Sabato e domenica la Diocesi di Goiàs ha riunito tutti i rappresentanti di base (una trentina di preti, una decina di suore e circa 70 laici e laiche). E' la consueta mini-assemblea trimestrale, che a fine anno diventa automaticamente una verifica dell'andamento delle attività nelle parrocchie e comunità. A me è toccato l'onere della relazione introduttiva: una analisi della "conjuntura" ecclesiale, cioè una panoramica generale della Chiesa nel momento attuale, a livello mondiale - ma focalizzando soprattutto la situazione brasiliana e locale. L'ho fatto senza vanto e senza offesa e mi pare di aver comunicato le cose giuste senza infierire. Alla fine ho notato che alcuni si aspettavano da me una posizione, diciamo così, più "aggressiva". Il materiale c'era, ma sono stato abbastanza saggio. Ho tenuto conto che lì c'era un sacco di gente del tutto innocente riguardo ai retroscena del mondo clericale. Lo scopo del mio intervento era di suscitare un dibattito per scegliere ciò che dovremo e potremo fare nella Chiesa locale, non provocare risse inconcludenti tra progressisti e conservatori. Paolo Richard, teologo centro-americano, scrive che il modello di Chiesa che ancora prevale si trova in uno stato di crisi irreversibile, per il quale non ci possiamo aspettare soluzioni per decreto. L'unica alternativa è lavorare per far crescere alla base una Chiesa-comunità di discepoli e discepole di Gesù che abbia come riferimento centrale il Vangelo. La ripresa è possibile solo ri-partendo dai "piccoli".
La società di oggi (post-moderna, come la chiamano) in Europa e America del Nord sembra provocare nei cattolici una fuga verso il passato, il ricorso a leggi dello Stato e alleanze con gli "atei devoti". E' paura, no? In questo modo si può ottenere qualche appoggio politico e alcuni finanziamenti. Non si frena certo la perdita di credibilità, che è la principale causa della crisi. La Chiesa di Gesù risplende ed è credibile solo con la "metanoia", come ci dice Isaia, il profeta di questo tempo di Avvento. Giovanni Battista predicava: convertitevi, perchè il Regno dei cieli è vicino". "Metanoia" è la parola greca usata nei Vangeli per indicare il cambiamento di mentalità, il pensare e agire secondo il Vangelo. La traduzione in lingue moderne dice semplicemente "convertitevi", ma il senso non è quello di convertirsi a una religione, bensì di cambiare la testa e il cuore, la nostra scala di valori. Ieri, a messa, ho chiesto alla gente: "Qual'è la cosa più importante nella vita, per voi? E' il denaro?" Tanti hanno fatto segno di no con la testa, e una giovane coppia ha detto a voce alta: "Neanche per sogno!" "Bene, allora non avete bisogno di convertirvi, almeno sotto questo aspetto". Una signora ha aggiunto: "Per me la cosa più importante è la salute!" "Ottimo, questo mi pare che piaccia anche a Dio". Il Vangelo di Marco, che era la lettura di ieri, non dice quali comportamenti bisogna cambiare. Luca, invece, dà alcune indicazioni precise: chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha, e smettetela di rubare, maltrattare il prossimo, calunniare, mentire, di essere avidi di denaro".
La nostra riunione di "Coordinamento Diocesano", riunita nel Centro Diocesano di Pastorale", ha recepito, discusso e trasformato in programma questo concetto: saremo autentici e credibili solo se ci faremo discepoli di Gesù Cristo. Perciò dobbiamo lavorare assiduamente per dare alle comunità ecclesiali di base una spiritualità e una formazione biblica, liturgica, ecclesiale e anche politica: perchè soltanto loro, che è gente tra la gente, hanno la possibilità di essere i missionari e missionarie che annunciano il Vangelo e trasmettono la fede. Per esempio: giovedì scorso ho "battezzato" il giovane Fabiano (vedi foto a destra). L'ho fatto "sub conditione", come si dice in gergo ecclesiastico, perchè aveva già ricevuto il Battesimo alcuni anni fa nella chiesa evangelica "Assemblea di Dio", che lo amministra validamente. Lui aveva fatto esattamente come tanti ragazzi cattolici, che vanno al catechismo costretti dai genitori, e dopo i sacramenti di iniziazione si liberano dagli impegni religiosi. Fabiano ha riscoperto Gesù Cristo incontrando un gruppo cattolico di giovani con cui si è sentito a proprio agio. Pare che stavolta abbia preso una decisione personale per tutta la vita. Gli ho infuso l'acqua solo per fare memoria del primo Battesimo (che, secondo l'uso degli evangelici, fu celebrato nel fiume!). Di nuovo gli ho dato solo l'unzione dei catecumeni, il "crisma", e la registrazione negli archivi parrocchiali. La stessa sera ha fatto la prima comunione insieme ad altri nove, che sono cattolici ma hanno una storia non molto diversa dalla sua. Ancora insieme, tra una quindicina di giorni riceveranno la Cresima dalle mani del vescovo.
Partendo da questo fatto che non è per niente isolato (in questi giorni in diverse comunità di periferia e campagna si celebrano Battesimi, Prime Eucaristie e Cresime di gruppi di adulti), potrei riprendere l'argomento su cui vi ho scritto alcuni giorni or sono: il sacerdozio battesimale. Nel caso citato si può dire "giovani che evangelizzano i giovani". Questo, forse, è un fenomeno tutto brasiliano: perchè dalle altre parti mi sa che la caratteristica dei gruppi giovanili parrocchiali sia di giocare all'oratorio e tenere occupati i cappellani (dove ci sono ancora). Ma non voglio trattare questo tema. Vorrei sottolineare, invece, come le profonde trasformazioni del mondo "post-moderno" abbiano anche dei risvolti positivi. E' vero che "il gregge" si è disperso parecchio (e questo vale per tutte le Chiese, non solo per la cattolica), ma è anche vero che adesso i pastori hanno a che fare con persone più decise a seguire Gesù Cristo e non con dei pecoroni come quelli che descriveva Dante Alighieri: "Quello che fa la prima e l'altre fanno". La Chiesa è sempre meno "massa" e sempre più "comunità" di individui che si trovano insieme per scelta personale. I giovanotti e papà e mamme che vedete nelle foto non sono di sicuro senza pecche: ma quando con-celebrano con noi fanno voglia a vederli.
Sicuramente è anche vero che i poveri, per la loro situazione strutturale, hanno una marcia in più nel capire e recepire il Vangelo. La crescita del Regno di Dio, regno di fraternità-pace-giustizia-liberazione degli oppressi", non è possibile senza fare i conti con loro. La "sete di acqua viva" di cui parla il Vangelo, tuttavia, non mi pare legata solo al potere acquisitivo. Mercoledì scorso ho celebrato in una fazenda in cui non ero mai andato. Lì il proprietario ha costruito una cappella in cui si riunisce tutto il vicinato. Non ho avuto l'impressione che la gente fosse lì in omaggio a lui perchè è più ricco. Ogni famiglia ha portato il suo vassoio di roba mangereccia per fare il consueto spuntino dopo la celebrazione. L'animatrice della comunità aveva preparato con cura il commento e i canti. Mi ha detto: "Noi abbiamo la nostra maniera, padre: all'inizio il fazendeiro fa l'accoglienza, poi leggiamo le intenzioni e lei comincia. La preghiera dei fedeli è libera". Credo che sia questo il piccolo segreto: hanno la loro maniera, e ci tengono a farla rispettare. Conoscono i loro diritti di battezzati. Cercano la comunione con tutta la Chiesa, ma guai a tentare di metterli al guinzaglio e togliere loro la soddisfazione di pensare con la propria testa. L'iniziativa di essere comunità-chiesa è cosa loro, un loro impegno personale con Gesù Cristo.
Per finire, permettetemi di segnalarvi due magnifici blog di don Augusto Fontana, un prete di Parma. Uno è http://giornoxgiorno.myblog.it/ che riporta la riflessione quotidiana del Vangelo delle comunità di un quartiere della città di Goias. L'altro è una sua presentazione della liturgia domenicale. Apriteli, forse vi piaceranno tanto che non li dimenticherete più.
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