28 aprile 2013
PORTE
Oggi, quando ho aperto la porta di casa dopo il mio risveglio (vado sempre a spazzolarmi i denti al rubinetto del lavatoio, esterno alla casa, per sentirmi in mezzo agli alberi), mi sono trovato davanti un tucano. Non é questo della foto, naturalmente, ma voglio rendervi l´idea con un´immagine del repertorio di google. Quello che ho visto io era uguale: perfino la pianta coincide, é un albero di graviola, un frutto delizioso. Ovviamente l´uccello é stato attratto dai frutti: non é venuto fin lí solo per fare turismo.
La lettura evangelica della messa di oggi é il testamento di Gesú. Un invito all´amicizia autentica e sincera, che dovrebbe essere il clima della Chiesa. Combina bene con "Le porte di Francesco", titolo di un articolo che il religioso cileno José María Arnaiz, SM (Conferre – Chile) ha pubblicato il 23 aprile scorso. Di consigli al papa ne sono giá stati pubblicati molti. Vi traduco qualche brano di questo – chiedendo venia degli eventuali errori – perché mi é piaciuto di piú. Non scrive ex-catedra né dandosi arie da maestro. Parla di “sogni”. Che sono sempre stati anche i miei sogni e vedremo se ora si avverano almeno in parte. Chi volesse leggere tutto il testo in spagnolo lo trova sul sito “Religión Digital”.
“La porta é una realtá e un simbolo. La nostra vita é divisa in 4 capitoli; quello delle porte che abbiamo aperto e quello delle porte che abbiamo chiuso; di quelle che abbiamo tenute aperte e di quelle che abbiamo tenuto chiuse. Cosí possiamo riassumere anche il passato del cardinale Bergoglio e il futuro del papa Francesco. Sogniamo un poco".
"Nel pellegrinare del Popolo di Dio, ci sono porte che si sono giá aperte e che ci permettono di transitare per cammini di vita. Ce ne sono altre che devono essere chiuse, per lasciare indietro modelli e realtá ecclesiali che ci alienano oggi da Gesú. Infine, ci sono altre porte che devono essere aperte, affinché ci riempiamo di fede, speranza e amore e altre da mantenere chiuse per evitare errori e deviazioni che si pagano a caro prezzo”.
Prosegue descrivendo le porte che che si devono aprire. Io ve le riassumo: aprire la porta al nuovo che é novitá, possibilitá, speranza, futuro, incontro, vita. Alla caritá, che rende credibile il volto della Chiesa agli uomini e donne di oggi. Alla misericordia, ad una Chiesa che senza lasciare di essere petrina sia sempre piú mariana e non le manchi una buona dose di tenerezza materna. "Aprire questa porta e tenerla aperta, anche quando entrano venti forti, alcune “sporcizie” o fratelli che non hanno la tessera o non vestono “l´abito nuziale”, secondo l´etichetta". Che nella Chiesa si uniscano identitá e pluralitá, innovazione e tradizione, lideranza e comunitá, complessitá e profonditá. Che il papa Francesco sia costruttore di ponti". Ai poveri, "rafforzando la semplicitá come forma di vita e la solidarietá come proposta forte". "É importante portare avanti un cambiamento radicale nel maneggio delle finanze della Chiesa, dei paesi, delle famiglie e delle persone". All´incontro, "che é la chiave della nostra cultura; che non dimentichi che incontrarsi é tutto. Che passi e aiuti a passare dalla chiave della separazione e della distanza a quella della vicinanza e dell´incontro. Incontro sono i sacramenti, l´eucaristia, l´animazione comunitária, la collegialitá in tutte le istanze dell´attivitá pastorale, dalla parrocchia fino alla Santa Sede, includendo movimenti, ordini religiosi, istituti".
Continua: aprire la porta da pari a pari verso l´unitá dei cristiani e che per questo si riesca a rivolgere tutti lo sguardo verso Gesú; in Lui si fará l´unitá. "Da lí passeremo a pregare insieme e condividere la fede al di lá delle diverse e valide tradizioni delle differenti espressioni cristiane, a dare la testimonianza di unitá che ci ha chiesto Gesú e quella che ci porta a fare attenzione non tanto a ció che ci separa ma piuttosto a ció che ci unisce". A nuovi modi di organizzare la vita ecclesiale, rivolti a questo mondo, "che risanino l´odore stantio e malsano dell´istituzione. Si dice che é l´ora dei laici, ma é ora che questo arrivi a toccare i vertici della struttura ecclesiale". "É importante che il papa scelga bene i suoi collaboratori e li faccia partecipi della sua missione. Aprire le porte di un linguaggio ecclesiale rinnovato tanto teologico e catechetico come liturgico. l´attuale é anacronistico e poco comprensibile. Abbiamo bisogno di un linguaggio diretto, semplice, inclusivo, propositivo, vicino e fraterno."
Cito testualmente: “Porte che bisogna chiudere: la porta di una visione di Chiesa gerarchizzata e autoreferenziale, centralizzata ed escludente. Bisogna ricordare che la Chiesa non é del papa, ma di Cristo. Dove il successore di Pietro é, prima di tutto, vescovo di Roma, la Chiesa che presiede le altre nella caritá. Condotta da un vescovo che cammina e dialoga col suo popolo, al quale serve e che, come pontefice, lancia dei ponti. Il papa deve incontrare il modo per non essere costretto a decidere da solo e condividere l´esercizio dell´animazione della vita della Chiesa”.
“Chiudere la porta ai pettegolezzi, alle decorazioni di facciata, ai vestiti sofisticati. Aprire la porta ad una semplice veste talare, croce di vescovo e modeste scarpe di uno che cammina. Giá erano state smesse la sedia gestatoria, la tiara....ora il cappuccio, il berretto, le scarpe viola, le alte mitre decorate, i segni di vassallaggio. Siamo un popolo nato da un re il cui trono é la croce, come ci ha ricordato Francesco la domenica delle palme”.
“Chiudere la porta alla papolatría, alla solennitá (mascherata di “importanza”). Ai discorsi che non si capiscono, agli appartamenti che alienano dal quotidiano, alla limousine blindata, ai baciamani e ai trattamenti da principe. Occorre un rapporto e un linguaggio spiccio, diretto, propositivo, chiaro e fraterno. I gesti di Francesco non fanno riferimento solo al suo ministero. Con essi, ci invita a noi, tutti i cristiani, a mettere fine a ció che egli chiama “mondanitá della Chiesa”, abbandonare nel passato la premessa pastorale della Cristianitá, ma anche il rischio di essere una “pia ONG” per animarci ad essere fermento, semente di mostarda, piccola luce che serva a tutti gli uomini e donne nella costruzione del Regno di Dio”.
“Porte che devono rimanere chiuse: Mantenere chiusa la porta al monólogo; non puó mancare il dialogo e l´interazione nella comunicazione. Ce lo insegna perfino internet. Quando parliamo non pensiamo facilmente di aver detto l´ultima parola e una parola dalla cattedra. Importante che il papa si renda conto che deve imparare e insegnare a ricevere feedback dagli altri”.
“Mantenere chiusa la porta della paura dell´incontro e dell´amore. Che come Gesú sappia amare e lasciarsi amare, innamorato del suo tempo, che conosce e a cui si avvicina, che comprende e serve. Dall´amore nasce l´autentica audacia”.
“ Mantenere chiusa la porta dell´esclusione. Rivedere il ruolo della donna nella Chiesa, superando ogni forma di patriarcalismo maschilista. Questo fa molto male all´uomo e alla donna nella stessa Chiesa che si sta privando di una grande ricchezza che puó venirle dalla donna”.
“ Mantenere chiusa la porta che impedisce di rinunciare. Non abbiamo dubbi che il papa Francesco unirá bene la debolezza umana alla forza di Dio. Che al papa che ha umilmente rinunciato faccia seguito um papa umile di una Chiesa delle rinuncie”.
“Mantenere chiusa la porta del segretismo; raggiungere la transparenza. Informare con tale chiarezza perché ció che si dice nella Chiesa sia sempre credibile”.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento