27 marzo 2009

BIANCHI DAGLI OCCHI AZZURRI

Non ci sono soltanto crisi, disgrazie, polemiche su fine vita e altre sulle cose dalla cintola in giù. Ci sono i fiori, per esempio. A me piace coltivarli sulla porta di casa, assieme a un orticello. Guardate questa stranezza della natura, è una "stapelia variegata". Al mattino, o in qualche altra ora del giorno in cui mi fermo a leggere l'ufficio divino, contemplo le mie piantine. La sera accendo le luci esterne per riguardarle prima di andare a letto. L'orto, adesso, è una calamità: è stato invaso da una moltitudine di lumachine che l'hanno devastato. Le serate, adesso, sono molto belle e freschine specialmente quando piove. Io sto cenando spesso con pane e cachi, adesso che è la loro stagione: facevo così anche a Maserno.

Frase fatta: bisogna godersi le piccole cose della vita, nonostante tutti i problemi. Credo che Dio ami l'umanità pur sapendo di quanta bestialità e stupidità sia capace. Domenica scorsa, nella messa, c'era un brano del Vangelo di Giovanni in cui Gesù affermava: "Dio non ha inviato suo Figlio al mondo per condannare il mondo, ma affinchè il mondo sia salvo per mezzo di lui" (Giovanni, 3, 17). Il Vangelo non è un cappio da mettere al collo della gente per dire "fai quello che dico perchè qui comando io", ma una proposta di camminare dalla parte della gente e con la gente, soprattutto con chi ne ha più bisogno, cercando in ogni situazione, anche la più ingarbugliata, la strada indicata da Gesù. Almeno noi, cristiani e cattolici, scendiamo dalle cattedre e lasciamoci toccare dalla compassione. Condividiamo le situazioni difficili assieme alle piccole gioie e successi quotidiani della gente, diretti verso il Regno. Vorrei tutta la Chiesa con questo stile, ed è questo che ho imparato dalla Chiesa stessa: ma non mi illudo troppo, perchè l'istinto spinge a usare ogni cosa per salire sulle spalle altrui.

Anche questo mi ha dato soddisfazione: Lula, in un incontro ufficiale avvenuto ieri con autorità economiche del governo inglese, ha detto: "La crisi è stata provocata dai comportamente di persone bianche, con gli occhi azzurri, che davano a intendere di sapere tutto e poi hanno dimostrato di non sapere nulla". E all'obiezione di un giornalista ha ribadito: "Non ho ancora avuto notizia dell'esistenza di un banchiere negro o indio. E questi sono i popoli più esposti a soffrire le conseguenze della crisi". Ogni tanto faccio anch'io critiche molto severe a Lula, ma lui è aperto anche alle critiche, si sente amato, e sa presentarsi come uno che parla per la gente che ha eletto ed esprime le loro tribolazioni e i loro scatti di orgoglio.

Però torniamo ai problemi umani, che ci sono fin sulla porta di casa. Non li possiamo eludere. Alcuni ragazzi mi hanno detto: "Frequentiamo la "lan hause", perchè i professori ci danno le ricerche da fare in internet. Ma in quel posto c'è di tutto, una confusione, perfino traffico di droga". Qualche genitore si lamenta perfino di non potere portare i ragazzi in campagna a lavorare, che sarebbe un modo per tenerli lontani dal degrado e dai vizi. "La legge proibisce a un genitore di fare lavorare i figli!" In realtà non è esattamente così, tutto dipende dal tipo di lavoro. Quasi sempre il lavoro offerto ai minori ha connotazioni di schiavitù: li portano a lavorare a cottimo, per esempio raccogliere pomodori a pochi centesimi la cassetta. E anche quello non educa di certo. Ma nelle strade, dal punto di vista educativo, non è meglio. Drammi. Mettere sulla buona strada bambini e adolescenti è diventata una scommessa con la fortuna. A Recife hanno sparato a un prete di una Onlus che si dedicava a togliere bambini dalla strada (un prete spagnolo di 64 anni, ucciso con una fucilata la notte di giovedì 19 marzo, dentro alla sua macchina nel quartiere di Areias, a Recife). Come diceva ancora il Vangelo di domenica: "Chi pratica il male odia la luce e non si avvicina alla luce" (Giovanni, 3, 20). Anzi, le spara, per non essere denunciato.

L'unica speranza è che la gente guardi in faccia la propria situazione reale e si muova. Il quartiere ha bisogno di spirito di iniziativa delle singole famiglia, della comunità e dell'amministrazione pubblica per pensare e realizzare strutture educative. Abbiamo appena finito l'ampliamento dell'asilo, che già è un buon aiuto, e si presentano nuove necessità. Ma nessuno pensi che tutto si risolve coi soldi. Come scrisse il papa nel discorso di capodanno (giornata mondiale della pace: "Ci si arresta infatti spesso alle cause superficiali e strumentali della povertà, senza raggiungere quelle che albergano nel cuore umano, come l'avidità e la ristrettezza di orizzonti. I problemi dello sviluppo, degli aiuti e della cooperazione internazionale vengono affrontati talora senza un vero coinvolgimento delle persone, ma come questioni tecniche, che si esauriscono nella predisposizione di strutture, nella messa a punto di accordi tariffari, nello stanziamento di anonimi finanziamenti. La lotta alla povertà ha invece bisogno di uomini e donne che vivano in profondità la fraternità e siano capaci di accompagnare persone, famiglie e comunità in percorsi di autentico sviluppo umano". Io aggiungerei: "Ha bisogno soprattutto di suscitare l'iniziativa delle famiglie direttamente interessate, che devono diventare il soggetto, e non l'oggetto passivo, degli aiuti".

Non so se i miei lettori riescono a immaginare quanto sia importante per i poveri, a questo fine, la lettura biblica ed evangelica. Illuminando la vita con la luce della Parola di Dio, che i poveri capiscono meglio di chiunque altro per una sorta di identificazione innata, la speranza rinasce. E dalla speranza sboccia la voglia di agire. Purtroppo c'è il vizio, diffuso anche qui, di fare una lettura biblica astratta, fondamentalista e spiritualista, che fa allontanare lo sguardo dalla vita reale e porta a guardare solo il cielo. Per questo sono fondamentali i due poli della lettura biblica indicati dalla Teologia della Liberazione, che ormai anche il Papa usa normalmente nei suoi discorsi: "Parola e Vita: un occhio al Vangelo e l'altro alla gente, nelle sue situazioni concrete". L'ho constatato centinaia di volte: quando una comunità, alla luce del Vangelo, si accorge che la vita può essere migliore e Dio vuole che lo sia (perchè siamo suoi figli), rialza la testa e si mette in azione. E' un percorso chiaro e invitante, anche se non è facilissimo da percorrere. Il piano pastorale della Chiesa Brasiliana lo indica con queste parole chiave: una rete di comunità di discepoli di Gesù, con mentalità missionaria (cioè non chiusi dentro il proprio ghetto), e samaritana, che offre all'umanità il Vangelo come luce per uscire da qualunque tunnel tenebroso (anche la crisi).

Chi lotta, qualcosa ottiene. Abbiamo avuto, in questi giorni, la notizia che il Congresso Brasiliano, dopo anni di lotta degli indios di Raposa Serra do Sol (Stato di Roraima) ha approvato la demarcazione del loro territorio. Ce n'è voluta, ma hanno vinto contro i latifondisti, imprese straniere molto ricche, produttori di cereali in larga scala per l'esportazione. Bella notizia! Nemmeno noi sappiamo quanti preti brasiliani e missionari stranieri hanno sofferto con loro, per aiutarli. Io ho un amico francese, Padre Jacques Hausseau, che anni orsono lavorava insieme a me ad Itaberaì ed ora si trova a Boa Vista, capitale di Roraima. Egli mi raccontava, per posta elettronica, che spesso, al mattino, trovavano la cattedrale della città imbrattata di scritte contro i preti che difendevano gli indios. Ora, al Congresso, alcuni deputati hanno dichiarato: "Gli indios sono un patrimonio culturale del Brasile e dell'umanità".

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