Sono finite le piogge, le notti sono fredde (si scende fino a 14 gradi, è un privilegio di Itaberaì per la sua altitudine), e le giornate passano tranquille. A dire il vero qualche acquazzone un pò abbondante arriva ancora. Martedì sera sono salito, per la messa, alla comunità di Bananal. E' sulle montagne agli estremi del territorio comunale. La strada in certi punti era diventata una laguna. Esmeralda, l'animatrice della comunità, era così contenta per la numerosa partecipazione che mi ha regalato quattro piantine di un'orchidea che a me piace molto. Ve la mostro in una delle foto. Il suo nome scientifico è quello del titolo del post. E' spinosa e superba. La si vede con frequenza aggrappata ai fusti di alcune palme da cocco. Ci sono tante cose tristi al mondo, ma credo che non siamo obbligati a pensare solo a quelle! Le comunità rurali mi tirano su il morale quasi in ogni incontro. Dove ci sono piccoli proprietari agricoli c'è ancora una vita sana, anzi, stanno meglio che in passato perchè le comodità sono arrivate anche lì: energia elettrica e telefono, con tutti gli annessi e connessi. Eppure sembra che le amministrazioni, in tutto il paese, vanno nella direzione di svuotare ancora di più la campagna: le scuole, ormai, sono tutte solo nel capoluogo. Le scuole rurali sono quasi tutte chiuse. I bambini di Bananal devono alzarsi ogni giorno alle 5 del mattino per salire sulla corriera e venire ad Itaberai (la distanza è 35 chilometri, ma sono stradacce dissestate, polverose o fangose, il viaggio è di oltre un'ora), tornando a casa dopo le due del pomeriggio. Per questo molte famiglie giovani decidono di trovarsi un lavoro e una casa quì per non sacrificare i figli. E la terra? Si vende o si affitta.Il battesimo è importante perchè è una scelta controcorrente, contro il male che è in noi e che, fuori di noi, si è organizzato un impero. Se i cristiani avessero capito il loro battesimo che è un "sacerdozio profetico e regale" per trasformare sè stessi e il mondo! O se lo capissero almeno ora! Se i popoli favoriti dal capitalismo avessero riflettuto al momento giusto sui danni che causavano a tanti popoli per foraggiare il loro benessere, ora non si troverebbero nella situazione assurda di doversi difendere dall'invasione di orde di disperati! Ora sono costretti a perdere la stima di sè e la buona coscienza per cacciarli in malo modo. Mentre tutti i governi si sforzano di far ripartire l'economia di mercato invece di correggerla, la depredazione continua! Altra miseria, altre migrazioni! Cosa volete farci? Io vedo solo in un cristianesimo che risalga alle proprie fonti neo-testamentarie la possibilità e la forza per uscire da questo circolo vizioso e viziato.
Egon Dionísio Heck, in un articolo pubblicato su Adital, ricorda che nel Mato Grosso del Sud gli Indios Guarani continuano ad essere vittime costanti della violenza dei latifondisti esattamente come 500 anni fa. E continua anche l'epidemia di suicidi di Indios, che sradicati dalla propria cultura e sloggiati dalla loro terra finiscono nella disperazione. C'è stato un incontro nazionale a Brasilia, in un accampamento denominato "Acampamento Terra Livre", nel quale si è fatto vivo pure il ministro della Giustizia Tarso Genro. Hanno partecipato quasi mille dirigenti indigeni, appartenenti a 113 popolazioni diverse, e i Guarani hanno detto al ministro: "Noi, popoli Guarani e Terena del Mato Grosso del Suda, siamo più di 70 mila e viviamo, di fatto, in 50 mila ettari di terra. Ci hanno preso la nostra terra, ci hanno confinati. Hanno distrutto le nostre ricchezze naturali e i nostri fiumi, ma non sono riusciti a farci tacere o abbandonare la resistenza e lotta per riprenderci la terra! Hanno assassinato diversi dei nostri lider e nessuno degli assassini è in prigione. Invece, parecchi dei nostri lider sono stati arrestati, perseguitati e criminalizzati perchè rivendicavano i diritti che la Costituzione brasiliana ci assicura". "Tutto questo - sostiene il giornalista - avviene a causa dei ritardi dei successivi governi nel definire i confini legali delle terre degli indios, che fanno gola agli allevatori di bestiame e piantatori di soia che hanno potenti rappresentanti nel Congresso Nazionale".
Scrive Mario Menezes, della Unisinos, su Adital: "Sono già stati disboscati 73 milioni di ettari per fare pascoli per il bestiame e produrre soia, cotone, etanolo (canna da zucchero). E' una pazzia. La terra dell'Amazzonia è marcia, i pascoli e le coltivazioni durano poco. Quando smettono di produrre, si abbandona la terra e si brucia altra foresta: ci sono già 23 milioni di ettari di terra abbandonata. Si butta via una ricchezza durevole nel tempo e che si rigenera da sola, per un'altra di breve durata. E quello che è peggio è che si toglie la fonte di vita ai popoli della foresta, che così vengono ridotti alla miseria. Più o meno i due terzi (della ricchezza) rimangono in Brasile. Dal 1990 al 2007, siamo arrivati a produrre in Amazzonia ciò che era impensabile prima, cioè soja, carne, cotone, etanolo e granoturco. Questo sviluppo non ha reso possibile lo sviluppo locale. Se prendiamo i dati di questo periodo, vedremo che quasi 40% della popolazione continua a vivere alla base della linea della povertà. Il Brasile va a prendere là ciò di cui ha bisogno, ma non lascia nulla all'Amazzonia. Pochi in Amazzonia ne traggono beneficio. 50 per cento della soia del paese è prodotta là, e pure 50 per cento del cotone. La carne è intorno al 36 per cento. I due terzi sono consumati in Brasile, un terzo è esportato. Il potere acquisitivo di chi vive in Amazzonia è molto basso perchè possano mangiare carne. Questa è l'altra contraddizione. L'Amazzonia è un grande emporio, ma noi ne pagheremo il prezzo. Non è che l'allevamento sia quello che produce il maggiore impatto. E' solo l'attività principale. Non è vero che, se non esistesse l'allevamento, il disboscamento finirebbe. Quello che manca è una politica coerente per mantenere la foresta produttiva e valorizzarla dal punto di vista economico. Essa ha funzionato così e può continuare a funzionare. Fondamentalmente, il disboscamento dev'essere zero. Non bisogna più andare nella foresta per sviluppare l'allevamento, ma per sostenere le persone che vi abitano, che la capiscono più di chiunque altro e producono a partire da essa senza distruggerla".
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