1 marzo 2008

ALBERI, VITA E MORTE


Trent'anni fa quest'albero viveva nel mezzo di una spessa foresta. E' stato fortunato, perchè quando il proprietario della terra ha deciso di disboscare per formare pascoli, le persone del ramo erano esseri umani che usavano accette e altri attrezzi manuali, e avevano tempo e stimolo per riflettere. Il padrone disse ai boscaioli: "Lasciate in piedi gli alberi più belli! Voglio un pascolo per il bestiame, non una landa deserta senza un'ombra!" Così lui continua ad offrire ore di ristoro ai buoi che si sdraiano alla sua ombra per ruminare, e un riparo ai nidi. Gli uccelli fanno festa ogni sera tra le sue fronde e vi si riposano nelle ore più calde. Gli alberi sono belli, accoglienti e privi di aggressività. Si muovono quasi in modo impercettibile, cercando pazientemente il cielo e la luce del sole.

Alcuni scienziati sostengono che le piante hanno cominciato a risanare l'atmosfera terrestre centinaia di milioni di anni fa, sostituendo l'anidride carbonica con ossigeno. Hanno preparato lo spazio vitale per noi, e da allora lo conservano. Non solo le piante maestose come quella della foto, ma tutte, anche la più invisibile e modesta, è preziosa per la vita umana. Tra gli altri pregi, contengono la maggior parte dei principi attivi che compongono le nostre medicine. Un lettore (o lettrice?) mi ha chiesto di dare informazioni sulla medicina popolare brasiliana. E' rimasta incuriosita dalla lettura di queste righe, ricevute dal "postino" in un messaggio:

"Il nostro Rafael è stato ricoverato la scorsa notte all’Ospedale São Pedro, con febbre altissima, dolori diffusi, vomito, senso di spossatezza. Noi crediamo di sapere che i medici non diagnosticheranno un bel nulla. Come è già successo altre volte. Invece, la diagnosi di dona Maria Rezadeira è di quelle che da secoli non trovano posto nei prontuari dei medici, ma è ben conosciuta dalla medicina popolare: espinhela caída. Bisognerà “benzer” con un ramino di fedegoso almeno tre volte. La formula la sanno loro, le “benzedeiras”, e dice più o meno: “Qui stanno le tre persone della santissima Trinità. Qui sta la carità e la virtù, questo figlio della Vergine Maria deve migliorare di ora in ora, di minuto in minuto, di giorno in giorno”. E tutto tornerà a posto. E dato che qui, in genere, i medici latitano, e quando ci sono, sarebbe meglio non ci fossero, è ancora il caso di affidarsi a dona Maria".

In questo caso non si tratta proprio di cura con le piante, anche se la "benzedeira" usa un rametto di fedegoso (pianta selvatica rampicante che produce chicchi simili al caffè ma assai più amari: un tempo era il caffè dei poveri). La benziçao" è un rito usato da santoni popolari (benzedor o benzedeira - rezador o rezadeira) che corrisponde a quello che da noi è chiamato "segnare": si usa comunemente anche in Italia, nonostante tutte le battaglie contro la superstizione. Anche quì si curano in questo modo le storte, il fuoco di santo antonio (herpes zoster) e altri dolori contro cui nessuna medicina è efficace. A Itapirapua avevo pubblicato la vita (dettata da lui stesso) di un anziano parrocchiano (Seu Felix), che era capace di scacciare i bruchi dalle piantagioni benedicendole con il segno della croce e l'aspersione con un rametto di pianta. (Credo di aver lasciato una copia di quel libretto a Maserno!) Passava ore a girare dentro ai campi di granturco! I fazendeiros lo ricompensavano autorizzandolo a raccogliere qualsiasi prodotto dei campi che gli servisse, e lo riportavano a casa in camionetta con ogni ben di Dio. Lui divideva in due parti e mi portava la mia metà dicendo: "Siccome sono doni di Dio, è giusto che io spartisca col parroco che mi dà la comunione!"

Il profeta Isaia annunciava che Dio avrebbe castigato l'Egitto per la sua superbia e idolatria che lo portava a disprezzare e opprimere i poveri: "Perfino i fiumi esaleranno cattivo odore e si esauriranno, e seccheranno i canali dell'Egitto. Le canne e i giunchi marciranno". (Isaia 19:6 ) E' una profezia che vale anche per noi. L'idolatria del denaro e del potere è un cammino di morte, sia per gli esseri umani che per la natura. Infatti ci stiamo arrivando. Mi sono tornate in mente le sue parole l'altra notte, mentre tornavo da una celebrazione eucaristica nella comunità di Còrrego Frio (alla lettera:ruscello freddo). E' una delle comunità rurali più lontane dal centro: il cammino è sterrato, e fangoso in questo tempo di piogge. Era quasi mezzanotte, e splendeva una luna quasi piena. Una bellezza! Tuttavia, intorno, c'era un fetore insopportabile. La strada attraversava quasi di continuo campi di canna da zucchero, che ormai ha sostituito quasi del tutto le coltivazioni di cereali perchè l'"affare" del bio-combustibile rende di più. Di notte gettano agrotossici sui canneti per proteggerli da insetti e funghi, e la puzza si spande per chilometri. Ove il canneto si interrompeva, c'erano allevamenti di polli. Puzza diversa, ma sempre puzza: quella di 25 mila polli spremuti in un capannone, ai quali non è concessa altra soddisfazione che mangiare e defecare. Quando, finalmente, siamo giunti a un tratto di foresta ancora naturale, la coppia di animatori di comunità che viaggiava con me ha esclamato esultante: "Questo bosco profuma ancora di bosco!"

Un agricoltore-pecuarista mi ha raccontato che, per colpa del veleno della canna da zucchero, affrontano problemi coi pascoli. Muoiono tutti gli scarabei (un tempo se ne vedevano a nuvole, di notte, attorno ai lampioni pubblici di Itaberaì): essi trasformavano lo sterco dei buoi al pascolo in tante palline e lo interravano. Svolgevano questo lavoro gratis, perchè pensavano ai propri interessi. Fa parte del loro ciclo di riproduzione. Sotto terra lo sterco marciva e diventava concime, e i loro milioni di buchi ossigenavano il suolo senza bisogno di arare. "Ora che gli scarabei sono rimasti in pochi - narrava il contadino - lo sterco rimane in superficie e impiega molto tempo a marcire. Forma attorno a sè una chiazza gialla di erba sbruciacchiata che rovina i pascoli". Non so se mi sono spiegato: per un allevatore di bestiame avere un pascolo rigoglioso è tutto! Quello che guadagnano gli industriali dell'alcool, lo perdono i produttori di carne e di latte. La natura non si vendica, come si suol dire, ma semplicemente fa quello che può e ha bisogno di rispetto.

Divertitevi: quì ci sono alcuni video sulla distruzione della foresta (per scegliere, lasciate scorrere il primo video fino alla fine).

Nessun commento:

Posta un commento