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Cominciamo con gli auguri a DON ELIGIO SILVESTRI: ha compiuto felicemente 88 anni venerdí scorso, 23 ottobre. Sta bene. Non ha bisogno di alimentazione e idratazione artificiali, segno che l´aria di Itaberaí, che puzza di spennatura di pollo, non gli fa male. Non gradisce le feste di compleanno, ma alla nostra piccola commemorazione tra le mura domestiche ha reagito con educazione. Complimenti e auguri anche ALL´AFRICA, al termine del Secondo Sinodo per l´Africa (5-25/10) che si é concluso domenica. Vi hanno partecipato 244 padri sinodali e 49 uditori. Un motto evangelico sintetizza il messaggio finale: "Africa, alzati e cammina". Sí, e tu, Chiesa africana, Chiesa-sorella, esci dai palazzi e dalle cattedrali e cammina con gli africani. Teologia africana, liturgia africana, modo africano di seguire Gesú. Lasciati inventare dallo Spirito. L´altra mattina, nella preghiera di lode, mi ha colpito questa frase di Isaia: "Ecco dove rivolgo il mio sguardo - oracolo del Signore: al povero e all´oppresso, a colui che trema di fronte alla mia parola" (Isaia, 66, 2). Ci sta a pennello con l´Africa. Informatevi su Missione Oggi, cartacea o sito, che ha una rubrica tutta sul Sinodo.
Grandi opere: cosa ne sappiamo noi della centrale elettrica di Belo Monte, che sará la seconda maggior centrale del Brasile dopo quella di Itaipú, nello Stato di Paraná (confine col Paraguay)? Pensata inizialmente per un´area di 1.225 kmq con una produzione di 11 mila megawatt di energia elettrica, il progetto é stato approvato nei giorni scorsi per 400 kmq di invaso e 5 mila mgw di energia. Sorgerá nel comune di Altamira (Pará), utilizzando l´acqua del Rio Xingú e sloggiando 9 popolazioni indigene. L´inizio dei lavori é previsto per Natale di quest´anno: pare che il governo Lula e quello di Berlusconi col "ponte sullo stretto" abbiano aggiustato i loro orologi come fanno i soldati...nei film di guerra. Coincidono pure i costi. Il vescovo della regione, Dom Erwin Krautler, ha scritto al presidente dell´Istituto Brasiliano per l´Ambiente (IBAMA). Dopo aver criticato il modo formale e frettoloso di consultare le popolazioni interessate, il vescovo chiede alle autoritá di andare a parlare con gli indigeni e i contadini delle zone che saranno inondate, e non tenere conto solo delle ragioni tecniche.
E conclude: "Ho la certezza assoluta che sotto l´aspetto socio-ambientale gli studi elaborati lasciano molto a desiderare e richiedono un maggiore approfondimento, poiché non si tratta di macchine e dighe, di barriere di cemento e canali di derivazione, ma di persone umane in carne e ossa, che conosco, di donne e uomini, bambini, adulti e anziani, che soffriranno un impatto. Si tratta anche dell´ambiente, la casa che Dio ha creato per questi popoli, che ha giá cominciato a soccombere fatalmente agli attacchi senza scrupoli della distruzione e annientamento, diventando inabitabile e deserto come ho giá visto in altre zone dello Xingu. Ecco perché i movimenti sociali e i popoli indigeni hanno sollecitato l´IBAMA a fare 17 udienze pubbliche complementari"(Adital) . Ancora piú sconcertante é la questione sollevata dai tecnici ambientali che chiedono al governo: "Dove andrá a finire questo surplus di energia? Unicamente a industrie che estraggono e lavorano metalli da esportare. E allora, é meglio cambiare il nostro modello di sviluppo o distruggere per sempre le nostre preziose risorse ambientali"? Ma non facciamoci illusioni: con o senza Lula, la gente vuole queste cose! Possibilmente lontano da casa (ma non troppo). Quando pensiamo ai soldi non vediamo la gente, e la distruzione e la morte non ci commuovono. É per questo che nessuno riesce a fermare il mostro. Proprio in questi giorni Lula ha passato diversi giorni nel bacino del Rio São Francisco a fare pre-campagna elettorale. Lui stesso ha ammesso, alla faccia del vescovo Dom Luis Cappio, che i lavori di bonifica del fiume procedono molto in ritardo, mentre le opere di deviazione dell´acqua vanno a tutta birra.
Itaberaí puzza di pollo: fosse tutto lí il danno ambientale provocato dall´industria di allevamento e abbattimento. Il proprietario di una fazenda adiacente al macello (situata dall´altra parte del fiume e a poche centinaia di metri dal centro di Itaberai), mi racconta che da un paio di anni l´eccessivo inquinamento del corso d´acqua lo ha costretto ad abbandonare la coltivazione di pomodori e altri ortaggi. Ora produce soltanto fieno, che vende agli allevatori. Recentemente la presenza di grassi ha messo il tilt anche il suo impianto di irrigazione (pivot) che ora é fermo. Secondo lui, i filtri dell´impresa furono costruiti per il macello di 70 mila polli al giorno, mentre attualmente ne macellano piú di 200 mila. Mi ha consegnato fotografie e copie di una misurazione da lui ordinata a una ditta specializzata. Risulta che il 15 settembre scorso i grassi presenti nel fiume, tollerati fino a 60 unitá, erano a quota 3500. Il nitrogenio, ammesso fino a 20 unitá, era a 89,6. Chiede ai cittadini di intervenire, perché la faccenda riguarda la salute di tutti. Ma a chi ci rivolgiamo per controllare se le accuse sono fondate e per provvedere? Il sindaco, condannato in terza istanza per corruzione, é deposto. Quello che dovrebbe subentrare ha avuto la campagna elettorale sostenuta dall´impresa accusata di queste gravi irregolaritá. Egli ha affermato piú volte che non governerá agli ordini dei finanziatori della sua campagna, ma al servizio dei cittadini. Ora vedremo se é vero.
Oltre ai polli, quí c´é grave inquinamento da droga: nell´ultimo mese diverse le vittime di omicidio, presumibilmente da parte di trafficanti. Un ragazzo é stato accoltellato e abbandonato cadavere con un lucchetto infilato nelle labbra. La polizia ha raddoppiato le vetture di controllo in strada: 5 per il quartiere Fernanda Park (il piú contaminato dal traffico), e altre 5 per il resto della cittá. Le famiglie non sanno come fare per salvare i loro figli. Si bisbiglia, ma le iniziative sono poche e timide: solo la polizia non basta. Qualcuno mi ha raccontato che la droga é entrata tra i braccianti a giornata che lavorano nelle aziende di canna da zucchero e di pomodori. Il tagliatore di canna é pagato un tanto al metro: in un giorno ne taglia 5 metri cubi, ma con la droga raddoppia la produzione. É un´infezione che dilaga e non c´é tempo da perdere, ma chi é preparato? Ne abbiamo parlato nelle celebrazioni delle comunitá. La gente stenta a parlare apertamente del problema. Nell´ultima assemblea generale della parrocchia, sabato scorso, nessuno vi ha fatto cenno.
Non é venuta fuori nemmeno la "scelta preferenziale dei poveri". Si é parlato molto, invece, di formazione: principalmente biblica e liturgica. Cos´é, una fuga dalla realtá? Ci sará forse anche quello, perché siamo umani. Non abbiamo il coraggio di afferrare i tori per le corna. Anche come Chiesa locale abbiamo fatto due passi indietro e temo che si voglia farne altri. Ma cerchiamo di vedere il lato buono e non cadere nel pessimismo! Penso che questo sia un segno, una tacita ammissione che le ingiustizie e la violenza del mondo sono troppo grandi, la nostra volontá conta troppo poco, e bella grazia se riusciamo a mantenere la rotta nella sequela di Gesú e verso il Regno. Tra la gente la scelta preferenziale non é scomparsa. Viene a galla nelle conversazioni informali. In una comunitá rurale, l´altra sera, un ragazzone ha proclamato questa preghiera: "Preghiamo per i preti, affinché il Signore li sostenga e continuino a tenerci svegli e a mostrarci la direzione per sperare ancora nella salvezza". É chiaro che lui non si riferiva alle politiche ecclesiastiche, alle omissioni e ai compromessi che tradiscono i poveri, ma alla testimonianza e annuncio di Gesú Cristo. L´Eucaristia (Parola e Sacramento) é una luce nel cammino di tanti. Mi fido di questi doni che la Chiesa mi fa portare alla gente, nonostante le contraddizioni, i ritardi e le ipocrisie nell´azione concreta. Credo che, ancora una volta, l´umanitá stia affrontando le doglie del parto e lo Spirito Santo stia preparando la nascita di un mondo nuovo. Certo, un pó piú di disposizione alla profezia e al martirio ci vorrebbe, ma é dura.
A Bartimeo3 (domenica scorsa era l´onomastico del Blog, c´era il vangelo di Bartimeo) era sfuggita l´approvazione all´unanimitá da parte del Senato brasiliano, il 7 ottobre scorso, di un testo di Accordo con la Santa Sede che definisce lo Statuto giuridico della Chiesa cattolica in Brasile. In precedenza era stato approvato, dopo lunga discussione, dalla Camera. Ora seguirá l´Iter normale per entrare in vigore. Il fatto ha valore storico: dalla proclamazione della Repubblica (1889) non esisteva nella legislazione brasiliana uno strumento giuridico organico a cui fare riferimento. Fanno parte dell´Accordo: il riconoscimento immediato, da parte dello Stato, degli Istituti Ecclesiastici previsti dal Diritto canonico: Conferenza Nazionale dei Vescovi, le Diocesi, le Parrocchie e le Congregazioni religiose. Inoltre, le persone giuridiche "ecclesiastiche" finalizzate all´assistenza sociale, come le opere sociali, avranno diritto alle stesse esenzioni, immunitá e benefici attribuiti alle entitá civili dello stesso genere. Il patrimonio storico, artistico e culturale della Chiesa Cattolica sará considerato "patrimonio culturale brasiliano" e avrá diritto alla protezione e salvaguardia da parte dello Stato. I luoghi di culto, i simboli, le liturgie, le immagini e oggetti culturali della Chiesa Cattolica saranno protetti contro violazioni e mancanze di rispetto. I titoli accademici e le qualifiche ottenute in universitá della Chiesa potranno essere riconosciuti in Brasile. Ed é stata aperta la possibilitá di insegnamento religioso cattolico nelle scuole pubbliche (primo e secondo grado) con iscrizione facoltativa.
Non chiedete a me di commentare il testo perché non l´ho letto. Quelli che se ne intendono dicono che é utile perché compatta le norme che giá esistevano in ordine sparso, e fa chiarezza. Noi italiani guardiamoci dai paragoni: le relazioni tra Stato e Chiesa, e tra Stato e societá, sono diversissime da un paese all´altro. Penso che l´ultimo item sará quello che dará piú filo da torcere quando qualcuno lo vorrá realizzare. L´insegnamento religioso nelle scuole, in Brasile, c´é ed é facoltativo e pluralista. I professori sono di nomina statale o comunale (a seconda del tipo di scuola). C´é una traccia elaborata da commissioni ecumeniche e inter-religiose. Sappiamo che ci sono professori (soprattutto evangelici) che ne approfittano per catechizzare, ma in genere l´insegnamento é di cultura religiosa nel senso piú ampio del termine, sul filone di un cristianesimo molto annacquato anche se poggiato sulla Bibbia: e mi pare che a quasi tutti piaccia cosí. Relativismo puro, direbbe qualcuno. D´altra parte suppongo che si possa dire senza timore di smentita: il cristianesimo é assai piú che una religione. É farsi discepoli di Gesú e seguirlo sulla via indicata dal Vangelo. La scelta di trasformarlo in una religione da manuale scolastico presuppone l´abbandono della sua radicalitá e la sua "mondanizzazione". Diventa una norma di vita adattata a una fede paganeggiante, coi suoi valori e i suoi idoli. Un galateo spirituale per rendere il popolo governabile. Fu cosí anche nel IV secolo, ai tempi di Costantino, quando furono scritti i primi testi scolastici di religione cristiana. La conversione autentica avviene in altri modi sotto l´azione dello Spirito Santo, ed é collegata non alla scuola pubblica ma alla comunione con le comunitá cristiane che vivono l´Eucaristia.
Domenica scorsa, per la Pastorale del Brasile, era anche la "Giornata Nazionale della Gioventú". In lingua nostra é chiamato DNJ: si puó leggere anche Disastro Nazionale della Gioventú, perché la pastorale giovanile va malissimo. Le manifestazioni di questa giornata riuniscono parecchi giovani, perché si affitta un pulman e si scarrozzano i giovani gratuitamente. Molti vanno solo per fare una passeggiata. Perché sará che i gruppi organizzati di "pastorale della gioventú" sono in una crisi cosí profonda, mentre invece ci sono tanti giovani a messa e nelle diverse equipes di pastorale? Tanti sono i giovani che cercano Gesú Cristo e un cammino di fede,
e tanti quelli che lo trovano in un impegno concreto di comunitá. Sembra quasi che ci sia un mondo giovanile impenetrabile all´offerta della nostra pastorale: chi si inserisce nella Chiesa esce da quel mondo. Nemmeno i giovani piú impegnati nella parrocchia sono capaci di fare pastorale giovanile. Dove sta il problema, e qual´é la soluzione?
Scrive, in proposito, Dom Demetrio Valentini vescovo di Jales (SP) e coordinatore nazionale della Caritas: "Per quanto riguarda i giovani, sicuramente la maggioranza non ha nemmeno avuto notizia dell´iniziativa, e non sa che esiste un giorno nazionale della gioventú. Oggi la crisi di identitá che i giovani vivono é tale, che a loro interessa poco sapere se la societá si preoccupa per loro e dedica loro un giorno speciale. Non é facile capire che cosa sta accadendo alla gioventú. Non é facile avere a che fare coi giovani. Lo dicano i genitori, che guardano i loro figli con perplessitá, e sono spaventati dalla grande differenza tra generazioni. Lo dica la scuola, a cui vengono i brividi davanti ai problemi che i suoi alunni sollevano, e si sente incapace di offrire soluzioni. Lo dica la Chiesa, che ha perduto il contatto coi giovani e non sa piú come riallacciare il dialogo con loro".
Continua dom Demetrio: "´Del resto, siamo tutti d´accordo che viviamo un´epoca di cambiamenti allucinanti, tanto da farci dire che "non é un´epoca di cambiamenti ma un cambiamento di epoca", come ha riconosciuto recentemente la Conferenza di Aparecida. Ebbene, i cambiamenti incidono piú direttamente sui giovani. Essi si trovano allo sbaraglio senza rifugi di protezione, che possano attutire l´impatto delle rapide trasformazioni culturali in corso ai nostri giorni. Oltretutto, i giovani sono bersaglio scelto di chi sfrutta la situazione per fatturare sulla debolezza umana. I giovani diventano obiettivo di manovre dannose, che hanno la loro traduzione piú crudele e dannosa nella rapida disseminazione della droga". (....) Ebbene, questo é il mondo dei giovani. Davanti ad esso non é il caso di scoraggiarsi. Perché nonostante tutto, i giovani conservano il desiderio di vita, la sete di valori autentici. La cosa migliore é sfidarli a diventare essi stessi protagonisti della propria realizzazione". "Sfidare i giovani a farsi carico della loro missione" (Adital).
Foto: 1)inquinamento del Rio das Pedras. 2) 88mo compleanno di don Eligio.
3) Superfrango: l´industria di abbattimento dei polli. 3) La famiglia riunita.
26 ottobre 2009
20 ottobre 2009
MESSAGGI ESPLICITI
Sono riuscito, finalmente, a correggere l´impostazione: d´ora in poi, se vuoi, puoi mandare un commento via e-mail o pubblicarlo direttamente senza difficoltá. Cerchiamo di creare un pó di dialogo e arricchire i contenuti.
L´onorevole Tremonti: "Credo nel posto fisso". Come dobbiamo accoglierlo questo messaggio? Ditemelo voi. Negli anni 80 Reagan e la Tatcher lanciarono la "deregulation". I sindacati, di fronte a un mercato del lavoro che non faceva piú assunzioni, accettarono la "flessibilitá del lavoro" e i contratti a tempo determinato, per aprire una strada ai giovani. Ricordo un´assemblea della CISL a Sassuolo nell´85 (ero provvisoriamente sindacalista), in cui il conferenziere e paladino della mobilitá era il professor Romano Prodi. Noi dicevamo: "Mobilitá sí, ma attenti: il contratto a tempo determinato sia realmente di formazione-lavoro, duri poco e abbia regole e controlli". Negli anni seguenti é accaduto il contrario. La finanza sempre piú fuori controllo, fino a provocare questa crisi. I contratti a termine hanno prodotto milioni di precari a tempo indeterminato. Se lo Stato non impone delle regole al capitale speculativo hai voglia di credere nel posto fisso! I finanzieri spostano gli investimenti da un continente all´altro e da un settore all´altro sorvolando la gente senza nemmeno vederla. Le imprese nascono, si fondono e chiudono come se niente fosse. Gli economisti sostengono nella midia che l´economia ha le sue regole che non dipendono dai comandamenti di Dio, e che l´egoismo é la molla che fa girare il mondo: senza di essa c´é solo miseria. "Credo nel posto fisso" sembra un atto di fede: bisogna poi vedere in quale dio!
Ma sarebbe bello se la crisi avesse messo in moto una reazione a catena di "conversioni": questo non é un ambito religioso, ma ha molto a che vedere con la fede di Gesú, rivelata nella moltiplicazione e condivisione del pane e nella storia del samaritano. Se si vuole dare un futuro sereno alle famiglie e promuovere la vita bisogna garantire lavoro e stabilitá. Forse, é meglio per la stessa economia, no? Una ripresa economica che continuasse a provocare disuguaglianza sarebbe una sconfitta, non una vittoria sulla crisi. E scusate se scrivo da incompetente: sono appena tornato dalla visita ad una famiglia che ha venduto le sedie e il televisore per comprare il cibo. L´economia va bene quando tutti hanno lavoro e salario. Nella vicina cittá di Heitoraí, mi raccontano: "Quí sono nati diversi accampamenti di senza terra, e hanno ottenuto la terra lottando contro tutto e tutti: anche contro i politici e l´elite locale, che li odiava. Padre Giorgio Gagliani, modenese, ci ha messo la vita per sostenerli. Altri preti e laici del posto hanno discusso e litigato perfino contro le famiglie cattoliche piú in vista, che trattavano i senza terra come dei vagabondi senza arte né parte. Ora, peró, si vede chi aveva ragione: da quando i senza terra si sono fissati sulla terra e producono, Heitoraí che era una cittá in agonia é risorta. La cittá é vivace, piena di eventi e iniziative, e gli esercizi commerciali prosperano".
Ci sono poi questi altri messaggi espliciti - via internet. Uno di Don Vitaliano della Sala: "Nell’universo ci sono 200.000.000.000 di galassie, ognuna a milioni di anni luce dall’altra, e ognuna con in media 100.000.000.000 di sistemi solari… e chi abita in Marocco sarebbe uno straniero?". Meno male che qualcuno lo dice, anzi, lo grida. Il secondo di don Angelo Casati parroco nel milanese: “Vogliamo una Chiesa che non imponga mai a nessuno le proprie convinzioni sui problemi dell’etica e della politica e si fidi solo della forza libera e mite della fede e della grazia di Dio. Vogliamo una Chiesa che pratichi la compassione e trovi nella pietà la sua gloria. E faccia sue le parole che il santo padre Giovanni XXIII incise sul frontone del Concilio: Oggi la sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che della severità. Essa ritiene di venire incontro ai bisogni di oggi non rinnovando condanne ma mostrando la validità della sua dottrina... La Chiesa vuol mostrarsi madre amorevole di tutti, benigna, paziente, piena di misericordia e di bontà, anche verso i figli da lei separati. Vogliamo una Chiesa che sappia dialogare con gli uomini e le donne e le loro culture, senza chiusure e condizionamenti ideologici, e impari ad ascoltare e a ricevere con gioia le cose vere e buone di cui gli interlocutori sono portatori. La verità e la bontà sono di Dio, il quale le dà a tutti gli uomini e non solo ai cristiani.
Vogliamo che al centro della Chiesa venga messo il Vangelo e la sua radicalità. Solo così la Chiesa potrà essere vista e sperimentata come esperta in umanità. È tempo che, senza paura, nella Chiesa e nella città prendiamo la parola da cristiani adulti e responsabili, pronti a rendere conto della speranza cristiana”.
Ma il messaggio piú esplicito di tutti é quello del Vangelo di domenica scorsa: "Voi sapete che i capi delle nazioni le opprimono e i grandi le tirannizzano. ma tra voi non sará cosí: chi vuole essere grande sia vostro servo, e chi vuole essere il primo sia lo schiavo di tutti" (Marco, 10, 42-44). Che sembra una tirata d´orecchi a noi: cattolici e Chiesa. Come siamo lontani da questa pratica evangelica! Quando diciamo di essere "al servizio", non stiamo peccando contro lo Spirito Santo (se ne parlava nel Vangelo di sabato)? Stiamo mentendo alla nostra coscienza, e lo Spirito é Dio in noi, che ci parla con la nostra coscienza. Un peccato imperdonabile: forse Dio perdona anche questo ("non sanno quello che fanno"), ma noi no. Ci tormenterá per tutta la vita, ricordandoci che siamo vigliacchi e impostori. Molta gente perde la fede per colpa nostra: e quelli che non hanno fede sono ben contenti di averci come complici. Nel film-fumettone Angeli é demoni, dopo ore di gimcana per le strade di Roma il prete-camerlengo pronuncia queste sagge parole: "Dobbiamo aprire le porte e le tende, e parlare al nostro gregge. Se il mondo lá fuori potesse vedere la Chiesa come la vedo io, vedrebbe un miracolo moderno: una fraternitá di anime semplici e imperfette, che non vogliono essere niente di piú che la voce della compassione in un mondo fuori controllo". Semplicista e populista, ma in fondo esprime il sentimento di tantissimi credenti. Non ci salveremo mascherando da "servizio" il potere, i titoli, le insegne, le caste,le alleanze e i patteggiamenti. Solo la sincera e reale sequela di Gesú Cristo salva. Forse, col tempo e i fallimenti, ci arriveremo.
Per ultimo, siccome siamo nel mese delle missioni, vi pubblico quest´altro messaggio e-mail dal Mozambico. É del Padre Luis Cardalda, uno spagnolo della Galizia, che é rimasto per molti anni qui con noi come prete Fidei Donum e poi ha chiesto di essere inviato, da questa Diocesi, come missionario in Mozambico: ed é assai piú vicino alla mia vita quotidiana. “É necessario rinnovare l´impegno di annunciare il vangelo, fermento di libertá e progresso, di fraternitá, unione e pace. Desidero di nuovo confermare che il compito di evangelizzare tutti gli uomini costituisce la missione essenziale della chiesa" (Benedetto XVI- messaggio per la giornata missionaria). Ottobre, mese missionario, ci riporta alla memoria i ricordi delle attivitá con cui, nelle nostre comunitá, si celebra il comando di Gesú di andare a tutte le nazioni. Ad Itaberaí io vibravo ogni volta che si cantava: "Vai,vai missionário do Senhor". Forse influenzato da quell´entusiasmo, quando mi capitó l´occasione venni in Mozambico, dove mi trovo ora per la seconda volta inviato dalla Chiesa di Goiás. Il missionario viene inviato per ricordare a tutte le comunitá che la missione é un´esigenza fondamentale della fede. Cosí lo conferma il papa: "La missione oltre frontiera dev´essere la prioritá dei vostri piani di pastorale".
La vita del missionario si compone di piccoli gesti. davanti al diverso impara ad essere umile, ascoltare, accogliere, essere paziente e rispettare. Ha nel cuore la certezza che prima di lui é arrivato lo Spirito Santo a spargere le sementi del Verbo. Per questo, il missionario é chiamato a guardare con fede la realtá per scoprirvi le strade che lo Spirito sta aprendo. Ci sono momenti, quando osserviamo con amore, in cui piccoli gesti sono rivelatori. Tornavo dal mercato verso sera, uma bambinetta veniva con un recipiente di paglia sulla testa, in cui portava un poco di manioca, forse per la cena della famiglia. Ad un tratto ella si ferma davanti a me, prende un pezzo di manioca, e me lo porge. Non ha detto niente, ho visto solo il suo sguardo brillare e un sorriso affettuoso sul suo volto. Sono gesti cosí, che parlano del Regno e incoraggiano il cammino conducendoci all´essenziale: creare fraternitá.
Quando il missionario arriva in una comunitá é una festa. Nella celebrazione dell´Eucaristia, si vibra di allegria, si condivide la Parola, e la presentazione delle offerte la si fa danzando. É quello di San Paolo, chi dona lo faccia con gioia. Ma é il momento della pace che per me é presenza coinvolgente dello Spirito. La gioia degli uomini, le grida di giubilo delle donne (ululus), i bambini che mi accerchiano per la pace, mi fanno vivere la profonda comunione che abbiamo nello Spirito del Risorto. Questa Chiesa é ministeriale. Sono i laici, madri, padri e giovani, che nelle comunitá si fanno carico dei diversi servizi. A loro dedichiamo prioritá nei nostri piani di formazione. In ogni comunitá c´é un consiglio che dirige e organizza la vita della comunitá. Il centro del cammino di ogni comunitá é il catecumenato, che dura 4 anni. Nessuno si battezza senza passare attraverso il catecumenato. Cosí camminano le 140 comunitá che serviamo con molti chilometri da percorrrere.
La situazione sociale non é buona. Quest´anno molta gente é morta di colera. La malaria é endemica e provoca anemia. L´aids sta decimando la gioventú e lasciando molti orfani. Esiste ancora la lebbra e la tubercolosi, e altre malattie croniche come cronico é il problema dell´acqua. Per bere noi andiamo a cercarla a 20 chilometri. Ma una cosa che colpisce l´attenzione é l´allegria di questo popolo povero. Nonostante tutto questo e la convivenza con la fame (molte famiglie fanno solo un pasto al giorno) conservano il sorriso. Penso che sia una chiara manifestazione dello Spirito. Alla nostra porta arrivano molti studenti - alcuni orfani - con difficoltá per continuare gli studi, e chiedono aiuto. Facciamo quello che le nostre possibilitá ci permettono, ma é doloroso quando dobbiamo dire che non possiamo. Che le nostre possibilitá non arrivano a tanto. Nonostante questo vogliamo aiutare a mantenere viva la speranza, come ha detto il papa: "La missione della Chiesa é contagiare di speranza tutti i popoli".
A tutta la gente di Itaberaí l´augurio che crescano nella fede e incontrino in Gesú Cristo la gioia e la pace. Pe.Luis - Moma 17-10-2009.
Foto: Padre Luís Cardalda (sinistra) e Padre Severino Silva, parroco di Itaberaí, che é stato per qualche tempo suo compagno di missione in Mozambico.
L´onorevole Tremonti: "Credo nel posto fisso". Come dobbiamo accoglierlo questo messaggio? Ditemelo voi. Negli anni 80 Reagan e la Tatcher lanciarono la "deregulation". I sindacati, di fronte a un mercato del lavoro che non faceva piú assunzioni, accettarono la "flessibilitá del lavoro" e i contratti a tempo determinato, per aprire una strada ai giovani. Ricordo un´assemblea della CISL a Sassuolo nell´85 (ero provvisoriamente sindacalista), in cui il conferenziere e paladino della mobilitá era il professor Romano Prodi. Noi dicevamo: "Mobilitá sí, ma attenti: il contratto a tempo determinato sia realmente di formazione-lavoro, duri poco e abbia regole e controlli". Negli anni seguenti é accaduto il contrario. La finanza sempre piú fuori controllo, fino a provocare questa crisi. I contratti a termine hanno prodotto milioni di precari a tempo indeterminato. Se lo Stato non impone delle regole al capitale speculativo hai voglia di credere nel posto fisso! I finanzieri spostano gli investimenti da un continente all´altro e da un settore all´altro sorvolando la gente senza nemmeno vederla. Le imprese nascono, si fondono e chiudono come se niente fosse. Gli economisti sostengono nella midia che l´economia ha le sue regole che non dipendono dai comandamenti di Dio, e che l´egoismo é la molla che fa girare il mondo: senza di essa c´é solo miseria. "Credo nel posto fisso" sembra un atto di fede: bisogna poi vedere in quale dio!
Ma sarebbe bello se la crisi avesse messo in moto una reazione a catena di "conversioni": questo non é un ambito religioso, ma ha molto a che vedere con la fede di Gesú, rivelata nella moltiplicazione e condivisione del pane e nella storia del samaritano. Se si vuole dare un futuro sereno alle famiglie e promuovere la vita bisogna garantire lavoro e stabilitá. Forse, é meglio per la stessa economia, no? Una ripresa economica che continuasse a provocare disuguaglianza sarebbe una sconfitta, non una vittoria sulla crisi. E scusate se scrivo da incompetente: sono appena tornato dalla visita ad una famiglia che ha venduto le sedie e il televisore per comprare il cibo. L´economia va bene quando tutti hanno lavoro e salario. Nella vicina cittá di Heitoraí, mi raccontano: "Quí sono nati diversi accampamenti di senza terra, e hanno ottenuto la terra lottando contro tutto e tutti: anche contro i politici e l´elite locale, che li odiava. Padre Giorgio Gagliani, modenese, ci ha messo la vita per sostenerli. Altri preti e laici del posto hanno discusso e litigato perfino contro le famiglie cattoliche piú in vista, che trattavano i senza terra come dei vagabondi senza arte né parte. Ora, peró, si vede chi aveva ragione: da quando i senza terra si sono fissati sulla terra e producono, Heitoraí che era una cittá in agonia é risorta. La cittá é vivace, piena di eventi e iniziative, e gli esercizi commerciali prosperano".
Ci sono poi questi altri messaggi espliciti - via internet. Uno di Don Vitaliano della Sala: "Nell’universo ci sono 200.000.000.000 di galassie, ognuna a milioni di anni luce dall’altra, e ognuna con in media 100.000.000.000 di sistemi solari… e chi abita in Marocco sarebbe uno straniero?". Meno male che qualcuno lo dice, anzi, lo grida. Il secondo di don Angelo Casati parroco nel milanese: “Vogliamo una Chiesa che non imponga mai a nessuno le proprie convinzioni sui problemi dell’etica e della politica e si fidi solo della forza libera e mite della fede e della grazia di Dio. Vogliamo una Chiesa che pratichi la compassione e trovi nella pietà la sua gloria. E faccia sue le parole che il santo padre Giovanni XXIII incise sul frontone del Concilio: Oggi la sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che della severità. Essa ritiene di venire incontro ai bisogni di oggi non rinnovando condanne ma mostrando la validità della sua dottrina... La Chiesa vuol mostrarsi madre amorevole di tutti, benigna, paziente, piena di misericordia e di bontà, anche verso i figli da lei separati. Vogliamo una Chiesa che sappia dialogare con gli uomini e le donne e le loro culture, senza chiusure e condizionamenti ideologici, e impari ad ascoltare e a ricevere con gioia le cose vere e buone di cui gli interlocutori sono portatori. La verità e la bontà sono di Dio, il quale le dà a tutti gli uomini e non solo ai cristiani.
Vogliamo che al centro della Chiesa venga messo il Vangelo e la sua radicalità. Solo così la Chiesa potrà essere vista e sperimentata come esperta in umanità. È tempo che, senza paura, nella Chiesa e nella città prendiamo la parola da cristiani adulti e responsabili, pronti a rendere conto della speranza cristiana”.
Ma il messaggio piú esplicito di tutti é quello del Vangelo di domenica scorsa: "Voi sapete che i capi delle nazioni le opprimono e i grandi le tirannizzano. ma tra voi non sará cosí: chi vuole essere grande sia vostro servo, e chi vuole essere il primo sia lo schiavo di tutti" (Marco, 10, 42-44). Che sembra una tirata d´orecchi a noi: cattolici e Chiesa. Come siamo lontani da questa pratica evangelica! Quando diciamo di essere "al servizio", non stiamo peccando contro lo Spirito Santo (se ne parlava nel Vangelo di sabato)? Stiamo mentendo alla nostra coscienza, e lo Spirito é Dio in noi, che ci parla con la nostra coscienza. Un peccato imperdonabile: forse Dio perdona anche questo ("non sanno quello che fanno"), ma noi no. Ci tormenterá per tutta la vita, ricordandoci che siamo vigliacchi e impostori. Molta gente perde la fede per colpa nostra: e quelli che non hanno fede sono ben contenti di averci come complici. Nel film-fumettone Angeli é demoni, dopo ore di gimcana per le strade di Roma il prete-camerlengo pronuncia queste sagge parole: "Dobbiamo aprire le porte e le tende, e parlare al nostro gregge. Se il mondo lá fuori potesse vedere la Chiesa come la vedo io, vedrebbe un miracolo moderno: una fraternitá di anime semplici e imperfette, che non vogliono essere niente di piú che la voce della compassione in un mondo fuori controllo". Semplicista e populista, ma in fondo esprime il sentimento di tantissimi credenti. Non ci salveremo mascherando da "servizio" il potere, i titoli, le insegne, le caste,le alleanze e i patteggiamenti. Solo la sincera e reale sequela di Gesú Cristo salva. Forse, col tempo e i fallimenti, ci arriveremo.
Per ultimo, siccome siamo nel mese delle missioni, vi pubblico quest´altro messaggio e-mail dal Mozambico. É del Padre Luis Cardalda, uno spagnolo della Galizia, che é rimasto per molti anni qui con noi come prete Fidei Donum e poi ha chiesto di essere inviato, da questa Diocesi, come missionario in Mozambico: ed é assai piú vicino alla mia vita quotidiana. “É necessario rinnovare l´impegno di annunciare il vangelo, fermento di libertá e progresso, di fraternitá, unione e pace. Desidero di nuovo confermare che il compito di evangelizzare tutti gli uomini costituisce la missione essenziale della chiesa" (Benedetto XVI- messaggio per la giornata missionaria). Ottobre, mese missionario, ci riporta alla memoria i ricordi delle attivitá con cui, nelle nostre comunitá, si celebra il comando di Gesú di andare a tutte le nazioni. Ad Itaberaí io vibravo ogni volta che si cantava: "Vai,vai missionário do Senhor". Forse influenzato da quell´entusiasmo, quando mi capitó l´occasione venni in Mozambico, dove mi trovo ora per la seconda volta inviato dalla Chiesa di Goiás. Il missionario viene inviato per ricordare a tutte le comunitá che la missione é un´esigenza fondamentale della fede. Cosí lo conferma il papa: "La missione oltre frontiera dev´essere la prioritá dei vostri piani di pastorale".
La vita del missionario si compone di piccoli gesti. davanti al diverso impara ad essere umile, ascoltare, accogliere, essere paziente e rispettare. Ha nel cuore la certezza che prima di lui é arrivato lo Spirito Santo a spargere le sementi del Verbo. Per questo, il missionario é chiamato a guardare con fede la realtá per scoprirvi le strade che lo Spirito sta aprendo. Ci sono momenti, quando osserviamo con amore, in cui piccoli gesti sono rivelatori. Tornavo dal mercato verso sera, uma bambinetta veniva con un recipiente di paglia sulla testa, in cui portava un poco di manioca, forse per la cena della famiglia. Ad un tratto ella si ferma davanti a me, prende un pezzo di manioca, e me lo porge. Non ha detto niente, ho visto solo il suo sguardo brillare e un sorriso affettuoso sul suo volto. Sono gesti cosí, che parlano del Regno e incoraggiano il cammino conducendoci all´essenziale: creare fraternitá.
Quando il missionario arriva in una comunitá é una festa. Nella celebrazione dell´Eucaristia, si vibra di allegria, si condivide la Parola, e la presentazione delle offerte la si fa danzando. É quello di San Paolo, chi dona lo faccia con gioia. Ma é il momento della pace che per me é presenza coinvolgente dello Spirito. La gioia degli uomini, le grida di giubilo delle donne (ululus), i bambini che mi accerchiano per la pace, mi fanno vivere la profonda comunione che abbiamo nello Spirito del Risorto. Questa Chiesa é ministeriale. Sono i laici, madri, padri e giovani, che nelle comunitá si fanno carico dei diversi servizi. A loro dedichiamo prioritá nei nostri piani di formazione. In ogni comunitá c´é un consiglio che dirige e organizza la vita della comunitá. Il centro del cammino di ogni comunitá é il catecumenato, che dura 4 anni. Nessuno si battezza senza passare attraverso il catecumenato. Cosí camminano le 140 comunitá che serviamo con molti chilometri da percorrrere.
La situazione sociale non é buona. Quest´anno molta gente é morta di colera. La malaria é endemica e provoca anemia. L´aids sta decimando la gioventú e lasciando molti orfani. Esiste ancora la lebbra e la tubercolosi, e altre malattie croniche come cronico é il problema dell´acqua. Per bere noi andiamo a cercarla a 20 chilometri. Ma una cosa che colpisce l´attenzione é l´allegria di questo popolo povero. Nonostante tutto questo e la convivenza con la fame (molte famiglie fanno solo un pasto al giorno) conservano il sorriso. Penso che sia una chiara manifestazione dello Spirito. Alla nostra porta arrivano molti studenti - alcuni orfani - con difficoltá per continuare gli studi, e chiedono aiuto. Facciamo quello che le nostre possibilitá ci permettono, ma é doloroso quando dobbiamo dire che non possiamo. Che le nostre possibilitá non arrivano a tanto. Nonostante questo vogliamo aiutare a mantenere viva la speranza, come ha detto il papa: "La missione della Chiesa é contagiare di speranza tutti i popoli".
A tutta la gente di Itaberaí l´augurio che crescano nella fede e incontrino in Gesú Cristo la gioia e la pace. Pe.Luis - Moma 17-10-2009.
Foto: Padre Luís Cardalda (sinistra) e Padre Severino Silva, parroco di Itaberaí, che é stato per qualche tempo suo compagno di missione in Mozambico.
14 ottobre 2009
NUOVE RADICI CRISTIANE
Domenica scorsa la comunitá di Gongomé mi ha preso di sorpresa: mi hanno fatto trovare la loro cappella chiusa. Sul momento ho pensato che avessero dimenticato la messa. Invece si erano riuniti, assai piú numerosi del solito, in una casetta nuova costruita da loro per una signora di 94 anni, molto povera, che abitava in una baracca senza nemmeno il bagno in casa. Ci hanno messo pure i pavimenti di ceramica! Severina, la beneficiaria di questo gesto di solidarietá, é la vedova di Cícero, antico curatore della Chiesa della borgata. Le hanno fatto la casa accanto a quella della figlia. "Sono tanto felice di vedere che siamo riusciti ad unirci e dare una vita migliore a questa nostra sorella negli ultimi anni della sua vita" - ha detto Eunice, una delle animatrici. In gioventú Eunice fu catechista e insegnante della scuola locale che ora non c´é piú. Poi aderí a una chiesa evangelica per qualche tempo (forse per la disperazione, perché la comunitá era fredda). Ora eccola lí di nuovo: a dimostrazione che a lei interessa fino a un certo punto l´identitá ecclesiale, ció che lei ha sempre voluto é solo seguire Gesú. Hanno cantato e pregato a volontá, chiedendo benedizioni sulla nuova casa e su tutto e tutti. Mai un´Eucaristia fu celebrata cosí a proposito. Condiviso il Corpo di Cristo e quello dei suoi discepoli, la vita di Gesú e la loro stessa vita. Io ho commentato: "Oggi l´omelia l´avete fatta voi a me!" Alla fine ci hanno guadagnato pure i ragazzi, hai quali ho dato un bel pallone azzurro firmato "Italia 96", dono della parrocchia Beata Vergine Addolorata di Modena.
Gongomé é un gruppetto di casette molto umili tra le colline, a 25 chilometri da Itaberai. Un insediamento antico, che per via dell´urbanizzazione sembra diminuito e appassito come i funghi in un periodo di siccitá. Nei nostri primi anni di Brasile (67-77) era il collega don Isacco che ne seguiva tutta l´attivitá religiosa. Lo fece per dieci anni di seguito: la messa una volta al mese, l´organizzazione del catechismo e la novena del patrono una volta l´anno. Io andavo ogni tanto a sostituirlo. Allora, per arrivarci, si mangiava tanta polvere e si pattinava su tanto fango. Oggi non piú: 20 chilometri sono asfaltati, e il restante coperto di ghiaia é assai poco disagio per le nostre spartane abitudini. La comunitá ha attraversato lunghi periodi di crisi, fino quasi a sciogliersi completamente: molti trasferiti in cittá, altri "passati" ad una chiesa evangelica, altri ancora rintanati nei bar, nei campi di calcio e nell´indifferenza. Scomparve perfino la campana che era stata installata da don Isacco davanti alla chiesetta: "L´ha rubata qualche malandrino" - diceva il povero Cícero, un anziano discendente di africani che trattava la sua chiesina con piú amore della sua povera baracca. La pazienza che ci deve essere voluta per continuare, una volta al mese, ad andare a celebrare la messa per quei sette o otto! E la pazienza per quei sette o otto a mantenersi attaccati alla loro fede! Diverse volte ci siamo chiesti, in questi ultimi due anni in cui anch´io sono tornato e continuiamo a seguire Gongomé a turno, se non era meglio dedicare quella domenica pomeriggio a una comunitá piú numerosa e vivace. Ma la perseveranza produce frutti! Come hanno fatto a saltare, senza che noi preti ce ne accorgessimo, dalla semplice religiositá devozionale e consolatoria alla comprensione di una scelta da comunitá cristiana adulta, che non si accontenta di obblighi religiosi ma vive in Cristo, si fa samaritana e condivide ció che possiede? Lo Spirito Santo lavora a modo suo. Uno dei nostri inni della messa lo spiega: "Metti la semente nella terra, non sará invano!"
In tanti l´hanno capito che non si puó separare la vita spirituale dalla vita reale, se no la spiritualitá diventa una fuga dall´impegno e un pretesto per pensare solo a sé stessi. Tuttavia c´é ancora chi lascia intendere o dice espressamente: "Lasciamo perdere le pastorali sociali, qualsiasi consiglio comunale o sindacato puó fare meglio di noi in questo campo. Dedichiamo il nostro tempo alla liturgia, alla catechesi e spiritualitá, che sono la missione specifica della Chiesa!" La smentita viene dalla stessa pratica di Gesú: il Samaritano che ama e soccorre quelli che a nessun sindaco o consiglio comunale disturbano il sonno, e da cui le autoritá del Tempio distolgono perfino lo sguardo per non macchiarsi d´impuritá legale. La liturgia é importante perché educa a tenersi collegati con la realtá trascendente, se no perdiamo i punti di riferimento. Noi umani siamo fatti cosí. Peró, se vivi una vita spirituale disincarnata, potrai anche sentirti appagato, ma sei un illuso. Non sei con Gesú Cristo neanche se "prendi" migliaia di messe. Se vivi in Cristo, ogni attimo e atto della tua vita é imbevuto della sua spiritualitá. A proposito di un tema che discutete tanto dalle vostre parti, il cristianesimo ha tante radici, culture, anime e identitá, ma tutte sono cristiane solo perché sono aggrappate allo stesso tronco, che é Cristo. Alcune radici diventano vecchie, muoiono, e ne spuntano di nuove che vi si soprappongono, come in certi fiori: e allora la Chiesa, che é una comunitá vivente, si rinnova. Per questo io sono affezionato al Concilio Vaticano II e voglio continuare sulle nuove radici che ha lanciato. Il Vaticano II ha abbandonato vecchie concezioni per dare continuitá a ció che conta: la nostra vita redenta e trasformata dal di dentro, in Gesú Cristo.
Notizie di cronaca: 1) le nostre Commissioni di Pastorale della Terra (CPT), quella diocesana e quella parrocchiale di Itaberaí, hanno lanciato sabato scorso e aperto le iscrizioni per una nuova "Scuola agro-ecologica", a servizio degli agricoltori di piccole proprietá, periferie, accampamenti e nuclei di beneficiari della Riforma Agraria. Le lezioni teoriche si svolgeranno in alcuni fine-settimana, a partire dal prossimo mese di marzo, nella chácara della parrocchia di Itaberaí. É aperta anche ai comuni circostanti. La pratica consisterá in cinque o sei orti sperimentali sparsi nella regione, che saranno dotati di irrigazione centrale. Il progetto generale é finanziato da Misereor, un fondo di solidarietá della Chiesa tedesca. Il finanziamento degli orti é a cura del Fondo Populorum Progressio, di Roma: perché nessuno dica che le offerte alla Chiesa Cattolica vanno tutte in tasca ai preti (anche quelle che arrivano nelle mie tasche finiscono, quasi sempre, in aiuto agli altri: non lo scrivo per vantarmi, ma per sfatare tanti pregiudizi).
2) Non é andata cosí bene, invece, sul fronte della difesa ambientale in collaborazione col comune. Lo scorso anno promovemmo un seminario sull´acqua e ambiente, che fu un notevole successo. Il sindaco neo-eletto era presente, e anche diversi consiglieri comunali. Promisero di istituire una segreteria ambientale come punto di riferimento per i cittadini nella difesa dei fiumi e del cerrado. Garantirono pure investimenti e una commissione ambientale nella camera legislativa. Di tutto questo, nonostante le insistenze, é rimasto assai poco: appena la disponibilitá, per i frontisti dei fiumi, di piantine per rifare la galleria di foresta dove é stata distrutta, e qualche controllo che poi si é smarrito da solo strada facendo. Il sindaco Wellington Baiano é stato sopraffatto da una serie di processi per corruzione e altre illegalitá della campagna elettorale: e siccome quí non basta essere eletti dal popolo, ma bisogna anche dimostrare (qualche volta) di essere onesti, é probabile che sará dimesso. Il comune, in tal caso, avrá un commissario fino a nuove elezioni. Domani c´é la seduta finale del processo, e tutto fa credere che si concluderá con una condanna.
3) La sorella di don Francesco Cavazzuti, suor Teresa, é stata richiamata in Italia dalla Congregazione (sorelle della caritá di Santa Giovanna Antida), e ritornerá in dicembre, facendo prima una sosta a Carpi e poi non si sa. Giunta nella Diocesi di Goiás verso la fine del secolo scorso, suor Teresa Augusta Cavazzuti, 64 anni, ha iniziato la sua attivitá pastorale nella parrocchia di Jussara. Poi ha lavorato per alcuni anni nella periferia di Itapuranga per tornare, infine, alla parrocchia di Jussara, dove risiede ora in comunitá assieme a suor Daniela Maria Contini (di Nonantola) e suor Maria Rita Siboni. Ha quindi alle sue spalle una lunga esperienza di apostolato tra la gente di periferia di questa regione di Goiás. Vi conviene valorizzare la sua presenza in Italia invitandola ad incontri e conferenze.
Foto: 1) e 2) - radici vecchie e nuove, e fioritura; 3) Suor Teresa in casa nostra, col parroco Severino Silva e c´é anche don Eligio accanto a una bottiglia di vino del Cile.
Vi aggiungo in calce una breve memoria storica di un martire della nostra regione, elaborata da Mario di Goiás, che si firma "IL POSTINO".
Era la sera dell’11 ottobre 1976. Due contadine, Margarida e Santana, erano sotto tortura nella prigione del presidio di polizia di Ribeirão Bonito, nel Mato Grosso, località del latifondo prepotente, del bracciantato semischiavo, della brutalità poliziesca. La Comunità celebrava l’ultimo giorno della novena della patrona, N.S. Aparecida. E, in quel giorno erano arrivati in paese il vescovo, dom Pedro Casaldáliga e padre João Bosco Penido Burnier, un gesuita missionario tra gli Indios Bakairi. Informati di quanto stava succedendo, i due si recarono al commissariato per intercedere a favore delle due donne torturate. Quattro poliziotti li aspettavano sul posto. Solo un accenno di dialogo: Sapete che non potete fare questo. Dovete smetterla. Come tutta risposta, uno degli agenti colpì il p. João Bosco prima con un pugno, poi con il calcio della pistola infine gli sparò. Durante l’agonia che seguì, il prete riuscì a sussurrare: Offro la mia vita per il CIMI (Consiglio Indigenista Missionario) e per il Brasile. Poi invocò il nome di Gesù, ripetutamente, e ricevette l’unzione degli infermi. Fu trasportato a Goiânia e morì il giorno dopo, festa della Vergine Aparecida, coronando così con il martirio una vita santa. Le sue ultime parole furono le stesse del maestro: “Abbiamo compiuto la nostra missione”. In questo giorno le Comunità cristiane dell’America Latina uniscono alla celebrazione del martirio di p. João Bosco, la memoria di tutti i martiri del nostro continente. Memoria di uomini, donne e perfino di bambini, di differenti razze, fedi e culture, assassinati per il solo fatto di lottare per un mondo più giusto e fraterno, per affermare i diritti degli indigeni, dei negri, delle minoranze, dei lavoratori, contro la violenza e la tortura, per la riforma agraria, la protezione dell’ambiente e la pace.
Gongomé é un gruppetto di casette molto umili tra le colline, a 25 chilometri da Itaberai. Un insediamento antico, che per via dell´urbanizzazione sembra diminuito e appassito come i funghi in un periodo di siccitá. Nei nostri primi anni di Brasile (67-77) era il collega don Isacco che ne seguiva tutta l´attivitá religiosa. Lo fece per dieci anni di seguito: la messa una volta al mese, l´organizzazione del catechismo e la novena del patrono una volta l´anno. Io andavo ogni tanto a sostituirlo. Allora, per arrivarci, si mangiava tanta polvere e si pattinava su tanto fango. Oggi non piú: 20 chilometri sono asfaltati, e il restante coperto di ghiaia é assai poco disagio per le nostre spartane abitudini. La comunitá ha attraversato lunghi periodi di crisi, fino quasi a sciogliersi completamente: molti trasferiti in cittá, altri "passati" ad una chiesa evangelica, altri ancora rintanati nei bar, nei campi di calcio e nell´indifferenza. Scomparve perfino la campana che era stata installata da don Isacco davanti alla chiesetta: "L´ha rubata qualche malandrino" - diceva il povero Cícero, un anziano discendente di africani che trattava la sua chiesina con piú amore della sua povera baracca. La pazienza che ci deve essere voluta per continuare, una volta al mese, ad andare a celebrare la messa per quei sette o otto! E la pazienza per quei sette o otto a mantenersi attaccati alla loro fede! Diverse volte ci siamo chiesti, in questi ultimi due anni in cui anch´io sono tornato e continuiamo a seguire Gongomé a turno, se non era meglio dedicare quella domenica pomeriggio a una comunitá piú numerosa e vivace. Ma la perseveranza produce frutti! Come hanno fatto a saltare, senza che noi preti ce ne accorgessimo, dalla semplice religiositá devozionale e consolatoria alla comprensione di una scelta da comunitá cristiana adulta, che non si accontenta di obblighi religiosi ma vive in Cristo, si fa samaritana e condivide ció che possiede? Lo Spirito Santo lavora a modo suo. Uno dei nostri inni della messa lo spiega: "Metti la semente nella terra, non sará invano!"
In tanti l´hanno capito che non si puó separare la vita spirituale dalla vita reale, se no la spiritualitá diventa una fuga dall´impegno e un pretesto per pensare solo a sé stessi. Tuttavia c´é ancora chi lascia intendere o dice espressamente: "Lasciamo perdere le pastorali sociali, qualsiasi consiglio comunale o sindacato puó fare meglio di noi in questo campo. Dedichiamo il nostro tempo alla liturgia, alla catechesi e spiritualitá, che sono la missione specifica della Chiesa!" La smentita viene dalla stessa pratica di Gesú: il Samaritano che ama e soccorre quelli che a nessun sindaco o consiglio comunale disturbano il sonno, e da cui le autoritá del Tempio distolgono perfino lo sguardo per non macchiarsi d´impuritá legale. La liturgia é importante perché educa a tenersi collegati con la realtá trascendente, se no perdiamo i punti di riferimento. Noi umani siamo fatti cosí. Peró, se vivi una vita spirituale disincarnata, potrai anche sentirti appagato, ma sei un illuso. Non sei con Gesú Cristo neanche se "prendi" migliaia di messe. Se vivi in Cristo, ogni attimo e atto della tua vita é imbevuto della sua spiritualitá. A proposito di un tema che discutete tanto dalle vostre parti, il cristianesimo ha tante radici, culture, anime e identitá, ma tutte sono cristiane solo perché sono aggrappate allo stesso tronco, che é Cristo. Alcune radici diventano vecchie, muoiono, e ne spuntano di nuove che vi si soprappongono, come in certi fiori: e allora la Chiesa, che é una comunitá vivente, si rinnova. Per questo io sono affezionato al Concilio Vaticano II e voglio continuare sulle nuove radici che ha lanciato. Il Vaticano II ha abbandonato vecchie concezioni per dare continuitá a ció che conta: la nostra vita redenta e trasformata dal di dentro, in Gesú Cristo.
Notizie di cronaca: 1) le nostre Commissioni di Pastorale della Terra (CPT), quella diocesana e quella parrocchiale di Itaberaí, hanno lanciato sabato scorso e aperto le iscrizioni per una nuova "Scuola agro-ecologica", a servizio degli agricoltori di piccole proprietá, periferie, accampamenti e nuclei di beneficiari della Riforma Agraria. Le lezioni teoriche si svolgeranno in alcuni fine-settimana, a partire dal prossimo mese di marzo, nella chácara della parrocchia di Itaberaí. É aperta anche ai comuni circostanti. La pratica consisterá in cinque o sei orti sperimentali sparsi nella regione, che saranno dotati di irrigazione centrale. Il progetto generale é finanziato da Misereor, un fondo di solidarietá della Chiesa tedesca. Il finanziamento degli orti é a cura del Fondo Populorum Progressio, di Roma: perché nessuno dica che le offerte alla Chiesa Cattolica vanno tutte in tasca ai preti (anche quelle che arrivano nelle mie tasche finiscono, quasi sempre, in aiuto agli altri: non lo scrivo per vantarmi, ma per sfatare tanti pregiudizi).
2) Non é andata cosí bene, invece, sul fronte della difesa ambientale in collaborazione col comune. Lo scorso anno promovemmo un seminario sull´acqua e ambiente, che fu un notevole successo. Il sindaco neo-eletto era presente, e anche diversi consiglieri comunali. Promisero di istituire una segreteria ambientale come punto di riferimento per i cittadini nella difesa dei fiumi e del cerrado. Garantirono pure investimenti e una commissione ambientale nella camera legislativa. Di tutto questo, nonostante le insistenze, é rimasto assai poco: appena la disponibilitá, per i frontisti dei fiumi, di piantine per rifare la galleria di foresta dove é stata distrutta, e qualche controllo che poi si é smarrito da solo strada facendo. Il sindaco Wellington Baiano é stato sopraffatto da una serie di processi per corruzione e altre illegalitá della campagna elettorale: e siccome quí non basta essere eletti dal popolo, ma bisogna anche dimostrare (qualche volta) di essere onesti, é probabile che sará dimesso. Il comune, in tal caso, avrá un commissario fino a nuove elezioni. Domani c´é la seduta finale del processo, e tutto fa credere che si concluderá con una condanna.
3) La sorella di don Francesco Cavazzuti, suor Teresa, é stata richiamata in Italia dalla Congregazione (sorelle della caritá di Santa Giovanna Antida), e ritornerá in dicembre, facendo prima una sosta a Carpi e poi non si sa. Giunta nella Diocesi di Goiás verso la fine del secolo scorso, suor Teresa Augusta Cavazzuti, 64 anni, ha iniziato la sua attivitá pastorale nella parrocchia di Jussara. Poi ha lavorato per alcuni anni nella periferia di Itapuranga per tornare, infine, alla parrocchia di Jussara, dove risiede ora in comunitá assieme a suor Daniela Maria Contini (di Nonantola) e suor Maria Rita Siboni. Ha quindi alle sue spalle una lunga esperienza di apostolato tra la gente di periferia di questa regione di Goiás. Vi conviene valorizzare la sua presenza in Italia invitandola ad incontri e conferenze.
Foto: 1) e 2) - radici vecchie e nuove, e fioritura; 3) Suor Teresa in casa nostra, col parroco Severino Silva e c´é anche don Eligio accanto a una bottiglia di vino del Cile.
Vi aggiungo in calce una breve memoria storica di un martire della nostra regione, elaborata da Mario di Goiás, che si firma "IL POSTINO".
Era la sera dell’11 ottobre 1976. Due contadine, Margarida e Santana, erano sotto tortura nella prigione del presidio di polizia di Ribeirão Bonito, nel Mato Grosso, località del latifondo prepotente, del bracciantato semischiavo, della brutalità poliziesca. La Comunità celebrava l’ultimo giorno della novena della patrona, N.S. Aparecida. E, in quel giorno erano arrivati in paese il vescovo, dom Pedro Casaldáliga e padre João Bosco Penido Burnier, un gesuita missionario tra gli Indios Bakairi. Informati di quanto stava succedendo, i due si recarono al commissariato per intercedere a favore delle due donne torturate. Quattro poliziotti li aspettavano sul posto. Solo un accenno di dialogo: Sapete che non potete fare questo. Dovete smetterla. Come tutta risposta, uno degli agenti colpì il p. João Bosco prima con un pugno, poi con il calcio della pistola infine gli sparò. Durante l’agonia che seguì, il prete riuscì a sussurrare: Offro la mia vita per il CIMI (Consiglio Indigenista Missionario) e per il Brasile. Poi invocò il nome di Gesù, ripetutamente, e ricevette l’unzione degli infermi. Fu trasportato a Goiânia e morì il giorno dopo, festa della Vergine Aparecida, coronando così con il martirio una vita santa. Le sue ultime parole furono le stesse del maestro: “Abbiamo compiuto la nostra missione”. In questo giorno le Comunità cristiane dell’America Latina uniscono alla celebrazione del martirio di p. João Bosco, la memoria di tutti i martiri del nostro continente. Memoria di uomini, donne e perfino di bambini, di differenti razze, fedi e culture, assassinati per il solo fatto di lottare per un mondo più giusto e fraterno, per affermare i diritti degli indigeni, dei negri, delle minoranze, dei lavoratori, contro la violenza e la tortura, per la riforma agraria, la protezione dell’ambiente e la pace.
8 ottobre 2009
IL MESE DI APARECIDA
Finalmente si é messo a piovere, e speriamo che duri tutta la notte, perché abbiamo avuto alcuni pomeriggi di calore davvero soffocante e ci vorrebbe un pó di refrigerio. A parte questo, una buona parte del popolo brasiliani ha gli occhi puntati sul prossimo 12 ottobre, che sará la festa di Nossa Senhora Aparecida patrona dichiarata del Brasile, e festa dei bambini. In realtá tutto é giá cominciato. Ci sono innumerevoli chiese e cappelle dedicate a lei, che stanno facendo la "novena". In molte cittá e villaggi ci sono manifestazioni, spettacoli e festival per i bambini. La gente ama i bambini e ama la sua sua santa patrona (per questa bisognerá forse tenere conto di qualche milione di evangelici che forse non la apprezzano piú di tanto!). Vi trascrivo qualche notizia di storia del Santuario, perché é troppo importate per conoscere la cultura e la religiositá dei brasiliani. Per farvi un´idea, pensate che durante la notte dell´11 ottobre parte a piedi, da Itaberaí, una processione verso il santuario di Aparecida che si trova a quasi trenta chilometri di distanza, vicino alla Cittá di Goiás sede della diocesi. In mattinata partecipano alla messa, pagano i loro voti e tornano a casa in corriera. Sicuramente c´é molta piú gente in quel pellegrinaggio che nelle messe parrocchiali, anche le piú frequentate. Le persone, con Aparecida, trattano spesso gli affari privatamente: io ti vengo a trovare a piedi se tu mi aiuti a risolvere il mio problema. Non é che disprezzino la Chiesa, ma la Madonna Aparecida é davvero di piú!
La devozione all´immagine di Nossa Senhora Aparecida há origini tipicamente popolari. Ci sono diverse versioni della sua storia. La píú comune é che nel 1717, nella cittadina paulista di Guaratinguetá, arrivó la notizia che Dom Pedro, governatore di San Paulo, sarebbe passato di lá per andare a Ouro Preto (che allora si chiamava Vila Rica), e si sarebbe fermato a pranzo. Alcuni pescatori, desiderosi di offrire del buon pesce a lui e a tutto il seguito, scesero nel fiume a pescare. Dopo diversi giorni di tentativi inutili, il 12 ottobre lanciarono la rete e pescarono un´immagine di Nossa Senhora da Conceição senza la testa. Lanciarono di nuovo e presero la testa. In seguito, fecero una pesca abbondante e tornarono a casa felici. Nella casa di uno di loro la gente cominció a riunirsi per pregare e poco alla volta tutta la regione divenne devota di quella statuina nera di legno, che otteneva molte grazie. Ben presto le fu costruito un oratorio nel porto di Itaguaçu. Nel 1734 fu costruita la prima cappella dal parroco di Guaratinguetá, sulla cima di un colle. Nel 1834 fu iniziata l´attuale "Vecchia Basilica", per accogliere i fedeli che aumentavano: fu inaugurata l´8 dicembre 1888. Un mese prima la principessa Isabella, ancora reggente (la fondazione della repubblica del Brasile avvenno l´anno seguente, 1889), regaló all´immagine l´attuale manto azzurro e corona d´oro. Nei decenni seguenti la basilica-santuario divenne sempre piú meta di pellegrinaggi da tutto il paese, tanto da ricevere nel 1908 il titolo di Basilica Maggiore, e da far crescere attorno a sé una cittá (dal 1928 eretta a comune) col nome di Aparecida do Norte, e diventare l´importante centro religioso nazionale che oggi é. Nel 1929 fu eletta patrona nazionale. E il 4 luglio 1980 il papa G.Paolo II consacró la Basilica Nuova, che é il piú grande santuario mariano del mondo.
In Brasile, in ottobre, c´é solo Aparecida? Sicuramente no, ma certo che i milioni di persone che vanno ad Aparecida do Norte per partecipare alla festa, e gli altri milioni che ci vanno in gita durante tutto l´anno, dimostrano che il cuore di tanta gente é piú lí che altrove. Oggi il benessere assai piú diffuso intacca anche questa festa: hanno spostato un´altra festivitá che cadeva piú avanti e l´hanno fatta coincidere, cosí ci sará un lungo ponte: da sabato mattina a martedí sera. Tempo sufficiente per una scappata al santuario (o alla chiesa piú vicina) e poi passare alla riva del fiume, o alla casa di campagna, a bere birra, fare la grigliata e chiacchierare. Nelle parrocchie celebriamo solennemente molte altre cose: il mese delle missioni, la festa di Santa Teresa del Bambino Gesú, gli angeli custodi, San Francesco d´Assisi. La cappella del mio quartiere é dedicata a quest´ultimo, e la comunitá si é fatta onore. Hanno celebrato anche un triduo di letture bibliche seguito dal solito leilão, e hanno offerto a tutti un brodino di gallina delizioso. Stasera io sono a casa in parcheggio perché la comunitá in cui dovevo celebrare ha spostato la data della messa. Ma i miei colleghi sono tutti al lavoro: due (Maurizio ed Eligio) a celebrare messe in campagna, e l´altro (Severino) a preparare le Messe di domenica prossima con le equipes di liturgia.
Per il resto, io che prendo molte notizie nazionali dal sito ADITAL, avrei molte citazioni importanti da farvi ma é meglio che ve le cerchiate da soli sullo stesso sito. Un pó di portoghese riuscirete a capírlo! Fondato col l´aiuto di organizzazioni italiane (ad es. Rete Radié Resch) e con la collaborazione di Frei Beto; dedicato a Frei Tito di Alencar, un domenicano morto in Francia negli anni 70 dopo un periodo di prigione e tortura da parte della Dittatura Militare; Adital é di una ricchezza di informazione straordinaria sull´America Latina. Per darvi un´idea, in questo momento ha piú di 1500 persone on-line. Sono suoi collaboratori diverse persone che molti di voi conoscono. Tra gli altri: Marcelo Barros, Padre Ermanno Allegri e suo fratello Padre Lino. Io ve lo consiglio, no? Oggi, giá che tutto il Brasile inneggia a Lula che ha ottenuto i giochi olimpici a Rio per il 2016, vi segnalo un articolo critico e stimolante di Marcos Arruda sulle Olimpiadi e ve ne cito un brano per finire questo post:
"L´olimpismo di oggi partecipa, secondo Jacquard, della chiusura della nostra societá in una cultura di lotta, la LOTTA DI CIASCUNO CONTRO TUTTI. La stessa cultura patriarcale che riduce l´economia a una guerra di egoismi, voracitá e insoddisfazioni, in cui la ricchezza materiale che si possiede non é mai abbastanza, e l´altro é sempre un avversario da combattere, soggiogare o eliminare. Invece, ció di cui l´umanitá ha bisogno oggi, é di INCONTRI veri, che permettano agli uni di aprirsi agli altri per conoscerli e arricchirsi con le diverse qualitá di cui sono portatori. "VIVERE E SORRIDERE INSIEME" é la consegna che l´autore propone per i giochi olimpici! Sarebbero giochi cooperativi e solidali, nei quali l´obiettivo sarebbe il superamento di sé stessi, la socievolezza degli incontri tra popoli diversi, il piacere e la bellezza. Che i premi siano dati a tutti e tutte quelli e quelle che battono i loro propri record. Che siano presentati su podii di un unico livello. Cosí, la competizione con sé stessi diventa emulazione. Lo sport torna ad essere un gioco. E l´umanitá si avvicina un pó di piú alla PACE! "
Foto: l´immagine e il santuario nazionale di Aparecida do Norte. Nel santuario é stata celebrata pure la V ASSEMBLEA CONTINENTALE DEI VESCOVI DELL´AMERICA LATINA NEL 2007, aperta solennemente dal papa.
La devozione all´immagine di Nossa Senhora Aparecida há origini tipicamente popolari. Ci sono diverse versioni della sua storia. La píú comune é che nel 1717, nella cittadina paulista di Guaratinguetá, arrivó la notizia che Dom Pedro, governatore di San Paulo, sarebbe passato di lá per andare a Ouro Preto (che allora si chiamava Vila Rica), e si sarebbe fermato a pranzo. Alcuni pescatori, desiderosi di offrire del buon pesce a lui e a tutto il seguito, scesero nel fiume a pescare. Dopo diversi giorni di tentativi inutili, il 12 ottobre lanciarono la rete e pescarono un´immagine di Nossa Senhora da Conceição senza la testa. Lanciarono di nuovo e presero la testa. In seguito, fecero una pesca abbondante e tornarono a casa felici. Nella casa di uno di loro la gente cominció a riunirsi per pregare e poco alla volta tutta la regione divenne devota di quella statuina nera di legno, che otteneva molte grazie. Ben presto le fu costruito un oratorio nel porto di Itaguaçu. Nel 1734 fu costruita la prima cappella dal parroco di Guaratinguetá, sulla cima di un colle. Nel 1834 fu iniziata l´attuale "Vecchia Basilica", per accogliere i fedeli che aumentavano: fu inaugurata l´8 dicembre 1888. Un mese prima la principessa Isabella, ancora reggente (la fondazione della repubblica del Brasile avvenno l´anno seguente, 1889), regaló all´immagine l´attuale manto azzurro e corona d´oro. Nei decenni seguenti la basilica-santuario divenne sempre piú meta di pellegrinaggi da tutto il paese, tanto da ricevere nel 1908 il titolo di Basilica Maggiore, e da far crescere attorno a sé una cittá (dal 1928 eretta a comune) col nome di Aparecida do Norte, e diventare l´importante centro religioso nazionale che oggi é. Nel 1929 fu eletta patrona nazionale. E il 4 luglio 1980 il papa G.Paolo II consacró la Basilica Nuova, che é il piú grande santuario mariano del mondo.
In Brasile, in ottobre, c´é solo Aparecida? Sicuramente no, ma certo che i milioni di persone che vanno ad Aparecida do Norte per partecipare alla festa, e gli altri milioni che ci vanno in gita durante tutto l´anno, dimostrano che il cuore di tanta gente é piú lí che altrove. Oggi il benessere assai piú diffuso intacca anche questa festa: hanno spostato un´altra festivitá che cadeva piú avanti e l´hanno fatta coincidere, cosí ci sará un lungo ponte: da sabato mattina a martedí sera. Tempo sufficiente per una scappata al santuario (o alla chiesa piú vicina) e poi passare alla riva del fiume, o alla casa di campagna, a bere birra, fare la grigliata e chiacchierare. Nelle parrocchie celebriamo solennemente molte altre cose: il mese delle missioni, la festa di Santa Teresa del Bambino Gesú, gli angeli custodi, San Francesco d´Assisi. La cappella del mio quartiere é dedicata a quest´ultimo, e la comunitá si é fatta onore. Hanno celebrato anche un triduo di letture bibliche seguito dal solito leilão, e hanno offerto a tutti un brodino di gallina delizioso. Stasera io sono a casa in parcheggio perché la comunitá in cui dovevo celebrare ha spostato la data della messa. Ma i miei colleghi sono tutti al lavoro: due (Maurizio ed Eligio) a celebrare messe in campagna, e l´altro (Severino) a preparare le Messe di domenica prossima con le equipes di liturgia.
Per il resto, io che prendo molte notizie nazionali dal sito ADITAL, avrei molte citazioni importanti da farvi ma é meglio che ve le cerchiate da soli sullo stesso sito. Un pó di portoghese riuscirete a capírlo! Fondato col l´aiuto di organizzazioni italiane (ad es. Rete Radié Resch) e con la collaborazione di Frei Beto; dedicato a Frei Tito di Alencar, un domenicano morto in Francia negli anni 70 dopo un periodo di prigione e tortura da parte della Dittatura Militare; Adital é di una ricchezza di informazione straordinaria sull´America Latina. Per darvi un´idea, in questo momento ha piú di 1500 persone on-line. Sono suoi collaboratori diverse persone che molti di voi conoscono. Tra gli altri: Marcelo Barros, Padre Ermanno Allegri e suo fratello Padre Lino. Io ve lo consiglio, no? Oggi, giá che tutto il Brasile inneggia a Lula che ha ottenuto i giochi olimpici a Rio per il 2016, vi segnalo un articolo critico e stimolante di Marcos Arruda sulle Olimpiadi e ve ne cito un brano per finire questo post:
"L´olimpismo di oggi partecipa, secondo Jacquard, della chiusura della nostra societá in una cultura di lotta, la LOTTA DI CIASCUNO CONTRO TUTTI. La stessa cultura patriarcale che riduce l´economia a una guerra di egoismi, voracitá e insoddisfazioni, in cui la ricchezza materiale che si possiede non é mai abbastanza, e l´altro é sempre un avversario da combattere, soggiogare o eliminare. Invece, ció di cui l´umanitá ha bisogno oggi, é di INCONTRI veri, che permettano agli uni di aprirsi agli altri per conoscerli e arricchirsi con le diverse qualitá di cui sono portatori. "VIVERE E SORRIDERE INSIEME" é la consegna che l´autore propone per i giochi olimpici! Sarebbero giochi cooperativi e solidali, nei quali l´obiettivo sarebbe il superamento di sé stessi, la socievolezza degli incontri tra popoli diversi, il piacere e la bellezza. Che i premi siano dati a tutti e tutte quelli e quelle che battono i loro propri record. Che siano presentati su podii di un unico livello. Cosí, la competizione con sé stessi diventa emulazione. Lo sport torna ad essere un gioco. E l´umanitá si avvicina un pó di piú alla PACE! "
Foto: l´immagine e il santuario nazionale di Aparecida do Norte. Nel santuario é stata celebrata pure la V ASSEMBLEA CONTINENTALE DEI VESCOVI DELL´AMERICA LATINA NEL 2007, aperta solennemente dal papa.
2 ottobre 2009
NOTIZIE: DI FEDE E POLITICA
Ad esercizi spirituali finiti posso garantire: nessuna smentita, e qualche conferma, alla teologia che vi ho esposto nella pagina della settimana scorsa. Ma che c´entra? In un regione come il Goiás gli esercizi non si misurano tanto dalle meditazioni teologiche sulla spiritualitá "sacerdotale", quanto dall´incontro in sé. Siamo una trentina di preti sparsi in un territorio grande come l´Emilia Romagna. La meraviglia viene dalla condivisione dei sentimenti e dal racconto di fatti, esperienze, gioie e dolori, vittorie e sconfitte. É un raduno di discepoli di Gesú: "Li invió due a due, davanti a lui, ad ogni cittá e villaggio dove egli stesso doveva andare. I settandue tornarono molto allegri, dicendo: "Signore, perfino i diavoli ci obbediscono a causa del tuo nome!" (Lc. 10, 1 e 17). Padre Wellington di Carmo do Rio Verde, nei mesi scorsi, ha assistito sua madre negli ultimi giorni di vita e narra le sofferenze e la fede. Padre José, che vive a Britania (agli estremi confini della diocesi), confessa: "Avevo nostalgia di incontrarvi. Sono mesi che non ho piú notizie di nessuno di voi". Tutti hanno da raccontare. Sono i settantadue discepoli: ragazzoni che forse non hanno letto molta teologia, ma vanno lontano dal centro e spendono sé stessi nelle piccole cittá dell´interno, condividendo ogni gioia e dolore della gente. Non ci sono dubbi che le loro radici sono in una profonda e stretta comunione con Gesú e nella ferma convinzione di essere inviati da Lui. E poi anche nel sentirsi parte del suo Corpo che é la Chiesa, di cui sono la manodopera. Sí, sono la manovalanza che annuncia il Vangelo e trasmette la fede! Non da una cattedra o da un ufficio centrale, ma tra la gente e costruendo relazioni personali. Quelli dell´apparato non stiano a costruire muri di difesa: finirebbero per chiudere fuori anche i propri operai.
Il vescovo-predicatore ha conservato l´uso del clergyman, dello zucchetto e della croce d´oro sul petto. Per il resto é molto alla buona e affabile, secondo lo stile molto democratico dei brasiliani. Ci ha distribuito le sue meditazioni scritte. Sono farcite di citazioni di Enzo Bianchi. Ho letto un articolo sul Corriere in cui il giornalista, molto sicuro di sé, riaffermava che "la Chiesa é una monarchia assoluta", come se questa fosse una veritá di fede e un segno del legame della Chiesa con Dio. Dalle nostre parti sono pochi a ritenere che il rapporto tra i vari membri del Corpo di Cristo abbiano bisogno del supporto di questo carattere monarchico, assoluto per di piú: che non é altro, invece, che un pó di fango del mondo che si appiccicato dove non doveva. Il nostro vescovo Dom Eugenio si é messo tra noi come prete tra preti. Se gli chiedete perché, risponde: siamo tutti Chiesa-Popolo di Dio, discepoli di Gesú, senza caste, senza "cariche": solo servizi. I vescovi sono ancora profeti. Non di quelli alla Dom Helder Câmara, Dom Pedro Casaldáliga, Dom Tomás Balduino, Dom Antonio Gomes, Dom Fragoso, eccetera, che scuotevano Chiesa e mondo con la forza della parola. Ma di quelli che sono Chiesa sulla strada di Gesú di Nazareth, con la loro stessa vita che diventa Parola di Dio. Certo che a volte si sente nostalgia delle voci profetiche di un tempo. Mentre il predicatore ripeteva: "Se viviamo in Cristo, cambiamo il mondo", un collega della mia etá mi ha bisbigliato all´orecchio: "Se viviamo in Cristo, dobbiamo stare coi poveri cristi e portare la loro stessa croce".
Il vescovo Dom Eugenio, durante un intervallo di preghiera, mi ha passato una rivista: "Leggi quí, poi me la restituisci". É l´edizione brasiliana di "le monde diplomatique", un mensile che ha tre anni di vita. C´é un articolo sui berluscones, firmato da Carlos Galli, un professore di Bologna. Non c´entra con i bartimei di Goiás ma ve ne cito un brano: perché ho la strana sensazione che il male che affligge l´Italia sia diffuso, in dosi piú o meno pericolose e in contesti diversi, nel mondo intero: é un´infezione che puó saltare fuori anche quí, in qualche modo. Ma é poi vero che siete una societá in decadenza? Lo lascio decidere a voi.
"Il successo politico di Silvio Berlusconi non é niente dell´altro mondo: non si tratta di un extraterrestre che ad un tratto é atterrato nel seno di una democrazia efficace e di un mercato trasparente. Rappresenta, al contrario, la sintesi del declino e dell´immobilismo dell´Italia. In altre parole, questo successo politico é il frutto proprio di una democrazia e di un mercato in decadenza. A partire dal 1978, anno in cui fu assassinato il primo ministro Aldo Moro dalle Brigate Rosse, il paese entró in un periodo di mancanza di obiettivi politici e impulso riformatore. Soffrí anche la decadenza di senso civico, legata direttamente all´estinzione progressiva della base che aveva dato legittimitá alla Repubblica: l´antifascismo. In seguito, la funzione regolatrice della politica e del diritto diminuí sotto la pressione delle esigenze dell´economia. L´Italia é un paese frammentato in gruppi di interesse - dai piú potenti ai piú miserabili - tutti estranei alla legalitá comune e allo spirito civico. La societá é una selva, nella quale non sono presenti pienamente le logiche del mercato o dello Stato, ma piuttosto il privilegio, il risentimento e la paura. Non é per caso che l´insicurezza caratterizza questo "stato di natura", tipico di un´organizzazione che sente sempre meno la necessitá di regole di convivenza. Gli italiani sentono intuitivamente che la crisi di legalitá penalizza tutti, ma la maggior parte preferisce sfruttare la situazione e usare le breccie della legge, senza molto sforzo per promuovere il rispetto collettivo delle regole".
Quanto alla crisi di Honduras, la rivista ISTOÉ del 30/09/09, nell´editoriale, scrive: "Posto involontariamente in mezzo al conflitto istituzionale che ha colpito l´Honduras, il Brasile si é proiettato come protagonista della politica internazionale e dovrá mostrare un polso fermo per condurre una situazione di impasse senza precedenti con l´insurrezione della popolazione. Dando protezione al presidente deposto, Zelaya, l´ambasciata brasiliana é stata circondata, in netto affronto alla sua sovranitá. Il presidente Lula, strategicamente in viaggio agli Stati Uniti per incontri coi leader del mondo libero, ha approfittato della tribuna dell´ONU per esigere l´immediata uscita dei golpisti. Ha detto di non riconoscere il governo dell´attuale presidente Roberto Micheletti. É stato applaudito. Nonostante il suo fosse un passo avanti verso lo scontro diplomatico, Lula ha incassato sostegni dati apertamente. Il segretario generale della OEA, José Miguel Insulza, ha detto che il governo brasiliano attuava con l´appoggio della comunitá. Il presidente francese, Nicolas Sarkzy, ha lanciato la proposta che il Brasile occupi definitivamente una sedia nel consiglio permanente dell´ONU. In pratica il Brasile ha fatto ció che doveva: non c´era come ricusare riparo alla richiesta di un presidente eletto nell´esercizio legittimo del suo mandato. Ma su Zelaya é bene ricordare che non si tratta di uno statista classico, che segue la regola dei diritti democratici". In pratica vuol dire che Lula ha fatto bene a proteggerlo, ma Zelaya stava cercando di cambiare la Costituzione per ottenere un terzo mandato: quindi é stato lui il primo a mettere in pericolo la Costituzione. Come nelle liti tra bambini: il primo é il piú colpevole. Sará vero? La lezione é che dietro le deboli democrazie dell´America Latina ci sono gruppi di potere forti che manovrano, e che la democrazia stessa é sempre in pericolo se la gente non la difende a tutti i costi. E non é solo in America Latina.
PS 03/09/09: DI IERI SERA LA NOTÍZIA CHE LE OLIMPIADI DEL 2016 SARANNO A RIO DE JANEIRO. QUESTA MATTINA GOOGLE É APPARSO CON UN PAESAGGIO DELLA EX-CAPITALE. ALTRA VITTORIA, QUESTO LULA É UN DIAVOLO!!!
Foto: la cappella della chácara, dove abbiamo fatto il ritiro. La foto non é attuale, l´ho presa dal mio archivio.
Il vescovo-predicatore ha conservato l´uso del clergyman, dello zucchetto e della croce d´oro sul petto. Per il resto é molto alla buona e affabile, secondo lo stile molto democratico dei brasiliani. Ci ha distribuito le sue meditazioni scritte. Sono farcite di citazioni di Enzo Bianchi. Ho letto un articolo sul Corriere in cui il giornalista, molto sicuro di sé, riaffermava che "la Chiesa é una monarchia assoluta", come se questa fosse una veritá di fede e un segno del legame della Chiesa con Dio. Dalle nostre parti sono pochi a ritenere che il rapporto tra i vari membri del Corpo di Cristo abbiano bisogno del supporto di questo carattere monarchico, assoluto per di piú: che non é altro, invece, che un pó di fango del mondo che si appiccicato dove non doveva. Il nostro vescovo Dom Eugenio si é messo tra noi come prete tra preti. Se gli chiedete perché, risponde: siamo tutti Chiesa-Popolo di Dio, discepoli di Gesú, senza caste, senza "cariche": solo servizi. I vescovi sono ancora profeti. Non di quelli alla Dom Helder Câmara, Dom Pedro Casaldáliga, Dom Tomás Balduino, Dom Antonio Gomes, Dom Fragoso, eccetera, che scuotevano Chiesa e mondo con la forza della parola. Ma di quelli che sono Chiesa sulla strada di Gesú di Nazareth, con la loro stessa vita che diventa Parola di Dio. Certo che a volte si sente nostalgia delle voci profetiche di un tempo. Mentre il predicatore ripeteva: "Se viviamo in Cristo, cambiamo il mondo", un collega della mia etá mi ha bisbigliato all´orecchio: "Se viviamo in Cristo, dobbiamo stare coi poveri cristi e portare la loro stessa croce".
Il vescovo Dom Eugenio, durante un intervallo di preghiera, mi ha passato una rivista: "Leggi quí, poi me la restituisci". É l´edizione brasiliana di "le monde diplomatique", un mensile che ha tre anni di vita. C´é un articolo sui berluscones, firmato da Carlos Galli, un professore di Bologna. Non c´entra con i bartimei di Goiás ma ve ne cito un brano: perché ho la strana sensazione che il male che affligge l´Italia sia diffuso, in dosi piú o meno pericolose e in contesti diversi, nel mondo intero: é un´infezione che puó saltare fuori anche quí, in qualche modo. Ma é poi vero che siete una societá in decadenza? Lo lascio decidere a voi.
"Il successo politico di Silvio Berlusconi non é niente dell´altro mondo: non si tratta di un extraterrestre che ad un tratto é atterrato nel seno di una democrazia efficace e di un mercato trasparente. Rappresenta, al contrario, la sintesi del declino e dell´immobilismo dell´Italia. In altre parole, questo successo politico é il frutto proprio di una democrazia e di un mercato in decadenza. A partire dal 1978, anno in cui fu assassinato il primo ministro Aldo Moro dalle Brigate Rosse, il paese entró in un periodo di mancanza di obiettivi politici e impulso riformatore. Soffrí anche la decadenza di senso civico, legata direttamente all´estinzione progressiva della base che aveva dato legittimitá alla Repubblica: l´antifascismo. In seguito, la funzione regolatrice della politica e del diritto diminuí sotto la pressione delle esigenze dell´economia. L´Italia é un paese frammentato in gruppi di interesse - dai piú potenti ai piú miserabili - tutti estranei alla legalitá comune e allo spirito civico. La societá é una selva, nella quale non sono presenti pienamente le logiche del mercato o dello Stato, ma piuttosto il privilegio, il risentimento e la paura. Non é per caso che l´insicurezza caratterizza questo "stato di natura", tipico di un´organizzazione che sente sempre meno la necessitá di regole di convivenza. Gli italiani sentono intuitivamente che la crisi di legalitá penalizza tutti, ma la maggior parte preferisce sfruttare la situazione e usare le breccie della legge, senza molto sforzo per promuovere il rispetto collettivo delle regole".
Quanto alla crisi di Honduras, la rivista ISTOÉ del 30/09/09, nell´editoriale, scrive: "Posto involontariamente in mezzo al conflitto istituzionale che ha colpito l´Honduras, il Brasile si é proiettato come protagonista della politica internazionale e dovrá mostrare un polso fermo per condurre una situazione di impasse senza precedenti con l´insurrezione della popolazione. Dando protezione al presidente deposto, Zelaya, l´ambasciata brasiliana é stata circondata, in netto affronto alla sua sovranitá. Il presidente Lula, strategicamente in viaggio agli Stati Uniti per incontri coi leader del mondo libero, ha approfittato della tribuna dell´ONU per esigere l´immediata uscita dei golpisti. Ha detto di non riconoscere il governo dell´attuale presidente Roberto Micheletti. É stato applaudito. Nonostante il suo fosse un passo avanti verso lo scontro diplomatico, Lula ha incassato sostegni dati apertamente. Il segretario generale della OEA, José Miguel Insulza, ha detto che il governo brasiliano attuava con l´appoggio della comunitá. Il presidente francese, Nicolas Sarkzy, ha lanciato la proposta che il Brasile occupi definitivamente una sedia nel consiglio permanente dell´ONU. In pratica il Brasile ha fatto ció che doveva: non c´era come ricusare riparo alla richiesta di un presidente eletto nell´esercizio legittimo del suo mandato. Ma su Zelaya é bene ricordare che non si tratta di uno statista classico, che segue la regola dei diritti democratici". In pratica vuol dire che Lula ha fatto bene a proteggerlo, ma Zelaya stava cercando di cambiare la Costituzione per ottenere un terzo mandato: quindi é stato lui il primo a mettere in pericolo la Costituzione. Come nelle liti tra bambini: il primo é il piú colpevole. Sará vero? La lezione é che dietro le deboli democrazie dell´America Latina ci sono gruppi di potere forti che manovrano, e che la democrazia stessa é sempre in pericolo se la gente non la difende a tutti i costi. E non é solo in America Latina.
PS 03/09/09: DI IERI SERA LA NOTÍZIA CHE LE OLIMPIADI DEL 2016 SARANNO A RIO DE JANEIRO. QUESTA MATTINA GOOGLE É APPARSO CON UN PAESAGGIO DELLA EX-CAPITALE. ALTRA VITTORIA, QUESTO LULA É UN DIAVOLO!!!
Foto: la cappella della chácara, dove abbiamo fatto il ritiro. La foto non é attuale, l´ho presa dal mio archivio.
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