27 maggio 2009
LETTERA AI BANCHIERI
La foto é un dettaglio della piazza centrale di Itaberaí: la filiale locale della Banca Bradesco (Brasileiro de Descontos - clicca sulla foto per leggere). L´ho fotografata per raccontarvi di un buontempone, spiritoso e molto lamentoso, che ha scritto ai dirigenti di questa banca una lettera píú o meno cosí: "Cari signori: che ne direste se il fornaio, il meccanico o la farmacia che avete vicino a casa vi chiedessero una tassa per aprire il loro esercizio? E un´altra, mensile, per tenerlo aperto? E se ne aggiungessero una, ad esempio, per tenervi caldo il pane? Un´altra per impaccottarlo? Ebbene, io sono venuto da voi a "comprare" un finanziamento per una macchina nuova e voi, molto educatamente, me lo avete dato al prezzo di mercato, esattamente come avrebbe fatto il fornaio col pane. Voi, peró, siete insaziabili. Mi avete fatto pagare anche una tassa per aprire il credito. Poi mi avete costretto ad aprire un conto corrente, con una tassa mensile per tenerlo aperto. Nel conto corrente era inclusa un´altra tassa trimestrale, ancora piú salata, per offrire un tetto minimo di prestito che io non potró mai usare, perché gli interessi sono altissimi: questa sarebbe la tassa per mantenere il pane caldo. Infine ho scoperto, nelle scartoffie che la gentile funzionaria mi ha consegnato, che mi farete pagare per ogni operazione che faró su quel conto. A quel punto mi sono chiesto se ho comprato un finanziamento oppure ho venduto l´anima! Per fortuna, l´aria che ho respirato non me l´avete fatta pagare!"
Si potrebbe mandare una lettera del genere a qualsiasi banca. Passerebbe per una battuta di spirito. In effetti noi, nella vita quotidiana, siamo assai acquiescenti. Ci spillano denaro con giustificazioni che non comprendiamo, e noi pensiamo: "Non é la fine del mondo, ci sono problemi piú grossi!" Magari, poi, se dobbiamo comprare un servizio da un povero artigiano, tiriamo al massimo sul prezzo per avere la soddisfazione di vederlo cedere. L´egoismo é la molla della societá. Ci fa essere deboli e condiscententi coi piú forti (per quieto vivere), ma implacabili e perfino prepotenti coi piú deboli. Purtroppo siamo cosí anche noi preti. Avete notato? Fino a pochi mesi fa, con Peppino Englaro, avevamo "valori innegoziabili" e chi non li condivideva poteva anche essere insultato come assassino! Da quando le questioni morali riguardano qualcuno molto piú potente "nessun giudizio, ma ognuno ha la sua coscienza" (titolo del Corriere di oggi). Al massimo, si mette in guardia contro il cattivo esempio. Don Abbondio docet:"Il coraggio uno non se lo puó dare" (Da I promessi sposi, di Manzoni). Peró é vero che ci sono problemi piú grossi. La crisi, la disoccupazione, la guerra nel Congo, le stragi in Oriente, le bombe atomiche, i bombardieri.....
Abbiamo celebrato la festa dell´ascensione, che ci ha ricordato: "É bene che io me ne vada, cosí vi mando lo Spirito Santo, e per mezzo di lui saró sempre con voi, tutti i giorni. Andate, annunciate il Vangelo a tutto il mondo, continuate ció che io ho cominciato". "Tutti i battezzati formano un popolo di sacerdoti e profeti" - spiega San Pietro. Dovremmo essere coraggiosi, invece siamo vigliacchi e leccapiedi. A proposito di profeti, François Varone, un teologo poco conosciuto (nato nel 1936, ex direttore di seminario nel sud del Brasile), nel suo libro "Esse Deus que dizem amar o sofrimento" (Questo Dio che dicono che ami la sofferenza), mi ha fatto scoprire quanto fossero anche loro condizionati da queste miserie umane. Leggendo l´episodio dell´uccisione del profeti sul Monte Carmelo (1Re, cap. 18-19) - scrive François - vediamo un profeta borioso e assetato di potere, che conquista il rispetto del re Acab inducendo il popolo a fare una strage (800 sacerdoti sgozzati). Dopo il successo, da profeta di Javhé si trasforma in un perfetto lacché di corte: si preoccupa che il re non si bagni con la pioggia e che non rimanga senza cena, e poi gli corre davanti e lo precede nel suo ritorno in cittá. La sete di potere fa del coraggioso profeta un cortigiano. Soltanto dopo che dovrá fuggire davanti all´ira della regina Jezabel ritornerá in sé. Stanco e sfiduciato, si getterá all´ombra di una ginestra e griderá al Signore: "Basta! Toglimi la vita, perché non valgo piú dei miei antenati". A questo punto interviene Dio, che lo conduce a ricominciare il cammino del deserto (il monte Oreb), dove riprenderá il filo della sua vocazione profetica a favore degli umili e dei poveri, come aveva giá fatto a Sarepta, in casa della vedova. Morale della storia: solo riconoscendoci e confessandoci troppo fragili e deboli davanti alle ingiustizie e atrocitá del mondo potremo ottenere che il Signore ci sostenga e ci renda capaci di fare qualcosa di buono. Non siamo fatti per il potere: né per allearci con esso e servirlo in cambio di favori e privilegi, né per sfidarlo usando Dio a nostro vantaggio.
Prendo da François Varone anche quest´altra immagine: Gesú era inchiodato sulla croce. I capi del popolo lo prendono in giro, dicendo: "Se sei l´inviato di Dio, scendi dalla croce!". I soldati non sono da meno: "Se sei il re dei giudei, salva te stesso!". Pure uno dei ladroni aggiunge: "Non sei il messia? Salva te stesso e noi!". (Cfr. Luca, 23, 33-40). Insultandolo, gli fanno la controprova della sua vittoria sulle tentazioni che aveva avuto nel deserto: ricchezza, potere, uso della religione e di Dio in beneficio proprio. Il fatto che rimanga inchiodato sulla croce fino a morire é la prova della sua fedeltá a quanto aveva risposto al demonio: "Adorerai il Signore Dio tuo e a lui solo servirai". "Non tenterai il Signore Dio tuo". "Non di solo pane vive l´uomo". Luca racconta che il popolo stava lá, in piedi, a guardare. La folla é sempre lí che guarda, in attesa di sapere chi é il piú forte e seguirlo, per ottenere qualcosa. I miei concittadini attuali corrono dietro all´uomo piú ricco del paese, alle autoritá e ad alcuni pastori di passaggio che promettono miracoli. É a questa folla, che siamo noi, che Gesú ha donato la vittoria sul male e sulla morte: ma non l´ha data da una condizione di miliardario, né di potente statista o di taumaturgo di successo, ma rimanendo inchiodato in croce fino alla morte per essere fedele alla veritá e alla giustizia di Dio. Per tutta la nostra vita siamo immersi in questa contraddizione: quando facciamo successo salviamo solo noi stessi. Quando ci doniamo veramente agli altri, finiamo sulla croce. San Paolo dice che questo é il pegno della nuova vita in Cristo e della risurrezione. Dice anche che questo é gioia pura, e io qualche volta me ne convinco.
Partendo dai banchieri, sono finito dentro a un´omelia. Vizio professionale. A proposito della folla, potrei aggiungere che anche il nostro popolo cattolico, ieri sera, é accorso in massa alla chiesa del villaggio di S. Benedito. Celebrava la messa un prete famoso in tutto lo Stato. Padre Robson, redentorista, direttore del Santuario del Divin Pai Eterno, ha tutte le carte in regola per essere una "star" della religione. É carismatico, parla quasi ogni giorno alla radio, dirige un "cottolengo" che pratica un tipo di caritá cristiana essenziale che tutti capiscono e tutti commuove. I suoi indici di ascolto sono alle stelle. La sua presenza nelle feste religiose di paese é oggetto di disputa, e lui ci va molto volentieri perché, ovviamente, ha bisogno di offerte. Magari lascia un pó perplesso qualche parroco, che si sente accantonato dai suoi stessi fedeli proprio nei giorni della festa, quando sentirebbe di piú il bisogno di essere tra loro. E forse é anche preoccupato, (il parroco...), di verder sottrarre un sostanzioso obolo alle casse della parrocchia, sempre in bilico tra il rosso, il verde e il....(di che colore é il saldo positivo?) Nel nostro caso, Padre Severino ha mandato don Eligio a concelebrare con Padre Robson, come segno cristiano di pace. La Vicentina, che era presente alla celebrazione, testimonia che Padre Robson ha detto: "Devo ringraziare Padre Severino e Padre Eligio che mi hanno invitato a celebrare con voi...."
Il 13 giugno faremo in diocesi la "Festa dei raccolti", una festa che attendo con ansia. Quest´anno avverrá in campagna, in un "assentamento" (una comunitá agricola su terreni consegnati dalla Riforma Agraria). In particolare, si tratta dell´assentamento intitolato al vescovo emerito Dom Tomás Balduino e lui sará presente e presiederá la celebrazione eucaristica. Dom Tomás e il popolo dei sem-terra, della Commissione Pastorale della Terra, di tutti quelli che hanno lottato perché la terra del latifondo fosse condivisa a servizio della vita, invece che semplice strumento di potere e speculazione. Forse a voi non dice niente, ma immaginate un pó: Dom Tomás, insieme a molti di noi, é stato il fondatore della CPT (Commissione Pastorale della Terra) nel lontano 1975, e uno degli iniziatori, se non il principale, del Movimento per la Riforma Agraria. Voglio immaginare questa festa prossima come la biblica "Festa delle Capanne" (Levitico, 23, 33-44), in cui la terra non é appena "mezzo di produzione" e i suoi frutti non sono solo "generi di consumo" ma la sostanza della vita di un popolo che resiste ai Baal moderni delle metropoli globali. Anche i paesi ricchi avrebbero bisogno di riscoprire questa festa. Se non altro per accentuare la consapevolezza della santitá e sacralitá del creato, che il nostro tipo di civiltá rapina e devasta. Abitare per qualche giorno in tende, circondarsi di ramoscelli verdi e frutta, ringraziare Dio per ogni cosa con offerte come per invitarlo a cena, mangiare tutti insieme rinnovando le amicizie che sono ancora ció per cui vale la pena di vivere.
Ultima notizia: stamattina, alle 7,30 ora locale, tranquillo e pimpante, don Maurizio ha preso su la sua valigia ed é partito. Magari sará stato un pó ansioso di rivedere la sua famiglia e l´Italia, ma questo non l´ha detto. Padre Severino, nostro parroco, lo porta in macchina fino a Goiania, all´aereoporto. Sará a Modena domani, e rimarrá dalle vostre parti un mese. Sará ben felice di partecipare al Congresso Eucaristico Diocesano e di prendere la parola in una celebrazione. A colazione commentavamo la richiesta che abbiamo ricevuto dal Centro Diocesano di Animazione Missionaria, di inviare un testo nostro su "Missione e Eucaristia": un invito che noi abbiamo disatteso. Ci chiedevamo: di che cosa si potrebbe parlare? Don Maurizio suggeriva: "I laici nella Chiesa, con la loro vocazione specifica ad esercitare il sacerdozio battesimale, affinché la Chiesa sia veramente Corpo de Cristo e tutti i membri del Corpo abbiano un ruolo attivo". Don Maurizio é un formatore: sta conducendo, una sera ogni settimana, un incontro di "Scuola della Fede" aperto a tutti i parrocchiani. Fatelo intervenire. E godetevi una buona settimana di caldino.
21 maggio 2009
AMBIENTI INQUINATI
Sabato 16 maggio abbiamo fatto un bell'incontro della Commissione Pastorale della Terra con un gruppo di agricoltori degli accampamenti e degli "assentamentos" (comunità a cui è già stata distribuita la terra della Riforma Agraria. Vedete due istantanee del gruppo in questo post. L'argomento era un progetto governativo che si chiama Compra Antecipada Especial de Alimentos e Doaçao Simultanea (CAAEDS: compra anticipata di alimenti e donazione simultanea). Si tratta di un piccolo finanziamento a fondo perduto del governo per i piccoli produttori. Il governo, attraverso la CONAB (Companhia Nacional de Abastecimento - companhia nazionale di rifornimento), offre a ciascuno un fondo di 3500,00 reali (circa 1500,00 euro) in cambio dell'impegno a rifornire l'equivalente in prodotti agricoli ad alcuni enti che fanno servizio sociale gratuitamente. Il produttore dev'essere iscritto a una Cooperativa, possedere il brevetto di idoneità di produttore, registrare il prodotto che intende fornire e le date di consegna. Gli enti che vogliono usufruirne devono farne richiesta: sicuramente il nostro asilo, il doposcuola, l'ospedale pubblico e la casa per anziani entreranno in questa lista. Il pagamento sarà fatto dalla Banca in cui è depositato il fondo, al momento della consegna del prodotto. Per l'agricoltore non sarà certo la soluzione di tutti i problemi, ma una piccola garanzia: potrà sempre contare sulla vendita di una percentuale del suo prodotto a prezzo fisso, anche quando non riesce a smaltire il resto in altro modo o quando i prezzi del mercato sono troppo bassi. Uno strumento valido per i più poveri e meno intraprendenti: bravo Lula, che non pensa solo alla grande agro-industria!
A Itaberaì è cominciato il periodo più fresco dell'anno, ed è tempo di grande attività. Padre Maurizio ha cominciato un corso serale aperto a tutti (che dovrebbe diventare permanente) chiamato "Scuola della fede". Severino, il parroco, si è preso a carico la formazione degli animatori delle Comunità di Base e delle equipe di liturgia. Io sono stato incaricato, oltre che delle pastorali sociali di cui mi occupavo dall'inizio, anche della catechesi battesimale e dei ministri dell'Eucaristia. C'è poco da ridere: alcuni aspetti fondamentali del cristianesimo (cattolico e non cattolico) devono essere reinterpretati, ma sono ancora fondamentali per chi sa che l'essere umano, con l'adesione al progetto di Dio, può fare un salto di qualità. Noi diamo tante colpe al pensiero post-moderno, ma non vediamo le nostre: nel mondo cattolico, assai spesso, la fede in Dio è vissuta come oppressione. E in quello laico-ateo o agnostico è rifiutata come oppressione. "Tutto ciò che impedisce di vedere la religione come grazia, liberazione, gioia, costituisce una deformazione o, addirittura, bestemmia. Dio deve apparire come complice, sostegno, aiuto...nel duro compito della vita. Vedere la sua mano come peso per l'essere umano è realmente la grande perversione, il malinteso" (Andres T. Queiruga, Recuperar a salvaçao, Paulus).
Finalmente abbiamo fatto un piccolo passo avanti anche nella problematica ambientale. Il giudice ci ha invitati a un forum nel Palazzo di Giustizia (guarda caso si chiama pure FORUM, vedete la foto), per una "udienza pubblica" in difesa del nostro fiume, il Rio das Pedras. Sono saltate fuori accuse di inquinamento e sottoscrizioni. Molti interventi, ma nel complesso mi pare che abbiano liquidato ogni obiezione allegando che, per il momento, nessuna delle denunce è corredata da sufficienti prove tecniche e scientifiche. Non mi aspettavo certo che mettessero a tappeto industriali e produttori agricoli che fanno dei laghetti arrangiati alla meglio che poi si spaccano con la piena e danneggiano le aziende dei vicini. Oppure che scaricano rifiuti liquidi e solidi nel fiume. Consideriamo che il semplice fatto di essere stati chiamati a una udienza pubblica in tribunale basterà per metterli un pò in guardia. E io spero che anche il Comune si decida a mantenere la promessa di un assessore all'ambiente, perchè possa ascoltare la gente e mettere un pò di regole e controlli.
Ancora una volta, non oso commentare, da lontano, ciò che sta accadendo in Italia. A leggere i giornali ci si spaventa. Mi limito a pubblicarvi un piccolo documento storico a memoria del nostro passato di Italiani: mi è arrivato dall'Italia, e ve lo rimando....
“Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Molti puzzano perché tengono lo stesso vestito per settimane. Si costruiscono baracche nelle periferie. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Parlano lingue incomprensibili, forse antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina, spesso davanti alle chiese donne e uomini anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano sia perché poco attraenti e selvatici sia perché è voce diffusa di stupri consumati quando le donne tornano dal lavoro. I governanti hanno aperto troppo gli ingressi alla frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, di attività criminali.” Relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso degli Stati Uniti d’America sugli immigrati italiani. Ottobre 1912.
15 maggio 2009
LA GIORNATA DELLE MAMME
La vite del mio vicino di casa: fino a una ventina di anni fa, ad Itaberaì, quasi nessuno conosceva questa pianta da vicino. Ricordo ancora bene l'imbarazzo di dover commentare il Vangelo della 5a domenica dopo Pasqua, in cui Gesù parla di vite, tralci, potature, eccetera. Poi si è scoperto che questa è una zona climatica eccezionale per la coltivazione dell'uva, e ora tutti hanno capito perchè l'agricoltore ha bisogno di tagliare, potare e bruciare tralci. Ci sono ormai produttori in grande, e abbiamo pure un vino doc. Da queste parti l'uva si raccoglie due volte l'anno: c'è una raccolta più abbondante in gennaio e un'altra, più scarsa, in giugno-luglio. Nella messa di domenica scorsa, 10 maggio, avevamo per l'appunto quel brano di Vangelo: "Io sono la vite, voi siete i tralci".. L'equipe di liturgia, per dare concretezza al paragone di Gesù e al suo messaggio, ha portato davanti all'altare un autentico "bersò" in miniatura, con relativi grappoli.
Il 10 maggio era anche la giornata delle mamme. In Brasile è una festa di serie A, da paragonare quasi quasi al Natale. All'alba il movimento ECC (Encontro Casais com Cristo) ha organizzato l'Alvorada. Tanto per intenderci, sarebbe come una serenata ma fatta al mattino presto, quando è ancora buio, invece che alla sera tardi. I "carros de som" (camioncini attrezzati con altoparlanti e lettori DVD) hanno girato di via in via diffondendo canzoni romantiche per le mamma. In tutte le celebrazioni eucaristiche (io ho avuto il piacere e l'onore di celebrare quella "grande", la sera), le diverse equipe di Liturgia hanno spremuto tutta la loro creatività. Tra l'altro hanno intronizzato una immagine della Madonna "la mamma delle mamme". Per niente liturgica? A stare ai manuali direi proprio di no, ma pensandoci bene....anche i cardinali e i papi hanno avuto una mamma che gli lavava il sederino. E anche Gesù Cristo. Noi potremmo andarcene tranquillamente all'altro mondo con i nostri manuali, che rimarrebbero i ragazzi e le bimbe con le loro mamme. Lasciamoli celebrare un poco anche la liturgia dell'esistenza umana. Viene una generazione dopo l'altra, noi anziani tendiamo a tenerci stretto il passato e loro devono inventare. Dopo quella, non poteva mancare una festa speciale per le madri dell'asilo "Sao Francisco". Che si è fatta la sera del 13: e questa, siccome non era una messa, l'ho potuta abbondantemente fotografare, come potete vedere.
Dove ci sono, le mamme cristiane tengono in piedi la fede e la Chiesa stessa. Zè Horàcio, seduto su un vecchio sofà sdruscito e pieno di rattoppi, mi racconta: "Quando ero bambino, la mia famiglia era così povera che di più non si poteva. Eravamo sei fratellini. La mamma coltivava un orto, là in Minas Gerais. La domenica non poteva portarci a messa, perchè i nostri vestiti erano sbrindellati e non avevamo le scarpe. Allora lei faceva un "bolo" (un dolce di uova, latte e farina a forma di ciambella), che metteva su un tavolino. All'ora della messa, stava sulla porta aperta della nostra baracca e ci chiamava attorno a sè. Guardavamo in direzione alla chiesa, recitando il rosario. Quando era circa l'ora della comunione, mia madre tagliava il "bolo" e ce ne dava a ciascuno un pezzetto. Era la nostra comunione. Dona Divina, la mamma di Zè Horàcio, oggi non si muove più dal letto ed è completamente sorda, perciò non mi ha potuto confermare questa storia. Ma ci posso credere, perchè quasi ogni volta, quando le faccio visita, mi dice: "Padre, io me lo sogno di notte che viene il prete a portarmi la comunione".
Josè Jesus Filho della Pastorale Carceraria Nazionale, ha dedicato una pagina di Adital alle mamme dei carcerati, tra le più sofferenti e dimenticate della nostra società. Ne pubblico uno stralcio per unirmi ai suoi auguri. Scrive:"Non ho dubbi nell'affermare che il carcerato può perdere tutto: libertà, casa, lavoro, amici, parenti, e così via. Ma c'è qualcuno che non lo abbandona: sua madre. Potrei dire di più: la madre diventa prigioniera assieme a lei o a lui. Il Brasile ha 400 mila carcerati, in maggioranza giovani dai 18 ai 25 anni. Molti di loro, dopo l'entrata in prigione, sono dimenticati dalla comunità da cui provengono. A San Paolo la situazione si aggrava, poichè le penitenziarie distano fino a 12 ore da dove vivono i familiari. L'enorme distanza costituisce uno dei fattori di maggior disgregazione dei prigionieri in rapporto alla famiglia e alla comunità a cui appartengono in origine. Tuttavia le mamme non misurano sacrifici per assistere i loro figli, anche quando sono in prigione in altri stati. Di fatto, pur formando una massa impoverita senza mezzi per mantenersi, percorrono lunghe strade per stare coi loro figli anche se solo per due o tre ore. Il loro pellegrinaggio, specialmente nello Stato di San Paolo, comincia il venerdì, quando si riuniscono in un unico locale per prendere la corriera che le porterà fino alla penitenziaria. Continua durante il viaggio, non sempre tranquillo, perchè spesso la polizia le ferma per una perquisizione. In fin dei conti sono "mamme di criminali".
"Lì cominciano le umiliazioni che continuano fino all'entrata del carcere, dove sono perquisite con metodi incompatibili con la dignità della persona umana, come, per esempio, sedersi nude in una panchina-detector di metalli o accoccolarsi due o tre volte davanti a funzionarie che non sempre le trattano con il rispetto dovuto a ogni essere umano. La voglia e la necessità di vedere i figli, costringe le madri a sottomettersi a questi trattamenti degradanti. Dopo le umiliazioni del viaggio e dell'ingresso, camminano in fila verso i padiglioni interni sotto gli occhi indifferenti di alcuni funzionari, o addirittura sottoposte a offese verbali. Un giorno ho udito un funzionarlo definirle "rifiuti". Per molti prigionieri, questi sono gli unici momenti di gioia durante il lungo periodo di sconto della pena. I prigionieri artisti, quando arriva il giorno della mamma, riempiono le pareti con fogli di carta decorati e bei messaggi. E' il modo che essi trovano per rendere loro omaggio. La visita è così importante che, se l'amministrazione del presidio volesse provocare una rivolta, le basterebbe sospendere le visite. Si può togliere tutto ai carcerati, ma non la visita delle loro mamme".
Il giorno 13 era anche l'anniversario dell'abolizione della schiavitù in Brasile (13 maggio 1888). Forse in Italia non lo sa nessuno, e poi eravate impegnati a ricordare la prima apparizione di Fatima in Portogallo, che fa parte della UE (ma è molto cara anche ai brasiliani). Per l'occasione la CNBB ha divulgato un messaggio. Dice, tra l'altro: "Il sogno non è ancora completo. Restano ferite non cicatrizzate e che fanno ancora male, perchè nessuna società attraversa 4 secoli di schiavitù impunemente. La ricchezza del Brasile colonia e dell'Impero fu costruita, principalmente, dalle mani dei negri e negre schiavi. La memoria di questo fatto motiva la società ad essere consapevole del debito che ha ancora verso i discendenti dei popoli africani". "La CNBB rinnova oggi la sua solidarietà con gli afro-brasiliani, e il suo sostegno senza restrizioni a politiche che affermino il miglioramento delle loro condizioni di vita, soprattutto dei popoli dei "quilombos". Garantire loro la legalizzazione del territorio significa molto di più che garantire un pezzo di terra: è la certezza della preservazione dell'eredità e della cultura di tradizione afro-brasiliana presente in loro".
Nel frattempo abbiamo letto sui giornali italiani online: "Non vogliamo una società multietnica - è la sinistra che la vuole". Gli italiani sono spaventatissimi per le dimensioni dell'immigrazione clandestina. Come del resto tutti i paesi più ricchi! Ma l'Italia, come il mondo intero ormai, è già multietnica: e vogliamo forse isolarci dal resto del mondo? Se lo facessimo, ben presto dovremmo andarci noi sui barconi! Oltretutto "chi non vuole una società multietnica rifiuta il Vangelo e il Cristianesimo. Gesù Cristo è venuto per estendere a tutti i popoli della terra la salvezza, che per l'Antica Alleanza era riservata al popolo d'Israele", come scrive un mio collega prete. La difficoltà di organizzare decentemente le migrazioni disordinate: affrontando soprattutto le mafie, anche italiane, che sfruttano la disperazione altrui. Questo compito è assai difficile, perciò si vorrebbe prendere la strada più comoda: perseguitare le vittime della miseria che è frutto tardivo, in massima parte, della nostra abbondanza. Però 40 anni di Brasile mi hanno insegnato due cose: i disperati non desistono mai, perchè non hanno altra scelta. E chi calpesta i diritti dei più deboli, sarà calpestato dai più forti di lui.
In Brasile esistono problemi simili, di fronte alle ondate di migranti dalle campagne alle città, dal nordest alla nostra regione (centro-ovest). Anche qui si verificano l'aumento della violenza, traffico di persone, schiavismo, mercato della prostituzione. Lo Stato di Goiàs, che attualmente conta 5 milioni e mezzo di abitanti (nel 1970 ne aveva 2 milioni), cresce di 100 mila all'anno: ovviamente non è una crescita dovuta solo alle nascite. Nel 2008 sono stati denunciati 6 casi di lavoro schiavo, riguardanti 867 lavoratori nei settori di produzione della canna da zucchero, soia e carbone vegetale. E' già un progresso il fatto che non sia stata constatata la riduzione in schiavitù di nessun minorenne. Spero bene che gli italiani riusciranno a superare l'esasperazione del momento, a mettere da parte le battute cattive e stupide, e produrre invece leggi e regolamenti giusti a salvaguardia della propria sicurezza ma anche della dignità di ogni essere umano. Quello italiano è un popolo che risponde generosamente a tutte le collette per i poveri di ogni paese e continente. In Italia le organizzazioni umanitarie e le associazioni ONLUS si contano a centinaia. Sono migliaia i missionari e missionarie italiani in tutto il mondo, che contribuiscono sostanzialmente alla promozione della giustizia, della solidarietà e dell'accoglienza.E sono sostenuti dagli italiani.
Termino la mia pubblicazione di oggi con la notizia delle piene in Amazzonia. Quest'anno voi avete avuto il terremoto, il Brasile è invece disastrato dalle piogge troppo abbondanti al nord e nordest, e da un periodo di siccità catastrofica in ampie aree del sud (Paranà). Le inondazioni nel Maranhao, Parà e Amazonas hanno già fatto sfollare più di un milione di persone, e ne hanno uccise più di un centinaio. In questi giorni il Rio Tapajòs, che bagna diverse città del Basso-Amazonas, ha raggiunto il livello di 28 metri e 16 cm, un livello che aveva raggiunto per l'ultima volta solo nel 1953 (ma allora la popolazione brasiliana era inferiore a 50 milioni di abitanti, un quarto dell'attuale). Solo nella casa parrocchiale della città di Alenquer sono ospitate 20 famiglie di sfollati. Il fiume sta salendo 6 centimetri al giorno, e la previsione è che le piene continuino ancora per due mesi. (Informazione di Adital, da Diario del Parà).
Per illustrarvi meglio questa situazione vi "posto", in calce alla pagina, un video sulla piena nella città paraense di Macapà, Stato di Amapà, sul delta del Rio delle Amazzoni.
9 maggio 2009
CYRTOPODIUM PUNCTATUM
E' ovvio che le comunità di base hanno alti e bassi. Ho visitato quella del quartiere San Giovanni Battista in una serata infelice. Erano ridotti a sei. Un pò avviliti, hanno letto il Vangelo e, dopo un breve spazio ai commenti, hanno recitato il rosario. Ma, forse proprio per il morale basso, qualcuno ha subito notato la frase proclamata da Gesù ad alta voce (lo dice Giovanni 12, 46): "Io sono venuto al mondo come luce, perchè tutti quelli che credono in me non rimangano al buio". Joana (il nome è fittizio) ha confessato che sono parole che le fanno molta impressione: è confortante pensare che Gesù non vuole lasciarci al buio. Nonostante la momentanea (speriamo) debolezza della comunità, l'entusiasmo e la buona volontà non mancano. Hanno appena finito di acquistare da Benedito, il falegname più vicino, venti banchi nuovi di zecca per la loro cappellina. Credo che in Italia faccia ridere qualcuno, o stridere: con tanti problemi, pensare ai banchi della chiesa! Ma per chi trae da Cristo e dalla comunità la sua forza, i banchi ben fatti sono una vittoria!
Nelle foto osservate, benchè un pò sfuocato, il lavoro di un artista amatoriale locale che, con molta passione, ha osato dipingere tutta la parete di fondo con la raffigurazione del battesimo di Gesù. I colori mi sembrano belli, a me piace e lo guardo volentieri (ma non sono un intenditore d'arte!). Il paesaggio è quello ampio delle nostre colline in estate: immensi pascoli di un verde intenso, palme da cocco, macchie fitte di rimanescente foresta, e un fiume limpidissimo che scorre al centro (di questi non se ne trovano più, forse ne rivedremo uno nella Gerusalemme celeste: così, almeno è il fiume descritto nell'Apocalisse). Giovanni Battista gli è venuto un pò troppo gobbo, ma forse è più vero di quello della statuina.
Sono finite le piogge, le notti sono fredde (si scende fino a 14 gradi, è un privilegio di Itaberaì per la sua altitudine), e le giornate passano tranquille. A dire il vero qualche acquazzone un pò abbondante arriva ancora. Martedì sera sono salito, per la messa, alla comunità di Bananal. E' sulle montagne agli estremi del territorio comunale. La strada in certi punti era diventata una laguna. Esmeralda, l'animatrice della comunità, era così contenta per la numerosa partecipazione che mi ha regalato quattro piantine di un'orchidea che a me piace molto. Ve la mostro in una delle foto. Il suo nome scientifico è quello del titolo del post. E' spinosa e superba. La si vede con frequenza aggrappata ai fusti di alcune palme da cocco. Ci sono tante cose tristi al mondo, ma credo che non siamo obbligati a pensare solo a quelle! Le comunità rurali mi tirano su il morale quasi in ogni incontro. Dove ci sono piccoli proprietari agricoli c'è ancora una vita sana, anzi, stanno meglio che in passato perchè le comodità sono arrivate anche lì: energia elettrica e telefono, con tutti gli annessi e connessi. Eppure sembra che le amministrazioni, in tutto il paese, vanno nella direzione di svuotare ancora di più la campagna: le scuole, ormai, sono tutte solo nel capoluogo. Le scuole rurali sono quasi tutte chiuse. I bambini di Bananal devono alzarsi ogni giorno alle 5 del mattino per salire sulla corriera e venire ad Itaberai (la distanza è 35 chilometri, ma sono stradacce dissestate, polverose o fangose, il viaggio è di oltre un'ora), tornando a casa dopo le due del pomeriggio. Per questo molte famiglie giovani decidono di trovarsi un lavoro e una casa quì per non sacrificare i figli. E la terra? Si vende o si affitta.
A proposito di Giovanni Battista, la settimana prossima faremo un incontro di un giorno intero di tutte le donne e uomini addetti alla pastorale battesimale nelle 7 parrocchie della regione Urù. Da qualche tempo sono fissato sul Battesimo. Lo abbiamo trattato male, ma è un sacramento bellissimo! Nella "cristandade", o società cristiana, si insegnava che bisogna battezzare i bambini il più presto possibile per toglierli dallo stato di peccato. Guai se dovessero morire senza battesimo! Ma allora le famiglie, in larga maggioranza, offrivano ai bimbi la crescita in un ambiente in cui potevano, per così dire, allattarsi di fede fin dal seno materno. Poi è arrivata la modernità e il battesimo è stato ridotto a poco più di un evento mondano. Allora istituimmo i corsi di preparazione al battesimo. Con molte difficoltà, perchè la resistenza era forte e in parte anche giustificata. Un ricatto: se non fai il corso, non ti battezziamo il figlio. Molti genitori nemmeno pensavano che fosse necessaria la loro presenza al Battesimo: bastavano i padrini. Inoltre, credevano che fosse un peccato rimandare il battesimo: e poi, perchè fare un corso? La grazia di Dio non agisce anche se noi non sappiamo niente? Non basta seguire fedelmente la Chiesa? Alla fine i corsi sono diventati una cosa quasi normale, accettata da quasi tutti. Certo, la grazia di Dio può agire ugualmente, ma il Battesimo non è una magia. E può diventare, invece, l'inizio di tutto.
Bisogna fare un passo avanti. Il "catecumenato degli adulti" è stato ripetutamente raccomandato dal Magistero fin dai tempi del Concilio. Pare che ora sia il momento. Oggi una buona parte della società diffida delle chiese. Sono troppe e danno l'impressione di essere tutte in cerca di pecorelle sottomesse, o pecoroni. I post-moderni non amano sentirsi pecore. Nello stesso tempo, però, sono in molti a cercare disperatamente una via di salvezza, una speranza (scusate il paradosso di cercare disperatamente una speranza). Sentono incombere il Male nelle sue forme più svariate. L'umanità è stanca, ha paura, o peggio ancora, se la vede brutta ed è angosciata. Sotto questo aspetto Gesù Cristo è la figura che suscita sempre più interesse e fiducia: sembra che veramente lui voglia solo aiutarci, gratuitamente, e che desideri solo il nostro bene. E' il "redentore": una parola che suscita sensazioni positive. "Tu solo hai parole di vita eterna". "Io non sono venuto per giudicare il mondo, ma per salvarlo". So che anche in Italia la pastorale ha preso come parola chiave la "speranza". Nelle parrocchie ci lavorano forte. Non fanno rumore, ma lavorano. Bisogna ridare al battesimo il suo valore di inizio di una nuova vita. L'averlo trascurato ha fatto molto male alla nostra Chiesa.
Il battesimo è importante perchè è una scelta controcorrente, contro il male che è in noi e che, fuori di noi, si è organizzato un impero. Se i cristiani avessero capito il loro battesimo che è un "sacerdozio profetico e regale" per trasformare sè stessi e il mondo! O se lo capissero almeno ora! Se i popoli favoriti dal capitalismo avessero riflettuto al momento giusto sui danni che causavano a tanti popoli per foraggiare il loro benessere, ora non si troverebbero nella situazione assurda di doversi difendere dall'invasione di orde di disperati! Ora sono costretti a perdere la stima di sè e la buona coscienza per cacciarli in malo modo. Mentre tutti i governi si sforzano di far ripartire l'economia di mercato invece di correggerla, la depredazione continua! Altra miseria, altre migrazioni! Cosa volete farci? Io vedo solo in un cristianesimo che risalga alle proprie fonti neo-testamentarie la possibilità e la forza per uscire da questo circolo vizioso e viziato.
Egon Dionísio Heck, in un articolo pubblicato su Adital, ricorda che nel Mato Grosso del Sud gli Indios Guarani continuano ad essere vittime costanti della violenza dei latifondisti esattamente come 500 anni fa. E continua anche l'epidemia di suicidi di Indios, che sradicati dalla propria cultura e sloggiati dalla loro terra finiscono nella disperazione. C'è stato un incontro nazionale a Brasilia, in un accampamento denominato "Acampamento Terra Livre", nel quale si è fatto vivo pure il ministro della Giustizia Tarso Genro. Hanno partecipato quasi mille dirigenti indigeni, appartenenti a 113 popolazioni diverse, e i Guarani hanno detto al ministro: "Noi, popoli Guarani e Terena del Mato Grosso del Suda, siamo più di 70 mila e viviamo, di fatto, in 50 mila ettari di terra. Ci hanno preso la nostra terra, ci hanno confinati. Hanno distrutto le nostre ricchezze naturali e i nostri fiumi, ma non sono riusciti a farci tacere o abbandonare la resistenza e lotta per riprenderci la terra! Hanno assassinato diversi dei nostri lider e nessuno degli assassini è in prigione. Invece, parecchi dei nostri lider sono stati arrestati, perseguitati e criminalizzati perchè rivendicavano i diritti che la Costituzione brasiliana ci assicura". "Tutto questo - sostiene il giornalista - avviene a causa dei ritardi dei successivi governi nel definire i confini legali delle terre degli indios, che fanno gola agli allevatori di bestiame e piantatori di soia che hanno potenti rappresentanti nel Congresso Nazionale".
Scrive Mario Menezes, della Unisinos, su Adital: "Sono già stati disboscati 73 milioni di ettari per fare pascoli per il bestiame e produrre soia, cotone, etanolo (canna da zucchero). E' una pazzia. La terra dell'Amazzonia è marcia, i pascoli e le coltivazioni durano poco. Quando smettono di produrre, si abbandona la terra e si brucia altra foresta: ci sono già 23 milioni di ettari di terra abbandonata. Si butta via una ricchezza durevole nel tempo e che si rigenera da sola, per un'altra di breve durata. E quello che è peggio è che si toglie la fonte di vita ai popoli della foresta, che così vengono ridotti alla miseria. Più o meno i due terzi (della ricchezza) rimangono in Brasile. Dal 1990 al 2007, siamo arrivati a produrre in Amazzonia ciò che era impensabile prima, cioè soja, carne, cotone, etanolo e granoturco. Questo sviluppo non ha reso possibile lo sviluppo locale. Se prendiamo i dati di questo periodo, vedremo che quasi 40% della popolazione continua a vivere alla base della linea della povertà. Il Brasile va a prendere là ciò di cui ha bisogno, ma non lascia nulla all'Amazzonia. Pochi in Amazzonia ne traggono beneficio. 50 per cento della soia del paese è prodotta là, e pure 50 per cento del cotone. La carne è intorno al 36 per cento. I due terzi sono consumati in Brasile, un terzo è esportato. Il potere acquisitivo di chi vive in Amazzonia è molto basso perchè possano mangiare carne. Questa è l'altra contraddizione. L'Amazzonia è un grande emporio, ma noi ne pagheremo il prezzo. Non è che l'allevamento sia quello che produce il maggiore impatto. E' solo l'attività principale. Non è vero che, se non esistesse l'allevamento, il disboscamento finirebbe. Quello che manca è una politica coerente per mantenere la foresta produttiva e valorizzarla dal punto di vista economico. Essa ha funzionato così e può continuare a funzionare. Fondamentalmente, il disboscamento dev'essere zero. Non bisogna più andare nella foresta per sviluppare l'allevamento, ma per sostenere le persone che vi abitano, che la capiscono più di chiunque altro e producono a partire da essa senza distruggerla".
Nelle foto osservate, benchè un pò sfuocato, il lavoro di un artista amatoriale locale che, con molta passione, ha osato dipingere tutta la parete di fondo con la raffigurazione del battesimo di Gesù. I colori mi sembrano belli, a me piace e lo guardo volentieri (ma non sono un intenditore d'arte!). Il paesaggio è quello ampio delle nostre colline in estate: immensi pascoli di un verde intenso, palme da cocco, macchie fitte di rimanescente foresta, e un fiume limpidissimo che scorre al centro (di questi non se ne trovano più, forse ne rivedremo uno nella Gerusalemme celeste: così, almeno è il fiume descritto nell'Apocalisse). Giovanni Battista gli è venuto un pò troppo gobbo, ma forse è più vero di quello della statuina.
Sono finite le piogge, le notti sono fredde (si scende fino a 14 gradi, è un privilegio di Itaberaì per la sua altitudine), e le giornate passano tranquille. A dire il vero qualche acquazzone un pò abbondante arriva ancora. Martedì sera sono salito, per la messa, alla comunità di Bananal. E' sulle montagne agli estremi del territorio comunale. La strada in certi punti era diventata una laguna. Esmeralda, l'animatrice della comunità, era così contenta per la numerosa partecipazione che mi ha regalato quattro piantine di un'orchidea che a me piace molto. Ve la mostro in una delle foto. Il suo nome scientifico è quello del titolo del post. E' spinosa e superba. La si vede con frequenza aggrappata ai fusti di alcune palme da cocco. Ci sono tante cose tristi al mondo, ma credo che non siamo obbligati a pensare solo a quelle! Le comunità rurali mi tirano su il morale quasi in ogni incontro. Dove ci sono piccoli proprietari agricoli c'è ancora una vita sana, anzi, stanno meglio che in passato perchè le comodità sono arrivate anche lì: energia elettrica e telefono, con tutti gli annessi e connessi. Eppure sembra che le amministrazioni, in tutto il paese, vanno nella direzione di svuotare ancora di più la campagna: le scuole, ormai, sono tutte solo nel capoluogo. Le scuole rurali sono quasi tutte chiuse. I bambini di Bananal devono alzarsi ogni giorno alle 5 del mattino per salire sulla corriera e venire ad Itaberai (la distanza è 35 chilometri, ma sono stradacce dissestate, polverose o fangose, il viaggio è di oltre un'ora), tornando a casa dopo le due del pomeriggio. Per questo molte famiglie giovani decidono di trovarsi un lavoro e una casa quì per non sacrificare i figli. E la terra? Si vende o si affitta.
A proposito di Giovanni Battista, la settimana prossima faremo un incontro di un giorno intero di tutte le donne e uomini addetti alla pastorale battesimale nelle 7 parrocchie della regione Urù. Da qualche tempo sono fissato sul Battesimo. Lo abbiamo trattato male, ma è un sacramento bellissimo! Nella "cristandade", o società cristiana, si insegnava che bisogna battezzare i bambini il più presto possibile per toglierli dallo stato di peccato. Guai se dovessero morire senza battesimo! Ma allora le famiglie, in larga maggioranza, offrivano ai bimbi la crescita in un ambiente in cui potevano, per così dire, allattarsi di fede fin dal seno materno. Poi è arrivata la modernità e il battesimo è stato ridotto a poco più di un evento mondano. Allora istituimmo i corsi di preparazione al battesimo. Con molte difficoltà, perchè la resistenza era forte e in parte anche giustificata. Un ricatto: se non fai il corso, non ti battezziamo il figlio. Molti genitori nemmeno pensavano che fosse necessaria la loro presenza al Battesimo: bastavano i padrini. Inoltre, credevano che fosse un peccato rimandare il battesimo: e poi, perchè fare un corso? La grazia di Dio non agisce anche se noi non sappiamo niente? Non basta seguire fedelmente la Chiesa? Alla fine i corsi sono diventati una cosa quasi normale, accettata da quasi tutti. Certo, la grazia di Dio può agire ugualmente, ma il Battesimo non è una magia. E può diventare, invece, l'inizio di tutto.
Bisogna fare un passo avanti. Il "catecumenato degli adulti" è stato ripetutamente raccomandato dal Magistero fin dai tempi del Concilio. Pare che ora sia il momento. Oggi una buona parte della società diffida delle chiese. Sono troppe e danno l'impressione di essere tutte in cerca di pecorelle sottomesse, o pecoroni. I post-moderni non amano sentirsi pecore. Nello stesso tempo, però, sono in molti a cercare disperatamente una via di salvezza, una speranza (scusate il paradosso di cercare disperatamente una speranza). Sentono incombere il Male nelle sue forme più svariate. L'umanità è stanca, ha paura, o peggio ancora, se la vede brutta ed è angosciata. Sotto questo aspetto Gesù Cristo è la figura che suscita sempre più interesse e fiducia: sembra che veramente lui voglia solo aiutarci, gratuitamente, e che desideri solo il nostro bene. E' il "redentore": una parola che suscita sensazioni positive. "Tu solo hai parole di vita eterna". "Io non sono venuto per giudicare il mondo, ma per salvarlo". So che anche in Italia la pastorale ha preso come parola chiave la "speranza". Nelle parrocchie ci lavorano forte. Non fanno rumore, ma lavorano. Bisogna ridare al battesimo il suo valore di inizio di una nuova vita. L'averlo trascurato ha fatto molto male alla nostra Chiesa.
Il battesimo è importante perchè è una scelta controcorrente, contro il male che è in noi e che, fuori di noi, si è organizzato un impero. Se i cristiani avessero capito il loro battesimo che è un "sacerdozio profetico e regale" per trasformare sè stessi e il mondo! O se lo capissero almeno ora! Se i popoli favoriti dal capitalismo avessero riflettuto al momento giusto sui danni che causavano a tanti popoli per foraggiare il loro benessere, ora non si troverebbero nella situazione assurda di doversi difendere dall'invasione di orde di disperati! Ora sono costretti a perdere la stima di sè e la buona coscienza per cacciarli in malo modo. Mentre tutti i governi si sforzano di far ripartire l'economia di mercato invece di correggerla, la depredazione continua! Altra miseria, altre migrazioni! Cosa volete farci? Io vedo solo in un cristianesimo che risalga alle proprie fonti neo-testamentarie la possibilità e la forza per uscire da questo circolo vizioso e viziato.
Egon Dionísio Heck, in un articolo pubblicato su Adital, ricorda che nel Mato Grosso del Sud gli Indios Guarani continuano ad essere vittime costanti della violenza dei latifondisti esattamente come 500 anni fa. E continua anche l'epidemia di suicidi di Indios, che sradicati dalla propria cultura e sloggiati dalla loro terra finiscono nella disperazione. C'è stato un incontro nazionale a Brasilia, in un accampamento denominato "Acampamento Terra Livre", nel quale si è fatto vivo pure il ministro della Giustizia Tarso Genro. Hanno partecipato quasi mille dirigenti indigeni, appartenenti a 113 popolazioni diverse, e i Guarani hanno detto al ministro: "Noi, popoli Guarani e Terena del Mato Grosso del Suda, siamo più di 70 mila e viviamo, di fatto, in 50 mila ettari di terra. Ci hanno preso la nostra terra, ci hanno confinati. Hanno distrutto le nostre ricchezze naturali e i nostri fiumi, ma non sono riusciti a farci tacere o abbandonare la resistenza e lotta per riprenderci la terra! Hanno assassinato diversi dei nostri lider e nessuno degli assassini è in prigione. Invece, parecchi dei nostri lider sono stati arrestati, perseguitati e criminalizzati perchè rivendicavano i diritti che la Costituzione brasiliana ci assicura". "Tutto questo - sostiene il giornalista - avviene a causa dei ritardi dei successivi governi nel definire i confini legali delle terre degli indios, che fanno gola agli allevatori di bestiame e piantatori di soia che hanno potenti rappresentanti nel Congresso Nazionale".
Scrive Mario Menezes, della Unisinos, su Adital: "Sono già stati disboscati 73 milioni di ettari per fare pascoli per il bestiame e produrre soia, cotone, etanolo (canna da zucchero). E' una pazzia. La terra dell'Amazzonia è marcia, i pascoli e le coltivazioni durano poco. Quando smettono di produrre, si abbandona la terra e si brucia altra foresta: ci sono già 23 milioni di ettari di terra abbandonata. Si butta via una ricchezza durevole nel tempo e che si rigenera da sola, per un'altra di breve durata. E quello che è peggio è che si toglie la fonte di vita ai popoli della foresta, che così vengono ridotti alla miseria. Più o meno i due terzi (della ricchezza) rimangono in Brasile. Dal 1990 al 2007, siamo arrivati a produrre in Amazzonia ciò che era impensabile prima, cioè soja, carne, cotone, etanolo e granoturco. Questo sviluppo non ha reso possibile lo sviluppo locale. Se prendiamo i dati di questo periodo, vedremo che quasi 40% della popolazione continua a vivere alla base della linea della povertà. Il Brasile va a prendere là ciò di cui ha bisogno, ma non lascia nulla all'Amazzonia. Pochi in Amazzonia ne traggono beneficio. 50 per cento della soia del paese è prodotta là, e pure 50 per cento del cotone. La carne è intorno al 36 per cento. I due terzi sono consumati in Brasile, un terzo è esportato. Il potere acquisitivo di chi vive in Amazzonia è molto basso perchè possano mangiare carne. Questa è l'altra contraddizione. L'Amazzonia è un grande emporio, ma noi ne pagheremo il prezzo. Non è che l'allevamento sia quello che produce il maggiore impatto. E' solo l'attività principale. Non è vero che, se non esistesse l'allevamento, il disboscamento finirebbe. Quello che manca è una politica coerente per mantenere la foresta produttiva e valorizzarla dal punto di vista economico. Essa ha funzionato così e può continuare a funzionare. Fondamentalmente, il disboscamento dev'essere zero. Non bisogna più andare nella foresta per sviluppare l'allevamento, ma per sostenere le persone che vi abitano, che la capiscono più di chiunque altro e producono a partire da essa senza distruggerla".
3 maggio 2009
RIPARTIRE SEMPRE DA CRISTO
Nella foto: il nostro vescovo Dom Eugenio durante un incontro di confraternizzazione con il clero, uno dei rari momenti di relax nella sua agenda zeppa di impegni. Dom Eugenio, laureato in teologia catechetica, è rappresentante nazionale dei vescovi brasiliani per la catechesi. Siccome la CNBB ha promosso quest'anno come anno della catechesi, la sua presenza sarà molto sollecitata non solo nella nostra diocesi ma in tutto il paese. Da parecchio tempo il Magistero sottolinea la necessità della catechesi non solo per i ragazzi ma anche (anzi, soprattutto) per gli adulti. E' un'esigenza sempre più realistica e urgente, man mano che la società e la cultura percorrono un cammino distante e spesso divergente dal Vangelo, e la Chiesa rischia di seguirle. Noi battezziamo bambini dopo una preparazione sommaria dei genitori e padrini. Diamo la prima Eucaristia e la Cresima a ragazzetti e preadolescenti, dopo un breve periodo di catechismo. Non è fatto bene e non è sufficiente, tant'è vero che alla fine di questo periodo la maggior parte considera terminato il proprio impegno con la comunità cristiana e conclusa la propria formazione. Fanno la cresima e se ne vanno: è così in Italia, e sempre più spesso anche in Brasile.
Già il Concilio Vaticano II, nella Costituzione sulla Liturgia (par. 64), scriveva: "Si restauri il catecumenato degli adulti, distribuito in diverse tappe, la cui messa in pratica dipenderà dal giudizio del vescovo locale...." Non solo catechismo, perciò, ma addirittura un catecumenato: che significa un primo approccio, un "inizio dell'evangelizzazione" che faccia scattare la conversione, la decisione personale di aderire a Cristo e crescere come "creature nuove", discepoli e discepole di Gesù, che cercano di vivere "una nuova vita in Cristo". Siccome da ragazzi abbiamo ricevuto i sacramenti soprattutto per consuetudine, da grandi abbiamo bisogno di scoprire il loro senso e viverli come scelta di vita, riconoscendo Cristo come colui che ha parole che salvano. Come affermava il Vangelo di sabato scorso: "Tu solo hai parole di vita eterna" (Giov. 6, 69). Nonostante che i ripetuti interventi del Magistero abbiano martellato questa esigenza, il catecumenato e la catechesi degli adulti stentano a decollare. Continuiamo a contare su un grande numero di cattolici (un miliardo o forse più) che, nella maggior parte, non hanno ancora preso la decisione se vivere da battezzati oppure no. Senza questo passo, la decadenza della Chiesa è inevitabile. E' chiaro che questo non è possibile senza un dono di Dio. "Nessuno viene a me se non gli è concesso dal Padre" (Giov. 6, 65), ma sappiamo che il Padre lo concede, anzi, ci invita e si fa presente.
Qualcuno si accontenta di appartenere alla Chiesa visibile e osservarne (più o meno) i precetti, o fare una professione di fede formale. Ma la Chiesa visibile è storica, e corre essa stessa il rischio di perdere senso e credibilità trascurando l'eredità che Gesù Cristo le ha lasciato. C'è un problema di continuità. I teocon e i teodem vogliono la Chiesa e la sostengono, si candidano a suoi alleati: ma che Chiesa vogliono? Un cattolicesimo di regime, con un Vangelo assai annacquato. Staccata dalla propria origine, la Chiesa diventa una struttura, una istituzione religiosa tra le tante, e basta. Le tradizioni a volte sono bellissime, ma non salvano. Bisogna tornare sempre alle radici. San Giovanni Battista predicava: "Perfino da queste pietre Dio può suscitare figli di Abramo: convertitevi" (Mt. 3, 9). Siamo redenti perchè Gesù Cristo ha vissuto tutte le situazioni della vita umana dalla nascita fino alla morte in croce, in obbedienza al Padre, ed è risorto. Ha trasportato la vita e le relazioni umane su un altro piano. Ci ha aperto la strada per elevare la nostra condizione umana alla misura di Cristo, l'uomo perfetto che vive pienamente l'amore e costruisce un mondo secondo il cuore di Dio. Siamo veramente cristiani solo se rimaniamo sempre alla scuola di Gesù, del Gesù storico. E' un lavoro per tutta la vita. Non possiamo riassumere in una riga i Vangeli e il Nuovo Testamento, ma sicuramente, per ognuno di noi e per tutta la Chiesa, la speranza di non diventare adepti di una religione senz'anima sta nel rimanere sempre attaccati al filone delle origini, della testimonianza di Gesù e delle prime comunità cristiane. Quella è la nostra scuola.
Oggi più di ieri esistono parecchie comunità cristiane animate da questa adesione sincera a Gesù Cristo. A volte bastano poche persone, o una sola, come un fermento che fa lievitare tutto il gruppo. Vado a celebrare una messa in una comunità e sento intorno a me la presenza viva di quaranta o sessanta persone totalmente immedesimate nelle parole, nei gesti, nel mistero che stanno celebrando con me. Perchè c'è un'animatrice, e la vedo lì davanti, che crede, prega e canta con l'anima e il corpo. Cantano molto. S. Agostino scriveva: "Cantate con la voce, cantate con il cuore, cantate con le labbra, cantate con la vita" (sermo 34, dall'ufficio delle ore). In diverse altre comunità cantano solo con la voce, in altre nemmeno con quella. Facciamo una Chiesa che canti con la voce, le labbra, il cuore, la vita e pure la testa, e quella sarà una Chiesa che, dopo averci trasformati, trasformerà anche il mondo. Non prendete queste parole come un messaggio mio, ma di Cristo risorto e di questo tempo pasquale di cui siamo giunti alla quarta settimana.
Il vescovo Dom Eugenio è preoccupato anche per il seminario: il piatto piange, mancano i soldi. Ci abbiamo fatto anche un incontro regionale, per studiare come aiutarlo. Si prospetta una nuova tassa diocesana alle parrocchie, e sapete come le tasse sono simpatiche. Ogni seminarista costa circa 400 euro al mese. I finanziamenti da Modena sono diminuiti drasticamente: credo che sia anche giusto, perchè ci siamo abituati male. Non si può vivere sempre a spese di altre chiese. Dobbiamo organizzarci, per garantire la continuità. Ma se a qualcuno venisse in mente di farsi patrocinatore o benefattore, almeno provvisiorio, di un seminario con dieci candidati, si faccia vivo. Il problema finanziario delle diocesi e il problema delle vocazioni sono conseguenza della situazione di cui sopra: cerchiamo di preparare preti per una massa cattolica che segue la Chiesa ma non si sente Chiesa. Dal battesimo in poi c'è poco o niente. Le comunità vive vanno avanti anche se il prete si fa presente solo ogni tanto, per una messa o una lettura biblica, un ritiro spirituale. Le altre, se non c'è il prete non si riuniscono nemmeno: e non passa per la loro mente, se non altro, di offrire generosamente per la formazione di ragazzi che vogliono diventare preti.
E' la domenica del Buon Pastore, rivolgiamo il pensiero alle vocazioni poco propriamente chiamate "sacerdotali". Dico "poco propriamente", perchè il sacerdote per tradizione degli antichi era un intermediario tra Dio e l'umanità. Ma il vero e unico sacerdote del Nuovo Testamento è solo Gesù Cristo, e non abbiamo bisogno di altri intermediari. Tuttavia abbiamo i sacerdoti, o meglio, i "presbiteri". Scrive il teologo Paul Hoffmann: "Soprattutto Matteo (23, 8-12) ha definito la comunità cristiana come fraternità e ha proibito a quelli che in essa sono responsabili l'uso dell'autorità patriarcale e magisteriale: "Uno solo è il vostro Maestro e Guida: Gesù Cristo - uno solo è il vostro Padre: quello celeste - e tutti voi siete fratelli. Chi è maestro nella comunità rimane discepolo del Regno di Dio". (A herança de Jesus e o poder na Igreja). Non dimentichiamo, perciò, il sacerdozio fondamentale che viene dal battesimo ed è di tutti i battezzati, di tutta la comunità unita a Cristo. Cadranno molte foglie e rami secchi dall'albero, ma abbiamo un bel futuro davanti, se lavoriamo per fare in modo che tutti quelli che ricevono il battesimo si assumano come fratelli in una comunità tutta sacerdotale. La quale avrà sempre bisogno di "presbiteri" per mantenere l'unità, organizzare e curare l'approfondimento della fede: ma non ditemi che avrà problemi a trovarli! L'unico autentico problema di fondo è ripartire da Gesù Cristo.
Già il Concilio Vaticano II, nella Costituzione sulla Liturgia (par. 64), scriveva: "Si restauri il catecumenato degli adulti, distribuito in diverse tappe, la cui messa in pratica dipenderà dal giudizio del vescovo locale...." Non solo catechismo, perciò, ma addirittura un catecumenato: che significa un primo approccio, un "inizio dell'evangelizzazione" che faccia scattare la conversione, la decisione personale di aderire a Cristo e crescere come "creature nuove", discepoli e discepole di Gesù, che cercano di vivere "una nuova vita in Cristo". Siccome da ragazzi abbiamo ricevuto i sacramenti soprattutto per consuetudine, da grandi abbiamo bisogno di scoprire il loro senso e viverli come scelta di vita, riconoscendo Cristo come colui che ha parole che salvano. Come affermava il Vangelo di sabato scorso: "Tu solo hai parole di vita eterna" (Giov. 6, 69). Nonostante che i ripetuti interventi del Magistero abbiano martellato questa esigenza, il catecumenato e la catechesi degli adulti stentano a decollare. Continuiamo a contare su un grande numero di cattolici (un miliardo o forse più) che, nella maggior parte, non hanno ancora preso la decisione se vivere da battezzati oppure no. Senza questo passo, la decadenza della Chiesa è inevitabile. E' chiaro che questo non è possibile senza un dono di Dio. "Nessuno viene a me se non gli è concesso dal Padre" (Giov. 6, 65), ma sappiamo che il Padre lo concede, anzi, ci invita e si fa presente.
Qualcuno si accontenta di appartenere alla Chiesa visibile e osservarne (più o meno) i precetti, o fare una professione di fede formale. Ma la Chiesa visibile è storica, e corre essa stessa il rischio di perdere senso e credibilità trascurando l'eredità che Gesù Cristo le ha lasciato. C'è un problema di continuità. I teocon e i teodem vogliono la Chiesa e la sostengono, si candidano a suoi alleati: ma che Chiesa vogliono? Un cattolicesimo di regime, con un Vangelo assai annacquato. Staccata dalla propria origine, la Chiesa diventa una struttura, una istituzione religiosa tra le tante, e basta. Le tradizioni a volte sono bellissime, ma non salvano. Bisogna tornare sempre alle radici. San Giovanni Battista predicava: "Perfino da queste pietre Dio può suscitare figli di Abramo: convertitevi" (Mt. 3, 9). Siamo redenti perchè Gesù Cristo ha vissuto tutte le situazioni della vita umana dalla nascita fino alla morte in croce, in obbedienza al Padre, ed è risorto. Ha trasportato la vita e le relazioni umane su un altro piano. Ci ha aperto la strada per elevare la nostra condizione umana alla misura di Cristo, l'uomo perfetto che vive pienamente l'amore e costruisce un mondo secondo il cuore di Dio. Siamo veramente cristiani solo se rimaniamo sempre alla scuola di Gesù, del Gesù storico. E' un lavoro per tutta la vita. Non possiamo riassumere in una riga i Vangeli e il Nuovo Testamento, ma sicuramente, per ognuno di noi e per tutta la Chiesa, la speranza di non diventare adepti di una religione senz'anima sta nel rimanere sempre attaccati al filone delle origini, della testimonianza di Gesù e delle prime comunità cristiane. Quella è la nostra scuola.
Oggi più di ieri esistono parecchie comunità cristiane animate da questa adesione sincera a Gesù Cristo. A volte bastano poche persone, o una sola, come un fermento che fa lievitare tutto il gruppo. Vado a celebrare una messa in una comunità e sento intorno a me la presenza viva di quaranta o sessanta persone totalmente immedesimate nelle parole, nei gesti, nel mistero che stanno celebrando con me. Perchè c'è un'animatrice, e la vedo lì davanti, che crede, prega e canta con l'anima e il corpo. Cantano molto. S. Agostino scriveva: "Cantate con la voce, cantate con il cuore, cantate con le labbra, cantate con la vita" (sermo 34, dall'ufficio delle ore). In diverse altre comunità cantano solo con la voce, in altre nemmeno con quella. Facciamo una Chiesa che canti con la voce, le labbra, il cuore, la vita e pure la testa, e quella sarà una Chiesa che, dopo averci trasformati, trasformerà anche il mondo. Non prendete queste parole come un messaggio mio, ma di Cristo risorto e di questo tempo pasquale di cui siamo giunti alla quarta settimana.
Il vescovo Dom Eugenio è preoccupato anche per il seminario: il piatto piange, mancano i soldi. Ci abbiamo fatto anche un incontro regionale, per studiare come aiutarlo. Si prospetta una nuova tassa diocesana alle parrocchie, e sapete come le tasse sono simpatiche. Ogni seminarista costa circa 400 euro al mese. I finanziamenti da Modena sono diminuiti drasticamente: credo che sia anche giusto, perchè ci siamo abituati male. Non si può vivere sempre a spese di altre chiese. Dobbiamo organizzarci, per garantire la continuità. Ma se a qualcuno venisse in mente di farsi patrocinatore o benefattore, almeno provvisiorio, di un seminario con dieci candidati, si faccia vivo. Il problema finanziario delle diocesi e il problema delle vocazioni sono conseguenza della situazione di cui sopra: cerchiamo di preparare preti per una massa cattolica che segue la Chiesa ma non si sente Chiesa. Dal battesimo in poi c'è poco o niente. Le comunità vive vanno avanti anche se il prete si fa presente solo ogni tanto, per una messa o una lettura biblica, un ritiro spirituale. Le altre, se non c'è il prete non si riuniscono nemmeno: e non passa per la loro mente, se non altro, di offrire generosamente per la formazione di ragazzi che vogliono diventare preti.
E' la domenica del Buon Pastore, rivolgiamo il pensiero alle vocazioni poco propriamente chiamate "sacerdotali". Dico "poco propriamente", perchè il sacerdote per tradizione degli antichi era un intermediario tra Dio e l'umanità. Ma il vero e unico sacerdote del Nuovo Testamento è solo Gesù Cristo, e non abbiamo bisogno di altri intermediari. Tuttavia abbiamo i sacerdoti, o meglio, i "presbiteri". Scrive il teologo Paul Hoffmann: "Soprattutto Matteo (23, 8-12) ha definito la comunità cristiana come fraternità e ha proibito a quelli che in essa sono responsabili l'uso dell'autorità patriarcale e magisteriale: "Uno solo è il vostro Maestro e Guida: Gesù Cristo - uno solo è il vostro Padre: quello celeste - e tutti voi siete fratelli. Chi è maestro nella comunità rimane discepolo del Regno di Dio". (A herança de Jesus e o poder na Igreja). Non dimentichiamo, perciò, il sacerdozio fondamentale che viene dal battesimo ed è di tutti i battezzati, di tutta la comunità unita a Cristo. Cadranno molte foglie e rami secchi dall'albero, ma abbiamo un bel futuro davanti, se lavoriamo per fare in modo che tutti quelli che ricevono il battesimo si assumano come fratelli in una comunità tutta sacerdotale. La quale avrà sempre bisogno di "presbiteri" per mantenere l'unità, organizzare e curare l'approfondimento della fede: ma non ditemi che avrà problemi a trovarli! L'unico autentico problema di fondo è ripartire da Gesù Cristo.
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