Foto: 1 - Il mango; 2 - La cappella; 3 - c´é un pensatore nei paraggi; 4 - e pure un gufo solitario.
Gli italiani che arrivano qui chiedono sempre di mangiare un mango, e la gente ride: perché ci vorrebbero dei denti molto robusti per farlo. Il mango é l´albero, la frutta é la manga, come il pero e la pera, il melo e la mela. Ho scritto buona parte di questo post in un intervallo del ritiro spirituale della Fraternitá Famiglia di Nazaret (alla quale sono iscritto ma partecipo raramente) sotto i manghi. Siamo andati nella cappella della chacara della parrocchia, opera di don Eligio. Eravamo in sette: due preti di Goiania e cinque della nostra diocesi. La Fraternitá si ispira alla spiritualitá di Charles de Foucault, che voi conoscete (o no?). Si fa la riflessione su un tema biblico (quello di ieri e stamattina era Giovanni 14, 23: "chi mi ama seguirá la mia Parola, e il Padre mio lo amerá. Io e mio Padre verremo e abiteremo in lui"). Poi c´é un´ora di adorazione del Santissimo, la revisione di vita in circolo, e due ore di riflessione individuale che viene denominata "deserto", simbolicamente in sintonia con il luogo scelto da fratel Carlo per la sua testimonianza personale umile e silenziosa accanto ai Tuareg, nel deserto algerino. Fermarsi di tanti in tanto per schiarirsi le idee e incoraggiarsi a vicenda é un bisogno, in questo mondo che corre ad alta velocitá e spesso ci fa provare lo smarrimento di chi non sa piú dov´é e che cosa sta facendo.
Uno che sembra avere le idee chiare in questo momento é Lula. É a fine mandato e vive uno stato di grazia. Nell´intervista che ha concesso alle reporter di Globo si é presentato sereno, ha parlato alla buona ed é stato smagliante. "Presidente, indicherá il nome del prossimo presidente del Supremo Tribunale?" Risposta: "io ho il mio nome pronto, ma siccome sono a fine mandato chiederó alla Dilma. Se lei vuole lo indicheró, come é di mia competenza. Se preferisce indicarlo lei, io staró zitto". "Presidente, lei ha un contratto pronto per l´acquisto di bombardieri per l´esercito: lo firmerá prima della scadenza del suo mandato?" Risposta: "No, é un contratto molto impegnativo, con un costo molto alto per il paese, che dovrá essere pagato a rate per molti anni. Inoltre ci sono alcuni aspetti che bisogna studiare meglio. Io passeró a Dilma il progetto, e sará lei a prendere la decisione se firmare o no". "Presidente, le costa molto lasciare il posto?" "Lasciare é sempre doloroso, é come partire per un lungo viaggio. Peró io sono confortato dal fatto di aver raggiunto i miei obiettivi. Volevo fare un governo contro la fame e per l´innalzamento del reddito dei lavoratori, e ci sono riuscito. Volevo governare in dialogo democratico con tutta la societá e l´ho fatto, tanto che sono stato rieletto. Volevo arrivare ad eleggere il mio successore, e il popolo ha votato la Dilma, mia candidata". "Presidente, crede che la Dilma continuerá la sua politica tutta rivolta all´interesse del popolo brasiliano?" Risposta: "La Dilma ha una storia di guerriera, voi lo sapete. Chi ha una storia come la sua, che é passata per tutto quello che ha passato, e dopo 40 anni si ritrova Presidente della Repubblica, non puó non rendersi conto delle opportunitá che ha a disposizione e della necessitá di coerenza. Inoltre é donna. Il Brasile é ancora un paese maschilista, che crede poco alle capacitá di governare della donna. Come io ho dovuto dimostrare che un operaio puó essere un buon Presidente, lei dovrá dimostrare che lo puó essere anche una donna. E sono convinto che lo fará".
Intanto, come avevo annunciato, é uscita l´agenda latino-americana, ed é stata presentata anche qui a Goiás. Quest´anno é in 5 lingue: portoghese, spagnolo, tedesco, francese e inglese. Non é stata tradotta in lingua italiana come l´anno scorso. Si vede che non vendeva abbastanza da pagare le spese. É un peccato, perché il tema é molto interessante: “Quale Dio? Quale religione?” (Lo scorso anno il tema era “Salviamo il pianeta). Vi hanno lavorato teologi, teologhe e artisti di comprovata passione per il Regno di Dio, di tutta l´America Latina. Alcuni nomi: José Maria Vigil - Panamá, teologo; Dom Pedro Casaldáliga, vescovo emérito, São Felix del Brasile; Franz Damen, belga, Bolivia; Cardinale Paul Poupard, del Consiglio Pontificio per la cultura, Vaticano; Veronica Calderón, Spagna; Eduardo Hornaert, Bahia, Brasile; Joao Arias, Rio, Brasile; Pere Torras, Spagna; Ernesto Cardenal, Nicaragua; Leonardo Boff, Brasile; Elza Tamez, Costarica; Felix Sautié, Cuba; et coetera.
I teologi dell´agenda si sforzano di riparare i danni di credibilitá provocati dall´uso che é stato fatto del nome di Dio e delle religioni per sfruttare e opprimere, sterminare gli indios, spogliare i popoli africani. Un articolo che ho letto su Adital racconta che nel 1600 - secondo Bartolomeo Las Casas - indios chiedevano ai missionari: “Vanno in paradiso anche gli spagnoli? Perché dove vanno loro noi non vogliamo andarci!" Per questo motivo, ma anche per lo sviluppo delle scienze che aprono ad una nuova visione del mondo, delle sue origini e delle leggi che lo governano; e ancora di piú per la crescita negli esseri umani della coscienza della propria soggettivitá, molta gente assume un atteggiamento di sospetto, ostilitá, rifiuto o indifferenza verso la religione. É un fenomeno che tocca tutte le religioni. I nostri teologi ricercano il vero volto di Dio per ristabilire un filling tra fede e cultura moderna, e per stimolare le persone religiose a lavorare insieme al progetto divino di elevare l´essere umano e a vivere la spiritualitá del Regno di Dio costruendo strutture di giustizia.
Ma anche fuori dall´Agenda Latino-americana, diversi teologi si sforzano di rielaborare e recuperare il senso fede cristiana per l´uomo moderno. Anche se a volte osano oltre i limiti e soffrono interdetti ufficiali, sono libri da leggere, magari perdendo meno tempo con la televisione e internet. Il confronto con i dubbi e le perplessitá degli agnostici, degli atei, o piú semplicemente dei critici, ci aiuta ad andare piú a fondo nelle questioni fondamentali della fede che noi, a volte, liquidiamo con un "ci credo" che é un´adesione solo formale, di pigrizia. "Crederci" é giusto. Ma smettere di ricercarne il significato ci fa perdere tutta la ricchezza di veritá della fede come redenzione, salvezza, peccato e perdono, sacramenti, dolore, inferno e paradiso, e tante altre: e puó anche rinchiuderci in una vita spirituale di isolamento e fuga. In fondo in fondo i dubbi li abbiamo anche noi, e averne paura non ci aiuta ad amare Dio e gioire del suo amore.
Continuando su questi temi, scrive Faustino Teixeira, dall´Agenda: “Non solo le religioni sono produttrici di senso nel nostro tempo. Abbiamo scelte spirituali significative, non religiose, che sono ugualmente molto importanti. Dobbiamo ampliare gli orizzonti per captare le energie spirituali che coinvolgono esperienze di umanizzazione. La spiritualitá non si restringe al dominio dello specificamente religioso. Come va dimostrando il Dalai Lama nelle sue opere, la spiritualitá riguarda, soprattutto, “le qualitá dello spirito umano”, come la capacitá di amore, compassione, ospitalitá, cortesia e delicatezza”. Non sono le qualitá che brillano nelle prime pagine dei giornali.....
É logico che i cattolici di Goiás non abbiano molto contatto con queste problematizzazioni dei teologi, ma a modo loro cercano la stessa cosa. Non decifrano, in generale, il linguaggio teologico, ma vivono la precarietá della vita, poveri tra poveri e cattolici visitati di porta in porta da una miriade di chiese e religioni. Domenica ho guidato il ritiro spirituale di avvento per le comunitá del mio settore, e sono rimasto impressionato dalla maturitá e apertura dei partecipanti. Passo a passo, lavorando in forma di ricerca in gruppo sulla lettura della predicazione di Giovanni Battista Matteo 3, 1-12) e sul primo capitolo di Giovanni, hanno sollevato tutte le problematiche moderne della fede: che cosa é "luce" e che cosa é "tenebre" nella nostra esperienza di vita? In che cosa consiste una autentica conversione e confessione dei peccati? Di che cosa dobbiamo pentirci? Quei peli di cammello e cintura di cuoio che portava Giovanni Battista sono solo penitenze di un mistico, oppure sono anche forme di resistenza al consumismo del dio mercato, di cui oggi abbiamo piú bisogno che mai? Per ultimo, dopo aver fatto un piccolo quadro delle miserie di Israele ai tempi del Battista, ho chiesto: “Quali sono le miserie della nostra cittá?”. Ne é uscita una fotografia nitida delle situazioni disumane locali, che colpiscono soprattutto i ragazzi, gli anziani e gli immigrati, ma anche molti lavoratori costretti a orari da schiavi ed esposti ad ambienti nocivi alla salute. Speriamo che questa presa di coscienza non sia solo una specie di letterina di Natale, ma un programma di iniziative e di lotta delle comunitá. E voi l´avete fatto il ritiro spirituale?
Quí piace molto la novena di Natale. Non ci sono, nel nostro clima, il freddo, la neve, le lunghe notti, l´atmosfera da favole per bambini, e altri ingredienti che rendono affascinante la nascita di Gesú nei paesi del nord. Siamo in piena estate. Si fa, tuttavia, il presepio, che é uma scena esotica d´importazione. L´unico simbolo del presepio che si adatta alla nostra realtá é la capanna, che agli anziani puó ricordare un passato non lontano e un presente ancora vivo e penoso per gli accampati e baraccati. Allora perché le comunitá si rianimano, la partecipazione aumenta, e fanno cortei da una casa all´altra portando com devozione i loro presepietti improvvisati? Mi commuove la loro fede e non ripeto nemmeno piú la domanda che ho fatto loro tante volte: “Chi é Gesú, per noi?” Diverse volte mi hanno risposto: “Per me Gesú é tutto”.
La domanda la faccio a me stesso: chi é questo Gesú Bambino che, dopo duemila anni, piace sempre di piú e riunisce moltitudini a cantare inni di speranza? Perché é invocato come luce nelle tenebre? É uno di cui abbiamo poche notizie certe. Dagli storici del suo tempo sappiamo solo, genericamente, che ha vissuto in Palestina ed é morto sulla croce. I libri su di lui sono opera di scrittori della cerchia dei discepoli e seguaci convertiti: testimoni di parte, poco affidabili, verrebbe voglia di dire. Tuttavia non mi sembra che la nostra gente si preoccupi della veritá storica del Natale, delle date, eccetera eccetera. Affascina il Gesú dei poveri, perché sono poveri e vivono in mezzo ai poveri. Il luogo diverso suscita modi di vedere ed esigenze diversi. Hanno la fede che é stata loro trasmessa. La stessa fede nella risurrezione di Gesú Cristo che, dopo la sua morte, infiammó i primi discepoli. I quali, poco a poco, riscattarono ogni passo e insegnamento della sua vita e ne fecero il loro sogno, il loro progetto di mondo. Dalla fede delle comunitá nacquero, nel corso di secoli, i libri biblici che parlano di Lui, e che noi conserviamo come “rivelazione divina”.
Il Papa, nei giorni scorsi, há pubblicato la “Verbum Domini”, in cui riscrive a modo suo (di suo pugno, dicono) le riflessioni dell´ultimo Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio. Mons. Ravasi aveva redatto il documento finale del Sinodo: ora ha ricevuto il cappello da Cardinale (oh che bel cappello!) ed é probabile che abbia aiutato il Papa nel testo dell´enciclica. Io non l´ho ancora comprata, peró mi é arrivata qualche anticipazione e vi ho trovato questa citazione: “Il cristianesimo non é uma religione del libro: il cristianesimo é la religione della Parola di Dio, non di una parola scritta e muta, ma del Verbo incarnato e vivo”. I miei complimenti a Benedetto. L´idea che si possa usare la Bibbia come un libro di testo zeppo di certezze di una dottrina cristallizzata, o peggio ancora come un canone di leggi morali tipo Codice di Diritto Canonico per condannare o assolvere il prossimo, é degna di totale ripudio. Non é questo lo spirito della Bibbia né tantomeno di Gesú. Egli ci guida e cammina con noi, popolo di viandanti sulla strada del Regno, immersi nel buio di questo mondo, a scoprire giorno dopo giorno i passi migliori da farsi, guardando avanti e intorno a noi, aiutati dalla luce spesso tremolante della Bibbia. Si segue questa strada per passione, non per legge: lo insegna nientemeno che San Paolo, l´Apostolo.
Ho letto (non so se é vero, perché non sono uno specialista) che Gesú nacque in una Palestina dissanguata dalle tasse dell´imperatore di Roma, Augusto. L´Impero, molti anni prima, aveva domato quel popolo nel sangue (studiosi calcolano che nella sola guerra di giudea – 50/60 avanti Cristo – siano stati uccisi circa 600 mila ebrei), e Augusto aveva poi messo dei re fantoccio per dissimulare il dominio culturale e soprattutto economico, ma di fatto il suo era un regime militare controllato da governatori come Ponzio Pilato. Famiglie che praticavano attivitá di sussistenza con scarsissimo surplus, si vedevano portare via fino al 40 o 50 per cento dei loro prodotti. Inoltre, i soldati uccidevano, stupravano, mandavano ragazze ai postriboli dell´impero e giovani ai lavori forzati o alla schiavitú perpetua. Gli ebrei avevano un detto: "Non fidarti di un goï (un romano) nemmeno se é sepolto da 40 anni". In un clima del genere ogni buon giudeo, conoscendo a memoria le promesse messianiche dei profeti, aspettava un Messia che avrebbe restaurato il Regno d´Israele. Purtroppo di messia ne apparivano tanti, troppi. Alcuni guerrieri, che volevano la rivoluzione armata contro Roma. Altri penitenti, che chiamavano a ritirarsi nel deserto. Altri ancora ambiziosi, che finivano col fare i doppiogiochisti. Non si riusciva a capire quale fosse quello inviato veramente da Dio. Per chi há occhi per vedere, la nostra congiuntura mondiale assomiglia a quella, anche se la televisione non lo dice.
Lui, Gesú, arrivó in un modo talmente diverso dalle attese che pochissimi lo riconobbero. E anche chi lo riconobbe continuó a credere che prima o poi si sarebbe comportato da re per davvero. Cosa doveva fare un messia? Come avrebbe ristabilito il regno? Questo nessuno lo sapeva, forse nemmeno lui, all´inizio. Lo scopri pian piano, partendo dal basso, lontano dal Tempio e dalle corti che erano i centri di potere, spinto dagli eventi e illuminato dalle conversazioni col Padre dei cieli. La rivelazione fu progressiva anche per lui, probabilmente. Imboccó un cammino di non violenza, ma nemmeno di penitenza. Semplicemente di amore alla vita e di coerenza nella veritá e nella giustizia. Lo proclamó nel discorso della montagna e lo visse lui stesso. Un giorno gli fu rivelato di essere Figlio di Dio e che suo Padre lo aveva scelto per indicare la strada del Suo Regno. Poi affrontó la croce e la risurrezione. La vergogna della croce per chi aveva la passione della giustizia e della veritá. La risurrezione del Giusto che há dato la vita per gli altri. Queste due cose sono il fondamento vero della nostra fede. Sono le nostre radici cristiane. Chi pensa solo ai riti solenni, alle stole e ai raduni di massa e dimentica la lotta per la giustizia, é da mettere tra coloro che attendevano il Messia per ricostruire il Regno di Israele, che poi, in fondo in fondo, non era che una delle tante dittature.
Termino alla brutta: che facciamo il presepio o no, "mi piace concludere con una frase di Calcaterra" – diceva sempre quel buonuomo del mio compianto prof di letteratura. Anzi no, questa non é di Calcaterra, ma di Frei Beto: “Sicuramente il Natale é una occasione propizia per nascere di nuovo, come Gesú propose a Nicodemo......”
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