Foto: 1) Foglia di una pianta del nostro cerrado; 2) Frei Carlos Mesters; 3) Corno alle Scale.
A Blumenau, cittá dello Stato di Santa Catarina (nel sud), forti piogge provocano altri disastri, smottamenti, morti. Un anziano é stato portato via dalla corrente che si era formata in strada, ed é morto affogato. La cosa piú impressionante é che ora i cittadini sono rimasti senz´acqua: la stazione di filtraggio é rimasta coperta dal fango. Cosí, In Brasile le vittime delle piogge torrenziali rasentano giá quota mille. Cosí é la vita moderna. Ma pensiamo a quel poveretto, trascinato dalla violenza dell´acqua!
Secondo il giornale Folha de São Paulo, il governatore Geraldo Alkmin sabato scorso (29/01) ha annunciato che lo Stato ha chiuso l´anno 2010 con l´indice di omicidi piú basso dal 1999: 10,47 ogni 100 mila abitanti. Nel 1999 fu di 35,27, perció da allora ad oggi ci sarebbe stato un calo progressivo, complessivamente, di 70,3%. L´indice attuale é meno della metá della media nazionale, di 24,5. Sempre secondo il governatore, il numero di omicidi ´dell´anno scorso é di 4.320, contro i 4.564 del 2009, con una riduzione del 5,35%. Dobbiamo credere al governatore? E al giornale? Se questi numeri sono veri possiamo festeggiare, perché l´omicidio per molto tempo é rimasto la terza tra le piú frequenti cause di morte, dopo le malattie di cuore e il cancro.
Il 29 scorso, in parrocchia, abbiamo lanciato nell´Assemblea Parrocchiale la Campagna della Fraternitá 2011. É ancora presto, perché comincerá in quaresima: ma bisogna preparare un programma e delle persone che si facciano carico di svolgerlo. Ed é questo che abbiamo fatto. Dopo una sintetica presentazione mia degli aspetti e obiettivi piú rilevanti della Campagna, Padre Severino ha diviso i partecipanti delle comunitá e delle pastorali in gruppi, chiedendo loro di fare proposte si lavoro e di nomi per formare un Coordinamento Esecutivo. Mi pare di avervi giá scritto su questo blog, in precedenza, che il tema della Campagna é “Fraternitá e vita sul pianeta” e il motto é biblico: “Il creato geme in doglie di parto” (Romani, 8, 8). La risposta é andata oltre le aspettative: hanno suggerito conferenze nelle scuole e nelle comunitá urbane e rurali e per il gruppo di coordinamento si sono presentati piú di dieci volontari, promettendo di pensare anche ad iniziative concrete assieme al comune e alla popolazione della cittá.
Il creato geme in attesa della rivelazione dei figli di Dio, spiega S. Paolo. Se no il creato é perduto! Dio agisce attraverso i suoi figli. Noi siamo le sue mani, i suoi piedi e la sua bocca. Se non facciamo lui non fa. Queste affermazioni sollevano una discussione teologica senza fine. Perché Dio non agisce per conto proprio e direttamente? Dove va a finire la suaOnnipotenza? E la sua Provvidenza, la sua infinita misericordia? Mistero!
La Bibbia usa un linguaggio antropomorfico e simbolico, non scientifico. Dio assomiglia a noi: si arrabbia, a volte interviene, altre volte lascia morire o addirittura fa una strage, eccetera. Fra Carlos Mesters, il piú amato e popolare biblista brasiliano (di origine belga), spiega che il primo libro da leggere per conoscere Dio é l´Universo, e che la Bibbia é il secondo libro della Parola di Dio, che serve per capire il primo. Scrive:
“In tutta la storia dell´umanitá non c´é mai stata un´epoca con tanti cambiamenti in tanti livelli diversi e in cosí poco tempo come in questi ultimi cent´anni. La scienza sta rivelando cose nuove nell´Universo, nel Primo Libro di Dio; cose che né i nostri antenati né S. Agostino avrebbero potuto immaginare né sospettare. Per questo, la concezione che abbiamo oggi dell´Universo é radicalmente diversa, per esempio, dal tempo in cui fu fatta la descrizione della creazione nel libro della Genesi.
Anticamente, pensavamo che la Terra fosse il centro dell´Universo. Oggi scopriamo attraverso la scienza che la Terra non é che un granello di sabbia in mezzo a montagne immense, una goccia d´acqua in mezzo all´oceano. Il sole non é altro che una piccola stella sperduta nella periferia della nostra galassia. Oggi, cosí pare, chi ci sta aiutando di piú a conoscere meglio le cose di Dio nel libro della Natura non é piú la Bibbia, come insegnava Agostino, ma la ricerca scientifica. Perció, molta gente domanda: “E allora, cosa dobbiamo fare della Bibbia con la sua cosmovisione oltrepassata? Com´é che essa puó aiutarci a interpretare questo Universo immenso che la scienza spalanca davanti a noi?”
Molti non riescono piú a leggere la Bibbia e credere a ció che dice. Ogni volta che leggono un brano della Bibbia, viene loro la domanda scomoda: “Sará accaduto proprio cosí? Sará vero?”
Qui vale la pena riprendere una parola di Clemente di Alessandria (del secolo IV) che diceva: “Dio salvó i giudei giudaicamente; i greci grecamente; i barbari, barbaramente”. E noi possiamo continuare: “Gli argentini, argentinamente; i brasiliani, brasilianamente; i latini, latinamente”, eccetera. Cosí come i giudei, i greci e i barbari, ognuno nel suo tempo e nella sua cultura, con la cocciutaggine della propria fede e in mezzo alle molte crisi della loro storia, furono capaci di scoprire i segnali della presenza amorevole di Dio nelle loro vite, anche noi oggi siamo sfidati a scoprire la stessa presenza divina dentro alla nuova situazione in cui la storia e la scienza ci hanno posti. Dal momento che la scienza in questi ultimi cento anni ci ha aiutato a leggere meglio il Libro della Natura, dobbiamo usare la scienza anche per leggere e interpretare la Bibbia”.
Ma se chiedete a persone di campagna quí in Goiás se Dio fa ancora miracoli come ai tempi di Gesú (io l´ho chiesto ieri sera nella messa), quasi tutti rispondono di sí. Una signora ha detto con entusiasmo: “Eh, la mia vita é stata piena dei suoi miracoli!” Per chi non usa il linguaggio scientifico, il rapporto con Dio é diverso. La Bibbia parlava (e parla ancora) a questo tipo di persone che vedono splendere il volto di Dio e camminano nella sua luce senza l´interferenza di informazioni scientifiche.
Una visione piú nitida del volto di Dio e di come agisce ce la dá Gesú: “Chi vede me vede il Padre” (Giovanni, 14, 9). Domenica scorsa c´era il Vangelo delle “beatitudini”. “Beati quelli che soffrono, i poveri, gli afflitti, i miti, gli affamati di giustizia, i puri di cuore, i promotori di pace, i misericordiosi, i perseguitati. Ma chi lo proclama oggi, cioé un pó anche noi, spesso non é nessuno di questi o se lo é si schiera, comunque, dall´altra parte.
In proposito uno studioso di cui vi ho giá parlato (André Chouraqui) traduce la parola “beati” con l´esclamazione: “In marcia!” Egli sostiene che “beati” é una traduzione che conduce su una pista falsa. In effetti, dice lui, il greco usa la parola “makarioi” che significa “beati”, ma Gesú parlava ebraico e probabilmente usó la parola ebraica “ashréi“, prima parola dei salmi 1 e 119 e che é ripetuta 43 volte nella Bibbia ebraica Il primo signicafo di questa parola é “andare, marciare”. In senso poetico, “ashar” é il piede dell´uomo. Cosí dobbiamo interpretare che la “beatitudine” sta nella fine delle frasi, nel Regno dei cieli: ma per antecipazione é beato chi marcia, chi cammina nella via retta verso il Regno senza arrendersi alle difficoltá e senza deviare per altre strade.
Scrive Chouraqui: “Gesú non é cosí crudele da dichiarare “felici” la moltitudine dei diseredati, degli oppositori condannati dalle legioni romane, per qualunque cosa dicano, al supplizio della croce o, nella migliore delle ipotesi, alla schiavitú nelle galere o nei bordelli dell´Impero. Non si chiamano “felici” gli esseri umani inviati alle torture, ai massacri o ai genocidi di questo mondo. Gesú, ad esempio del salmista, invita queste persone a mettersi “in marcia” nella direzione del Regno di Dio, del quale egli porta loro la speranza e apre la porta, introducendo nei loro cuori l´esigenza e la dinamica della salvezza universale” ((André Chouraqui, Matyah – O Evangelho de Mateus – edizioni Imago, Brasil).
PS: Vedo spesso risplendere il volto di Dio nella natura e in tante belle persone che ci sono, specialmente fra gli umili della terra. Non, invece, nell´attuale politica italiana. Nemmeno nelle faccende ecclesiastiche, stando alle notizie che mi arrivano: e mi dispiace molto. Ho amici che mi mandano critiche molto pepate circa l´imbarazzo della gerarchia ecclesiastica, che non puó tacere ma non riesce a parlare: “cominciano ma non riescono ad andare avanti, e ripetono all´infinito la prima sillaba”. Se questa situazione di afflizione durerá ancora a lungo, molti faranno ricadere la colpa anche sulla Chiesa. Ironia a parte, ci sono innumerevoli laici, religiosi, religiose e preti che spendono la loro vita per togliere ragazzi e ragazze dalla droga, dall´alcool, dalla schiavitú sessuale e dalla strada. Essi si aspettano un “sí-sí, no-no” evangelico, non un florilegio di diplomazia. L´esempio di Giovanni Battista davanti ad Erode e di Gesú Cristo non dice niente?
Un´amica mi ha mandato questa frase di C.M.Martini che faccio mia: “Non mi resta che pregare per la mia chiesa”.
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