Sono riuscito, finalmente, a correggere l´impostazione: d´ora in poi, se vuoi, puoi mandare un commento via e-mail o pubblicarlo direttamente senza difficoltá. Cerchiamo di creare un pó di dialogo e arricchire i contenuti.
L´onorevole Tremonti: "Credo nel posto fisso". Come dobbiamo accoglierlo questo messaggio? Ditemelo voi. Negli anni 80 Reagan e la Tatcher lanciarono la "deregulation". I sindacati, di fronte a un mercato del lavoro che non faceva piú assunzioni, accettarono la "flessibilitá del lavoro" e i contratti a tempo determinato, per aprire una strada ai giovani. Ricordo un´assemblea della CISL a Sassuolo nell´85 (ero provvisoriamente sindacalista), in cui il conferenziere e paladino della mobilitá era il professor Romano Prodi. Noi dicevamo: "Mobilitá sí, ma attenti: il contratto a tempo determinato sia realmente di formazione-lavoro, duri poco e abbia regole e controlli". Negli anni seguenti é accaduto il contrario. La finanza sempre piú fuori controllo, fino a provocare questa crisi. I contratti a termine hanno prodotto milioni di precari a tempo indeterminato. Se lo Stato non impone delle regole al capitale speculativo hai voglia di credere nel posto fisso! I finanzieri spostano gli investimenti da un continente all´altro e da un settore all´altro sorvolando la gente senza nemmeno vederla. Le imprese nascono, si fondono e chiudono come se niente fosse. Gli economisti sostengono nella midia che l´economia ha le sue regole che non dipendono dai comandamenti di Dio, e che l´egoismo é la molla che fa girare il mondo: senza di essa c´é solo miseria. "Credo nel posto fisso" sembra un atto di fede: bisogna poi vedere in quale dio!
Ma sarebbe bello se la crisi avesse messo in moto una reazione a catena di "conversioni": questo non é un ambito religioso, ma ha molto a che vedere con la fede di Gesú, rivelata nella moltiplicazione e condivisione del pane e nella storia del samaritano. Se si vuole dare un futuro sereno alle famiglie e promuovere la vita bisogna garantire lavoro e stabilitá. Forse, é meglio per la stessa economia, no? Una ripresa economica che continuasse a provocare disuguaglianza sarebbe una sconfitta, non una vittoria sulla crisi. E scusate se scrivo da incompetente: sono appena tornato dalla visita ad una famiglia che ha venduto le sedie e il televisore per comprare il cibo. L´economia va bene quando tutti hanno lavoro e salario. Nella vicina cittá di Heitoraí, mi raccontano: "Quí sono nati diversi accampamenti di senza terra, e hanno ottenuto la terra lottando contro tutto e tutti: anche contro i politici e l´elite locale, che li odiava. Padre Giorgio Gagliani, modenese, ci ha messo la vita per sostenerli. Altri preti e laici del posto hanno discusso e litigato perfino contro le famiglie cattoliche piú in vista, che trattavano i senza terra come dei vagabondi senza arte né parte. Ora, peró, si vede chi aveva ragione: da quando i senza terra si sono fissati sulla terra e producono, Heitoraí che era una cittá in agonia é risorta. La cittá é vivace, piena di eventi e iniziative, e gli esercizi commerciali prosperano".
Ci sono poi questi altri messaggi espliciti - via internet. Uno di Don Vitaliano della Sala: "Nell’universo ci sono 200.000.000.000 di galassie, ognuna a milioni di anni luce dall’altra, e ognuna con in media 100.000.000.000 di sistemi solari… e chi abita in Marocco sarebbe uno straniero?". Meno male che qualcuno lo dice, anzi, lo grida. Il secondo di don Angelo Casati parroco nel milanese: “Vogliamo una Chiesa che non imponga mai a nessuno le proprie convinzioni sui problemi dell’etica e della politica e si fidi solo della forza libera e mite della fede e della grazia di Dio. Vogliamo una Chiesa che pratichi la compassione e trovi nella pietà la sua gloria. E faccia sue le parole che il santo padre Giovanni XXIII incise sul frontone del Concilio: Oggi la sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che della severità. Essa ritiene di venire incontro ai bisogni di oggi non rinnovando condanne ma mostrando la validità della sua dottrina... La Chiesa vuol mostrarsi madre amorevole di tutti, benigna, paziente, piena di misericordia e di bontà, anche verso i figli da lei separati. Vogliamo una Chiesa che sappia dialogare con gli uomini e le donne e le loro culture, senza chiusure e condizionamenti ideologici, e impari ad ascoltare e a ricevere con gioia le cose vere e buone di cui gli interlocutori sono portatori. La verità e la bontà sono di Dio, il quale le dà a tutti gli uomini e non solo ai cristiani.
Vogliamo che al centro della Chiesa venga messo il Vangelo e la sua radicalità. Solo così la Chiesa potrà essere vista e sperimentata come esperta in umanità. È tempo che, senza paura, nella Chiesa e nella città prendiamo la parola da cristiani adulti e responsabili, pronti a rendere conto della speranza cristiana”.
Ma il messaggio piú esplicito di tutti é quello del Vangelo di domenica scorsa: "Voi sapete che i capi delle nazioni le opprimono e i grandi le tirannizzano. ma tra voi non sará cosí: chi vuole essere grande sia vostro servo, e chi vuole essere il primo sia lo schiavo di tutti" (Marco, 10, 42-44). Che sembra una tirata d´orecchi a noi: cattolici e Chiesa. Come siamo lontani da questa pratica evangelica! Quando diciamo di essere "al servizio", non stiamo peccando contro lo Spirito Santo (se ne parlava nel Vangelo di sabato)? Stiamo mentendo alla nostra coscienza, e lo Spirito é Dio in noi, che ci parla con la nostra coscienza. Un peccato imperdonabile: forse Dio perdona anche questo ("non sanno quello che fanno"), ma noi no. Ci tormenterá per tutta la vita, ricordandoci che siamo vigliacchi e impostori. Molta gente perde la fede per colpa nostra: e quelli che non hanno fede sono ben contenti di averci come complici. Nel film-fumettone Angeli é demoni, dopo ore di gimcana per le strade di Roma il prete-camerlengo pronuncia queste sagge parole: "Dobbiamo aprire le porte e le tende, e parlare al nostro gregge. Se il mondo lá fuori potesse vedere la Chiesa come la vedo io, vedrebbe un miracolo moderno: una fraternitá di anime semplici e imperfette, che non vogliono essere niente di piú che la voce della compassione in un mondo fuori controllo". Semplicista e populista, ma in fondo esprime il sentimento di tantissimi credenti. Non ci salveremo mascherando da "servizio" il potere, i titoli, le insegne, le caste,le alleanze e i patteggiamenti. Solo la sincera e reale sequela di Gesú Cristo salva. Forse, col tempo e i fallimenti, ci arriveremo.
Per ultimo, siccome siamo nel mese delle missioni, vi pubblico quest´altro messaggio e-mail dal Mozambico. É del Padre Luis Cardalda, uno spagnolo della Galizia, che é rimasto per molti anni qui con noi come prete Fidei Donum e poi ha chiesto di essere inviato, da questa Diocesi, come missionario in Mozambico: ed é assai piú vicino alla mia vita quotidiana. “É necessario rinnovare l´impegno di annunciare il vangelo, fermento di libertá e progresso, di fraternitá, unione e pace. Desidero di nuovo confermare che il compito di evangelizzare tutti gli uomini costituisce la missione essenziale della chiesa" (Benedetto XVI- messaggio per la giornata missionaria). Ottobre, mese missionario, ci riporta alla memoria i ricordi delle attivitá con cui, nelle nostre comunitá, si celebra il comando di Gesú di andare a tutte le nazioni. Ad Itaberaí io vibravo ogni volta che si cantava: "Vai,vai missionário do Senhor". Forse influenzato da quell´entusiasmo, quando mi capitó l´occasione venni in Mozambico, dove mi trovo ora per la seconda volta inviato dalla Chiesa di Goiás. Il missionario viene inviato per ricordare a tutte le comunitá che la missione é un´esigenza fondamentale della fede. Cosí lo conferma il papa: "La missione oltre frontiera dev´essere la prioritá dei vostri piani di pastorale".
La vita del missionario si compone di piccoli gesti. davanti al diverso impara ad essere umile, ascoltare, accogliere, essere paziente e rispettare. Ha nel cuore la certezza che prima di lui é arrivato lo Spirito Santo a spargere le sementi del Verbo. Per questo, il missionario é chiamato a guardare con fede la realtá per scoprirvi le strade che lo Spirito sta aprendo. Ci sono momenti, quando osserviamo con amore, in cui piccoli gesti sono rivelatori. Tornavo dal mercato verso sera, uma bambinetta veniva con un recipiente di paglia sulla testa, in cui portava un poco di manioca, forse per la cena della famiglia. Ad un tratto ella si ferma davanti a me, prende un pezzo di manioca, e me lo porge. Non ha detto niente, ho visto solo il suo sguardo brillare e un sorriso affettuoso sul suo volto. Sono gesti cosí, che parlano del Regno e incoraggiano il cammino conducendoci all´essenziale: creare fraternitá.
Quando il missionario arriva in una comunitá é una festa. Nella celebrazione dell´Eucaristia, si vibra di allegria, si condivide la Parola, e la presentazione delle offerte la si fa danzando. É quello di San Paolo, chi dona lo faccia con gioia. Ma é il momento della pace che per me é presenza coinvolgente dello Spirito. La gioia degli uomini, le grida di giubilo delle donne (ululus), i bambini che mi accerchiano per la pace, mi fanno vivere la profonda comunione che abbiamo nello Spirito del Risorto. Questa Chiesa é ministeriale. Sono i laici, madri, padri e giovani, che nelle comunitá si fanno carico dei diversi servizi. A loro dedichiamo prioritá nei nostri piani di formazione. In ogni comunitá c´é un consiglio che dirige e organizza la vita della comunitá. Il centro del cammino di ogni comunitá é il catecumenato, che dura 4 anni. Nessuno si battezza senza passare attraverso il catecumenato. Cosí camminano le 140 comunitá che serviamo con molti chilometri da percorrrere.
La situazione sociale non é buona. Quest´anno molta gente é morta di colera. La malaria é endemica e provoca anemia. L´aids sta decimando la gioventú e lasciando molti orfani. Esiste ancora la lebbra e la tubercolosi, e altre malattie croniche come cronico é il problema dell´acqua. Per bere noi andiamo a cercarla a 20 chilometri. Ma una cosa che colpisce l´attenzione é l´allegria di questo popolo povero. Nonostante tutto questo e la convivenza con la fame (molte famiglie fanno solo un pasto al giorno) conservano il sorriso. Penso che sia una chiara manifestazione dello Spirito. Alla nostra porta arrivano molti studenti - alcuni orfani - con difficoltá per continuare gli studi, e chiedono aiuto. Facciamo quello che le nostre possibilitá ci permettono, ma é doloroso quando dobbiamo dire che non possiamo. Che le nostre possibilitá non arrivano a tanto. Nonostante questo vogliamo aiutare a mantenere viva la speranza, come ha detto il papa: "La missione della Chiesa é contagiare di speranza tutti i popoli".
A tutta la gente di Itaberaí l´augurio che crescano nella fede e incontrino in Gesú Cristo la gioia e la pace. Pe.Luis - Moma 17-10-2009.
Foto: Padre Luís Cardalda (sinistra) e Padre Severino Silva, parroco di Itaberaí, che é stato per qualche tempo suo compagno di missione in Mozambico.
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