21 giugno 2008

LA FESTA DEI RACCOLTI


Nella foto: Oggi sono partiti in pulmann una trentina di pellegrini di Itaberai: un gruppo assai sparuto, per la verità.
Non si vede l'entusiasmo che ci dovrebbe essere, perchè ormai il modo di vivere globale ha reso marginale e quasi invisibile il mondo contadino, che esiste ancora ma resiste solo nelle feste di campagna. (Ieri notte ho celebrato 4 battesimi in una sperduta casa rurale e l'entusiasmo era alle stelle!). Vanno a Ceres, alla FESTA DA COLHEITA, ossia la festa dei raccolti. Sono giovani figli di piccoli agricoltori e contadini senza terra (accampati) di tutte le parrocchie. La forma di pellegrinaggio accentua la spiritualità della festa, che lega la fede grata per i doni di Dio, all'amore per la terra e all'affettuosa accoglienza degli immigranti. E' una festa Diocesana, quindi è presieduta dal Vescovo Mons. Eugenio Rixen. Il tema è: "Terra, acqua e migrazioni", il motto: "Vita abbondante per i piccoli della terra".



La città di Ceres è particolarmente indicata per questa celebrazione. Cittadina di 30 mila abitanti situata all'estremo nord della Diocesi, deve il suo nome alla scelta dei primi colonizzatori che lo presero in prestito dall'antica divinità romana protettrice delle messi. Quella regione, infatti, fu colonizzata ad opera del maresciallo Candido Rondon agli inizi del novecento. Rondon è stato uno degli uomini più amati del Brasile: oggi è quasi dimenticato. Fu pioniere di un progetto di rispetto e protezione degli indios (il suo motto era: "morire, piuttosto: uccidere mai!"). Nello stesso tempo, si dedicò a chiamare contadini poveri del litorale verso l'interno, per migliorare le loro condizioni di vita e popolare ampie aree vuote di questo immenso paese. I primi coloni di Ceres rimasero stupefatti per la straordinaria fertilità della regione, che produceva cereali con grande facilità e in abbondanza.



Da qualche anno la nostra Diocesi di Goiàs ha ricreato questa festa. Nella tradizione biblica, è una delle più antiche tra quelle legate alla storia della nostra fede ebraica-cristiana. La festa dei raccolti, infatti, più che all'americano "Giorno del ringraziamento" col suo tradizionale tacchino, corrisponde alla FESTA DELLE CAPANNE, istituita ai tempi di Mosé (vedi i libri biblici Levitico 23, 33-44 - Numeri 29, 22-38 - e Deuteronomio, 16, 13-15). E' una festa che sembra fatta a pennello per la nostra situazione mondiale di oggi. Essa ne sottolinea, infatti, tutti gli aspetti. 1) Valorizzare la terra e i suoi frutti: "Voi prenderete i frutti degli alberi migliori, taglierete rami come ornamento, rami di palme, rami di alberi frondosi e di salici, e farete festa per sette giorni davanti a Javhè, il vostro Dio". 2) Ricordarsi che siamo stati migranti: "Voi abiterete in capanne per sette giorni. Tutti i nativi di Israele abiteranno in capanne, affinchè i suoi discendenti sappiano che io feci abitare in capanne e figli di Israele quando li tolsi dall'Egitto. Io sono Javhè, il vostro Dio". 3) Tutti hanno diritto alla terra: "La terra non potrà essere venduta per sempre, perchè la terra appartiene a me, e voi per me siete immigranti e ospiti. Per questo, in qualsiasi terra che voi possediate, concedete sempre il diritto al riscatto". 4) Accoglienza e tenerezza verso gli immigranti e i poveri: "Quando tu stai mietendo il raccolto nel tuo campo e dimentichi indietro un covone, non tornare a prenderlo: lascialo all'immigrante, all'orfano e alla vedova. In questo modo, Dio benedirà te in tutto il tuo lavoro. Ricordati: tu sei stato schiavo in Egitto".



Nelle pagine della Bibbia che ho in parte citato (oltre che nei Vangeli, ancora più radicali), questo è il volto di Dio, questo il suo progetto di umanità. Avete mai visto le nostre benedizioni (o Messe) per inaugurare la sede di una banca, i locali di un supermercato o negozio, o per il battesimo di una nave da guerra? Anche qui in Brasile (forse più che in Italia) accade che chiamino il prete, il Vescovo o il cardinale per queste cose. C'è forse chi benedice a cuore leggero. A me fanno venire il mal di pancia, per non dire il vomito. Istituzioni e Imprese industriali o commerciali vanno avanti, come carri armati, schiacciando persone umane e seminando rovina nell'ambiente, ma vogliono la benedizione di Dio. La vogliono per sentirsi il cuore in pace, o come elemento ornamentale e per abbellire la propria immagine che è di una durezza spietata. Dove vogliamo arrivare con questo modo di procedere disumano? Dio, certo, non benedice. E noi, se benediciamo, abusiamo, assieme a loro, del nostro ministero e del Suo nome.


A proposito di immigranti, vi pubblico la lettera che Evo Morales, presidente boliviano (il primo di etnia indigena) all'Unione Europea. E' un pò lunga, però mi ha fatto impressione. Chi conosce un pò di storia non può non dargli ragione. Vuol dire che la leggeranno quelli che ne hanno voglia......



"Fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, l’Europa fu un continente d’emigranti. Decine di milioni di europei partirono verso l’America per colonizzare, sfuggire alla miseria, alle crisi finanziere, alle guerre, ai totalitarismi europei ad alle persecuzioni inflitte minoranze etniche.

Oggi, sto seguendo con molta preoccupazione il processo d’approvazione della cosi detta “direttiva rimpatrio”. Il testo convalidato, il passato 5 giugno per dai Ministri degli interni dei 27 paesi dell’Unione Europea, dovrà essere sottoposto al voto del Parlamento Europeo il 18 giugno. Ho l’impressione che questa direttiva indurisca in maniera drastica le condizioni di detenzione e d’espulsione degli emigranti senza documenti, indipendentemente dal loro tempo di permanenza nei paesi europei, dalla loro condizione lavorativa, dai loro legami familiari, dalla loro volontà d’integrazione e dal raggiungimento della stessa.

Gli Europei giunsero in massa nei paesi latino americani ed in America settentrionale, senza visto e senza alcuna condizione imposta dalle autorità. Furono sempre i benvenuti e continuano ad esserlo, all’ interno dei nostri paesi del Continente Americano, che assorbirono la miseria economica dell’ Europa e le sue crisi politiche.

Vennero al nostro Continente a sfruttare le ricchezze locali e trasferirle in Europa, con altissimo costo per le popolazioni originarie d’America. Come nel caso del nostro “Cerro Rico” di Potosi e delle sue favolose miniere d’argento che permetterò di dare massa monetaria al Continente Europeo dal secolo XVI fino allo XIX. Le persone, i beni ed i diritti degli migranti europei furono sempre rispettati.

Oggi l’Unione Europea é la destinazione principale degli emigranti di tutto il mondo, fatto questo, dovuto alla sua immagine positiva di spazio di prosperità e di libertà pubbliche. La stragrande maggioranza degli migranti giunge nell’Unione Europea per contribuire questa prosperità, non per approfittarsi. Svolgono i lavori delle opere pubbliche della costruzione, nei servizi delle persone e negli ospitali, lavori che non vogliono svolgere gli europei. Contribuiscono al dinamismo demografico del continente europeo, a mantenere le relazioni tra attivi e inattivi che fanno possibili i suoi generosi sistemi di sicurezza sociale e fanno diventare dinamico il mercato interno e la coesione sociale. I migranti offrono una soluzione ai problemi demografici e finanzieri dell’UE.

Per noi, i nostri migranti rappresentano l’aiuto allo sviluppo che gli Europei non ci concedono, dato che ben pochi paesi raggiungono realmente il minimo obbiettivo dal 0,7% dal suo interno lordo nell’aiuto allo sviluppo. America Latina ha ricevuto nel 2006, 68.000 milioni di dollari in bonifici, in altre parole più del totale degli investimenti stranieri nei nostri paesi. A livello mondiale raggiungono 300.000 milioni di dollari, che superano i 104.000 milioni concessi per la cooperazione allo sviluppo Il mio paese, la Bolivia, ricevette rimesse superiori al 10% del proprio PIL (1.100 milioni di dollari) e pari a un terzo delle nostre esportazioni annuali di gas.

Questo significa che i flussi migratori sono benefici tanto per gli Europei ed in maniera marginale per noi del Terzo Mondo, dal momento che allo stesso tempo perdiamo contingenti di mano d’opera qualificata formata da milioni di persone nelle quali i nostri Stati, benché poveri, hanno investito in una forma o nell’altra importanti risorse umane e finanziarie.

Purtroppo, il progetto di “direttiva rimpatrio” complica terribilmente questa realtà. Se concepiamo che ogni Stato o gruppo di Stati possono definire le loro politiche migratorie in piena sovranità, non possiamo accettare che i diritti fondamentali delle persone siano negati ai nostri compatrioti e fratelli latinoamericani. La “direttiva ritorno” prevede la possibilità di un carceramento dei migranti indocumentati fino a 18 messi prima della loro espulsione o “allontanamento”, secondo il termine della direttiva. 18 mesi! Senza processo nè giustizia! Tale come esiste oggi il progetto di testo della Direttiva, viola chiaramente gli articoli 2, 3, 5, 6,7,8 e 9 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948. Ed in particolare l’articolo 13 della Dichiarazione dice:

1. “Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.

2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.”

Ed il peggio di tutto esiste anche la possibilità di incarcerare madri di famiglia e minori, senza prendere in considerazione la loro situazione familiare o scolastica, in questi centri d’internamento che come sappiamo provocano depressioni, scioperi della fame, suicidi. Com’e possiamo accettare senza reagire che siano concentrati in campi compatriote e fratelli latinoamericani senza documenti tra i quali la gran maggioranza sta da anni lavorando ed integrandosi? Da che parte sta oggigiorno il dovere di ingerenza umanitaria? Dove risiede la libertà di circolare e la protezione contro le detenzioni arbitrarie?

Allo stesso tempo l’Unione Europea cerca di convincere alla Comunità Andina delle Nazioni (Bolivia, Colombia, Ecuador e Peru) a firmare un “Accordo d’Associazione” che nella suo terzo pilastro un Trattato di Libero Commercio, la cui natura ed il cui contenuto sono uguali a quelli imposti dagli Stati Uniti. Siamo sottoposti ad una grande pressione da parte della Commissione Europea affinché vengano accettate condizioni di profonda liberalizzazione del commercio, dei servizi finanziari, della proprietà intellettuale e dei nostri servizi pubblici. Inoltre, a titolo della “protezione giuridica” siamo sottoposti a continue pressioni a causa del processo di nazionalizzazione dell’acqua, del gas e delle telecomunicazioni realizzato durante la giornata mondiale dei lavoratori. Chiedo, in questo caso: dove risiede la “sicurezza giuridica” per le nostre donne, gli adolescenti, i bambini ed i lavoratori che cercano orizzonti migliori in Europa?

Promuovere la liberta della circolazione di merce e delle finanze mentre di fronte vediamo incarceramenti senza giudizio per i nostri fratelli che cercano di circolare liberamente. Quello e negare i fondamenti della liberta e dei diritti democratici.

A queste condizioni, nel caso in cui la “direttiva rimpatrio” venga approvata, ci troveremmo nell’impossibilità etica di approfondire le negoziazioni con l’Unione Europea e ci riserviamo il diritto di applicare nei confronti dei cittadini europei le stesse obbligazioni in materia di visti che vengono imposte a noi boliviani dal primo di aprile 2007, sulla base del principio diplomatico della reciprocità. Non lo abbiamo esercitato fino ad ora nell’intento d’attendere giustamente dei segnali positivi da parte dell’Unione Europea.

Il mondo, i suoi continenti, i suoi oceani ed i suoi poli conoscono importanti difficoltà globali: il riscaldamento climatico, l’inquinamento, la sparizione lenta ma sicura delle risorse energetiche e delle biodiversità mentre allo stesso tempo aumentano la fame e la povertà in tutti i paesi, rendendo più fragili le nostre società. Fare degli emigranti, con o senza documenti, i capri espiatori di questi problemi globali non é una soluzione.

Non corrisponde a nessuna realtà. I problemi di coesione sociale che soffre l’Europa non sono imputabili agli emigranti ma sono il frutto del modello di sviluppo imposto dal Nord, che distrugge il pianeta e smembra le società umane.

A nome del popolo Boliviano, di tutti i miei fratelli del continente e delle regioni del mondo quali il Maghreb ed i paesi africani, mi appello alla coscienza dei leaders e dei deputati europei, dei popoli, dei cittadini e degli attivisti d’Europa, affinché il testo della “direttiva rimpatrio” non venga approvato. La direttiva, così come la conosciamo oggi, é una direttiva della vergogna. Invito anche l’Unione Europea a elaborare nei prossimi mesi una politica sull’immigrazione rispettosa dei diritti umani, che permetta il mantenimento di questo dinamismo vantaggioso per entrambi i continenti e che onori, una volta per tutte, il tremendo debito storico, economico ed ecologico che i paesi europei hanno con la maggior parte del terzo mondo, affinché chiuda, una buona volta, le vene ancora aperte dell’America Latina. Oggi, non potete fallire nelle vostre “politiche di integrazione” così come avete fallito nella vostra pretesa “missione civilizzatrice” al tempo delle colonie.

Ricevete tutti voi, autorità, europarlamentari, compagne e compagni i saluti fraterni dalla Bolivia. Ed in particolare modo la nostra solidarietà a tutti i “clandestini”.

Nessun commento:

Posta un commento