18 marzo 2009

AL MASSIMO POSSIAMO DIVENTARE CRISTIANI


Le suore di cui vi ho parlato la volta scorsa sono queste. Anzi, solo due: Pacha e Carmen (quella al centro). Katiuska, la più giovane, è rimasta a casa per un'infezione gengivale. Nella riunione di preti e suore di Itaberaì, Pacha ha presentato la descrizione di uno dei quartieri più poveri e degradati della città: vi si moltiplicano i "botecos", sale che offrono alcoolici e video-games e intorno a cui brulica il traffico di droga e la prostituzione. Sono frequentati specialmente da giovani del centro, che così sfuggono al controllo dei familiari e conoscenti. Questo, però, provoca una emergenza educativa nel quartiere stesso. I ragazzi del quartiere crescono in questi vicoli, a contatto diretto col vizio e la malavita. E la religiosa chiede: "Che cosa possiamo fare, come Chiesa e parrocchia, per aiutare la gente del quartiere ad ottenere servizi educativi per i loro ragazzi minacciati dall'ambiente in cui vivono?" Risulta evidente che la missione è unire gli abitanti del quartiere per rivendicare strutture pubbliche con personale adeguato. La piccola comunità cattolica è già un fermento importante, ma ha bisogno di mobilitare la gente e anche le altre chiese cristiane. Non è appena una ipotesi teorica: esistono quartieri malfamati, in diverse capitali, che si sono trasformati in comunità sicure grazie all'impegno comune delle famiglie unite nelle varie "Comunità ecclesiali di base", con iniziative educative, manifestazioni pubbliche e rivendicazioni presso le autorità amministrative.

In questi giorni abbiamo avuto un'agenda piena di riunioni. La più importante di tutte è stata quella della "coordinazione diocesana", di cui fanno parte tutti i preti e suore, ma anche i laici coordinatori delle pastorali diocesane. In altre parole, sarebbe il Consiglio Pastorale Diocesano che c'è in Italia, solo che qui è un pò allargato (un centinaio di persone) ed è deliberativo, oltre che consultivo. Lo presiede il Vescovo. Il tema principale è stato quello della formazione, e abbiamo scelto per maggioranza di accentuare alcune caratteristiche fondamentali per tutti gli incontri formativi: dimensione biblica, liturgica, catechetica, missionaria e ministeriale. Non credo che una parola basti a far comprendere la grande abrangenza di questa scelta, ma pazienza. Il termine "ministeriale" significa che la chiesa diocesana punta a formare cristiani consapevoli del proprio sacerdozio battesimale, ed esercitarlo. Non per fare i mezzi preti o i galoppini del prete, ma per essere "sacerdoti" che lavorano per il Regno di Dio nella loro società, attraverso le attività di competenza dei laici e laiche: giustizia sociale, educazione, sicurezza pubblica, sanità, politica. Da notare che con questo non si fomenta l'integralismo cattolico: non vogliamo laici che combattono per sottomettere la società a leggi cattoliche, ma che si impegnano per la giustizia, la dignità delle persone, la libertà. In una parola, per il bene comune e dalla parte dei più deboli.

Non vorrei essere troppo trionfalista, ma ho l'impressione che questo sia uno stile di Chiesa che comincia a mettere radici solide anche in settori più tradizionalisti. E' una Chiesa locale in comunione con tutta la Chiesa, ma con questo volto. Si comprende che la Chiesa non è una forza politica che si confronta con gli Stati e col mondo e ne disputa il potere, ma un fermento per migliorare l'insieme "dal di dentro" e spingere l'umanità verso una maggiore giustizia e umanizzazione. A questo proposito, ho letto un bel libro che uso per gli incontri di studio dell'equipe che prepara i battesimi. Vi si afferma: "Il massimo che può arrivare ad essere, esistenzialmente, il papa, il vescovo, il prete, il diacono, ecc...è essere cristiano. Che è anche il massimo a cui può arrivare un laico, celibe o sposato. Lo scopo, per gli uni e per gli altri, per tutti, è essere cristiani. E di più: tanto essere papa, vescovo, prete, religioso/a, como essere laico/a, sposato/a, vedovo/a, celibe/nubile, non è altro che un mezzo per arrivare a essere cristiano. Come mezzo, può aiutare o ostacolare a raggiungere il fine, che è essere pienamente cristiano, discepolo di Gesù" (Sacramentos da iniciaçao Crista, Felix Moracho Galindo, Paulus, 1999.

Si comprende, così, perchè nella nostra coordinazione si è levata qualche voce di protesta: "I mezzi di comunicazione di massa trasmettono una immagine di Chiesa opposta alle scelte evangeliche della nostra Chiesa locale: una Chiesa ricca e potente, che cerca la visibilità e detta legge". E' vero. Non sono abbastanza informato per dire se questo avvenga per volere degli uomini di Chiesa o per una strategia della midia, ma il fatto è evidente. Noi crediamo di essere più fedeli al Vangelo perchè cerchiamo di essere fermento, sale, o uno spiraglio di luce e di speranza accanto agli uomini e donne che spesso si sentono come chi brancola nel buio: senza imporre nulla, rispettando il libero arbitrio e proponendo non le nostre persone, ma Gesù Cristo come maestro della vita in pienezza. Viviamo accanto a molte altre chiese e denominazioni religiose, e in quartieri dove c'è tanta povertà ma anche degrado ambientale e morale, e rifiutiamo lo scontro, il giudizio moralistico, la condanna. Non cerchiamo di fare della nostra Chiesa un'isola felice contrapposta al resto del mondo, ma solo camminare da fratelli in mezzo a tutti (occorrono tonache, per questo?) e dare una mano a migliorare il mondo di tutti.

A questo proposito, sono andato a rileggere pagine di un libretto che scrissi una ventina di anni fa per la diocesi di Goiàs, che raccontava la storia dei primi gruppi di Vangelo nei quali si lavorava, e non ho potuto fare a meno di entusiasmarmi pensando: "La nostra Chiesa, pure non senza incertezze ed errori, è stata fedele a sè stessa!" Infatti, nel libro, ho trovato la citazione di un discorso improvvisato di un bracciante della città di Goias che accoglieva i delegati di tutta la diocesi riuniti in Assemblea. Egli parlava in gergo popolare tentando di esprimere la gioia di avere scoperto Gesù e il Vangelo. Ve la traduco come conclusione di questa pagina: è pura poesia e fede.

"Noi stiamo accompagnando questo movimento e cerchiamo di vedere qual'è la nostra partecipazione ad un movimento che si spande e finisce per raggiungere tutta l'umanità. Oggi la nostra gioia è molto maggiore quando vediamo qualcosa che è nata dall'uomo, una cosa così bella come questa poesia in collegamento con Gesù. Al di sopra di tutto c'è Cristo. Nonostante sia grande la difficoltà di oggi, il vero e proprio soffocamento in cui si vive, davanti a una cosa così bella come questa poesia viene una gioia che supera tutto.
E' come se noi ci trovassimo sulla cima di un monte parlando all'umanità. Sono rimasto ammirato per la forma semplice di dire cose belle, con parole chiare, senza aver bisogno del dizionario.
Siamo venuti qui con grande speranza di incontrare almeno un piccolo cammino, perchè noi qui in città ci sentiamo come affogati in un fiume in piena. Ma solo di vedere tutta questa gente ci facciamo coraggio. A nome della gente di questa città, ringrazio tutti i presenti. Desidero che usciamo di qui disposti a contaminare tutta l'umanità con queste idee di rinnovamento del Vangelo".

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