27 maggio 2009

LETTERA AI BANCHIERI


La foto é un dettaglio della piazza centrale di Itaberaí: la filiale locale della Banca Bradesco (Brasileiro de Descontos - clicca sulla foto per leggere). L´ho fotografata per raccontarvi di un buontempone, spiritoso e molto lamentoso, che ha scritto ai dirigenti di questa banca una lettera píú o meno cosí: "Cari signori: che ne direste se il fornaio, il meccanico o la farmacia che avete vicino a casa vi chiedessero una tassa per aprire il loro esercizio? E un´altra, mensile, per tenerlo aperto? E se ne aggiungessero una, ad esempio, per tenervi caldo il pane? Un´altra per impaccottarlo? Ebbene, io sono venuto da voi a "comprare" un finanziamento per una macchina nuova e voi, molto educatamente, me lo avete dato al prezzo di mercato, esattamente come avrebbe fatto il fornaio col pane. Voi, peró, siete insaziabili. Mi avete fatto pagare anche una tassa per aprire il credito. Poi mi avete costretto ad aprire un conto corrente, con una tassa mensile per tenerlo aperto. Nel conto corrente era inclusa un´altra tassa trimestrale, ancora piú salata, per offrire un tetto minimo di prestito che io non potró mai usare, perché gli interessi sono altissimi: questa sarebbe la tassa per mantenere il pane caldo. Infine ho scoperto, nelle scartoffie che la gentile funzionaria mi ha consegnato, che mi farete pagare per ogni operazione che faró su quel conto. A quel punto mi sono chiesto se ho comprato un finanziamento oppure ho venduto l´anima! Per fortuna, l´aria che ho respirato non me l´avete fatta pagare!"

Si potrebbe mandare una lettera del genere a qualsiasi banca. Passerebbe per una battuta di spirito. In effetti noi, nella vita quotidiana, siamo assai acquiescenti. Ci spillano denaro con giustificazioni che non comprendiamo, e noi pensiamo: "Non é la fine del mondo, ci sono problemi piú grossi!" Magari, poi, se dobbiamo comprare un servizio da un povero artigiano, tiriamo al massimo sul prezzo per avere la soddisfazione di vederlo cedere. L´egoismo é la molla della societá. Ci fa essere deboli e condiscententi coi piú forti (per quieto vivere), ma implacabili e perfino prepotenti coi piú deboli. Purtroppo siamo cosí anche noi preti. Avete notato? Fino a pochi mesi fa, con Peppino Englaro, avevamo "valori innegoziabili" e chi non li condivideva poteva anche essere insultato come assassino! Da quando le questioni morali riguardano qualcuno molto piú potente "nessun giudizio, ma ognuno ha la sua coscienza" (titolo del Corriere di oggi). Al massimo, si mette in guardia contro il cattivo esempio. Don Abbondio docet:"Il coraggio uno non se lo puó dare" (Da I promessi sposi, di Manzoni). Peró é vero che ci sono problemi piú grossi. La crisi, la disoccupazione, la guerra nel Congo, le stragi in Oriente, le bombe atomiche, i bombardieri.....

Abbiamo celebrato la festa dell´ascensione, che ci ha ricordato: "É bene che io me ne vada, cosí vi mando lo Spirito Santo, e per mezzo di lui saró sempre con voi, tutti i giorni. Andate, annunciate il Vangelo a tutto il mondo, continuate ció che io ho cominciato". "Tutti i battezzati formano un popolo di sacerdoti e profeti" - spiega San Pietro. Dovremmo essere coraggiosi, invece siamo vigliacchi e leccapiedi. A proposito di profeti, François Varone, un teologo poco conosciuto (nato nel 1936, ex direttore di seminario nel sud del Brasile), nel suo libro "Esse Deus que dizem amar o sofrimento" (Questo Dio che dicono che ami la sofferenza), mi ha fatto scoprire quanto fossero anche loro condizionati da queste miserie umane. Leggendo l´episodio dell´uccisione del profeti sul Monte Carmelo (1Re, cap. 18-19) - scrive François - vediamo un profeta borioso e assetato di potere, che conquista il rispetto del re Acab inducendo il popolo a fare una strage (800 sacerdoti sgozzati). Dopo il successo, da profeta di Javhé si trasforma in un perfetto lacché di corte: si preoccupa che il re non si bagni con la pioggia e che non rimanga senza cena, e poi gli corre davanti e lo precede nel suo ritorno in cittá. La sete di potere fa del coraggioso profeta un cortigiano. Soltanto dopo che dovrá fuggire davanti all´ira della regina Jezabel ritornerá in sé. Stanco e sfiduciato, si getterá all´ombra di una ginestra e griderá al Signore: "Basta! Toglimi la vita, perché non valgo piú dei miei antenati". A questo punto interviene Dio, che lo conduce a ricominciare il cammino del deserto (il monte Oreb), dove riprenderá il filo della sua vocazione profetica a favore degli umili e dei poveri, come aveva giá fatto a Sarepta, in casa della vedova. Morale della storia: solo riconoscendoci e confessandoci troppo fragili e deboli davanti alle ingiustizie e atrocitá del mondo potremo ottenere che il Signore ci sostenga e ci renda capaci di fare qualcosa di buono. Non siamo fatti per il potere: né per allearci con esso e servirlo in cambio di favori e privilegi, né per sfidarlo usando Dio a nostro vantaggio.

Prendo da François Varone anche quest´altra immagine: Gesú era inchiodato sulla croce. I capi del popolo lo prendono in giro, dicendo: "Se sei l´inviato di Dio, scendi dalla croce!". I soldati non sono da meno: "Se sei il re dei giudei, salva te stesso!". Pure uno dei ladroni aggiunge: "Non sei il messia? Salva te stesso e noi!". (Cfr. Luca, 23, 33-40). Insultandolo, gli fanno la controprova della sua vittoria sulle tentazioni che aveva avuto nel deserto: ricchezza, potere, uso della religione e di Dio in beneficio proprio. Il fatto che rimanga inchiodato sulla croce fino a morire é la prova della sua fedeltá a quanto aveva risposto al demonio: "Adorerai il Signore Dio tuo e a lui solo servirai". "Non tenterai il Signore Dio tuo". "Non di solo pane vive l´uomo". Luca racconta che il popolo stava lá, in piedi, a guardare. La folla é sempre lí che guarda, in attesa di sapere chi é il piú forte e seguirlo, per ottenere qualcosa. I miei concittadini attuali corrono dietro all´uomo piú ricco del paese, alle autoritá e ad alcuni pastori di passaggio che promettono miracoli. É a questa folla, che siamo noi, che Gesú ha donato la vittoria sul male e sulla morte: ma non l´ha data da una condizione di miliardario, né di potente statista o di taumaturgo di successo, ma rimanendo inchiodato in croce fino alla morte per essere fedele alla veritá e alla giustizia di Dio. Per tutta la nostra vita siamo immersi in questa contraddizione: quando facciamo successo salviamo solo noi stessi. Quando ci doniamo veramente agli altri, finiamo sulla croce. San Paolo dice che questo é il pegno della nuova vita in Cristo e della risurrezione. Dice anche che questo é gioia pura, e io qualche volta me ne convinco.

Partendo dai banchieri, sono finito dentro a un´omelia. Vizio professionale. A proposito della folla, potrei aggiungere che anche il nostro popolo cattolico, ieri sera, é accorso in massa alla chiesa del villaggio di S. Benedito. Celebrava la messa un prete famoso in tutto lo Stato. Padre Robson, redentorista, direttore del Santuario del Divin Pai Eterno, ha tutte le carte in regola per essere una "star" della religione. É carismatico, parla quasi ogni giorno alla radio, dirige un "cottolengo" che pratica un tipo di caritá cristiana essenziale che tutti capiscono e tutti commuove. I suoi indici di ascolto sono alle stelle. La sua presenza nelle feste religiose di paese é oggetto di disputa, e lui ci va molto volentieri perché, ovviamente, ha bisogno di offerte. Magari lascia un pó perplesso qualche parroco, che si sente accantonato dai suoi stessi fedeli proprio nei giorni della festa, quando sentirebbe di piú il bisogno di essere tra loro. E forse é anche preoccupato, (il parroco...), di verder sottrarre un sostanzioso obolo alle casse della parrocchia, sempre in bilico tra il rosso, il verde e il....(di che colore é il saldo positivo?) Nel nostro caso, Padre Severino ha mandato don Eligio a concelebrare con Padre Robson, come segno cristiano di pace. La Vicentina, che era presente alla celebrazione, testimonia che Padre Robson ha detto: "Devo ringraziare Padre Severino e Padre Eligio che mi hanno invitato a celebrare con voi...."

Il 13 giugno faremo in diocesi la "Festa dei raccolti", una festa che attendo con ansia. Quest´anno avverrá in campagna, in un "assentamento" (una comunitá agricola su terreni consegnati dalla Riforma Agraria). In particolare, si tratta dell´assentamento intitolato al vescovo emerito Dom Tomás Balduino e lui sará presente e presiederá la celebrazione eucaristica. Dom Tomás e il popolo dei sem-terra, della Commissione Pastorale della Terra, di tutti quelli che hanno lottato perché la terra del latifondo fosse condivisa a servizio della vita, invece che semplice strumento di potere e speculazione. Forse a voi non dice niente, ma immaginate un pó: Dom Tomás, insieme a molti di noi, é stato il fondatore della CPT (Commissione Pastorale della Terra) nel lontano 1975, e uno degli iniziatori, se non il principale, del Movimento per la Riforma Agraria. Voglio immaginare questa festa prossima come la biblica "Festa delle Capanne" (Levitico, 23, 33-44), in cui la terra non é appena "mezzo di produzione" e i suoi frutti non sono solo "generi di consumo" ma la sostanza della vita di un popolo che resiste ai Baal moderni delle metropoli globali. Anche i paesi ricchi avrebbero bisogno di riscoprire questa festa. Se non altro per accentuare la consapevolezza della santitá e sacralitá del creato, che il nostro tipo di civiltá rapina e devasta. Abitare per qualche giorno in tende, circondarsi di ramoscelli verdi e frutta, ringraziare Dio per ogni cosa con offerte come per invitarlo a cena, mangiare tutti insieme rinnovando le amicizie che sono ancora ció per cui vale la pena di vivere.

Ultima notizia: stamattina, alle 7,30 ora locale, tranquillo e pimpante, don Maurizio ha preso su la sua valigia ed é partito. Magari sará stato un pó ansioso di rivedere la sua famiglia e l´Italia, ma questo non l´ha detto. Padre Severino, nostro parroco, lo porta in macchina fino a Goiania, all´aereoporto. Sará a Modena domani, e rimarrá dalle vostre parti un mese. Sará ben felice di partecipare al Congresso Eucaristico Diocesano e di prendere la parola in una celebrazione. A colazione commentavamo la richiesta che abbiamo ricevuto dal Centro Diocesano di Animazione Missionaria, di inviare un testo nostro su "Missione e Eucaristia": un invito che noi abbiamo disatteso. Ci chiedevamo: di che cosa si potrebbe parlare? Don Maurizio suggeriva: "I laici nella Chiesa, con la loro vocazione specifica ad esercitare il sacerdozio battesimale, affinché la Chiesa sia veramente Corpo de Cristo e tutti i membri del Corpo abbiano un ruolo attivo". Don Maurizio é un formatore: sta conducendo, una sera ogni settimana, un incontro di "Scuola della Fede" aperto a tutti i parrocchiani. Fatelo intervenire. E godetevi una buona settimana di caldino.

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