14 marzo 2008

PRIMA CHE L'AMORE FINISCA


Oggi vi offro il ritratto di Marianela Garcia, una delle nostre martiri di El Salvador assieme a Mons. Oscar Romero, di cui era amica. Ve ne parlo usando TUTTA la pagina che ho ricevuto dal "postino", che condivido pienamente.

“Berlusconi e la destra che egli ha portato al potere non sono che i figuranti italiani di una rappresentazione internazionale in cui, all’ombra di grandi parole come globalizzazione, modernità, mercato, una minoranza di appagati si fa il mondo a propria misura, lo permea, lo domina, lo presidia con le sue armi, tenendo a bada e abbandonando all’impotenza e alla morte la maggioranza degli inappagati, dei poveri, degli esuberi e degli esclusi”, lo scriveva qualche anno fa Raniero La Valle in una riflessione dedicata alla figura del sindacalista Sergio Garavini, e noi facciamo certo, con voi, gli scongiuri perché quel signore, così poco signore, non riesca a riportare al potere la sua destra, ancora più destra e fascisteggiante di un tempo. Ma La Valle aggiungeva anche una riflessione sulla maniera di essere e di agire nell’agone politico delle vostre sinistre e sulle loro divisioni, la cui ragione addebitava al fatto che esse “operano in uno spazio, quello geopolitico dell’Occidente, che nel suo complesso ha fatto la scelta di preservarsi, di crescere e di salvarsi da solo, e che, perduto il mito dell’universalità, fa secessione dal resto del mondo e si erge sopra o contro questo altro mondo in termini che sono oggettivamente imperiali o, in una illusoria pretesa di sicurezza, in termini di apartheid”. E sottolineava: “È questa separazione, questa frattura, che va sanata, è questa ricostruzione “costituente” dell’unità del mondo che deve essere oggetto della lotta politica”. E noi non si può che concordare. Un tempo si diceva “extra ecclesia nulla salus”. Che, inteso nel senso giusto, non può significare altro che non ci si salva da soli, ci si salva insieme, nella comunione con i poveri del mondo. Con le loro speranze e lotte, con il loro desiderio di vita. Noi speriamo che la sinistra (quale altro spazio per cristiani che si vogliano coerenti con l’annuncio evangelico della liberazione dei poveri?) nella campagna elettorale in atto e nella politica che le seguirà, se ne faccia avvertita.

Oggi (cioè ieri, 13 marzo - ndr) da noi, si fa memoria di una piccola grande donna che diede la vita per amore del suo popolo: Marianela García Villas, martire per i diritti umani in El Salvador.

Marianela era nata nel 1949 in El Salvador da una colta famiglia borghese di origine spagnola. Ed è in Spagna, a Barcellona, che Marianela viene mandata a studiare. Il collegio le offre l’opportunità di dedicarsi, oltre agli studi curricolari, anche ad attività di catechesi con i bambini di un quartiere di periferia. Lì, per la prima volta, la ragazza tocca con mano la vita di stenti e di privazioni cui molti dei suoi bambini e le loro famiglie sono condannati. Tornata in Salvador, Marianela si iscrive alla Facoltà di Diritto. Diventa sempre più consapevole della grave situazione di ingiustizia che regna nel Paese e cerca come può di studiarne e approfondirne le cause. Entra nell’Azione cattolica universitaria e successivamente nella gioventù democristiana, col desiderio di combattere l’ingiustizia strutturale che concentra la ricchezza nelle mani di pochi e lascia i più in balia della miseria. Nello stesso tempo si dedica gratuitamente alla difesa d’ufficio degli imputati più poveri. Nel 1975 è eletta all’Assemblea Legislativa. Nominata membro della Commissione parlamentare del “Benessere sociale”, assume come compito quello di indagare sui soprusi commessi dalle forze armate nei conflitti in atto tra contadini e militari. Sequestri, torture, eccidi diventano, ogni volta di più, cronaca quotidiana. L’azione di Marinela è volta al ripristino della legalità. Crea la Commissione per i Diritti Umani del Salvador, la cui finalità è di fare chiarezza sui fatti di sangue, creando inoltre un archivio dei desaparecidos. Marianela viene sequestrata, torturata, violentata e poi rilasciata. Riprende subito il suo lavoro, con immutata passione. Neppure l’assassinio di mons. Romero di cui era amica e collaboratrice, la fermano. Cresce ancor di più il suo impegno all’interno della Commissione: ora si dedica a documentare fotograficamente gli eccidi del regime, recuperare i cadaveri, ricostruirne le dinamiche di morte, ricomporli, fotografarli e seppellirli. Scaricata dalla Democrazia Cristiana che ormai appoggia la dittatura, con la speranza di andare al potere, il 13 marzo 1983, Marianela viene catturata, brutalmente torturata e uccisa dalle Forze governative nelle campagne del Salvador.


“Prima che l’amore finisca” (Ponte alle Grazie) è il titolo del bel libro di Raniero La Valle, da cui abbiamo attinto la citazione d’apertura. In esso l’autore dedica un capitolo anche a Marianela Garcia Villas, di cui era stato ospite ed amico. Qualche anno prima, con Linda Bimbi, ne aveva raccontato la storia in “Marianella e i suoi fratelli” (Feltrinelli). Scegliamo di chiudere questa nostra lettera con una sua riflessione sul significato della morte di Marianela. Che è per oggi il nostro


PENSIERO DEL GIORNO

Marianella ha incontrato la morte proprio per questo, per noi, per costringerci a uscire da una sensibilità epidermica verso i problemi del Sud del mondo che, sempre evocati, diventano una routine; i discorsi sulla fame, sulle malattie, sulla povertà nel mondo, ogni tanto riproposti dalle statistiche sempre più dolorose delle agenzie internazionali, diventano dei rituali, se non si traducono in presa di posizione politica, ben al di là dell’eventuale risposta assistenziale; il problema infatti è di capire quali sono i meccanismi economici, politici, di potere che producono, in modo consapevole e previsto, la fame, l’ingiustizia e l’oppressione, perché solo a questo livello la questione può essere affrontata. (Raniero La Valle, Prima che l’amore finisca).

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