2 ottobre 2009

NOTIZIE: DI FEDE E POLITICA

Ad esercizi spirituali finiti posso garantire: nessuna smentita, e qualche conferma, alla teologia che vi ho esposto nella pagina della settimana scorsa. Ma che c´entra? In un regione come il Goiás gli esercizi non si misurano tanto dalle meditazioni teologiche sulla spiritualitá "sacerdotale", quanto dall´incontro in sé. Siamo una trentina di preti sparsi in un territorio grande come l´Emilia Romagna. La meraviglia viene dalla condivisione dei sentimenti e dal racconto di fatti, esperienze, gioie e dolori, vittorie e sconfitte. É un raduno di discepoli di Gesú: "Li invió due a due, davanti a lui, ad ogni cittá e villaggio dove egli stesso doveva andare. I settandue tornarono molto allegri, dicendo: "Signore, perfino i diavoli ci obbediscono a causa del tuo nome!" (Lc. 10, 1 e 17). Padre Wellington di Carmo do Rio Verde, nei mesi scorsi, ha assistito sua madre negli ultimi giorni di vita e narra le sofferenze e la fede. Padre José, che vive a Britania (agli estremi confini della diocesi), confessa: "Avevo nostalgia di incontrarvi. Sono mesi che non ho piú notizie di nessuno di voi". Tutti hanno da raccontare. Sono i settantadue discepoli: ragazzoni che forse non hanno letto molta teologia, ma vanno lontano dal centro e spendono sé stessi nelle piccole cittá dell´interno, condividendo ogni gioia e dolore della gente. Non ci sono dubbi che le loro radici sono in una profonda e stretta comunione con Gesú e nella ferma convinzione di essere inviati da Lui. E poi anche nel sentirsi parte del suo Corpo che é la Chiesa, di cui sono la manodopera. Sí, sono la manovalanza che annuncia il Vangelo e trasmette la fede! Non da una cattedra o da un ufficio centrale, ma tra la gente e costruendo relazioni personali. Quelli dell´apparato non stiano a costruire muri di difesa: finirebbero per chiudere fuori anche i propri operai.

Il vescovo-predicatore ha conservato l´uso del clergyman, dello zucchetto e della croce d´oro sul petto. Per il resto é molto alla buona e affabile, secondo lo stile molto democratico dei brasiliani. Ci ha distribuito le sue meditazioni scritte. Sono farcite di citazioni di Enzo Bianchi. Ho letto un articolo sul Corriere in cui il giornalista, molto sicuro di sé, riaffermava che "la Chiesa é una monarchia assoluta", come se questa fosse una veritá di fede e un segno del legame della Chiesa con Dio. Dalle nostre parti sono pochi a ritenere che il rapporto tra i vari membri del Corpo di Cristo abbiano bisogno del supporto di questo carattere monarchico, assoluto per di piú: che non é altro, invece, che un pó di fango del mondo che si appiccicato dove non doveva. Il nostro vescovo Dom Eugenio si é messo tra noi come prete tra preti. Se gli chiedete perché, risponde: siamo tutti Chiesa-Popolo di Dio, discepoli di Gesú, senza caste, senza "cariche": solo servizi. I vescovi sono ancora profeti. Non di quelli alla Dom Helder Câmara, Dom Pedro Casaldáliga, Dom Tomás Balduino, Dom Antonio Gomes, Dom Fragoso, eccetera, che scuotevano Chiesa e mondo con la forza della parola. Ma di quelli che sono Chiesa sulla strada di Gesú di Nazareth, con la loro stessa vita che diventa Parola di Dio. Certo che a volte si sente nostalgia delle voci profetiche di un tempo. Mentre il predicatore ripeteva: "Se viviamo in Cristo, cambiamo il mondo", un collega della mia etá mi ha bisbigliato all´orecchio: "Se viviamo in Cristo, dobbiamo stare coi poveri cristi e portare la loro stessa croce".

Il vescovo Dom Eugenio, durante un intervallo di preghiera, mi ha passato una rivista: "Leggi quí, poi me la restituisci". É l´edizione brasiliana di "le monde diplomatique", un mensile che ha tre anni di vita. C´é un articolo sui berluscones, firmato da Carlos Galli, un professore di Bologna. Non c´entra con i bartimei di Goiás ma ve ne cito un brano: perché ho la strana sensazione che il male che affligge l´Italia sia diffuso, in dosi piú o meno pericolose e in contesti diversi, nel mondo intero: é un´infezione che puó saltare fuori anche quí, in qualche modo. Ma é poi vero che siete una societá in decadenza? Lo lascio decidere a voi.

"Il successo politico di Silvio Berlusconi non é niente dell´altro mondo: non si tratta di un extraterrestre che ad un tratto é atterrato nel seno di una democrazia efficace e di un mercato trasparente. Rappresenta, al contrario, la sintesi del declino e dell´immobilismo dell´Italia. In altre parole, questo successo politico é il frutto proprio di una democrazia e di un mercato in decadenza. A partire dal 1978, anno in cui fu assassinato il primo ministro Aldo Moro dalle Brigate Rosse, il paese entró in un periodo di mancanza di obiettivi politici e impulso riformatore. Soffrí anche la decadenza di senso civico, legata direttamente all´estinzione progressiva della base che aveva dato legittimitá alla Repubblica: l´antifascismo. In seguito, la funzione regolatrice della politica e del diritto diminuí sotto la pressione delle esigenze dell´economia. L´Italia é un paese frammentato in gruppi di interesse - dai piú potenti ai piú miserabili - tutti estranei alla legalitá comune e allo spirito civico. La societá é una selva, nella quale non sono presenti pienamente le logiche del mercato o dello Stato, ma piuttosto il privilegio, il risentimento e la paura. Non é per caso che l´insicurezza caratterizza questo "stato di natura", tipico di un´organizzazione che sente sempre meno la necessitá di regole di convivenza. Gli italiani sentono intuitivamente che la crisi di legalitá penalizza tutti, ma la maggior parte preferisce sfruttare la situazione e usare le breccie della legge, senza molto sforzo per promuovere il rispetto collettivo delle regole".

Quanto alla crisi di Honduras, la rivista ISTOÉ del 30/09/09, nell´editoriale, scrive: "Posto involontariamente in mezzo al conflitto istituzionale che ha colpito l´Honduras, il Brasile si é proiettato come protagonista della politica internazionale e dovrá mostrare un polso fermo per condurre una situazione di impasse senza precedenti con l´insurrezione della popolazione. Dando protezione al presidente deposto, Zelaya, l´ambasciata brasiliana é stata circondata, in netto affronto alla sua sovranitá. Il presidente Lula, strategicamente in viaggio agli Stati Uniti per incontri coi leader del mondo libero, ha approfittato della tribuna dell´ONU per esigere l´immediata uscita dei golpisti. Ha detto di non riconoscere il governo dell´attuale presidente Roberto Micheletti. É stato applaudito. Nonostante il suo fosse un passo avanti verso lo scontro diplomatico, Lula ha incassato sostegni dati apertamente. Il segretario generale della OEA, José Miguel Insulza, ha detto che il governo brasiliano attuava con l´appoggio della comunitá. Il presidente francese, Nicolas Sarkzy, ha lanciato la proposta che il Brasile occupi definitivamente una sedia nel consiglio permanente dell´ONU. In pratica il Brasile ha fatto ció che doveva: non c´era come ricusare riparo alla richiesta di un presidente eletto nell´esercizio legittimo del suo mandato. Ma su Zelaya é bene ricordare che non si tratta di uno statista classico, che segue la regola dei diritti democratici". In pratica vuol dire che Lula ha fatto bene a proteggerlo, ma Zelaya stava cercando di cambiare la Costituzione per ottenere un terzo mandato: quindi é stato lui il primo a mettere in pericolo la Costituzione. Come nelle liti tra bambini: il primo é il piú colpevole. Sará vero? La lezione é che dietro le deboli democrazie dell´America Latina ci sono gruppi di potere forti che manovrano, e che la democrazia stessa é sempre in pericolo se la gente non la difende a tutti i costi. E non é solo in America Latina.

PS 03/09/09: DI IERI SERA LA NOTÍZIA CHE LE OLIMPIADI DEL 2016 SARANNO A RIO DE JANEIRO. QUESTA MATTINA GOOGLE É APPARSO CON UN PAESAGGIO DELLA EX-CAPITALE. ALTRA VITTORIA, QUESTO LULA É UN DIAVOLO!!!

Foto: la cappella della chácara, dove abbiamo fatto il ritiro. La foto non é attuale, l´ho presa dal mio archivio.

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