In primo piano un bradipo. Mentre risaliamo un affluente del Rio delle Amazzoni, donne e bambini che abitano su case galleggianti ai bordi della foresta ci inseguono con le loro barchette e accostano la nostra barcona da dieci posti ancora in movimento. Vogliono offrire ai turisti una foto ravvicinata di questo animale in cambio di una mancia. (La gente si inventa i mestieri.) Si aggrappano. La bestiola, contrariando il suo istinto naturale di restare immobile come un fagotto, si aggrappa anche lei: nel nostro mondo agitato nemmeno i bradipi riescono a stare fermi. Lo possiamo scegliere come simbolo dei popoli della foresta che alzano le braccia gridando: chiedono aiuto.
Cosa siamo andati a fare in Amazzonia? C'era una riunione di missionari italiani. Preti (sono ancora la maggioranza, ma stanno diminuendo in fretta e stanno aumentando molto, invece, i laici), laici e laiche, religiosi e religiose, tutti affiliati al CUM, il Centro Missionario sostenuto dalla CEI. Circa 125, da tutto il Brasile, con alcuni rappresentanti di Uruguai, Paraguai, Perù, Bolivia, Venezuela ed Equador, e tre inviati dall'Italia. Le voci più ascoltate sono state quella di Padre Claudio Perani, gesuita, e Soave Buscemi, laica biblista. Il tema dell'incontro è la difesa ambientale, e per questo è stato scelto come luogo Manaus, capitale dell'Amazzonia. Abbiamo cominciato da una frase del profeta Isaia: "La vita del mio popolo sarà lunga come quella degli alberi" (Is. 65, 22): essa evoca il legame tra la vita della foresta e quella dei popoli che la abitano. Abbiamo cercato di ascoltare il grido dei popoli della foresta, ma non solo. L'incontro è iniziato con una relazione di tutte le regioni del paese. Ovunque, gli scenari si assomigliano: la foresta che brucia, il cerrado sostituito da grandi monoculture a servizio del mercato globale, le campagne abbandonate, i periodo di siccità che si allungano e si fanno più violenti, i fiumi che si assottigliano (la TV ha mostrato in questi giorno il grande Rio San Francisco attraversato da giovani motociclisti in sella), le città che si gonfiano. Di conseguenza, la violenza urbana fuori controllo, l'emigrazione, il disfacimento delle famiglie, la corruzione che invade tutte le istituzioni e corrompe la democrazia riducendo l'informazione e la politica ad uno squallido intrattenimento, mentre comandano il mondo (e arricchiscono di fatto) la borsa e le banche. Che non danno a nessuno la soddisfazione di vivere bene e con dignità: nè i poveri nè i ricchi.
Vi trasmetterò ora alcuni pensieri che non sono un documento della riunione, ma le mie riflessioni e impressioni su quanto è stato presentato e detto. Primo: il grido della foresta amazzonica e del suo popolo è reale, e nello stesso tempo assume un potente significato simbolico: perchè essa è il polmone del mondo, ed è gravemente affetta da un cancro già diffuso in tutto il pianeta e che ha raggiunto l'Amazzonia per metastasi. "La vita del mio popolo sarà lunga come quella degli alberi": è una promessa e una minaccia. Quando sarà bruciato l'ultimo albero, la razza umana sarà già estinta. Vogliamo chiamarlo per nome, questo cancro? Non si chiama capitalismo? Ci fa paura dirlo, perchè viviamo di esso e il benessere di cui noi, pochi, godiamo ancora, è in gran parte un suo prodotto. Ma sta uccidendo la terra e ucciderà anche noi.
Secondo: ci sono speranze? Soluzioni concrete per salvare l'attuale modello di sviluppo, non ne sono uscite dal convegno. Non credo che ne usciranno nemmeno dai palazzi. Questi, forse, decideranno nuove strategie di "crescita economica", per arricchire più in fretta i finanzieri e le loro banche. Forse nuovi tipi di bombe, sempre più intelligenti, per uccidere "gli altri" senza subirne danni. Anche qualche nuova legge punitiva pseudo-cristiana per spaventare i drogati e le adolescenti prostituite e ingravidate: che si tengano per sè i loro problemi. Scrive Francesco Gesualdi, nel suo libro "Sobrietà" più volte citato nel nostro incontro: "Se volessimo offrire a tutti lo stile di vita americano ci occorrerebbero almeno 5 pianeti come questo". E ancora: "In Europa la velocità media attuale delle automobili è quella del tempo in cui si andava in carrozza".
La parte di Chiesa presente all'incontro vuole ascoltare, convertirsi e camminare con i poveri. Senza ritorni al passato. Crede che questa sia la soluzione. Afferma senza mezzi termini che siamo discepoli di Gesù Cristo, inviato dal Padre "afinchè tutti abbiano la vita, e la vita in abbondanza". Lui partì da Betlemme, e poi dalla Galilea: da umili pastori, pescatori, pubblicani, donne trascurate ed emarginate. Inventò il cammino delle beatitudini (beati i poveri in spirito, i poveri di Dio che non possiedono ricchezze e non le pretendono). Che siamo davanti a una scelta da fare: la vita o la morte, ci dicono i vescovi brasiliani rifacendosi alle parole della Bibbia. Noi vogliamo seguire l'invito "scegli, dunque, la vita", il motto biblico (Dt. 30, 19), che campeggia sul manifesto della Campagna della Fraternità 2008, proposto da loro.
Per questa porzione di Chiesa la strada della vita (senza miracoli economici o di altro genere) sono i poveri e il loro grido. Essi tentano di conservare le loro culture e modi di vivere, legati al loro ambiente naturale. I loro movimenti sociali e le loro piccole cooperative, società e attività economiche, la loro fede, il senso di comunità, le lotte per la difesa della foresta e del cerrado, la loro capacità di convivere tra culture e religioni diverse, sono atti di resistenza della vita e indicano cammini alternativi al capitalismo sfrenato e allo scontro tra culture e religioni. Una espressione chiave del nostro convegno è stata: "Camminare con il popolo" e non "per il popolo". E l'altra: "Seguire la via della sobrietà": consumare meno, aggredire meno l'ambiente, non puntare sulla crescita economica (secondo il modello capitalista) ma sulla vita modesta e relazioni sempre più umanizzate.
Io sono appena arrivato dall'Italia, e forse per questo ho seguito l'incontro con interesse ma senza osare pronunciarmi. Ciò che ho ascoltato mi ha, man mano, coinvolto. Il mio timore è che certe cose siano lontane dalla pratica. Che lo Spirito Santo ci aiuti ad essere fedeli a questa scelta assai impegnativa dei missionari italiani del CUM: che è più facile da dire che da fare.
PS - nel fotoblog www.bartimeo.nafoto.net pubblicherò, a puntate, alcune immagini dell'incontro e del passeggio sul Rio delle Amazzoni.
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