3 maggio 2009

RIPARTIRE SEMPRE DA CRISTO

Nella foto: il nostro vescovo Dom Eugenio durante un incontro di confraternizzazione con il clero, uno dei rari momenti di relax nella sua agenda zeppa di impegni. Dom Eugenio, laureato in teologia catechetica, è rappresentante nazionale dei vescovi brasiliani per la catechesi. Siccome la CNBB ha promosso quest'anno come anno della catechesi, la sua presenza sarà molto sollecitata non solo nella nostra diocesi ma in tutto il paese. Da parecchio tempo il Magistero sottolinea la necessità della catechesi non solo per i ragazzi ma anche (anzi, soprattutto) per gli adulti. E' un'esigenza sempre più realistica e urgente, man mano che la società e la cultura percorrono un cammino distante e spesso divergente dal Vangelo, e la Chiesa rischia di seguirle. Noi battezziamo bambini dopo una preparazione sommaria dei genitori e padrini. Diamo la prima Eucaristia e la Cresima a ragazzetti e preadolescenti, dopo un breve periodo di catechismo. Non è fatto bene e non è sufficiente, tant'è vero che alla fine di questo periodo la maggior parte considera terminato il proprio impegno con la comunità cristiana e conclusa la propria formazione. Fanno la cresima e se ne vanno: è così in Italia, e sempre più spesso anche in Brasile.

Già il Concilio Vaticano II, nella Costituzione sulla Liturgia (par. 64), scriveva: "Si restauri il catecumenato degli adulti, distribuito in diverse tappe, la cui messa in pratica dipenderà dal giudizio del vescovo locale...." Non solo catechismo, perciò, ma addirittura un catecumenato: che significa un primo approccio, un "inizio dell'evangelizzazione" che faccia scattare la conversione, la decisione personale di aderire a Cristo e crescere come "creature nuove", discepoli e discepole di Gesù, che cercano di vivere "una nuova vita in Cristo". Siccome da ragazzi abbiamo ricevuto i sacramenti soprattutto per consuetudine, da grandi abbiamo bisogno di scoprire il loro senso e viverli come scelta di vita, riconoscendo Cristo come colui che ha parole che salvano. Come affermava il Vangelo di sabato scorso: "Tu solo hai parole di vita eterna" (Giov. 6, 69). Nonostante che i ripetuti interventi del Magistero abbiano martellato questa esigenza, il catecumenato e la catechesi degli adulti stentano a decollare. Continuiamo a contare su un grande numero di cattolici (un miliardo o forse più) che, nella maggior parte, non hanno ancora preso la decisione se vivere da battezzati oppure no. Senza questo passo, la decadenza della Chiesa è inevitabile. E' chiaro che questo non è possibile senza un dono di Dio. "Nessuno viene a me se non gli è concesso dal Padre" (Giov. 6, 65), ma sappiamo che il Padre lo concede, anzi, ci invita e si fa presente.

Qualcuno si accontenta di appartenere alla Chiesa visibile e osservarne (più o meno) i precetti, o fare una professione di fede formale. Ma la Chiesa visibile è storica, e corre essa stessa il rischio di perdere senso e credibilità trascurando l'eredità che Gesù Cristo le ha lasciato. C'è un problema di continuità. I teocon e i teodem vogliono la Chiesa e la sostengono, si candidano a suoi alleati: ma che Chiesa vogliono? Un cattolicesimo di regime, con un Vangelo assai annacquato. Staccata dalla propria origine, la Chiesa diventa una struttura, una istituzione religiosa tra le tante, e basta. Le tradizioni a volte sono bellissime, ma non salvano. Bisogna tornare sempre alle radici. San Giovanni Battista predicava: "Perfino da queste pietre Dio può suscitare figli di Abramo: convertitevi" (Mt. 3, 9). Siamo redenti perchè Gesù Cristo ha vissuto tutte le situazioni della vita umana dalla nascita fino alla morte in croce, in obbedienza al Padre, ed è risorto. Ha trasportato la vita e le relazioni umane su un altro piano. Ci ha aperto la strada per elevare la nostra condizione umana alla misura di Cristo, l'uomo perfetto che vive pienamente l'amore e costruisce un mondo secondo il cuore di Dio. Siamo veramente cristiani solo se rimaniamo sempre alla scuola di Gesù, del Gesù storico. E' un lavoro per tutta la vita. Non possiamo riassumere in una riga i Vangeli e il Nuovo Testamento, ma sicuramente, per ognuno di noi e per tutta la Chiesa, la speranza di non diventare adepti di una religione senz'anima sta nel rimanere sempre attaccati al filone delle origini, della testimonianza di Gesù e delle prime comunità cristiane. Quella è la nostra scuola.

Oggi più di ieri esistono parecchie comunità cristiane animate da questa adesione sincera a Gesù Cristo. A volte bastano poche persone, o una sola, come un fermento che fa lievitare tutto il gruppo. Vado a celebrare una messa in una comunità e sento intorno a me la presenza viva di quaranta o sessanta persone totalmente immedesimate nelle parole, nei gesti, nel mistero che stanno celebrando con me. Perchè c'è un'animatrice, e la vedo lì davanti, che crede, prega e canta con l'anima e il corpo. Cantano molto. S. Agostino scriveva: "Cantate con la voce, cantate con il cuore, cantate con le labbra, cantate con la vita" (sermo 34, dall'ufficio delle ore). In diverse altre comunità cantano solo con la voce, in altre nemmeno con quella. Facciamo una Chiesa che canti con la voce, le labbra, il cuore, la vita e pure la testa, e quella sarà una Chiesa che, dopo averci trasformati, trasformerà anche il mondo. Non prendete queste parole come un messaggio mio, ma di Cristo risorto e di questo tempo pasquale di cui siamo giunti alla quarta settimana.

Il vescovo Dom Eugenio è preoccupato anche per il seminario: il piatto piange, mancano i soldi. Ci abbiamo fatto anche un incontro regionale, per studiare come aiutarlo. Si prospetta una nuova tassa diocesana alle parrocchie, e sapete come le tasse sono simpatiche. Ogni seminarista costa circa 400 euro al mese. I finanziamenti da Modena sono diminuiti drasticamente: credo che sia anche giusto, perchè ci siamo abituati male. Non si può vivere sempre a spese di altre chiese. Dobbiamo organizzarci, per garantire la continuità. Ma se a qualcuno venisse in mente di farsi patrocinatore o benefattore, almeno provvisiorio, di un seminario con dieci candidati, si faccia vivo. Il problema finanziario delle diocesi e il problema delle vocazioni sono conseguenza della situazione di cui sopra: cerchiamo di preparare preti per una massa cattolica che segue la Chiesa ma non si sente Chiesa. Dal battesimo in poi c'è poco o niente. Le comunità vive vanno avanti anche se il prete si fa presente solo ogni tanto, per una messa o una lettura biblica, un ritiro spirituale. Le altre, se non c'è il prete non si riuniscono nemmeno: e non passa per la loro mente, se non altro, di offrire generosamente per la formazione di ragazzi che vogliono diventare preti.

E' la domenica del Buon Pastore, rivolgiamo il pensiero alle vocazioni poco propriamente chiamate "sacerdotali". Dico "poco propriamente", perchè il sacerdote per tradizione degli antichi era un intermediario tra Dio e l'umanità. Ma il vero e unico sacerdote del Nuovo Testamento è solo Gesù Cristo, e non abbiamo bisogno di altri intermediari. Tuttavia abbiamo i sacerdoti, o meglio, i "presbiteri". Scrive il teologo Paul Hoffmann: "Soprattutto Matteo (23, 8-12) ha definito la comunità cristiana come fraternità e ha proibito a quelli che in essa sono responsabili l'uso dell'autorità patriarcale e magisteriale: "Uno solo è il vostro Maestro e Guida: Gesù Cristo - uno solo è il vostro Padre: quello celeste - e tutti voi siete fratelli. Chi è maestro nella comunità rimane discepolo del Regno di Dio". (A herança de Jesus e o poder na Igreja). Non dimentichiamo, perciò, il sacerdozio fondamentale che viene dal battesimo ed è di tutti i battezzati, di tutta la comunità unita a Cristo. Cadranno molte foglie e rami secchi dall'albero, ma abbiamo un bel futuro davanti, se lavoriamo per fare in modo che tutti quelli che ricevono il battesimo si assumano come fratelli in una comunità tutta sacerdotale. La quale avrà sempre bisogno di "presbiteri" per mantenere l'unità, organizzare e curare l'approfondimento della fede: ma non ditemi che avrà problemi a trovarli! L'unico autentico problema di fondo è ripartire da Gesù Cristo.

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