Dal sito http://www.umavidapelavida.com.br/
Dopo 23 giorni, sulla sedia a rotelle e attaccato alla flebo, il vescovo di Barra (BA) Mons. Luis Cappio, di anni 61, ieri sera ha annunciato la fine dello sciopero della fame contro la trasposizione del Rio S. Francisco.
L'annuncio è avvenuto durante la messa campale all'esterno della cappella di São Francisco, a Sobradinho (BA). La messa è stata celebrata dal vescovo di Juazeiro, d0m José Geraldo. Lo sciopero era arrivato oggi al 23mo. giorno. E' finito dopo che Mons. Cappio era svenuto ed era stato ricoverato la notte precedente nell'Ospedale Memoriale di Petrolina (PE). Si è sentito male dopo aver saputo la decisione del Supremo Tribunale Federale (STF) di liberare la ripresa delle opere di trasposizione del Rio São Francisco.
La fine dello sciopero della fame è stata annunciata per mezzo di una lettera letta da Adriano dos Santos Martins, del Coordinamento Ecumenico dei Servizi. Nella lettera, il vescovo scrive che interrompe il digiuno, ma continua la lotta per la preservazione del Rio São Francisco. "Metto fine al mio digiuno, ma non alla mia lotta, che è nostra".
Nel documento, egli chiede anche l'ampliamento del dibattito sulle opere di trasposizione.
"Bisogna che ampliamo il dibattito, diffondiamo l'informazione vera, facciamo crescere la mobilitazione fino a sconfiggere questo progetto di morte e conquistare il vero sviluppo del semi-arido (così è chiamata la regione nordestina più povera di piogge, ndt) del Rio S. Francisco. E' per voi, che avete lottato con me e percorrete la stessa strada, che chiudo il mio digiuno."
Edson Ruiz/del giornale Folha.
Dom Luiz Cappio, durante la messa a Sobral (BA), ha benedetto un cesto di sementi di girasole, che è poi stata distribuita alla popolazione che seguiva la messa, circa 500 persone. La messa è iniziata circa alle 20.00. Dopo la messa dom Cappio deve ritornare all'ospedale di Petrolina, dove continuerà le cure. Ha perduto almeno 9 chili durante il digiuno.
Al mattino, il presidente Lula aveva detto che non avrebbe ceduto agli appelli del vescovo per sospendere le opere. Lula aveva detto che il governo "non può cedere" allo sciopero della fame del religioso. "Se lo Stato cede, lo Stato finisce. E lo Stato ha bisogno di funzionare" aveva affermato. Lula aveva detto anche che sperava che le autorità della Chiesa Cattolica convincessero il vescovo a mettere fine al digiuno, seguendo l'esempio di ciò che egli stesso aveva fatto nella decada di 80 --quando, secondo il suo racconto, aveva realizzato uno sciopero della fame nel carcere di S. Paolo, ma aveva interrotto l'azione dopo essere stato convinto da Dom Claudio Hummes (all'epoca vescovo di Santo André e oggi "ministro" del papa in Vaticano). "Io ho appreso dai miei compagni della Chiesa Cattolica che solo Dio dà e toglie la vita. La Chiesa non si mette in questioni tecniche. Spero che lui (Cappio) abbia giudizio", ha detto.
Si chiude così un episodio drammatico che mi ha costretto a informare sui dolori di una lotta a pochi giorni da Natale, la festa che più richiama alla pace. Si chiude il digiuno, ma il problema resta: e non resta solo per il vescovo Luis Cappio, ma per tutti noi. Perchè non manca molto al giorno in cui le devastazioni prodotte dal nostro modo di vivere e di consumare, e dalla fame di affari lucrativi a qualunque costo, metteranno a rischio la vita sulla terra. "Pace in terra agli uomini di buona volontà", oggi più che mai, significa anche questo: costruire un modello di vita, di governo, di rapporto tra i popoli, che renda possibile sentirci un'unica comunità che gode dei beni offerti dal pianeta senza danneggiarlo. Un modello di sviluppo che sappia convivere con il creato (la natura) è, ai nostri giorni, improrogabile.
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