27 aprile 2009
MA LULA C'E'
Nella foto: la festa della Terza Età. La Lega Cattolica (una delle associazioni più antiche e tradizionaliste della parrocchia assieme alla Conferenza di San Vincenzo), l'ha promossa domenica scorsa. Itaberaì è ancora una città prevalentemente di giovani, ma a metterci tutti insieme noi vecchietti e vecchiette siamo stati in grado di riempire pieno zeppo l'ampio salone parrocchiale. Ho avuto occasione di fare due chiacchiere con tanti e tante a cui ho celebrato il matrimonio nei primi anni dopo il mio arrivo in Brasile, nel lontano 1967. Siamo ancora lì a due passi l'uno dall'altro, ma ci si incontra poco perchè gli impegni quotidiani ci portano a frequentare ambienti diversi. Abbiamo passato la mattina della domenica assieme, ascoltando vecchie canzoni popolari riproposte da alcuni piccoli cori locali. La nostalgia piace tanto che più volte tutti si sono commossi e sono balzati in piedi per unire le loro voci al coro. Naturalmente le preoccupazioni con la salute sono state messe al centro dell'incontro. C'era una lunga fila al tavolo dell'infermiera che misurava la pressione (non serve a niente, ma è gratis). Il medico ha tenuto una lezione lunghissima. Ha proiettato sulla parete immagini macabre. Ci ha mostrato come diventano le nostre ossa e cartilagini distrutte dall'osteoporosi e dalle artrosi, e una serie di carrozzelle e protesi disponibile sul mercato, per ogni genere di infermità. Allegria allo stato puro! E poi ha spiegato come gestire le perdite della vista, memoria e udito, evitando di sistemare le nostre cose in luoghi in cui non le troviamo più. E di inciampare in cavi elettrici e scarpe abbandonate sul pavimento di casa. Era un medico molto giovane. Secondo me si è divertito da morire. Al pranzo, che era la parte più attesa della festa, io non sono rimasto perchè la fila era troppo lunga.
Io e don Eligio abbiamo partecipato "di diritto". Tra l'altro, lui in questi giorni affronta problemi di salute un pò complicati. Nonostante tutto, era festa: l'anzianità è pur sempre vita, e possiede la sua parte di interesse e felicità, finchè si può viverla con dignità. E la dignità consiste anche nell'accettare, sia pure di malavoglia e quando arriverà, di recitare il "nunc dimittis". Proprio per questo non capisco perchè alcuni facciano tante acrobazie dottrinali e politiche per dare allo Stato il diritto di mettere il naso nelle nostre scelte personali, quando si tratta di decidere quali terapie accettare e quali rifiutare. A chi giova? A chi vuole difendere la vita non manca certo il lavoro: lottiamo affinchè tutti abbiano pane, assistenza medica, educazione e istruzione, opportunità di un lavoro dignitoso, e tutto il resto di cui c'è bisogno per una vita veramente umana. L'ambiente, per esempio. Leggiamo stamattina sul giornale locale che sta per entrare in agonia anche il nostro Araguaia, il fiume dei sogni di ogni abitante di Goiàs. Scarico delle industrie e abitazioni civili, irrigazione delle monoculture di soja, granoturco e canna da zucchero, accumulo di rifiuti sulle sue rive, stanno trasformando in una fogna a cielo aperto quello che è stato sempre il nostro simbolo di spiagge di sabbia immacolate e tuffo nella natura incontaminata.
I nostri vescovi brasiliani sono riuniti in Assemblea ad Itaici, SP. - noi sappiamo solo che stanno studiando situazioni come la formazione del clero, la catechesi e (così si dice) la posizione della Chiesa di fronte alla crisi economica. Dall'analisi non ufficiale presentata nel bollettino della CNBB, possiamo immaginare che chiederanno ai politici, nella lotta per superare la crisi, di non pensare solo a una ripresa ma a cambiamenti sostanziali che favoriscano il risparmio a beneficio dell'ambiente e l'equa distribuzione della ricchezza prodotta. "Si prospetta dunque un modo di produzione e consumo nel quale il mercato non sia l'unica istituzione che regola la produzione e la distribuzione dei beni, ma si sommi ad altre istituzioni come l'economia solidale, la cooperativa e la pianificazione statale, e in cui sia rispettato il principio della sussidiarietà: l'istanza superiore non si appropri di ciò che l'istanza inferiore è capace di fare" (Pedro de Oliveira).
Oggi però, come tema principale, vorrei passarvi stralci di un'intervista a Luis Inàcio da Silva detto Lula, presidente del Brasile. L'argomento è la futura campagna elettorale per la sua successione. Lula ha già scelto Dilma Roussef, e il giornalista lo interroga su questo. Ma il Presidente, nel rispondere, apre il discorso su un orizzonte assai più ampio, facendo una analisi assai interessante della politica e delle politiche latino-americane e mondiali. L'intervista è di Ricardo Carpena, ed è pubblicata integralmente in spagnolo e portoghese sul sito www.adital.com.br
- Tu hai detto che ti piacerebbe che il tuo successore fosse il capo del Gabinetto civile, Dilma Roussef. Senza dubbio, lei sta salendo nell'accettazione popolare, però è ancora indietro rispetto a Josè Serra, del Partito Social Democratico Brasiliano (PSDB). Continui ad avere una fede cieca in Dilma?
-- Io non ho fede, ma piuttosto sicurezza e lavoro politico. So che Dilma può essere la futura presidente del Brasile. Per questo abbiamo un lavoro da fare. Per prima cosa, il governo deve governare. Fino al 31 dicembre 2010 continuerò a lavorare come se fosse il primo giorno del mio governo. In secondo luogo, bisogna costruire la coalizione, chi starà insieme a noi, e a questo scopo abbiamo un anno, un anno e poco più. In seguito dobbiamo sapere se il PT (Partito dei Lavoratori) vuole che sia lei la candidata. E poi bisogna ancora domandarlo al popolo. Una volta compiuto tutto il rituale, lei potrà essere candidata. Non mi preoccupano i sondaggi. Serra è già stato candidato a presidente, a governatore di S.Paolo. Però una cosa posso dire: sarà un privilegio per questo paese se si faranno le elezioni tra Dilma e Serra. Se i candidati saranno Dilma, Serra e Ciro Gomes, del Partito Socialista Brasiliano, sarà ugualmente un lusso. La stessa cosa anche se ci sarà Aècio Neves. E questo perchè non vedo nessuno di destra lì. Vedo compagni di sinistra, di centrosinistra, progressisti. Questo è un avanzamento straordinario per il Brasile.
- Che cosa accade dentro a un dirigente di sinistra che oggi è un esempio di pragmatismo? Quali cambiamenti si sono prodotti nella sua interiorità?
-- Non sono mai stato marxista. Mai. Di questa malattia non ho sofferto! La mia origine è stata il movimento sindacale, nelle comunità di base e nel movimento sociale. Mi sono sempre considerato un socialista, però il PT non ha mai definito un tipo di socialismo, perchè ciò era impossibile. C'era l'esempio dell'Unione Sovietica: era questo il modello di socialismo che uno voleva? No, io non lo volevo perchè non concepisco un socialismo senza libertà democratica, senza diritto di sciopero, senza alternanza nel potere. Questa è la mia ideologia. C'è stato un momento, negli anni 70, in cui la sinistra brasiliana mi diceva che io ero di destra. E la destra diceva che io ero di sinistra. Questa posizione era importante perchè prendeva in considerazione che mi trovavo nella strada giusta. La realtà è che il lavoro che abbiamo fatto nel movimento sindacale mi ha permesso di riunire un gruppo molto grande di brasiliani che, negli anni settanta, partecipavano alla lotta armata, un grande numero di intellettuali, i migliori che avevamo in Brasile; un grande numero di sindacalisti, con un sostegno molto forte dei movimenti sociali e delle comunità. Non ho mai sofferto un trauma per aver cambiato atteggiamento per aver guardato la politica con grande pragmatismo. In politica si fa quello che si può fare. Nel discorso possiamo dire ciò che vogliamo, ma al momento di eseguire, il limite è il possibile. Io sono stato eletto con un programma molto chiaro, ho preso un impegno col popolo brasiliano e per questo mi hanno eletto presidente della Repubblica. Io sto mettendo in pratica. Ho i miei dubbi che ci sia in altri posti nel mondo una relazione tra il presidente e i movimenti sociali come quella che esiste in Brasile. Io parlo coi dirigenti sindacali, con quelli che vivono in strada, con i travestiti, con gli omosessuali e tutto senza pregiudizi. Per questo posso dire che, in fondo, non sono cambiato. Sono cresciuto e ho preso delle responsabilità. Quando siamo opposizione, diciamo ciò che crediamo e pensiamo che debba essere fatto; però, quando siamo governo, non crediamo e non pensiamo niente: facciamo. Io sono stato eletto per fare.
- Esistono persone che dicono che tu e Michelle Bachelet siete parte di una sinistra razionale, e che Chávez e Evo Morales sono più populisti. E' proprio così? In ogni caso, come situeresti la Kirchner in questo quadro?
- Non la vedo in questo modo. La cosa non è così semplicistica. Evo Morales é quello che è per effetto della sua cultura politica, delle persone che egli rappresenta. Chávez, pure lui, è quello che è per la sua cultura politica. E Kirchner lo stesso. Qualsiasi persona può avere le sue riserve su Kirchner; ma la verità è che dopo molti anni, l'Argentina è tornata ad essere un paese, è tornata a crescere, a generare posti di lavoro e ad essere più rispettata. Può piacerci oppure no; però il dato concreto è questo. Kirchner è stato l'inizio di una nuova era per l'Argentina, che ha la sua continuità con Cristina. Il mio orgoglio è che, quando lascierò il governo, avremo un paradigma diverso di governabilità in questo paese. E questo è valido anche per Chavez. Quando sentiamo la gente criticare Chavez, dovremmo domandare loro com'era il Venezuela prima del suo governo. Se la gente viveva meglio, allora, senza dubbio, lui sarebbe il "bandito" della storia; ma questo non è vero. Chavez ha migliorato moltissimo la vita dei poveri, ed esercita la democrazia.... Personalmente, io non sopporterei tante elezioni come lui. Un referendum oggi, un referendum domani? Io non resisterei. Se impariamo a rispettare la sovranità di ciascun paese, le sue abitudini culturali e politiche, la storia, soffriremo meno, avremo meno nemici. Quando Evo Morales cominciò a litigare col Brasile, i settori più conservatori volevano che io lo minacciassi. L'ho sempre trattato come si tratta un compagno. Sapevo che il gas era suo e sapevo che un giorno la situazione sarebbe stata capita, che lui stesso avrebbe capito che c'erano cose distinte da fare. Questo è ciò che sta accadendo: lui è molto più maturo. E' riuscito ad organizzare la sua squadra. Perchè per essere governo dobbiamo montare una squadra. Obama non può eleggere il secondo uomo della sua equipe economica perchè deve passare attraverso il Partito Repubblicano. Per quanto siamo intelligenti, per quanto importante possa essere il paese, esiste un tempo per maturare. Spero che l'America Latina non torni mai più indietro.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento