15 marzo 2010

MARTIRIO: ROMERO E GLI ALTRI, PER LA VITA DI TUTTI.

Foto: il volantino della nostra Romaria dos mártires, con un errore (spargere...si scrive "espalhar", non "espahar".

La settimana scorsa vi ho postato alcuni dati sull´economia del territorio della mia Diocesi, Goiás, che dovevo presentare (a richiesta del vescovo e di una commissione diocesana che noi chiamiamo "assessoria"). Ora, per completare l´informazione, dovrei aggiornarveli: primo, perché nelle ultime ore me ne sono venuti a mano altri ancora piú interessanti. Secondo, perché la discussione dell´assemblea di coordinamento diocesano ha messo in luce una maggiore importanza e capacitá di impatto di alcuni di quei dati rispetto ad altri, al punto di richiedermi un approfondimento. Ad esempio, é apparso di una nitidezza abbagliante il fatto che, nella nostra regione e in tutto il Brasile, il grande problema dell´agricoltura (e delle regioni agricole come la nostra), é lo scontro frontale e inevitabile tra gli obiettivi del "Grande Mercato Globale" e gli interessi (che sono la vita) della gente che abita qui.

L´agricoltura familiare utilizza, in Brasile, il 24,3% della terra, e riceve dal governo un finanziamento di 13 miliardi di reali. L´agronegócio (monocultura industrializzata per l´esportazione) utilizza quasi il doppio di terra, ed ha un finanziamento pubblico di 100 miliardi di reali. Tuttavia la prima, oltre a dare lavoro a un numero ben superiore di famiglie, produce una percentuale molto maggiore di alimenti di prima necessitá ((87% di manioca, 70% di fagioli, 46% di granoturco, 38% di caffé, 34% di riso, 58% di latte, 59% di carne suina, 50% di polli, 30% di carne bovina e 21% di frumento: solo nella produzione di soia vince di gran lunga la monocultura, con 80% della produzione). Basta questo dato per capire quanto le scelte del mercato siano indifferenti al benessere della popolazione e ostili alla vita: e non parliamo nemmeno di quanti agrotossici la monocultura sparge, quanta acqua spreca, quanta ricchezza esporta lasciando quí soltanto le misere paghe dei braccianti, quanti danni reca al terreno senza pagarne il recupero, quanta gente spinge dalla campagna verso la cittá concentrando sempre píú la popolazione, i capitali e tutto il resto.

Ma per l´aggiornamento mi fermi quí. Lo spazio ha le sue esigenze, e gli argomenti da trattare sarebbero tanti. Aggiungeró soltanto che questa nostra Assemblea Diocesana di Coordinamento é stata centrata principalmente su due temi: la Campagna della Fraternitá e la Romaria dos Mártires, che stiamo preparando per il prossimo 23 ottobre. Il dibattito, su ambedue i temi, é stato di una forza e di un realismo che mai mi sarei aspettato. Mi ha impressionato. Mi ha fatto pensare a quante volte, nei miei pochi 46 anni di prete, ho letto e spegato, per me e per gli altri, questo vangelo "non potete servire a Dio e al denaro", come una bella esortazione moralistica a vivere un atteggiamento di generico "distacco dalle cose materiali", senza ulteriori conseguenze sul piano pratico. Qualcuno, molto significativamente, lo definiva "un consiglio evangelico", a sottintendere che non era proprio un comandamento ed era obbligatorio, semmai, solo in parte e soprattutto per preti, frati e suore, cioé persone che non hanno bisogno di soldi perché appartengono ad organizzazioni a cui, giá di per sé, non manca niente.

In questa riflessione mi sono reso conto, con tutta evidenza, che é piú di un comandamento: é una necessitá. Invece lo é, drammaticamente, per ogni credente che si fa discepolo di Gesú Cristo. E non é appena una necessitá morale di conversione individuale, ma una necessitá di conversione culturale, sociale e strutturale. O cambiamo strada, o ci facciamo del male e distruggiamo la vita sulla terra. Noi, Chiesa, abbiamo una grande responsabilitá: di non annacquare questo vino nuovo e forte del richiamo di Gesú, né con le parole né con l´uso pratico del denaro, che spesso anche tra noi é amministrato con lo stesso spirito idolatrico con cui lo amministrano i pagani e gli atei: le conseguenze si vedono.

Sul tema del martirio e della "Romaria dos Mártires", noi siamo partiti dal racconto. Quest´anno si compiono 25 anni dall´assassinio di un sindacalista di questa Diocesi, Nativo da Natividade, che partecipava ai gruppi di Vangelo e si dedicó al sindacalismo, particolarmente nella difesa dei tagliatori di canna del suo comune, Carmo do Rio Verde. Durante la celebrazione della messa in Cattedrale, i suoi compagni di allora e sua moglie hanno ricordato passo a passo la progressione del suo impegno che lo condusse al martirio. Uscirá un libretto con la sua vita e la sua esperienza. Nel 1985 giunse al culmine: vinse le elezioni sindacali con quasi 90% dei voti, a rivelare come ormai la classe dei lavoratori agricoli e dei braccianti era arrivata alla compattezza e poteva far rispettare l´essere umano. Ma a questo punto, come era accaduto con Gesú quando "le folle lo seguivano", il timore degli oppressori di trovarsi, con le spalle al muro, di fronte a un nemico disarmato ma deciso a cambiare le regole delle relazioni umane tra datori di lavoro e dipendenti e tra politici e cittadini, armó la mano del killer.

Quella di Nativo fu una lotta di classe: ma non, come alcuni maliziosamente sostengono, una lotta per il potere (ossia per decidere chi deve opprimere e chi deve essere oppresso). Bensí per imporre che nessuno opprima nessuno. Contro la ragione disarmata che dilaga e chiede una conversione, solo un mezzo é ancora disponibile per chi vuole continuare a calpestare il prossimo: la violenza. Fu cosí che i sacerdoti e gli scribi armarono Pilato contro Gesú per eliminarlo, e fu cosí che i sindaci di due comuni vicini (Carmo e Uruana) armarono un pistoleiro per abbattere Nativo. Il martirio é una cosa orribile, nessuno lo vuole o lo desidera, ma quelli che lo hanno subito per coerenza sono Beati e la loro testimonianza deve scuoterci e farci vergognare di tanti cedimenti e incoerenze.

"Questa Chiesa, la Chiesa diocesana di Goiás, é stata il terreno fertile nel quale é nato e cresciuto il Nativo lider dei lavoratori e impegnato nella loro liberazione: ed é nata l´organizzazione dei lavoratori rurali. Che é passato attraverso la prova del martirio di Nativo ma é poi sfociato in un movimento inarrestabile che, congiungendosi col resto del movimento nazionale, ha permesso la realtá di oggi, con il miglioramento della vita di milioni di persone: non solo lavoratori, ma gente di ogni classe sociale. Questo ci deve far riflettere oggi, quando tanta gente ha deposto idealmente le armi e non lotta piú: abbiamo bisogno di risvegliarci e tornare a fare formazione di cristiani impegnati in politica" - sono le parole, sintetizzate, di uno di quei compagni di Nativo, ancora inserito nel sindacalismo. E una partecipante all´assemblea, specialista in liturgia, ha commentato: "L´Eucaristia non ha senso se é soltanto celebrata: bisogna farla. La liturgia é celebrazione della vita".

Io peró sono molto impacciato e inadeguato, per una questione di esperienza personale, ad esprimermi su questo argomento. Lascieró la parola, perció a Dom Pedro Casaldáliga, della piccola schiera di vescovi emeriti della nostra regione, che ha scritto su Adital un bell´articolo sul martirio di Dom Oscar Romero, di cui pure ricorre l´anniversario del martirio in questi giorni (sono 30 anni dalla sua morte). Valga per Dom Oscar Romero, e per tutti i nostri martiri della lotta per la difesa dei contadini e per la Riforma Agraria in Goiás e nel Brasile: il nostro Nativo, Tarcisio, Padre Josimo Tavares, Padre Ezechiele Ramin, Sebastião da Paz, Padre João Bosco, Padre Francisco Jentel, Suor Dorothy, e tanti altri conosciuti e sconosciuti. Eccovi l´articolo di Dom Pedro, con la mia traduzione improvvisata (il testo originale é sul sito Adital, se trovate delle imperfezioni nella mia traduzione scusatemi).

Celebrare un Giubileo del nostro San Romero d´America é celebrare una testimonianza che ci contagia di profezia. È farsi carico in modo impegnativo delle cause, della causa per la quale il nostro San Romero é martire. Grande testimone nella sequela del Testimone massimo, il Testimone fedele, Gesú. Il sangue dei martiri é quel calice che tutti/tutte possiamo e dobbiamo bere. Sempre e in ogni circostanza, la memoria del martirio é una memoria sovversiva.

Sono trascorsi 30 anni da quella Eucaristia piena nella cappella dell´ospedale. Quel giorno il nostro santo ci scrisse: "Noi crediamo nella vittoria della risurrezione". E, molte volte, disse, profetizzando un nuovo tempo, "se mi uccidono, risusciteró nel popolo di El Salvador". Con tutte le ambiguitá del processo storico, il nostro San Romero sta risuscitando in El Salvador, nella Nostra America e nel Mondo.

Questo giubileo deve rinnovare in noi tutti una speranza, lucida; critica, tuttavia invincibile. "´Tutto é grazia", tutto é Pasqua, se entriamo con tutti i rischi nel mistero della cena condivisa, della croce e della risurrezione.

San Romero ci insegna e ci "riscuote" a vivere una spiritualitá integrale, una santitá tanto mistica quanto politica. Nella vita quotidiana e nei processi piú grandi della giustizia e della pace, "con i poveri della terra", nella famiglia, nel lavoro, nel movimento popolare e nella pastorale incarnata. Egli ci aspetta nella lotta quotidiana contro questa specie di gang mostruosa che é il capitalismo neoliberale, contro il mercato onnimodo, contro il consumismo sfrenato. La Campagna della Fraternitá del Brasile, quest´anno, é ecumenica e ci ricorda la parola incisiva di Gesú: "Voi non potete servire a due padroni, a Dio e al denaro".

Rispondendo a coloro che, nella societá e nella Chiesa, tentano di denigrare la Teologia della Liberazione, il cammino dei poveri nelle comunitá, questo nuovo modo di essere Chiesa, il nostro pastore e martire replicava: "Esiste un ‘ateísmo’ piú vicino e piú pericoloso per la nostra Chiesa: l´ateismo del capitalismo quando i beni materiali sono elevati al ruolo di idoli e sostituiscono Dio".

Fedeli ai segni dei tempi, come Romero, attualizzando i volti dei poveri e le urgenze sociali e pastorali, dobbiamo sottolineare in questo giubileo le cause maggiori, alcune delle quali sono degli autentici paradigmi. L´ecumenismo e il macro-ecumenismo, in dialogo religioso e in una comunione universale. I diritti degli emigranti contro le leggi segregazioniste. La grande causa ecologica.

(Precisamente la nostra Agenda Latinoamericana di quest´anno é dedicata alla problematica ecologica, con un titolo che é una sfida: "Salviamoci assieme al Pianeta"). L´integrazione della Nostra America. Le campagne per una pace effettiva, denunciando il militarismo in aumento e la proliferazione delle armi. Sollecitando l´urgenza di trasformazioni ecclesiali, con il protagonismo del laicato, richiesto a Santo Domingos, e l´uguaglianza della donna nei ministeri ecclesiali. La sfida della violenza quotidiana, soprattutto tra i giovani, manipolata dai mezzi di comunicazione alienanti e dall´epidemia mondiale delle droghe.

Sempre e ogni giorno di piú, quanto piú grandi diventano le sfide, vivremo la scelta dei poveri, la speranza "contro ogni speranza". Seguendo Gesú come discepoli, verso il Regno. La nostra coerenza sará la migliore canonizzazione di "São Romero da América, Pastor e Mártir".

Nessun commento:

Posta un commento