30 novembre 2010

NEL REGNO DELL´UTOPIA

Foto: una folla di Goiás.

Riguardo al mio ultimo post: un collega piú anziano, spagnolo, appena tornato da due anni di missione in Mozambico, mi avverte che il movimento carismatico non é piú tanto forte come lo si immagina. Pure i preti piú famosi delle "messe-show" - dice lui - stanno volando piú basso: chi per intervento di autoritá ecclesiastiche, e chi per malattia, depressione, forse ripensamento. L´entusiasmo popolare, secondo lui, é in calo, e il tempo si incaricherá di separare il grano dalla pula.

Nel frattempo siamo andati al Centro di Pastorale di Goiás per il tanto atteso incontro diocesano di coordinamento pastorale. I delegati si sono impegnati molto. Quanto ai risultati, vedremo! Tutti d´accordo, pare, nel denunciare che "viviamo immersi in un sistema economico neoliberale che promuove l´individualismo e l´esclusione e mette in primo piano come suo obiettivo il mercato, il lucro e il consumismo, relegando in secondo piano gli altri valori". E altrettanto nell´accusare "i mass media che servono questo sistema, lo diffondono e lo rafforzano". Effetti di questo mostro perverso sono la distruzione dell´ambiente, l´emigrazione forzata della popolazione, e lo scempio della famiglia con il capovolgimento dei valori, l´alcool e la droga. "Quando si tratta di dare la colpa agli altri - osserva la coordinatrice Carmen - ci troviamo facilmente in sintonia". A suo parere la condanna del sistema é tutta meritata, ma quella dei mass media é troppo unilaterale. Essi possono essere usati, e in parte lo sono, anche per creare una coscienza ambientale e tanti altri valori.

E noi, Chiesa di Goias, come siamo messi? La sintesi dei delegati non é stata lusinghiera: "poca coscienza politico-sociale, scarso senso della cittadinanza, non seguiamo l´operato dei candidati che abbiamo eletto e non ci manteniamo informati sulle politiche pubbliche. Al nostro interno abbiamo una montagna di attivitá suddivise in compartimenti, ogni pastorale é un cassetto - se ne apre uno e si chiude l´altro - con dispute di lideranza e una buona dose di individualismo". Verifica é il contrario di apologia. Non si puó cadere in depressione per questo tipo di analisi. Si dimenticano i lati positivi e si accentuano le magagne, nel tentativo di misurare la distanza tra il "sogno" (nel senso buono) e la realtá, per riprendere poi coraggio e andare avanti meglio.

Al ritorno ci ho ripensato, e mi sono chiesto: "Ci rendiamo conto della complessitá di quello che chiamiamo "sistema economico neo-liberale"? Di quanti fattori esso é composto? Noi ne parliamo "per summa capita", come se fosse un mostro diabolico, un complotto costruito da un gruppo ristretto di persone, gruppi di potere che si organizzano per accumulare a spese degli altri. C´é anche questo, ma c´é di piú. Il "sistema" é una tela inestricabile di interessi. É il "mercato". Dov´é che non arriva il mercato con i suoi vasi capillari e i suoi tentacoli?

Quella che denominiamo "opzione diocesana" é la scelta di camminare secondo il progetto del "Regno di Dio". É la nostra Utopia (non come vana chimera ma nel suo significato piú nobile, di progetto per un futuro possibile ma non a portata di mano). Non é nemmeno pensabile di realizzarla nel breve tempo della nostra vita. Cambiare il sistema é compito della societá civile. La Chiesa é fatta di cittadini che possono e devono stimolare e suggerire, ma non é un potere eletto e contrapposto. Non ne ha nemmeno la competenza. Basterebbe che i battezzati aprissero gli occhi e imparassero a proteggersi dall´ideologia del mercato che disarma le resistenze. E prendessero coscienza delle molteplici forme con le quali tale ideologia viene propinata attraverso l´infomazione, lo spettacolo, la scuola: e spesso, ben camuffata, anche per mezzo delle lezioni di morale e religione. Vale il tentativo di costituirci in una comunitá ecclesiale che pensi, agisca e viva l´ideologia del Regno dei cieli in contrapposizione all´ideologia del mercato. Questo é ció che si vuole ottenere da tutto il processo di preparazione e celebrazione della nostra 19a assemblea diocesana. Riuscirci sarebbe un successo.

Il ritorno in parrocchia é un atterraggio, perché qui questo progetto é recepito con gradi di intensitá e consapevolezza assai diversificati. Molti non sanno nemmeno che esista, altri ne hanno una vaga idea. C´é chi lo capisce bene e vi si ingaggia anima e corpo anche senza sforzi mentali. Adelaide (nome fittizio) é una lavoratrice domestica. Pochi studi e basso stipendio. É presente a tutte le riunioni e non interviene quasi mai. Ha imparato a leggere abbastanza bene, ma si esprime con scioltezza solo nei momenti di preghiera comunitaria. Tuttavia é sempre la prima a offrirsi per i servizi di pulizia, di cucina e di organizzazione della preghiera o degli incontri. La sua testimonianza é ammirata e compresa da tanti piú di qualsiasi intervento e discorso. Guai, peró, se non ci fosse chi fa gli interventi. Le persone come lei si alimentano della Parola di Dio che, pedagogicamente, ha bisogno dei nostri balbettii e dibattiti per arrivare al cuore di tutti.

Poi, come faccio sempre notare, in parrocchia c´é una miriade di chiese, gruppi religiosi e gente senza religione definitiva. A Itaberaí esistono vie con 5 chiese diverse, oltre quella cattolica. Per fare una bella liturgia ci bastiamo, ma l´Utopia del Regno é un processo che deve fare i conti con tutta la societá. Nelle religioni siamo degli inquadrati. Quanto piú abbiamo studiato la teologia o quanto piú siamo fedeli e devoti alla Chiesa, tanto piú siamo inquadrati. Come tali, abbiamo l´inclinazione a considerare fuori gioco quelli che non lo sono. Anche ai tempi di Gesú era cosí. In Israele c´erano centinaia di religioni e di idoli. Ogni popolo che in passato aveva invaso e soggiogato Israele vi aveva lasciato qualche idolo e qualche gruppo di devoti. "Niente é piú contrario alla veritá storica che immaginare un ambiente ebraico omogeneo, in Giudea o in Galilea" (André Charaqui, Iohanan, editora Imago). Gesú ci passava in mezzo e andava oltre. Nei Vangeli non si incontra nemmeno un intervento duro di Gesú contro il sincretismo o il pluralismo religioso. Lui si dirigeva ai pescatori, ai samaritani, ai pubblicani e perfino ai pagani. A quelli che erano fuori dalle inquadrature. Il cammino del Vangelo e del Regno oltrepassa di molto i confini delle singole Chiese o religioni.

Sono orizzonti lontani, speranze, mete che si scorgono soltanto con gli occhi della fede. Intanto, mentre si sogna il Regno, impariamo a vivere la fede nel mondo post-moderno, che é molto diverso da quello della mia infanzia e gioventú. Quando ero ragazzino, ogni mattina percorrevo 4 chilometri in bicicletta per andare a servire la messa. Sapevo a memoria tutte le risposte in latino, ma ero distratto. Il cappellano mi dava dell´oca e di tanto in tanto mi allungava anche un "cucco". Sono cose che non si fanno piú da molto tempo e oggi non sono nemmeno pensabili, ma la sensibilitá é ogni giorno piú esigente quanto alla coerenza. Se parliamo di amore e di comunitá, dobbiamo viverla ogni momento nei minimi dettagli. Al minimo sgarbo vero o presunto, le persone scompaiono per sempre. Non sentono nemmeno il bisogno di dirtelo. Hanno scoperto che la Chiesa di Cristo é molto piú grande della tua, o meglio, che si puó essere dentro alla tua Chiesa ed essere lontanissimi da quella di Cristo o essere fuori dalla tua e dentro a quella di Cristo. Stanno con noi a causa della fede in Cristo, e finché la sentono presente in mezzo a noi. Noi siamo costretti, per amore o per forza, a creare un clima fraterno e comunitario.

Forse i laici si fanno valere piú in questo modo che con il diritto di voto nei vari consigli di pastorale. Io rimango a bocca aperta per l´ammirazione di fronte allo stile evangelico che hanno imposto nelle nostre comunitá: accolgono la gente con abbracci e benedizioni. Appena arrivi, la coordinatrice di turno ti presenta la scaletta della celebrazione o della riunione: canti, letture, simboli, entrata solenne della Bibbia, eccetera. La gente ti saluta, ti benedice e chiede la benedizione: con sinceritá e spontaneitá, senza nessun indizio di formalismo, servilismo o bigottismo. Dopo, arrivano le espressioni di soddisfazione e i complimenti: se non dicono niente é segno che devi farti un´autocritica.

Il rapporto umano fraterno non solo tra i fedeli ma anche tra la gente e i preti, pur essendo fatto di piccolissimi gesti e parole, probabilmente é una delle conquiste piú belle e importanti e irreversibili (speriamo: ma gli imbonitori hanno molti canali televisivi, quindi non si sa mai!) del dopo-Concilio. Non ci incontriamo piú per osservare precetti o assolvere impegni ma per il piacere di vivere insieme il nostro cammino di fede. Non capisco come mai ci sia tanta gente che vuole ripristinare balaustre, tonache, proibizioni e separazioni. In uno dei nostri consigli é saltato fuori un seminarista che ha posto, con aria corrucciata, la grande questione: "Possono i laici leggere il Vangelo nella messa?" Ma non é che molti di loro hanno il libretto della liturgia quotidiana e si leggono le letture dei giorno ogni mattina prima del lavoro? E allora....!

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