1 - Cominciamo con una notizia di cronaca: l´influenza A si sta diffondendo ad Itaberaí, e in alcune cittá vicine ha fatto anche dei morti. Arriva un uomo trafelato ed emozionato in canonica e dice: "Padre, la Secretaria di Sanitá pubblica suggerisce di non dare piú la comunione in bocca". Cosa non induce a fare (e a dimenticare) la televisione. Io ero presente quí nel 1968, quando cominció la pratica del Concilio Vaticano II e noi chiedemmo ai fedeli di andare a ricevere la comunione camminando in fila, invece che in ginocchio alla balaustra: e sul palmo della mano invece che in bocca. In poche settimane tutti adottarono felicemente questo nuovo modo. Si diceva: "É piú da adulti, e mette in risalto la dignitá di ogni battezzato. Non siete bambini che hanno bisogno di essere imboccati, ma persone che seguono volontariamente Gesú e partecipano alla "cena eucaristica" in sua memória". Recentemente sono sorti dei movimenti che, invece, chiedono di ricevere di nuovo la comunione in bocca. Alcuni hanno aderito: non molti. Il pretesto é che le mani sono sporche e indegne del Corpo di Cristo. Perché la bocca sarebbe piú pulita e piú degna? Adesso, scoprendo che la bocca puó essere piú infetta delle mani, dovranno tenerla chiusa! Ma davanti a Dio resta sempre vero ció che dice il Vangelo: lo sporco esce dal cuore dell´uomo, non entra attraverso le mani o la bocca.
2 - Il grido di allarme di un Bartimeo italiano é stato lanciato su Internet: IL PAESE DI SAN FRANCESCO É IL PRIMO A PRIVATIZZARE L´ACQUA. É di Padre Alex Zanottelli, che poi accenna al Cantico delle creature: "Laudato sii, mi Signore, per sora acqua - la quale é molto utile, et preziosa et casta". San Francesco é il patrono d´Italia, e l´inno é una delle prime gemme della letteratura italiana. Se non sono radici cristiane queste! Eppure, fa notare il missionario, la prima nazione al mondo a trasformare l´acqua in una fonte di guadagno per imprese private, assimilabile alla raccolta e riciclaggio dei rifiuti, é la stessa che rivendica un crocifisso appeso alla parete nelle sale pubbliche, l´insegnamento cattolico nelle scuole, lo sbarramento contro le moschee. "Giorni fa abbiamo avuto l’ultimo tassello che porterà necessariamente alla privatizzazione dell’acqua. Il Consiglio dei Ministri , infatti, ha approvato il 9/09/2009 delle “Modifiche” all’articolo 23 bis della Legge 133/2008 . Queste "Modifiche" sono inserite come articolo 15 in un Decreto legge per l’adempimento degli obblighi comunitari. Una prima parte di queste Modifiche riguardano gli affidamenti dei servizi pubblici locali, come gas, trasporti pubblici e rifiuti. Le vie ordinarie -così afferma il Decreto- di gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica è l’affidamento degli stessi, attraverso gara, a società miste, il cui socio privato deve essere scelto attraverso gara, deve possedere non meno del 40% ed essere socio "industriale”.
3 - Un altro che grida - ma senza alzare la voce - é Mario. Legge attentamente il Vangelo del giorno nelle case dei quartieri piú poveri della cittá di Goiás e, sfruttando le osservazioni piú incisive dei partecipanti, invia ogni giorno una breve riflessione agli amici italiani iscritti alla sua mayling list. Si firma "il postino". Tuttavia é un postino che ci mette del suo: e da buon milanese non puó esimersi da riferimenti ai fatti italiani. I suoi "pezzi" diventano, in questo modo, un campanello d´allarme costante: a stare attenti, per non assorbire inavvertitamente il "lievito" mondano o quello, piú insidioso, dei farisei e degli scribi, scambiandolo per quello di Gesú. Quello dei farisei ci trasforma in marionette. Quello di Gesú ci fa figli di Dio. Vi pubblico alcuni stralci dei suoi "vangeli" di questi giorni, per condividere. A chi volesse, poi, leggerlo tutti i giorni e per intero, indico il sito italiano http://giornoxgiorno.myblog.it a cura di don Augusto Fontana, un parroco della diocesi di Parma che ha buoni rapporti con noi. Nella pubblicazione completa sono incluse anche memorie molto precise dei "santi" e "martiri" del Vangelo nella storia, seguendo non solo la lista del martirologio cattolico ma anche quella, assai piú ampia, dei giusti di ogni religione, popolo ed....epoca.
4 - “Un sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. C’era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo” (Lc 6, 6-7). Ancora una volta la sinagoga, ovvero la comunità. E un uomo, la cui mano destra paralizzata è insieme conseguenza e specchio della nostra incapacità di “fare” il bene. Marco, nel racconto parallelo a questo, mette in scena anche gli erodiani (i partitari del premier godereccio di Galilea) a congiurare con membri del partito religioso per far morire Gesù (Mc 3, 1-6). Detto in altri termini, per eliminare il Suo significato dalla nostra storia, svuotare il Suo nome (e la Sua chiesa) della “Buona Notizia per i poveri” (Lc 4, 18) che egli è (e che noi dovremmo testimoniare), riducendolo così a semplice contenitore vuoto, pronto per essere riempito di qualsiasi altro contenuto. Funzionale al potere, senza inutili intralci al manovratore di turno. Luca, quando scrive, ha ben presente come sarebbe finita, come Gesù, appunto, sarebbe stato condannato da una manovra congiunta del potere politico (Pilato), di un partito paganeggiante (erodiani), di alte gerarchie religiose (sadducei), e di un’influente corrente religiosa assolutamente ortodossa (farisei). Espressione, evidentemente, di una, solo apparentemente strana ma reale, convergenza di interessi. E si fa premura di ricordarlo alla sua comunità, e alle comunità di ogni tempo. Dimenticare ciò che è prioritario per Gesù (cioè, per Dio) – dare (o ridare) all’uomo (ogni uomo) la sua capacità di agire, renderlo cioè soggetto della sua storia – a cui dovrebbe tendere ogni legislazione civile e religiosa (la legge del Sabato), è tentazione ricorrente. Non solo per le istituzioni, ma anche per ognuno di noi, individualmente. Ed è volta ad influenzare la scelta dei nostri stili di vita, le nostre preferenze politiche, le nostre opzioni economiche e la nostra maniera di vivere la fede e testimonianrne i contenuti. “Gesù disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: Àlzati e mettiti qui in mezzo! Si alzò e si mise in mezzo” (Lc 6, 9). L’autore della cura, si fa ora specchio dell’uomo guarito. Guarire significa mettere al centro delle nostre attenzioni l’altro. E liberarlo. Certo, ai potenti che hanno bisogno, non di uomini, ma di marionette, o di cristiani mai davvero adulti e responsabili, questo può dare fastidio. Molto fastidio.
5 - “Alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: “Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo” (Lc 6, 20-22). Sono le beatitudini nella versione che ce ne fornisce Luca. Ad esse seguono i lamenti di Gesù sui ricchi, i sazi, i gaudenti, i vanamente adulati. Ma noi ci si potrebbe fermare anche solo alla prima beatitudine: beati voi, poveri! Così apparentemente paradossale. Ancor più per quel verbo al presente che attribuisce loro la proprietà del regno di Dio. Che se fosse al futuro, uno direbbe: ma sì, lasciamo che si consolino con la promessa del paradiso prossimo venturo. Ma non si parla di paradiso. Si parla di qui e di adesso. Questa è una beatitudine che non manca di scandalizzare ogni volta che ci si soffermi solo un po’ a pensarla. Perché, da pazienti frequentatori di chiesa, ci si aspetterebbe, ogni tanto, un contentino per noi: beati voi, battezzati, cresimati, devoti, e anche, magari solo ogni tanto, buoni e con almeno una qualche virtù di cui potervi vantare. E, invece no. Nemmeno al giudizio, quello finale e definitivo, saremo giudicati su questo. No, nemmeno una parola per noi. Ma tutto per loro: beati voi, poveri. Certo, quelli che sono tra noi, ma anche quelli che incontriamo per strada, la mattina presto, mentre si va a pregare, e che vanno chi al lavoro, chi a scuola, e chi, invece, magari, ritorna dal perdere tempo in sciocchezze. Di quelli che, di Dio, non gli sfiora neanche lontanamente il pensiero. Beati voi, poveri: perché io ho già scelto; sto dalla vostra parte! Così come siete, buoni o cattivi, riconoscenti o ingrati, lavoratori o pigri, sobri o mica tanto, di quelli che non cadono mai o recidivi. E così via. Dio è così. La chiesa dovrebbe essere così. Mica intenta a farsi proseliti o a distribuire sacramenti. Ma a tifare per i poveri, che è l’unica maniera di tifare per Gesù Cristo. A lasciarsi convertire da loro. Cioè, da Lui. Beh, a questo punto molti storcerebbero il naso e finirebbero con l’andarsene di chiesa. È persino ovvio. Ma arriverebbero altri. Per pura passione e incanto. Come già succedeva si recassero da Lui. Passione di Dio. E i sacramenti non sarebbero più la stanca ripetizione di cose che non si capiscono più, ma il modo di raccontarci questo amore e di giocare ad essere un po’ come Lui. Dio.
6 - “A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. [...] La vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi” (Lc 6, 27-28. 35). Non viene naturale amare chi ci sta sulle scatole, ci dicevamo stamattina. Né fare tutte le altre cose che Gesù ci suggerisce in questo brano di Vangelo. Eppure, se c’è qualcosa per cui il Vangelo è davvero Buona Notizia, si tratta di queste parole. Perché ci dicono come è Dio, come agisce anche con coloro che lo sfuggono, gli disobbediscono, si ribellano. Dunque anche con noi, che gli resistiamo. Lui è una buona madre, che può perdere ogni tanto la pazienza, però poi alla fine, perdonare, non smettere di amare, è più forte. Come dice Dominga, che fa l’esempio di lei e Daniela. E come conferma, l’altra Dominga, più avanti negli anni e perciò nell’esperienza, e con uno stuolo di figli e nipoti. Lui, però, Dio, ha un vantaggio (come Dominga con Daniela e l’altra Dominga con i suoi cuccioli più o meno cresciuti), è il fatto che noi, tutti, siamo figli suoi. Mentre quelli che ci sono nemici, che ci maledicono, che ci perseguitano, non sono quasi mai figli nostri, né fratelli o anche solo parenti. E allora le cose si complicano. Questo, però, ci rivela che noi non abitiamo veramente in Dio, non viviamo della sua vita. Perché, diversamente, vedremmo con i suoi occhi – solo figli e figlie, dappertutto -, giudicheremmo, o, meglio, ameremmo, con il suo cuore. La tentazione, davanti a questa difficoltà, è far finta di niente, saltare a piè pari queste istruzioni, o minimizzarle, banalizzarle, svuotarle di significato. Ma, così facendo, si butta a mare Dio. Allora, forse, si tratta piuttosto di prendere atto della difficoltà. E, senza tradire la Parola, affidarci all’azione della grazia. “Siamo molti a dire, ma pochi a fare. Almeno però nessuno deve adulterare la parola di Dio per giustificare la propria negligenza, ma confessare la propria debolezza e non celare la verità di Dio: perché non diventiamo responsabili, oltre che della trasgressione dei comandamenti, anche della falsa interpretazione della parola di Dio”.
7 - “Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani. Alcuni farisei dissero: Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?” (Lc 6, 1-2). La contesa non è tanto tra farisei e discepoli di Gesù, né, quando scrive Luca, a rottura ormai consumatasi tra chiesa e sinagoga, tra ebrei e cristiani (tanto è vero che Gesù, nel racconto, argomenta in difesa dei discepoli a partire dall’Antico Testamento). No, la contesa è tra due modi profondamente diversi di pensare Dio e il rapporto con Lui. Certo, alcune prescrizioni che la Torah ci consegna riguardo al sabato suonano terribili (Es 31, 14-15). Ma nulla lascia immaginare che siano uscite mai dalla carta. Anche perché la Torah orale che accompagnava l’interpretazione di quella scritta, aveva da sempre anche la funzione di giustificare ogni volta la mancata applicazione di norme tanto severe. Salvando capra e cavoli, cioè la lettera e lo spirito della legge. Evitando una brutta fine al malcapitato contravventore, e tranquillizzando nel contempo il buon Dio, che, certe cose, se l’era lasciate scappare solo per un’eccessiva preoccupazione paterna. Del tipo: Sì, l’ho detto, ma non prendetemi alla lettera! Gesù, con la sua risposta mira a questo. La Legge, quella di Dio almeno, è al servizio della crescita dell’uomo, della sua dignità e della sua libertà. A protezione dagli abusi dei potenti. Per chi, invece, la usa “contro” i piccoli, gli ultimi, i deboli, vale il severo richiamo di Gesù: “Guai a chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare!” (Mt 18, 6). Dove lo “scandalo” è ciò che impedisce di credere che la vita sia il compimento di una benedizione e di una promessa di Dio. Che è Padre. E solo quello. Niente a che vedere con l’occhiuto carabiniere che non ha altro da fare che controllare quei poveri discepoli [di suo Figlio, per giunta!] che colgono quattro spighe fuori orario. Che tipo di chiesa siamo noi: una chiesa che si diverte a sparare sui poveri cristi, e dà magari, nel contempo, di gomito ai pesci grossi?
Foto: una via del centro di Cittá di Goiás conservata come ai tempi degli schiavi, che la pavimentarono. Le periferie sono tutta un´altra cosa. Fondata nel 1725 come cittá mineraria (oro), é dichiarata patrimonio culturale dell´umanitá.
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