori dei progetti (e dei rispettivi finanziamenti) federali che essa ha preso da Lula e ampliato ulteriormente, usufruendo dei lauti incassi del fisco. In effetti si vedono molti risultati sul piano dell´assistenza sociale: le fasce piú deboli usufruiscono di sussidi per la casa, la scuola, l´agricoltura familiare, l´energia elettrica, il gas, i telefoni, la sanitá, le dipendenze chimiche, l´accoglienza ai migranti e la tutela dei minorenni. Non tutela quasi niente, invece, gli indios e la foresta. E pare che non riesca a controllare la moneta, che perde valore nei confronti del dollaro e dell´euro, al contrario di ció che avvenne ai tempi di Lula. Ma puó darsi che in questo ci sia l´effetto della crisi economica mondiale. E non parliamo della violenza urbana e del traffico di droga, che ormai per le famiglie é diventato una guerra silenziosa ma quotidiana.
Non posso omettere. tra gli avvenimenti felici, la settimana santa. Ho celebrato la domenica delle palme con due comunitá tra le piú umili della parrocchia: Boa Esperança e Lobeira, un quartiere di periferia e una borgata di campagna assai isolata. Poi ho celebrato la messa del martedí, in centro, coi, malati, e il Triduo Sacro con la comunitá di São Benedito, un paese vicino in piena campagna. I riti della settimana santa rievocano il paradosso della morte umiliante di Gesú e della sua risurrezione. Viverli intensamente é un antidoto contro il negativismo che oggi si respira nell´aria: soprattutto in Europa. Molti si sono convinti che la nostra vita é frutto del caso e non ha uno scopo. Mi é piaciuto un libro di Susanna Tamaro, - l´Isola che c´é – che sostiene che il male del nostro mondo non é l´agnosticismo, come sostengono alcuni. L´agnostico vero é una brava persona, che davanti ai misteri della vita riconosce: “Non so”. Gli appassionati della storia di Gesú sono “agnostici” che assumono il proprio “non sapere”, ma intuiscono che la vita deve avere un senso. “Il caso, si dice. Ma l´esperienza della nostra vita ordinaria ci dice che il caso non é in grado di generare autonomamente un ordine” . (Susanna Tamaro, L´Isola che c´é).
É stata pure una settimana di pioggie continue e abbondanti, ma non hanno dato fastidio. In Goiás si accoglie sempre la pioggia con gioia. É considerata una benedizione. Ed ora continua a piovere. L´acqua dal cielo ha scarseggiato in dicembre-gennaio, e adesso si rifá. Soltanto la processione di Cristo morto, la sera del venerdí santo, ne ha sofferto un pó le conseguenze. E ben gli sta, perché Cristo vive. É venuto giú un acquazzone di quelli proprio a metá del percorso. Hanno custodito le immagini del Cristo morto e dell´Addolorata trafitta da sette pugnali nella casa piú vicina e se la sono squagliata. Ma la Pasqua va fino all´Ascensione. Anzi, la Pasqua é sempre. La nostra fede é pasquale. Intanto un gruppo di preti ha fatto una pasquetta prolungata, di tre giorni, alle acque termali di Caldas Novas. Il vescovo é andato con loro. L´hanno chiamato riposo: 313 chilometri in mezzo al traffico intenso e con un fondo stradale pericoloso per andare e altrettanto per tornare. Due giorni scarsi di permanenza in un hotel con piscina. Noi di Itaberaí siamo rimasti a casa e li abbiamo accolti al ritorno, stanchi morti (loro, non noi). Io mi sono riposato coi miei pesciolini. Ho scoperto che quando piove vanno sotto le pietre, al coperto. Se li copro con l´ombrello vengono su e mi sorridono....
In questo post ho omesso i fatti importanti, che passeranno alla storia. Quelli che fanno piacere, come le scarpe del papa, di cui parlano tutti i giornali. Ha scelto un paio di scarpe comuni, adatte a camminare fuori dai pavimenti di marmo e dai tappeti. Ma Francesco é un nome molto impegnativo. Se vorrá imitare il santo vivendo in Vaticano, qualcuno gli dará del filo da torcere. E quelli che fanno paura. Purtroppo, in contrasto con questa bella novitá storica di un papa che cambia lo stile e l´apparato dei sacri palazzi, c´é lo spettro della guerra in Medio Oriente e Africa, gli orrori della Siria, la minaccia atomica che si affaccia all´orizzonte. L´opinione pubblica non sembra molto scossa, o é assuefatta. Pare che nessuno creda che ci sará uno cosí pazzo da lanciare la bomba. O forse é perché la Corea é molto lontana. Negli anni sessanta eravamo tutti terrorizzati dal pensiero di una guerra nucleare, e ci si arrivó molto vicino. Immaginate l´inferno in cui potremmo trovarci! E la politica italiana? Piú che la politica, predomina il teatro. Noi italiani pare che abbiamo la vocazione per il teatro.

31 marzo 2013
BUONA PASQUA !
Dopo le emozioni della nomina del nuovo vescovo di Roma, sono entrato a capofitto nella Settimana Santa. Ho seguito (servito) in alcune comunitá: Boa Esperança in periferia, Lobeira e São Benedito in campagna. Messe delle Palme, confessioni comunitarie, Triduo Pasquale, messe di Pasqua. In centro ho celebrato solo la messa dei malati il martedí santo. E in cattedrale a Goiás Velho, naturalmente, ho partecipato alla messa crismale, d´obbligo per i preti! Se no il vescovo piange). I luoghi della mia Pasqua sono gli stessi in cui celebrai nel 1968, piú di 40 anni fa, nel mio primo anno di Brasile. É um bel ricordo. Nostalgico? Um poco. Le strade sono ancora terribili, come allora o peggio. Gli ambienti assai piú confortevoli: energia elettrica, acqua filtrata e fresca ovunque. Meno gente in campagna. Meno battesimi. Piú gente che sa leggere. Povertá, gravi problemi di salute privata e pubblica, ma anche tanta fede e serenitá. Spirito sveglio e costruttivo. Sappiamo tutto che il nostro tempo ha aggredito la Pasqua col consumismo, ma non tutti si lasciano trascinare da questa corrente. Ci sono quelli che la vivono intensamente (“la mia anima ha sete di Dio, del Dio vivente - salmo 41) e moltissimi che nemmeno se lo possono permettere.
Come prete in Brasile, io vedo la Pasqua come in tre dimensioni, che cerco di unificare. C´é la Pasqua popolare, fatta di processioni con statue di Cristo morto e di Addolorate trafitte da pugnali, Vie Crucis e crocefissioni, con molta fede e devozione. Poi c´é la Pasqua della liturgia, che batte molto con la lettera agli Ebrei: Cristo si é immolato spontaneamente, si é umiliato fino al limite piú basso dell´umanitá, ha versato il sangue per pagare le nostre colpe, ha obbedito al Padre che voleva una riparazione. L´ultima, quella che sento di piú, é quella che si legge nei Vangeli: Gesú voleva aprire la strada perché Dio regni tra noi, in noi e nel mondo. “Venga il tuo Regno”. Per farlo, ha scelto la via dell´amore e non dell´insurrezione violenta. Ma la sua predicazione e il suo impegno per “includere” gli esclusi ha messo in subbuglio l´ordine dei valori stabiliti dal Tempio. Lo hanno scambiato per un sovversivo, intrappolato, processato e umiliato, e poi hanno fatto pressione sul governatore romano perché lo condannasse a morte. Senza retrocedere, é stato obbediente al progetto del Padre. É morto pronunciando le parole: “Dovere compiuto – consummatum est”. Ed é risorto nella fede degli Apostoli e dei discepoli fino ai nostri giorni.
Tornando a casa dopo le celebrazioni, giá in piena notte (21,30-22.00), si passa accanto alla Pasqua di quelli che forse non sanno cos´é o non hanno mai avuto una Pasqua. “Botecos”, bar, birrerie, sono zeppe di gente che si gode i piaceri di questo tempo di benessere: birra a volontá, spezzatini allo spiedo, pasta fritta. In quei posti lí, le classi D-E diventate classe C possono permetterselo. Nei vicoli l´aria é impregnata dell´odore nauseabondo dell´olio di soja fritto e strafritto in cui galleggiano i loro bocconcini prelibati. Piccoli gruppi si fermano ai lati della strada statale con le loro auto o moto, a fare le loro festicciole private al buio, illuminandosi col le torce ma anche la droga e altro. Forse sono lontani da Cristo col pensiero, ma la loro vita di sofferenze, lavoro quasi schiavo e privazioni li fa essere molto vicini a lui.
Doveva avere il pensiero rivolto a queste persone Francesco, il vescovo di Roma, quando ha detto: «Il buon sacerdote si riconosce da come unge il suo popolo”. Basta guardare negli occhi la gente, quando si esce dalla messa, e riconoscere in ciascuno «il volto di chi ha ricevuto una buona notizia”, una notizia che gli cambia la vita. La gente – ha spiegato - «apprezza quando il Vangelo che predichiamo raggiunge la sua vita quotidiana, quando scende come olio di Aronne ai margini della realtá, quando illumina le situazioni-limite”. Perció é necessario uscire, prima di tutto, da sé stessi e andare incontro al gregge dove “c´é sofferenza, sangue versato, cecitá che desidera vedere”; dove ci sono “prigionieri di cattivi padroni». “Non é precisamente nelle auto-esperienze o nelle introspezioni ripetute che incontriamo il Signore”. In questo modo c´é il rischio di minimizzare il potere della grazia, che si attiva e cresce nella misura in cui, con fede, usciamo per offrire noi stessi al Vangelo e agli altri, “a dare la scarsa unzione che abbiamo a quanti non ne hanno affatto”. “Bisogna essere pastori con l´odore di pecore”, cioé pastori che stanno in mezzo alla gente. Ed ha aggiunto: “Andate nelle periferie, lá c´é sofferenza”.
Auguri all´Italia, “nave sanza governo in gran tempesta”. Da lontano, leggendo solo i titoli dei giornali o poco piú, fa molta pena. I telegiornali brasiliani sono abbastanza misericordiosi e non riportano le imprecazioni volgari e impertinenti urlati dall´equipaggio, fatto di persone democraticamente elette col supporto della midia e del web, ma “l´un contro l´altro armati”. La Pasqua suggerirebbe che quando si tocca il fondo avviene la resurrezione. Speriamo.
19 marzo 2013
LA MISERICORDIA SALVA IL MONDO
Per quanto il nuovo papa abbia sottolineato con forza “sono il vescovo di Roma” – e cosí dev´essere: infatti é questo che gli conferisce il ministero di successore di Pietro – non si puó evitare che la midia lo proietti come quasi vescovo del mondo intero. É il potere dell´immagine. Per i giornali e le TV l´elezione di un papa, soprattutto nelle attuali circostanze, é un piatto pronto e succulento. Hanno visto che alla gente é piaciuta la sua presentazione, e che ha destato molte speranze e attese, perció sfruttano la circostanza fino in fondo. Spetterá poi a lui la responsabilitá di utilizzare questa gigantesca proiezione in modo tale da favorire la crescita delle singole Chiese Particolari e non soffocarla. Stamattina lo ha precisato lui stesso, nella messa solenne: il potere, nello spirito del Vangelo, é servizio e non dominio. Nel frattempo, in questo modo, la figura di papa Francesco, mio omonimo, si arricchisce ogni giorno di nuovi dettagli, magari, in qualche caso, lavorando di fantasia a ruota libera.
Frei Beto, ad esempio, sostiene che il nome lo ha preso da due santi, e non da un solo. Il primo, che lui stesso ha ricordato, é Francesco di Assisi (1182- 1226) con cui si richiama alla povertá e semplicitá evangeliche. L´altro sarebbe Francesco Xavier, (1506-1552), gesuita come lui e partito come missionario in India intorno al 1540. Inoltre, sempre Frei Beto, attribuisce a dom Cláudio Hummes, cardinale brasiliano, la proposta e il sostegno della sua elezione. In effetti Dom Claudio é apparso di fianco a lui nel momento della presentazione in Piazza San Pietro, invitato dallo stesso cardinale Bergoglio. Dom Cláudio, dice Beto, era seduto accanto a lui durante il conclave. Sarebbe stato, dunque, il cardinale Claudio Hummes, francescano, ex arcivescovo di San Paulo, a suggerire il nome al papa. Dom Claudio é ricordato come colui che, nella decada di 80, difese gli operai metalmeccanici di San Paulo negli scioperi organizzati da Lula. Io non so come facciano a sapere queste cose, dal momento che il conclave si svolge sotto giuramento di assoluto segreto. Ci dev´essere qualcuno molto arrabbiato per queste rivelazioni!
Il nome del papa sembra contenere un programma, dice ancora Frei Beto. E lo spiega a modo suo. Noi lo indoviniamo per nostro conto: Francesco si spoglió davanti a una numerosa folla in segno di rifiuto del mondo ingiusto che emarginava i poveri e li abbandonava nella miseria. Abbracciava e baciava i lebbrosi per significare che tutti gli esseri umani hanno pari dignitá. Francesco é pure il patrono dell´ecologia, perché era amico degli animali e cantó il famoso inno al sole, alla luna, all´acqua e a tutte le creature. Il potente e ricchissimo papa Innocenzo III sognó Francesco nell´atto di sostenere la Chiesa che stava per cadere, e grazie a questo sogno fece richiamare il santo frate che aveva scacciato, e approvó il suo nuovo Ordine religioso. Lo sanno tutti.
Per me, tuttavia, é giá un ottimo programma di vita, non solo per il vescovo di Roma ma per tutti, la frase che ha pronunciato dal balcone domenica scorsa: “La misericordia salva il mondo”. É apparsa su tutti i giornali. Noi qualche volta siamo misericordiosi, altre volte siamo spietati. Il vangelo di quel giorno raccontava come di solito le persone diventano spietate: usando la legge. I farisei e i maestri della legge portarono una adultera davanti a Gesú che stava parlando con la folla. Legge alla mano, erano sicuri di trovare un pretesto per mettere Gesú in cattiva luce davanti alla gente e giustificare la condanna a morte che giá avevano deciso in cuor loro. La legge giustifica l´arroganza del potere. Credo che anche noi, ciascuno di noi, se ci guardiamo indietro, ci accorgiamo di essere stati qualche volta senza pietá. E in quei momenti anche noi abbiamo usato la legge come copertura. Quando siamo stati vittime, altri hanno usato la legge contro di noi. I farisei forse non si erano nemmeno chiesti chi era l´uomo che aveva commesso adulterio con quella donna. E nemmeno perché la legge condannava la donna alla lapidazione e non condannava l´uomo. Gli uomini inducevano la donna all´adulterio e facevano la legge a proprio favore, distruggendola per cancellare anche le prove.
Gesú non prese in considerazione la legge, né la mise in discussione. Lui non era contro la legge. Semplicemente guardó la donna e il suo peccato da un altro punto di vista. “Chi di voi é senza peccato scagli la prima pietra”. Cosí mostró con chiarezza che il diritto di applicare la legge non spetta a chi la calpesta. Se ascoltiamo la nostra coscienza, diventiamo misericordiosi. La coscienza ci dice: “Chi sei tu per condannare il tuo prossimo? Sei perfetto?” Quei maestri della legge se ne andarono uno ad uno. Speriamo davvero che il nuovo vescovo di Roma e la Chiesa (tutti noi) impariamo ad annunciare il Vangelo praticando la misericordia. “Sono venuto per salvare tutti, non per condannare”, ha detto Gesú. Sarebbe un bel passo avanti. Se ci fate caso, é la misericordia che commuove la gente. La chiamano “umanitá”. I ragazzi studiano la storia e rimangono impressionati dai racconti delle crociate, delle torture dell´Inquisizione, di eretici e streghe bruciati vivi sul rogo, della connivenza con la brutalitá e aviditá del colonialismo, della veritá imposta a suon di scomuniche e divieti. Tutto in nome di Dio. Molti ce lo perdonano perché “sono cose di altri tempi”, ma rimane l´orrore, l´amaro in bocca e il dubbio. Bisogna diventare umani, imparare a non avere sempre ragione, spogliarsi della sete di potere, stare in mezzo agli altri senza arie di superioritá e senza arroganza, per trasmettere lo spirito giusto del Gesú Cristo che proponiamo come maestro “affinché tutti abbiano la vita in pienezza”. Ci riusciremo a fare questo passo avanti?
Papa Francesco ha conosciuto da vicino la povertá e manifesta l´intenzione di essere vicino ai poveri. É um bel pensiero, ma non mi aspetto che possa vivere modestamente come vorrebbe. Povertá é un termine ambiguo perché ha vari livelli sia materiali che di spirito. Continuerá a fare dei gesti significativi, ma non gli permetteranno di abitare in un appartamento di periferia. Non fará la fila dal medico. Non gli sará permesso fare i suoi viaggi apostolici in corriera o in treno e senza seguito, come i comuni cittadini. Se va bene, e lo spero, potrá renderli piú economici. Anch´io, che vivo costantemente tra i poveri e sono semplice prete, ho dimenticato com´é la povertá che da giovane sperimentavo di persona. Sono molto sobrio perché mi piace. A noi preti non manca piú niente di essenziale. La gente regala una camicia nuova a noi, piuttosto che a un vero povero. Al papa regalano oggetti d´oro che non gli servono. Li dá ai poveri o finiscono nei musei vaticani. Dom Helder Camara, famoso vescovo brasiliano dei poveri, diceva: “Quando dó qualcosa ai poveri, tutti mi battono le mani. Quando chiedo perché sono rimasti o diventati poveri, mi ingiuriano accusandomi di essere comunista”. Non credo, dunque, che riuscirá a vivere da povero. Preparano questa manifestazione a Rio, il suo incontro coi giovani, che costa un occhio. Nel mio paese girano ormai molti soldi ma abbiamo ancora bambini denutriti, e l´asilo del mio quartiere ha 80 bimbi in attesa che si liberi un posto e facciamo fatica perfino a pagare lo svuotamento della fossa igienica. La disuguaglianza sociale continua e , di questi tempi, non commuove piú l´opinione pubblica.
Se riuscirá a mettere in pratica la misericordia, che é il carisma dei poveri, saremo giá contenti. E speriamo che cammini in comunione coi vescovi di tutte le Chiese Particolari. Promuova davvero una grande fraternitá di discepoli di Cristo. Non si faccia annebbiare la vista dalle folle che lo applaudono. Un amico, giorni fa, mi ha scritto queste parole: “I piú entusiasti di questo papa sono gli stessi che erano entusiasti di Benedetto XVI”. Questo sará vero in Italia, quí in Brasile mi pare il contrario. Ma se in parte cosí fosse, non mi meraviglierei. Infatti c´é un tipo di folla che ama il papa, non questo o quel papa. Con l´applauso delle folle, a capo di una Istituzione secolare che conta piú di un miliardo di adepti, con in mano le leggi canoniche, puó parlare in nome di Dio e scegliere: se calpestare la dignitá e i diritti degli altri, oppure agire come agiva Gesú. Francesco, io ci tengo molto ad appartenere a una Chiesa misericordiosa come quel Padre che accettó il figlio nonostante fosse caduto in basso per la sua stupiditá, come la societá di oggi.
13 marzo 2013
HABEMOS PAPAM!

PS - Naturalmente i fatti li sapremo dopo: la nostra devozione alla Chiesa ci porta, in un primo momento, a vedere ció che vogliamo vedere.
5 marzo 2013
IL PAPA E IL MONDO
Le foto sono: 1 - coordinamento settore São João; 2 - Un simbolo di pace sulla Serra Dourada.
Il mondo cambia, e sarebbe bello se i cardinali che sono a Roma potessero ascoltare cosa dice la gente riguardo all´elezione del Papa. Stasera ero in un gruppo che preparava la liturgia della messa di domenica prossima, e sono entrati in argomento. Leggete alcune loro frasi: “Io vorrei un papa piú semplice, senza tanto apparato”. “Per molti anni ho frequentato una chiesa evangelica, poi sono passata alla cattolica ma confesso che non sopporto tanti discorsi sulle scarpe del papa, l´anello del papa, e tutti quei paramenti e solennitá: ai funerali di Giovanni Paolo II non riuscivo piú nemmeno ad accendere la televisione, mi avevano stufato”. “Nella nostra Chiesa si dovrebbe vedere solo amore alla semplicitá e lo stile che si legge nel Vangelo”. “Perché devono rompere l´anello del Papa? Non potrebbe usarlo il suo successore?” “Vorrei vedere Pastori alla buona come noi, senza cappelli ed abiti strani”. “Dovremmo essere piú vicini ai poveri”. Ovviamente siamo in mezzo a persone a cui le glorie del passato non interessano e talvolta le scandalizzano: guardano dettagli che siano un segno di richiamo del Popolo di Dio.
Soprattutto perché abbiamo bisogno di segni per scuotere un mondo che ha perso le radici. Non tanto le radici cristiane dell´Europa, ma quelle profonde della storia di Israele prima, e di Gesú di Nazaret in seguito. Sono la storia della salvezza, che dovrebbe avanzare verso una trasformazione degli esseri umani e della societá.
Secondo la Bibbia, quando gli ebrei celebrarono la Pasqua ai piedi del monte Sinai, in pieno deserto, Javhé diede a Mosé i comandamenti come garanzia della sua alleanza col popolo. Doveva essere un popolo di giusti, e Lui avrebbe assicurato loro la pace e la prosperitá. Noi conosciamo i dieci comandamenti che toccano piú strettamente la morale individuale e che erano scritti sulle tavole di pietra, secondo la tradizione ebraica. Ma dopo questi, Javhé né dettó molti altri piú rivolti verso la morale sociale. Eccone alcuni (Esodo 22,29-23,9):
“Non molesterai e non opprimerai lo straniero, perché anche voi siete stati stranieri in terra d´Egitto.
Non farai soffrire nessuna vedova o orfano. Se in qualche modo li farai soffrire, essi grideranno a me ed io ascolteró il loro grido. Si infiammerá la mia ira e vi uccideró con la spada, le vostre spose rimarranno vedove, e i vostri figli orfani.
Se presterai denaro a qualcuno del mio popolo, al tuo vicino povero, non lo tratterai come se fossi suo creditore, non gli chiederai gli interessi.
Se prenderai in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo restituirai prima del tramonto, perché é l´unica coperta per il suo corpo; con che cosa dormirebbe, lui? Se egli griderá a me, io lo ascolteró, perché sono misericordioso”.
“Non diffonderai pettegolezzi falsi. Non darai sostegno a chi ha torto, testimoniando il falso.
Non seguirai la maggioranza per praticare il male, né testimonierai in tribunale inclinandoti verso la maggioranza per distorcere la giusizia. Non favorirai nemmeno il povero nel suo processo.
Se troverai il bue o l´asino smarrito del tuo amico, glielo riporterai. Se vedrai l´asino di chi ti odia soccombere sotto il peso del carico, non lo abbandonerai, ma lo soccorrerai insieme a lui.
Non falsificherai il diritto del tuo indigente nel suo processo.
Ti allontanerai da ogni parola bugiarda, e non farai morire l´innocente e il giusto, poiché io non assolveró il reo.
Non accetterai regali, perché il regalo accieca anche i piú giudiziosi, e sovverte le parole dei giusti”.

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