26 giugno 2008

LA GUERRA DEL PANE


La foto è di un gruppo di bambini del Reforço escolar di Itaberaì, fondato e diretto da Padre Maurizio. Cominciano le vacanze di luglio. In questo momento il Reforço (Doposcuola) e l'Asilo San Francesco stanno facendo la loro festicciola di commiato. Le scuole pubbliche di Itaberaì l'hanno fatta ieri, partecipando alla tradizionale "Festa do peao" (il peao è il cow boy brasiliano), una grande sfilata a cavallo che si è conclusa con una messa campale. La gente partecipa in massa, e si diverte moltissimo con queste cose. Ho visto ragazzotti e ragazzine eccitatissimi a cercare in prestito selle, briglie e altri finimenti, e a chiedere aiuto per sellare e montare il loro cavallo perchè sono pochi ad avere ancora familiarità con queste faccende. Tutti vogliono partecipare. E' un fenomeno interessante. Pochi anni fa la vita del peao era la dura realtà di molti lavoratori rurali, ed era disprezzata quasi come ultimo gradino della scala sociale. Oggi è oggetto di nostalgia e di animatissime feste popolari a cui partecipa gente di ogni classe sociale. Eccita l'immaginario popolare. E' un pò come la polenta (e altri cibi) in Italia: quando la gente la mangiava perchè non aveva altro, era una porcheria da poveracci. Adesso è un lusso, e molti la vanno a cercare nei ristorantini di campagna...Sarà che la povertà, in fondo in fondo, ha il suo fascino?



Nel frattempo economisti, sociologi e altri studiosi di ogni campo, ci informano che il tempo delle vacche grasse volge al termine. Dicono che sono tre i problemi più grossi del momento e dei prossimi anni: l'aumento dei prezzi del cibo, la rapida e indiscriminata devastazione ambientale con ripercussioni sempre più pericolose sul clima, e la conseguente migrazione forzata (dalla miseria) di immense moltitudini. Non sono problemi che affliggono solo l'Italia o il Brasile, ma tutta l'umanità. Qual'è la causa o quali sono le cause? "75% della ricchezza nazionale è concentrata nelle mani del 10% della popolazione", scrive un giornalista brasiliano. E così è in tutto il mondo, più o meno. Dall'Italia Paolo Ricca, pastore della chiesa valdese, ha scritto una bella pagina titolata "La guerra del pane" di cui vi propongo la lettura. E' una sfida enorme, perchè è noto a tutti che solo la solidarietà può aiutare il mondo a ritrovare la via del benessere e della pace, ma la solidarietà scarseggia: se ci fosse, questi problemi non esisterebbero nemmeno!



“Siamo stanchi. Abbiamo fame, tutto è diventato caro. Chiedo a tutte le donne di rovesciare le pentole e di fare, tutte le sere, un concerto con le pentole” - con le pentole vuote - propone una madre di famiglia senegalese. È il 31 marzo 2008, è in corso una marcia contro l’alto costo delle derrate di prima necessità. Proibita dal prefetto di Dakar, la manifestazione è stata duramente repressa dalla polizia, alla quale sono comunque occorse diverse ore per disperdere i manifestanti. Le “sommosse della fame” sono ormai ricorrenti in Africa. In Egitto, il governo sovvenziona il pane e lo fa distribuire dall’esercito. Ma l’Africa non è il solo continente a essere penalizzato dall’aumento del prezzo dei cereali, che rischia di affamare cento milioni di persone. Ad Haiti, la base dell’alimentazione dei più poveri è il riso, e il sacco di riso di 50 chili è passato, in una settimana, da 35 a 70 dollari: le manifestazioni di protesta hanno già provocato cinque morti. Altre manifestazioni si sono avute recentemente in Indonesia e nelle Filippine. 33 Paesi (secondo altre fonti 37) sono in preda a disordini sociali a causa del forte aumento dei prezzi alimentari e del petrolio. Sul mercato il prezzo del grano è aumentato del 130% in un anno.

Perché il prezzo dei cereali ha avuto un’impennata così impressionante? Le ragioni principali addotte dagli esperti del settore sono tre. La prima è l’incremento della domanda di cereali legato al boom degli agrocarburanti, cioè dei cereali utilizzati per produrre carburante. Le grandi compagnie che fabbricano questo prodotto (il bioetanolo) negano che esso sia “il principale responsabile” dell’aumento dei prezzi degli alimentari. Ma, anche se non è il principale responsabile, è certamente corresponsabile dell’aumento. È un fatto che una quantità cospicua di mais e germogli di soia venga sottratta all’alimentazione e destinata alla produzione di biocombustibili. La seconda ragione sono i cattivi raccolti dovuti a problemi climatici collegabili, almeno in parte, al crescente inquinamento dell’atmosfera. La terza ragione è la crescita economica dei Paesi emergenti che ha sensibilmente modificato le loro abitudini alimentari. L’umanità mangia di più, e soprattutto mangia più carne. I cinesi, ad esempio, ne hanno consumato nel 2005 cinque volte di più che nel 1980. Ma per produrre un chilo di pollame servono tre chili di cereali, e più del doppio per ottenere un chilo di carne bovina.

Che dire di tutto questo? La terza ragione indicata induce a un’amara riflessione, che è questa: il miglioramento del livello di vita e di alimentazione di un popolo provoca (insieme ad altri fattori) un forte aumento della domanda e quindi del prezzo dei cereali, che le popolazioni più povere non possono sostenere. È il noto processo per il quale il maggior benessere degli uni determina il maggior malessere degli altri. La mia ricchezza è la tua povertà. La mia opulenza è la tua miseria. La mia fortuna è la tua sventura. Non è dunque vero quello che spesso si ripete, e cioè che là dove uno si arricchisce, si arricchiscono anche molti altri. È vero invece che molti altri si impoveriscono.

Ma il problema maggiore sembra essere un altro, e cioè che in tutta la questione sono gli interessi economici a farla, come al solito, da padroni: la domanda crescente di cereali fa lievitare il loro prezzo, e li si utilizza per qualunque uso, anche per produrre carburante anziché pane, che diventa in certi Paesi merce rara e troppo cara per i poveri. Così certi Paesi (i nostri) avranno pane e carburante, altri non avranno né carburante né pane. Ma nel Padre Nostro diciamo: "Dacci oggi il nostro pane quotidiano" - cioè chiediamo pane, non carburante, perché senza carburante si può vivere, ma senza pane no. Al primo posto ci dev’essere il pane: non è un caso che la prima richiesta del Padre Nostro che riguarda noi creature umane sia quella del pane, che precede persino quella del perdono.

E, a questo proposito, possiamo fare due osservazioni. La prima riguarda il fatto che nella preghiera che Gesù ci ha insegnato il pane è detto "nostro", non "mio". Non posso chiedere a Dio solo il mio pane, senza chiedere il tuo, proprio perché il mio pane non può essere quello che ti è stato sottratto, il pane che tu non hai più perché i cereali che dovevano servire per farlo sono invece stati utilizzati per fabbricare il mio carburante. Non posso permettere che il mio bisogno di carburante venga pagato privandoti del pane che Dio ti ha dato. Non posso permettere che io mangi da solo il pane che abbiamo chiesto come "nostro", cioè mio e tuo. La seconda osservazione è che il pane, nella nostra cultura, rappresenta la vita. Privare qualcuno del pane o renderglielo inaccessibile significa attentare alla sua vita e, al limite, togliergliela. Le decisioni degli organismi che governano il commercio dei cereali, il cui prezzo è aumentato in maniera vertiginosa, anche se possono sembrare ragionevoli perché corrispondono alle implacabili “leggi del mercato”, costituiscono in realtà un attentato alla vita di milioni di esseri umani, e sono quindi, a ben guardare, operazioni omicide".

1 commento:

  1. Personalmente credo che il problema principale sia realmente la speculazione economica di questo liberismo dei mercati controllato comunque da noi paesi ricchi che abbiamo fondato il nostro benessere sulla povertà degli altri paesi.
    La speculazione economica ha portato il prezzo del pane alle stelle per chi prende due dollari al giorno o anche meno anche se le riserve mondiali potevano contare una scorta di oltre due mesi nonostante i cattivi raccolti e il maggior consumo.
    Le analisi degli organi internazionali che se non vi fosse speculazione finanziaria nel prossimo decennio non vi sarebbero problemi per sfamare tutto il mondo ma vi saranno grossi problemi per l'acqua potabile.
    Ma è vero? Forse facendo una analisi generale della produzione e del consumo si,..... ma se entriamo nei dettagli forse vi potrebbero essere grossi problemi.

    Negli ultimi decenni abbiamo costruito il nostro benessere sullo sfruttamento sconsiderato o meglio spreco di fonti energetiche che il pianeta aveva accumulato in milioni di anni mentre su tutto il pianeta fino all'inizio del '900 buona parte dell'agricoltura serviva anche a coprire le esigenze energetiche dell'umanità (riscaldamento e trasporti)
    Ora che abbiamo sperperato una ricchezza del pianeta dovremo sicuramente con le tecnologie di cui disponiamo ora e con l'aumento della richiesta energetica utilizzare parte del suolo agricolo a scopi energetici, sarà lo stesso mercato a imporlo, ma forse andrebbero riviste alcune regole del commercio mondiale, e stravolto il sistema della cooperazione internazionale attuale visto i risultati.
    CREDO CHE OGNI POPOLO ABBIA IL REALE DIRITTO DI AUTOGOVERNO E DEBBA DIFENDERSI DA QUESTA GLOBALIZZAZIONE CHE SENZA NESSUN RISPETTO DELLA CULTURA, DELLA TRADIZIONE E DEL CLIMA VUOLE SOGGIOGARE TUTTI ALLE STESSE REGOLE DI MERCATO E ALLO STESSO CONSUMISMO.
    Come sempre la parte più a rischio del pianeta è la più povera, l'emisfero sud il quale se non avvia da subito sistemi suoi di coltivazione che non seguano più il modello Europeo ma incrementino sistemi alimentari tradizionali con uno sfruttamento del terreno che rallenti la desertificazione e razionalizzi lo sfruttamento delle acque e l'inquinamento dei fiumi farà i conti con una forte crisi alimentare.
    Non illudiamoci e non laviamoci la coscienza, se non partono immediatamente reali cooperazioni internazionali che aiutino tali paesi ad avviare produzioni locali nel rispetto di quell'ambiente, l'emisfero sud non riuscirà mai a comprare le derrate in eccedenza all'emisfero Nord.
    L'emisfero nord invece di perdere oltre 12000 di ettari per desertificazione ogni anno come l'emisfero sud aumenterà proprio per i cambiamenti climatici la disponibilità di produzione di cereali al nord.
    Già oggi in Europa oltre il 30% del terreno agricolo è eccedente alla produzione alimentare della sua popolazione e purtroppo tali eccedenze vanno spesso a stravolgere il mercato agricolo dei paesi in via di sviluppo.
    NON ILLUDIAMOCI NON SAREMO IN GRADO DI FARE SENZA LE AGRIENERGIE IN FUTURO, MA ALMENO PER UNA REALE SOSTENIBILITA' AMBIENTALE E SOCIALE L'EUROPA DEDICHI IL SUO TERRENO IN ECCESSO A TALI PRODUZIONI E SI BLOCCHI SUBITO LA SPECULAZIONE DEI GROSSI GRUPPI CHE VUOLE PRODURRE TALI PRODOTTI NELL'EMISFERO SUD A BASSI COSTI PER PER POI PORTARLE NELL'EMISFERO NORD E CONTINUARE A CONTROLLARE IL MERCATO ENERGETICO MONDIALE E NON SOLO...

    Un pozzo un grosso impianto sono politicamente e militarmente controllabili e poco sostenibili, una produzione diffusa sul territorio e sostenibili e difficlmente controllabile.... la pace e l'eguaglianza nell'attuale sistema si crea anche con le nostre azioni e decisioni quotidiane.

    Paolo

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