4 marzo 2010

PADRE, VIENI AD ABITARE DA NOI !

Foto: il mio vicino sta costruendo la sua casa e in tutta fretta: in una settimana é arrivato al tetto. Senza fondamenta, senza colonne di sostegno e senza legamenti di cemento. Rua 24: proibito l´ingresso ai terremoti.

Abbiamo appena finito la colletta per Haiti, ed ecco un altro cataclisma violentissimo in America Latina. Non é un pó troppo anche per i piú solidali? Chiedendo perdono per l´eresia, bisognerá chiedere a "Quello Lassú" di andarci piú piano!

Ma i terremoti li comanda lui direttamente? La lotta per la vita ci costringe a rivedere le nostre idee sulla fede: al minimo comprendere meglio i dogmi. Il Padre ci ha creati per vivere, e sicuramente non é lui che ci uccide. Chiede che ci prendiamo cura della natura, ma anche che ci difendiamo dalla sua forza e prevediamo e preveniamo il piú possibile i suoi movimenti a sorpresa. A favore della natura e non contro, perché la natura ce l´ha un ordine, ma esso non coincide sempre col nostro. Se non teniamo conto dell´ordine naturale ne facciamo le spese. E purtroppo le nostre conoscenze non sono ancora sufficienti a prevenire ogni calamitá. Ma allora, Dio é o non é onnipotente? Se volesse, non potrebbe impedire i terremoti? Il teologo André Queruga spiega che la sua onnipotenza é fuori discussione, ma non puó evitare che la natura che ha creato preveda anche la lotta per la vita, con le sue vittorie e sconfitte. Una natura perfetta sarebbe come un circolo quadrato: cioé, un´assurditá. Dio non puó entrare in contraddizione con sé stesso, non puó fare un circolo quadrato. La lotta per la vita, in parte a favore della natura e in parte contro (per dominarla), fa parte della nostra condizione di creature ed é cosa nostra. Non é compito di Dio. Dio sta con noi, é dalla nostra parte, e come un Padre sta piangendo con chi piange e fa tifo per la nostra vittoria sulla morte. Per vincere i terremoti e le altre calamitá ci ha dato l´intelligenza, la scienza, la solidarietá umana. Cosí dice il teologo, ma resta un mistero, no? Nel frattempo c´é chi soccombe in questa storia di evoluzione dell´uomo e, come scrive l´Apocalisse, "chi deve morire morirá".

Molto piú terra terra, un mio amico sfida il problema del male, del dolore e della morte con una preghierina corta e pepata: "Chico - mi dice - adesso sto bene e sono in pace con la vita, ma ho passato momenti terribili. In pochi mesi perdetti la moglie, un figlio e mio fratello, che per me era tutto: era la mia guida, il mio amico e la mia bussola. Arrivai a un punto che pregavo cosí: - Padre che sei nei cieli, perché non vieni ad abitare da questa parte, in mezzo a noi? Hai forse paura dell´Aids, della violenza nelle strade, della droga, delle calunnie e della miseria? - Inutile che vi dica il nome dell´autore di questo grido, é un amico goiano che nessuno di voi conosce. Partecipó, negli anni settanta, ai primi gruppi contadini di Vangelo e alle loro lotte per la terra. Era poeta e compositore e tale é rimasto, nonostante tutto: in questi anni ha pubblicato libri e inciso canzoni. Sempre "fuori dal mercato"!, ci tiene a precisarlo! Infatti é rimasto povero. Egli, poi, conclude cosí il discorso: "Tuttavia io so che Dio é giá venuto, a modo suo. É giá in mezzo a noi, ma noi non gli facciamo caso. Il mondo continua a vivere come se non ci fosse. Noi stessi provochiamo la nostra rovina!"

Le risposte al mistero, anche le piú complicate, sono sempre troppo facili. La fede é vissuta in svariate forme, e nessun teologo potrá certo impedire alla gente di chiedere protezione al Padre contro terremoti, malattie e grandine. Né potrá proibire a Dio di intervenire direttamente ed esaudire le preghiere, se Lui lo vuole. Nel peggiore dei casi, chiedere fa bene alla salute. Lo stesso Gesú insegnava "chiedete e vi sará dato" - anche se poi, quando si tratta di pregare per davvero, ci disse di chiedere "venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontá, dacci il pane quotidiano, perdonaci e dacci la forza di perdonare", che sono le cose essenziali. San Paolo, piú "teologico" degli evangelisti (e diversi padri della Chiesa, in primis S. Agostino, si rifanno al suo insegnamento), afferma che non sappiamo nemmeno che cosa chiedere e come chiederlo, per cui é meglio affidarsi allo Spirito Santo.

Passiamo ad altro. É stata una settimana piena, con riunioni pesantissime, celebrazioni vivaci, incontri gratificanti e conversazioni difficili sul filo della diplomazia, mali di testa, eccetera. Ci si abitua, e diventa complicato scegliere le cose da mettere su questo blog: sembra tutto troppo banale. Complessivamente sono rimasto ben impressionato dal clima diocesano nelle diverse riunioni. Abbiamo una Chiesa locale piccola e con molte deficienze, ma tutto sommato vi aleggia un buon spirito, e questo é giá molto. Vi si sente la tensione nella ricerca di vivere il Vangelo nel segno della Quaresima e della Campagna della Fraternitá, "economia e vita", "non potete servire a Dio e al denaro". Padre Maurice, l´altro giorno, ricordava che quando arrivó dalla Francia aveva fatto stare tutto in una valigia di 18 chili, e giurava che sarebbe stato fedele alla povertá. "Ora - diceva perplesso, manifestando un pizzico di rimorso - per fare un trasloco mi ci vuole un camioncino!" E Severino, l´altra mattina, in una riunione diocesana col vescovo, commentava il Vangelo del giorno: "Il nostro Maestro non ci va per il sottile quando insegna: fate e osservate tutto ció che dicono i dottori della legge. Ma non imitate le loro azioni! Poiché fanno e non mettono in pratica. (Matteo, 23, 3). Del fermento dei farisei siamo cosí imbevuti che é diventato normale amare e competere per le frange, i titoli e i posti d´onore".

Non siamo capaci di fare tutto ció che vorremmo, ma é importante che ci sia almeno la ricerca continua. Batti e ribatti, arriverá il giorno in cui non si dovrá piú protestare timidamente contro parole e stili di vita anti-evangelici, come se fosse un leziosismo da pignoli o baciapile. Almeno tra noi, nella Chiesa. Che la spiritualitá del Vangelo esca dalle meditazioni, preghiere e ritiri spirituali, ed entri nel linguaggio, conversazioni e pratica di tutti i giorni. Nelle riunioni pastorali, nei rapporti umani, nell´uso del denaro, nei titoli che ci diamo, negli acquisti, perfino nell´amicizia e nella solidarietá coi poveri. Quest´ultima, talvolta, richiede di piú della semplice conversione personale. Stare dalla parte degli ultimi é abbracciare la loro causa di liberazione, da un´oppressione che ha profonde radici strutturali. Come dimostra la storia di Padre Ezechiele Ramin, uno dei tanti che ha perso la vita nella lotta contro il latifondo, e di cui celebriamo i 25 anni dalla morte in questi giorni. I suoi assassini sono tutt´ora impuniti. Non l´ho conosciuto personalmente, ma vi cito una intervista telefonica a Padre Pietro Bracelli, pubblicata da Unisinos su Adital.

"Ezechiele Ramin era prete e voleva essere medico. Venne in Brasile nel 1983, dove si prese a cuore la causa dei lavoratori senza-terra e degli indios nella regione nord del paese, come missionario della Diocesi di Ji-Paraná, in Rondonia. Giunto in Brasile, Padre Ezechiele incontró un percorso giá avviato a favore dei popoli della regione, che si vedevano sempre piú oppressi dai latifondisti che erano stabiliti dai colonizzatori che arrivavano per occupare quella regione. Quelli che ricordano la lotta di Padre Ezechiele, dicono che in giovane etá, a 33 anni, trasmetteva loro un entusiasmo pari alla difficoltá da affrontare. "Fu una persona di coerenza, intelligente e impegnato a studiare i problemi del Brasile fin dal suo arrivo dall´Italia".

C´erano cose che davano fastidio profondamente a Padre Ezechiele, come le disuguaglianze sociali, le ingiustizie, l´arroganza di chi tenta di imporsi con le armi o manipolando le leggi. Lottava con veemenza contro questo. "La fazenda in cui morí, giá a quell´epoca, andava oltre i propri limiti e si addentrava nel Mato Grosso. Tutta la dinamica della sua storia riferisce che la sua morte fu in Rondonia, ma i dati piú recenti affermano che fu portato fino a Cuiabá dagli assassini. Era stato sconsigliato ad andare fino a quella fazenda perché era pericoloso. Egli ascoltó senza dire nulla, ma i suoi colleghi udirono, un giorno prima della sua morte, il rumore del motore della sua jip. Cosí, egli si allontanó da casa e andó. Verso le 12 del giorno 24, giunse la notizia della sua morte".


(Padre Pietro Bracelli, comboniano, é nato in Italia nel 1933. É in Brasile da 49 anni. Ha vissuto nello Stato di Espírito Santo, Rio de Janeiro, Santa Catarina e São Paulo, dove vive attualmente. In Brasile, é l´incaricato dei comboniani per la causa di beatificazione di Padre Ezechiele Ramin).

Noi, il 23 ottobre prossimo, celebreremo pure i 25 anni di Nativo da Natividade, un laico di Goiás, sindacalista, che fu assassinato una sera davanti a casa sua, a Carmo do Rio Verde. Per quella celebrazione sono mobilitate la Pastorale della Gioventú e la Commissione Pastorale della Terra. La preparazione sará a tappe, e durerá tutto l´anno: é previsto l´inizio il 14 prossimo, con una Messa solenne in cattedrale. Proprio il giorno dell´ingresso del nuovo arcivescovo a Modena, che ricorderemo. La ragione dell´assassinio di Nativo fu la sua lotta in difesa dei diritti dei tagliatori della canna da zucchero. La Diocesi si mobilitó per far condannare gli assassini. I mandanti erano autoritá comunali di Carmo e del paese vicino, Uruana: furono scoperti, processati e assolti. Il parroco si confessa molto imbarazzato, perché continuano ad andare in Chiesa e fanno la comunione: un fatto che dimostra quanto bisogno ci sia di riflettere su cosa significa il "perdono" (perdonare é assolutamente necessario, ma é altrettanto necessario che qualcuno chieda perdono: avete visto il film "Il perdono"? Secondo me fa testo su questo tema). L´assassino era un pistoleiro a pagamento, che poi in seguito ha raccontato tutta la storia per filo e per segno, e di quella storia é stato pubblicato un libro dal quale risulta che hanno ingannato pure lui, pagando assai meno di quanto gli avevano promesso.

Aiutare i poveri puó essere gratificante e di solito, almeno, appaga la coscienza morale: ma abbracciare la loro causa significa affrontare una struttura sociale consolidata, della quale coloro che ner godono i vantaggi si trasformano in difensori agguerriti e armati. ´Puó costare la vita, come provano le storie di Nativo ed Ezechiele, ma prima e dopo di loro tanti altri, e lo stesso Gesú Cristo. E a proposito di martirio e di strutture che si difendono con violenza, non voglio farvi mancare il quarto capitolo dell´autore che sto seguendo in questo blog per studiare il tema della Campagna della Fraternitá: Jung Mo Sung. Se non vi piace saltatelo, ma cade a pennello dopo quanto ho scritto. Jung Mo Sung precisa che, quando si tratta del rapporto col denaro e il mercato, non basta nemmeno fare una scelta personale, per quanto radicale, per una vita evangelica.

"Essa é necessaria ma non sufficiente. Bisogna anche convertire il mondo. Il problema é che la conversione del mondo, o dei sistemi economici, sociali e politici, richiede logiche molto diverse dalle conversioni o cambiamenti personali". "In primo luogo bisogna avere chiarezza sul fatto che la conversione del mondo non va intesa come conversione di tutte le persone che vi abitano. Ancora oggi molti, gruppi e Chiese, pensano che portare il Vangelo al mondo o proclamare la conversione al mondo significhi cercare la conversione personale di tutti. Cioé pensano che il mondo non sia altro che la somma degli individui; e che la societá sia il risultato della somma di tutte le azioni e atteggiamenti. Se cosí fosse, il cambiamento delle persone e delle loro azioni porterebbe al cambiamento del mondo. In realtá il mondo e i sistemi economici sono molto di piú della somma delle azioni individuali. Il concetto di "sistema" presuppone che ci sia qualcosa oltre le azioni individuali o di gruppi, e che la volontá o le azioni ben intenzionate di ciascuno o di agenti collettivi non sono sufficienti per produrre i risultati desiderati. Nemmeno se l´individuo o il gruppo avesse molto potere".

"Questo tipo di equivoco é piú comune di quanto non si pensi. Per esempio, molte delle critiche che la cosiddetta "sinistra", cristiana o no, dirige al governo Lula, lo accusano di non avere rotto col capitalismo o di non avere fatto riforme sociali e politiche profonde per semplice mancanza di volontá politica. Come se la volontá politica di un individuo o di un gruppo potente bastasse a produrre i risultati sociali e politici voluti. Noi cominciamo a sospettare o riconoscere che esiste qualcosa che si chiama "sistema" esattamente quando le nostre azioni non producono gli effetti desiderati". "Le azioni umane producono due tipi di effetti: quelli che coincidono con le intenzioni (effetti intenzionali), e quelli che non coincidono (effetti non intenzionali, che possono essere buoni o cattivi). In un primo momento pensiamo che gli effetti non intenzionali siano conseguenza di un´azione eseguita male". "Ma quando, pur perfezionando l´azione, l´effetto non cambia, cominciamo a capire che tra i risultati e l´azione esiste qualcosa che interferisce nel processo. Questo qualcosa ha a che vedere col sistema. Cominciamo ad accorgerci che le nostre azioni avvengono all´interno di un sistema. Un esempio molto comune si verifica quando, in una conversazione, le gente capisce male ció che vogliamo dire. In questo caso noi siamo soliti dire: "Non volevo dire questo!" La nostra intenzione era di comunicare un messaggio ben intenzionato, che é stato capito in modo diverso dalla nostra intenzione e ha provocato, forse, un malessere o qualcosa di peggio. In questo caso qualcosa del sistema culturale o del sistema di credenze e di pensiero di chi ascoltava ha interferito nella conversazione e nei suoi risultati".
Questo significa che non basta convincere le persone del fatto che abbiamo bisogno di un´economia socialmente piú giusta ed ecologicamente sostenibile. Nemmeno é sufficiente che le persone convinte cambino il loro modo di agire e le loro abitudini quotidiane. É chiaro che questi cambiamenti sono necessari e importanti, ma non sono sufficienti. In una societá schiavista, per esempio, anche se tutti si convincono del male della schiavitú e i signori cominciano a trattare meglio i loro schiavi, il sistema rimane schiavista. Se il sistema produttivo (economia) continua schiavista e senza mano d´opera libera, un fazendeiro ben intenzionato non puó continuare ad essere padrone di fazenda e contemporaneamente liberare tutti gli schiavi. Se lo facesse, diventerebbe un ex-fazendeiro".

Molti dei discorsi a favore di un "altro mondo possibile" fanno centro, fondamentalmente, sull´impegno di convincere le persone di questa necessitá. Ma, dimenticando o non dando enfasi sufficiente alla necessitá parallela di cambiamento del sistema, questi discorsi finiscono col diventare moralistici, discorsi che fanno appello solo alla coscienza morale. Nel campo dei problemi economici e sociale, buone intenzioni e coscienza etica sono importanti ma non bastano se non ci sono azioni politiche che generino trasformazioni nel sistema economico, politico e sociale. (Nel prossimo articolo parleró della divisione del lavoro). (Dal sito Adital).

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