12 aprile 2009

PASQUA, CRISI E VENERDI' SANTO


Abbiamo avuto il piacere pasquale della presenza, tra noi, di Dom Tomás Balduíno, che è stato "nostro" vescovo (nella diocesi di Goiàs). E' venuto a celebrare con noi, e col nostro attuale vescovo (Dom Eugenio Rixen), la messa degli olii. Dopo le sue dimissioni per limiti di età (nel 1999), si è ritirato nel convento dei domenicani di Goiania. Frate domenicano, prima ancora di essere eletto vescovo resse per alcuni anni la Prelatura Apostolica di Sao Felix do Araguaia. Arrivò a Goiàs nel dicembre 1967, e lì ricevette l'ordinazione episcopale. Con lui, Goiàs fu una delle prime diocesi a promuovere la "scelta preferenziale dei poveri", le comunità di base e la pastorale della terra. Inoltre si distinse nel continuare il contatto costante con diverse popolazioni indigene e con la Diocesi di S. Felix, una diocesi di frontiera che prendeva le difese di indios e posseiros contro il latifondo che li voleva cacciare dalla loro terra. Ora ha 86 anni, ed è ancora in piena forma. E' membro permanente della Commissione Pastorale della Terra (CPT) di cui è uno dei fondatori.

In questi giorni Dom Tomàs era di ritorno dall'Italia. Aveva partecipato, a Milano, al lancio dell'Agenda Latino-Americana, e in Vaticano alla celebrazione in memoria del martire Oscar Romero, vescovo assassinato nel 1980 a El Salvador. Cosa c'entra Dom Tomàs con la Pasqua? Il giornalista Isaildo Santos, nel giornale Diario da manha, ha pubblicato un articolo che ricorda gli ideali per cui lotta Dom Tomàs. Sono ideali pasquali, perchè la Pasqua è, fin dalle sue origini, una festa di liberazione: dalla schiavitù dell'Egitto per gli antichi ebrei, dal peccato per i credenti, dall'egoismo che è la molla del capitalismo come insegna tutta la predicazione e testimonianza di Gesù. Ecco alcune frasi di dom Tomàs citate dal giornalista: “Dopo tanto tempo di lotta, i paesi dell'America Latina si stanno liberando. E' una bellezza vedere indios, negri, donne e lavoratori farci carico, con orgoglio, delle loro identità. Diventare agenti delle proprie storie".

“Dom Oscar fu ucciso perchè difendeva i contadini. Questo processo di liberazione è arrivato a paesi come il Venezuela, Bolívia, Equador, Paraguai e El Salvador. Le popolazioni emarginate, come le comunità indigene, erano ignorate. Era come se non esistessero. Ciò che sta accadendo in Paraguay è impressionante. I Guarani, che erano padroni di tutti, sono stati messi da parte. Era come se la loro esistenza non fosse riconosciuta. E ora si stanno presentando, cercando i loro diritti storici". Dom Tomàs ricorda poi (scrive ancora il giornalista) che la Chiesa ha piantato una semente che dà i suoi frutti nei movimenti sociali solidi del continente. “Ne abbiamo una piccola responsabilità. In verità il popolo stesso, nelle sue basi, era già pronto. Negli anni 70 e 80, la "scelta dei poveri" fu il fermento di un progetto rivoluzionario. La Chiesa seminò nel campo fertile del cuore del popolo. Noi abbiamo mostrato il cammino.”

"L'entusiasmo del vescovo verso i contadini tradizionali, che fanno agricoltura di susstistenza, sembra fuori luogo nell'ambiente di Goiàs dominato da grandi imprese rurali che producono a prezzi bassi, sostenute dall'economia in scala - scrive Isaildo Santos - ma lui ha argomenti pronti: “Non sono contrario alle imprese rurali. Sono contro il latifondo improduttivo, che è disonesto. Perchè la terra non compie la sua funzione sociale. E sono contro la monocoltura che devasta la natura. Dobbiamo salvare il nostro pianeta. Dicono che l'alcool è un combustibile pulito. Esso è pulito solo dal tubo di scappamento in fuori. Servirà a migliorare l'aria dei paesi ricchi a costo del sacrificio delle sorgenti che alimentano i grandi bacini del Rio delle Amazzoni e del Rio da Plata. Perfino lavoro schiavo è stato scoperto nelle aree di produzione di alcool.”

La Pasqua nella quale tutti ci facciamo auguri di pace e serenità, dunque, è quella di Gesù che è morto è risorto. Come canta l'antifona liturgica: "Cristo è risorto, e ha illuminato il suo popolo", ma è pur sempre una luce conquistata con la lotta. Una lotta disarmata, di chi muore piuttosto che uccidere, perchè sa che la ragione vincerà. Non sarà con la ripresa dei consumi e la fiducia nella competizione e nell'egoismo che vedremo questa luce, ma con la conversione alla condivisione: come spiega Dom Demetrio Valentini, attuale vescovo di Jales (Stato di San Paolo), in un articolo pubblicato sul Adital dal titolo "La pasqua e la crisi", di cui vi passo alcuni paragrafi.

"A prima vista sembra che la Pasqua non abbia niente a che vedere con la crisi. In realtà essa è sorta dalla più antica e più naturale delle crisi, la crisi del ciclo annuale della vita sul nostro pianeta. Fa parte della dinamica della vita la lotta per la sussistenza. Il momento più preoccupante è quando la vita perde la sua forza e minaccia di estinguersi. E' allora il suo più grande prodigio. Da dentro alla morte, le forze vitali si rimettono insieme, e tutto l'universo sembra cospirare a favore della vita che riprende vigore ed esuberanza nella manifestazione della primavera. Fu per celebrare questo trionfo naturale della vita sulle forze della morte che sorse la pasqua primitiva. Prima che se ne appropriasse il popolo d'Israele come festa storica della propria liberazione dall'Egitto, la pasqua era già celebrata dai popoli che sperimentavano il contrasto tra i rigori dell'inverno e gli incanti della primavera.

I processi naturali servono di parabola e ispirazione per la storia umana. In un primo momento, la vittoria di alcuni sembra richiedere necessariamente la sconfitta di altri. La stessa narrazione (biblica) della liberazione di Israele implica la descrizione euforica della morte a mucchi degli egiziani. E' stata necessaria la testimonianza di Cristo, costituita in Pasqua nuova e definitiva, per farci capire che il segreto della vita umana sta nel donarla. Dando la sua vita per amore, Cristo vince la morte, con la vittoria della sua risurrezione. Questa simbologia della fede non ci esime dall'affrontare la sfida di capire la gravità della crisi attuale. Essa non si inquadra nel ritmo normale dei cicli della vita. E' fuori serie. Non prende in considerazione una pasqua. Mette in mostra, invece, deviazioni più gravi commesse dalla civiltà attuale, che minacciano la vita stessa del pianeta. La crisi ecologica si pone come l'avvertimento più eloquente, capace ancora di sensibilizzare le coscienze.

Quando avvisarono Gesù che il suo amico Lazzaro era malato, egli non lo visitò subito. Aspettò che morisse, per poi risuscitarlo. "Questa malattia è affinchè si manifestino i disegni di Dio". Anche adesso, è inutile avere fretta davanti a questa crisi, che chiede molto di più che cambiamenti superficiali. Prima è necessario lasciar morire molte illusioni, prodotte da un modello di civiltà contrassegnato dalla depredazione della natura, dall'accumulazione, dallo spreco, e dalla disuguaglianza che produce miseria e violenza. Questa crisi ci deve insegnare strade di rispetto per la natura, di giustizia nell'organizzazione sociale, e di fraternità nelle relazioni umane. Questa volta la Pasqua ci rimanda al venerdì santo. Prima di terminare la crisi, ci sono ancora molti equivoci da esorcizzare.

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