30 ottobre 2008
FORUM AMBIENTALE E...FRUTTI DEL CERRADO
Questa sera abbiamo realizzato un forum ambientale nel salone della parrocchia. Si è discusso sui problemi più gravi della nostra regione: rifiuti a cielo aperto, inquinamento delle acque, zanzare e puzza, distruzione delle sorgenti, agrotossici....C'erano 150 persone, forse di più ma non facciamo la danza dei numeri come nelle manifestazioni dei partiti. Era presente anche il sindaco, che ha promesso di istituire un assessorato ambientale. Speriamo che il dibattito sia servito a smuovere le acque. Ho una bella foto di un salone pieno con alcune autorità sedute solennemente al tavolo centrale, ma ve la risparmio. Al suo posto, molto più adatte per un argomento come la preservazione della natura, vi passo due foto di una bella frutta tipica di questa stagione, e del suo alberello. E' la "pitanga do cerrado", che alcuni chiamano anche cereja (ciliegia).
Il "cerrado" è un tipo di savana tipica del Brasile centrale. All'apparenza è una landa deserta. In più, quasi ogni anno, è sottoposto alla devastazione del fuoco, qualche volta spontaneo e altre volte provocato volontariamente. Rifiorisce, tuttavia, ad ogni primavera. In ottobre e novembre offre una varietà straordinaria di piante dai frutti squisiti e anche belli a vedersi. Data la mia inclinazione a scorazzare per i boschi, non ho resistito alla tentazione di farne una sulle alture più prossime, nonostante un sole così impietoso che io mi scioglievo come un gelato. Così mi sono imbattuto in questa pianta che non vedevo da trent'anni. Una vecchia conoscenza quasi in via di estinzione. Quasi del tutto ignorata, ormai, anche tra i nativi. Ciò mette in evidenza quanto la vita moderna allontani i giovani dall'ambiente e dalle sue ricchezze, che poco a poco sono avviate verso la distruzione.
Alcune informazioni tecniche per i curiosi: la "pitanga do cerrado" (eugenia calycina) è un arbusto del genere "myrtacee", dicono i manuali. Non oltrepassa i due metri di altezza nel migliore dei casi, e cresce spontaneo su monti impervi, tra le rocce e il pietrame. Ha il gusto, più o meno, della ciliegia. Non capisco perchè non l'abbiano mai usato per formare siepi: possiede foglie bellissime, carnose e di un verde lucido. Il nocciolo è simile a quello della "pitanga comune" coltivata nei giardini, che però è meno dolce (vedi terza foto). Proverò a piantarla per verificare se ci sono problemi di riproduzione, ma non credo proprio, visto che resiste in zone quasi desertiche che, ogni anno, sopportano il passaggio del fuoco che non risparmia nemmeno un centimetro quadrato di montagna. So che qualche agricoltore anziano l'ha piantato nel suo podere con successo.
Così, con la storia della pitanga, ho tolto spazio all'argomento del Sinodo di Roma, che ovviamente è assai più importante. E' finito la settimana scorsa. La stampa l'ha ignorato (o è stata invitata a non parlarne, non so). Mi risulta che nel finale i "padri sinodali" hanno delegato al vescovo Franco Ravasi la stesura del documento finale (lungo), e di una sintesi (breve) per la gente. Gode di molto credito, perchè l'hanno approvato per acclamazione. Io vi trasmetto il riassunto della sintesi. Dice che la Bibbia ha una voce: la Parola di Dio, ossia la Rivelazione. Ha una casa: la Chiesa. Ha un volto: Gesù Cristo. Ed ha pure un cammino: la missione. Vi è piaciuta? Sono stato più schematico di Ravasi?
Naturalmente, sappiamo che la Bibbia è di casa anche altrove. Il Sinodo ha voluto mettere in risalto che noi cattolici la leggiamo in comunione con la Chiesa, ma non che non ci sia nulla da imparare dalla lettura degli altri. Credo che nel documento finale (quando ci arriverà) troveremo anche questo aspetto ecumenico, che i vescovi non trascurano mai. Quando guardo oltre il mio orto e il mio cancello, vedo leggere la Bibbia nella casa degli ebrei, degli evangelici di migliaia di chiese diverse, dei cristiani ortodossi, degli anglicani, di alcuni gruppi di spiritismo, di logge massoniche. Probabilmente la aprono anche alcuni mussulmani, buddisti, induisti (Gandhi amava il vangelo) e atei. Volendo credo si possa dire che la vera "casa" della Parola di Dio è tutto il mondo, e che la nostra Chiesa è una viandante inviata al mondo sulla via della missione. Per me l'importante è concentrarci sul volto di Gesù Cristo, che attraverso questa parola chiama tutti gli esseri umani a vivere da figli di Dio e da fratelli. Spesso arriviamo in una casa ad annunciare il vangelo e scopriamo che vi è arrivato prima di noi. O entriamo in casa di un cattolico e constatiamo che non l'ha ancora conosciuta. In definitiva il Sinodo non ha inventato cose nuove, ma ha sottolineato l'importanza della lettura biblica per noi cattolici, che in genere (soprattutto in Italia) ci siamo poco abituati.
25 ottobre 2008
LA STAGIONE DEL PEQUI'
Foto del giorno: pequi, un frutto della savana brasiliana (cerrado). Nome scientifico: caryocar brasiliense, per i pignoli. E' un interessantissimo frutto di bosco (del cerrado, cioè del bosco rado che è comune nelle zone montagnose e sassose), e cresce come pianta selvatica. Sta maturando in questo periodo, e quest'anno è molto abbondante. Lo si va a raccogliere a zonzo per i boschi, ma lo vendono anche per strada. Lo si usa bollito per insaporire il piatto di riso con la sua pasta gialla che circonda il nocciolo, oppure lo si rosicchia facendo attenzione a non morderlo, perchè il suo midollo è spinoso. A me e a padre Severino piace molto. La Vicentina e Maurizio non lo degnano di uno sguardo. Eligio, oggi, l'ho visto rosicchiarne uno e poi tentare di aprirlo col coltello per guardare dentro alla mandorla. Dal punto di vista botanico è una delle combinazioni più curiose della natura, con caratteristiche di leguminosa dai bellissimi fiori (vedi mimosa) e castagne (col riccio senza spine, ma le spine sono all'interno sotto la buccia, e la pasta è all'esterno). L'aspetto della castagna è simile a un torlo d'uovo.
Ieri l'altro, 23 ottobre, don Eligio ha compiuto 87 anni. Per evitare tutte le festicciole e complimenti che lo mettono in imbarazzo è sparito. E' andato a Goiania, la capitale, a fare un giro e curiosare nelle librerie cattoliche. Noi però gli abbiamo fatto il nostro omaggio in casa, durante la colazione. Mi hanno informato che anche Padre Turrini, dopo alcuni mesi passati in Italia, ha deciso di tornare nella sua Sena Madureira, nello Stato di Acre. Nonostante l'età e la salute non troppo buona (mi aveva detto che la congregazione gli chiedeva di fissarsi a Ronzano, sulle colline bolognesi), non ha resistito alla nostalgia di quella che ormai è la sua terra e la sua gente. Stessa cosa per don Francesco Cavazzuti di Carpi, che sta facendo i preparativi per tornare qui tra noi. Perchè si ritorna? Mistero. C'è qualcosa di speciale, qui? Non mi pare. Forse il motivo è lo stesso per cui i giovani si sposano e generano figli e figlie. Siamo tutti in cerca di amore e speranza, di credere nel futuro finchè siamo vivi, e di essere importanti per qualcuno! Questa è, almeno, la base umana. Senza sottovalutare ciò che Cristo costruisce su questa base: l'invito a farci suoi strumenti per annunciare il Vangelo in giro per il mondo.
Mercoledì ho celebrato in una casa accanto alla ditta Superfrango che puzza e infesta il vicinato di miliardi di zanzare. La gente ha commentato le letture in un clima di gioia. "Tentiamo di essere pieni di Dio e radicati nell'amore" ha riassunto Ana, la padrona di casa, parafrasando il brano di Paolo agli efesini. Domenica scorsa ho battezzato una ventina di bimbi dai tre mesi ai 6 anni, e una giovane sposa mi ha detto: "Lei ha battezzato me tanti anni fa, ho piacere che battezzi anche mio figlio. Conservo ancora la fotografia e, se lei è disposto, vorrei farne un'altra da conservare, ora". Martedì scorso ho partecipato a una lettura biblica di una comunità in cui ci sono stati conflitti e malumori, e una signora ha chiesto scusa per i suoi atteggiamenti poco fraterni e ha detto: "Abbiamo dei limiti, siamo umani, ed io sento il bisogno di pregare tutti i momenti affinchè lo Spirito Santo mi mantenga umile e mite". Forse è tutta qui l'attrattiva di questo popolo: lontani dall'altalena delle Borse e dai drammoni del benessere, è più predisposto all'amicizia e alla fede. Non tutti, naturalmente: non facciamoci illusioni!
A Itaberaì c'è perfino una famiglia di svizzeri: il capo si chiama Martin Meyer e possiede una bella fazenda. Stasera ho celebrato la messa nel suo capannone, assieme a una sessantina di contadini del vicinato. Molti bimbi e adolescenti. La mamma del fazendeiro, vedova da qualche anno, parla ancora quasi solo tedesco, ma ha partecipato perchè (mi ha detto lei, ammesso che io abbia capito) l'importante è che sia presente Cristo. Il figlio studente, invece, ha fatto la lettura....Lui è già di seconda generazione e differisce dai coetanei brasiliani solo nell'aspetto fisico, un poco. Una bella messa, con molto canto nonostante qualche stonatura. Alla fine Martin, seguito da un gruppo di ragazzi e dalla sua sposa, hanno servito brioches e guaranà a tutti.
Dal Sinodo, il vescovo questa volta non ci ha mandato la sua solita letterina di famiglia, ma quattro pagine del suo intervento e altre sei dense di annotazioni. Pesantissime! Me ne guardo bene dal pubblicarlo. Cito solo una frase, stralciata dai suoi scritti, che mi è piaciuta più di ogni altra: "Buona notizia per i poveri: la Bibbia entra nella vita della gente per un'altra porta. Non per la porta dell'imposizione autoritaria, ma per quella dell'esperienza personale e comunitaria. Essa si fa presente non come un libro che impone una dottrina dall'alto al basso, ma come una Buona Notizia che rivela la presenza liberatrice di Dio nella vita e nella lotta del popolo. Quelli che partecipano ai gruppi biblici, si fanno carico essi stessi di divulgare questa Buona Notizia e attirano altre persone a partecipare. "Venite a vedere un uomo che mi ha raccontato tutta la mia vita"! (Giov. 4, 29).
20 ottobre 2008
IL GIORNO DELL'APARTHEID
Sabato scorso il nostro parroco, Padre Severino, è andato a Brasilia ad una riunione regionale delle Comunità ecclesiali di base. Ha accompagnato il gruppo di rappresentanti di base della nostra diocesi. Nella prima foto lo vedete in camicia bianca in un gruppo di studio delle comunità di Itaberaì, che sono tante: una cinquantina almeno. Non sono gruppi di elite: sono persone alla scuola del Vangelo. Si sforzano di portare la lezione del Vangelo nella propria vita di tutti i giorni e, per quanto possibile, nella vita del loro quartiere e città. Gli animatori delle comunità di base della nostra parrocchia si riuniscno una volta al mese, per una sera perchè, appunto, sono comunità. Comunità ecclesiale significa "confrontare la vita col Vangelo", ma anche "confrontarci tra di noi e camminare insieme, passo a passo, lasciandoci educare a vicenda".
Nella seconda foto ci sono altri due gruppi dello stesso incontro, in uno dei quali ci sono anch'io: l'ho messa per farvi vedere anche la mia faccia, e farvi sapere che partecipo con entusiasmo di questo movimento. Le Comunità ecclesiali di base sono il percorso che la Chiesa di tutta l'America Latina, in assemblea di Vescovi (Aparecida do Norte, maggio 2007) ha scelto per evangelizzare e convertire anche sè stessa.... Lì si impara attraverso la pratica, tra l'altro, che un essere umano cresce in umanità (e come figlio di Dio) educandosi ad accogliere gli altri ed essere accolto. E' l'unica maniera di essere veramente liberi, evitando la lotta per dominare o la rassegnazione a lasciarsi dominare. Che è, tutt'ora, il modo più comune di vivere della gente e dei rapporti tra persone, classi sociali, istituzioni, paesi. Abbiamo ancora molta strada da fare per ottenere il diritto di vantarci di essere paesi cristiani, o anche solo "chiese cristiane".
In Italia, per esempio, sembra che siamo tornati ai tempi dell'Apartheid. Selia, infermiera in una casa per anziani di Brasilia, mi ha scritto un messaggio: "E' vero che in Italia fanno classi separate per i bambini italiani e quelli stranieri? Io pensavo che là ci fosse una scuola pubblica di alto livello. E' ripugnante!" Infatti, che idea separare, a forza, i bambini della scuola! Una scuola che si propone di educare non alla vita in comunità (locale, nazionale o mondiale), ma alla segregazione. E' un percorso non solo contrario alla nostra fede, ma al senso stesso di "educazione". Per fortuna, per il momento, si tratta solo di una mozione, che forse non farà storia: una storia di cui, prima o poi, dovremmo tutti vergognarci. In ogni caso, è stata votata dal Parlamento. Con 20 voti di scarto, il chè non è molto, visto che il governo avrebbe una maggioranza di più di 70 voti. E' un brutto segnale. Sarà meglio manifestare ripudio e frenare questa deriva che porterebbe l'Italia, sempre più, verso la barbarie. Da un articolo di Furio Colombo che ho ricevuto da amici, ho copiato il titolo del post. Ve ne pubblico anche qualche stralcio, che riporta interventi in Parlamento contro o a favore della mozione. I "segregati", in un modo o nell'altro, sono tutti dei "Bartimeo", colui che i discepoli di Gesù volevano segregare e Gesù liberò: perciò la loro difesa deve trovare posto in questo blog.
"Un evento triste e squallido è avvenuto nella Camera dei Deputati nei giorni 8 e 9 ottobre quando la maggioranza di governo, guidata dalla Lega, ha proposto e fatto approvare una odiosa mozione che chiede la separazione e segregazione dei bambini immigrati nelle scuole italiane. È giusto che ci sia memoria di questo tragico evento e perciò trascrivo qui alcune parti dei verbali d’Aula di quelle sedute. On. Niccolò Cristaldi (Pdl-An): «Signor Presidente, onorevoli colleghi, io non parteciperò a questa votazione (mozione Cota, Lega nord, sulla segregazione dei bambini immigrati nelle scuole italiane, ndr) perché non ne condivido le ragioni politiche. Non condivido il contenuto della mozione della maggioranza perché sono nato e cresciuto in una città, Mazara del Vallo, nella quale il venti per cento della popolazione è mussulmana».
«La mia è una città dove l’integrazione non si è decisa con una legge né con mozioni come questa. Si è decisa attraverso il rispetto delle diverse culture, attraverso l’amicizia tra i popoli, che si è instaurata partendo da situazioni drammatiche che hanno visto tanta gente venire nella mia città per cercare lavoro. Abbiamo scambiato attività culturali, insegnando molte cose della nostra cultura occidentale, imparando a inginocchiarci davanti ai grandi musei che ci sono in Tunisia, in Marocco, nei Paesi del Maghreb e in tutto quel mondo. Non posso condividere - e come me altri deputati della maggioranza - il contenuto della mozione presentata dalla Lega Nord. Per cui abbandono l’aula e insieme a me alcuni altri deputati». (Camera dei deputati, 9 ottobre ore 19.05, applausi dei deputati del Partito democratico).
On. Mario Pepe (Pdl): «Signor Presidente, vorrei ricordare agli amici della Lega che il Duca d’Aosta, quando era Governatore della Somalia emise un editto che impediva ai bambini indigeni di frequentare le scuole italiane, se prima non avevano imparato l’italiano. Oggi il popolo somalo si divide in due categorie: quelli che hanno un fucile e quelli che non ce l’hanno. Mi auguro che questo non sia il futuro dell’Italia. Per questo io voterò contro questa mozione». (Camera dei deputati, 9 ottobre ore 19.09, applausi dei deputati del Partito democratico). Emanuele Fiano, (Pd): «Signor Presidente, nella mia famiglia abbiamo saputo sessant’anni fa che cosa significa essere scacciati dalle classi delle scuole del regno, in quanto ebrei. Non userò questo argomento per rispondere agli argomenti della Lega Nord Padania. Urla dei deputati della Lega Nord Padania). Parlo di oggi, di voi. Penso che sia profondamente sbagliato proporre una separazione dei bambini per risolvere il problema della integrazione, spezzare una comunità che vive e cresce insieme. Le «classi differenziate» sono la risposta sbagliata. L’integrazione si fa insieme. (Camera dei deputati, 9 ottobre ore 19.15, applausi dei deputati del Partito democratico, grida e urla della Lega Nord e del Pdl).
On. Piero Fassino (Pd): «Signor presidente, mi rivolgo all’onorevole Cota (capogruppo Lega Nord Padania alla Camera dei deputati, ndr) e a tutti i colleghi. Vi voglio raccontare un episodio vero che ci può illuminare. Un mio amico ha un bambino di sette anni che frequenta una seconda elementare per metà costituita da bambini extracomunitari. Il suo compagno di banco è il suo amico del cuore. A casa racconta ai genitori che «con Emanuel abbiamo fatto questo, abbiamo fatto quello, siamo andati qui e siamo andati là». Un giorno il padre del bambino italiano lo va a prendere a scuola e quando i bambini escono chiede per curiosità al figlio: chi è Emanuel? Il figlio si volta e indica: “eccolo là, quello col maglione rosso”. Non gli viene in mente di dire: «Quello con la pelle scura». «Con il provvedimento che vi apprestate a farci votare voi state producendo una regressione culturale che mette in discussione i principi di uguaglianza tra gli uomini. E fate una cosa ancora più grave: introducete la discriminazione, quella moralmente più abbietta: discriminate tra i bambini, tra i più piccoli». (Camera dei deputati, 9 ottobre ore 19.20, prolungati applausi dei deputati del Partito democratico, di Italia dei Valori, del gruppo di Unione di Centro).
On Gianluca Galletti (Udc): «Signor presidente, devo dire che chi ha redatto la mozione, ne ha dato l’interpretazione autentica (si riferisce al deputato Cota, capogruppo Lega Nord Padania, che ha illustrato la mozione in aula, ndr). Dopo averlo ascoltato, noi siamo certi di non voler avere nelle nostre scuole, allievi di serie A e allievi di serie B. Ci sembra, invece, che l’obiettivo della mozione in esame sia proprio questo. Per tale ragione, dichiaro il voto contrario del nostro gruppo». (Camera dei deputati, 9 ottobre ore 19.30, applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito democratico.
On. Valentina Aprea (Pdl): «Signor presidente, vi assicuro che questa mozione è attesa dai docenti della scuola italiana, da quei docenti, onorevole Fassino, dove l’inserimento degli alunni stranieri avviene in modo selvaggio. (Camera dei deputati, 9 ottobre ore 20.00, proteste del Partito democratico, applausi dei deputati del gruppi Pdl, ovazioni dei deputati Lega Nord Padania). «No, no, no!» (Furio Colombo, Pd, Camera dei deputati, 9 ottobre ore 20.05 grida e urla dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Furio Colombo: «Signor presidente, devo dirle a nome dei miei colleghi (spero di parlare a nome di tanti miei colleghi) che sono contento di intervenire in questo momento, in quest’aula vuota. Evito agli altri deputati di provare l’umiliazione che provo io ascoltando la presentazione di questa mozione della Lega Nord Padania che intende istituire scuole segregate per bambini immigrati, le scuole contro cui si è battuto Martin Luther King in Mississippi e Alabama 45 anni fa. Si è battuto, e ha vinto. Ma i miei colleghi si sono risparmiati l’angoscia di guardare verso i banchi della Lega e di domandarsi, dopo aver ascoltato l’elogio della scuola segregata: «Ma questi sono i miei colleghi? Facciamo lo stesso lavoro? Condividiamo lo stesso Parlamento? Siamo stati eletti dallo stesso popolo?».
Presidente: «Onorevole Colombo, in questa Camera tutti sono altrettanto onorevoli». Colombo: «No, presidente. Devo esprimere il mio sentimento di umiliazione». Presidente: «A termini di regolamento lei non può offendere un suo collega». Colombo: «Mi dica, presidente, qual è l’espressione offensiva?».
Presidente: «L’espressione offensiva è quando lei dice che si vergogna di...».
Colombo: «Ho detto che mi sento umiliato nel giorno della apartheid della scuola italiana e ho diritto di dirlo perché è il mio sentimento».
Presidente: «Mi pare che tale espressione sia l’equivalente di “mi vergogno”». Colombo: «Signor presidente, Matteotti si è sentito umiliato di fronte a ciò che aveva ascoltato in quest’aula. Ripensi per un momento al dibattito al quale oggi in questa Camera abbiamo assistito. Viviamo in un mondo in cui sta per essere eletto presidente degli Stati Uniti un nero, figlio di un immigrato di origine kenyota, educato nelle scuole americane dove nessuno lo ha separato (non più, dopo il movimento per i diritti civili di Martin Luther King) dagli altri bambini. Ed è diventato uno dei più brillanti giuristi, poi uno dei più importanti senatori, poi uno dei più carismatici candidati alla presidenza degli Stati Uniti che quel paese abbia mai avuto.
Era il 1788. Qui, oggi, nell’anno 2008, si propone di isolare i bambini immigrati in corridoi chiusi come se fossero portatori di malattie infettive. Prevedo e temo che questa ignobile mozione non sarà respinta. Perciò mi unisco alla umiliazione di molti colleghi di Alleanza nazionale e di ciò che resta di Forza Italia che dovranno votare questa mozione fondata su separazione, apartheid, xenofobia, razzismo» Camera dei deputati, 8 ottobre 2008, ore 22; presiedeva il vice presidente della Camera Buttiglione).
Nota: La mozione di apartheid per i bambini immigrati è stata votata la sera del 9 ottobre 2008 e ha ottenuto l’approvazione della Camera dei Deputati con soli venti voti in più per la maggioranza. Il margine di differenza fra maggioranza e opposizione alla Camera è di settanta voti.
È utile ricordare che una mozione non è una legge ma un «indirizzo» o suggerimento al governo. La sua votazione non significa automaticamente accettazione ed esecuzione da parte del governo. Perciò è necessario che l’opposizione contro l’apartheid continui in tutte le occasioni, in tutte le sedi, a tutti i livelli. Le manifestazioni di protesta nella scuola in questi giorni sono il luogo e il momento giusto: studenti e docenti contro l’apartheid di Bossi-Cota-Borghezio-Maroni. Tutta la scuola italiana in difesa dei bambini immigrati.
15 ottobre 2008
IL GEMITO DELLA NATURA - E NOTIZIE DAL SINODO DI ROMA
Questa settimana abbiamo vissuto tanti momenti interessanti. Sarei contento di poterveli comunicare tutti, ma mi dilungherei. Vi ricorderò brevemente: 1) un incontro "rigeneratore" con gli animatori delle comunità del quartiere Fernanda Park, che cercano un cammino di ripresa dell'antico fervore partendo dalla lettura dell'Apocalisse (lettera alla comunità di Efeso). 2) L'inizio della campagna di firme per una legge popolare che impedisca ai candidati condannati in prima istanza di ri-candidatarsi alle elezioni politiche. 3) La formazione iniziale di una commissione della cittadinanza, per seguire da vicino l'operato del neo-eletto consiglio comunale, per evitare che agisca contro gli interessi dei cittadini.
E' pure arrivata una coppia di sposi modenesi (Riccardo ed Elena, di Fiorano), in viaggio di nozze: per conoscere la realtà dei più poveri. Nella foto li vedete tra i bimbi dell'asilo San Francesco, dove, fra le altre cose, hanno dedicato un buon tempo a temperare matite. Un lavoro importantissimo anzi essenziale, in mezzo a una classe di bimbi piccolissimi che stanno disegnando ragni, case, bambini, cani, eccetera...E vedete, nella seconda foto, la loro gioia di ricevere una visita....e essere fotografati.
Ora vi passo una riflessione tratta (E TRADOTTA) liberamente dal sito di Padre Dario, che a sua volta si è ispirato al testo “Toda a criação geme...”, RIBLA 21. Padre Dario è un missionario comboniano (italiano), molto conosciuto in Italia tra i giovani delle "carovane per la pace" in diverse città, e che lavora attualmente in Amazzonia. Pubblica un blog molto bello. In fondo a questo post trovate il link per aprire il suo sito, che è: http://www.padredario.blogspot.com SCRITTO IN PORTOGHESE-BRASILIANO).
Nella Bibbia ci sono due gemiti forti, che perfino Dio stenta a consolare. Uno è il gemito di Giobbe ( e di ogni persona come lui) che si lamenta delle sue sofferenze, miseria, malattia ed esclusione sociale, e cerca avidamente condizioni migliori. L'altro, è quello del creato che geme per la violenza che lo assedia e della morte definitiva che lo minaccia.
L'attuale sistema economico crea un conflitto tra queste due grida, e mette in competizione gli interessi delle persone e quelli della natura. Il posto di lavoro é messo in conflitto con la preservazione ambientali. Ad ogni nuova "grande opera", la parola magica che libera gli imprenditori da qualsiasi licenza ambientale è la promessa di centinaia di nuovi posti di lavoro...anche se, poi, non sempre la promessa è mantenuta. Così, la difesa della natura finisce per essere considerata nemica del progresso e dello sviluppo.
Giobbe cerca una vita piena e abbondante. I suoi interessi sono accontentati nei paesi dello sviluppo. La natura invece continua gridando da lontano, nei paesi-deposito più poveri del mondo. Giobbe si sente completamente innocente e in diritto di gridare contro Dio, e il Signore gli dà ragione: "Se tu guardi solo il tuo orizzonte personale, tu hai pienamente diritto di lamentarti. Ma calmati un momento, e ascolta anche altre grida: il clamore della natura, delle masse povere, del sistema squilibrato che sta andando a rotoli. Comincia ad armonizzare le tue necessità con quelle di tutto il creato!" E' questo il senso del bellissimo poema con cui Dio riesce ad ammansire Giobbe: (Giobbe 38-42).
Chi è il padre della pioggia e della rugiada?
Chi è la madre del ghiaccio e della brina?
Chi trasforma l'acqua in pietra
e rende compatta la superficie dell'oceano? .
Puoi tu dare ordini alle nubi
affinchè scendano su di te gli aquazzoni?
Manda a chiamare i fulmini,
e loro vengono a dirti: "Ecco, siamo qui”?...
Giobbe, che prima si sentiva vittima innocente e unico depositario del diritto alla compassione di Dio, apre gli occhi e dichiara umilmente: “Ho parlato, senza capire, di meraviglie che superano la mia comprensione" (Giobbe, 42, 3). Il nostro piccolo uomo sta cominciando a pensare col cuore grande di Dio. Include tra i suoi sentimenti le sofferenze e le aspirazioni della vita maggiore che lo circonda. Si mette in sintonia col creato. Ha superato il conflitto tra gli interessi individuali e il bene maggiore di tutto ciò che esiste.
Chi ci aiuterà a vivere, come società e individualmente, questa conversione di Giobbe? Sicuramente non le grandi multinazionali, potenti propagandiste della loro teologia personale. Esse vogliono definire dall'alto al basso ciò che è sostentabile, verde e puro. Ma "le vittime sono sempre locali" (Vandana Shiva). É lá in basso che si possiede la nozione giusta dell'impatto di ciascun progetto. Da tempo, Dio ha cambiato posto! Non ci occorre più qualcuno là in alto che ci dica ciò che è bene o male. Non crediamo che la verità stia semplicemente nella versione più diffusa dei fatti. Non ci fidiamo dei potenti mezzi di comunicazione che addormentano le coscienze.
“La verità è nelle vittime” (Jon Sobrino) e Dio ha scelto questo unico posto di interpretazione della realtà! Perciò, una nuova teologia della terra può nascere solo dalle ferite delle vittime, lasciando parlare i corpi contusi e ascoltando il gemito del creato, dal basso. Il Vangelo rivela che Cristo risorto porta con sè le ferite della croce....ed è esattamente da quelle ferite che Tommaso riconosce il suo Signore. Le ferite della terra e della gente sono il Corpo di Cristo violato, punto di partenza per una riflessione permanente sulla Vita e la Risurrezione possibile.
Siamo all'inizio di una nuova creazione, se lo vogliamo. Dipende da noi, come sottolinea Ivone Guebara: “La terra è informe e l'oscurità la ricopre... Ci troviamo al principio. Il disordine e la violenza imperano e non si conoscono più i percorsi della terra fertile, delle acque pulite, del canto degli uccelli variopinti, delle stelle che brillano nel firmamento, della luce abbagliante del sole, della luna piena argentata, del sorriso soddisfatto degli esseri umani. Siamo all'inizio, nel principio caotico di ogni cosa, nel principio-fine dell'eterno oggi di tutto il creato".
E adesso un'altra lettera del nostro vescovo che scrive dal Sinodo di Roma. Non posso non pubblicarla, anche se per voi lettori la pagina diventerà un pò pesante.
"Cari operatori pastorali: io mi trovo a Roma, al Sinodo, già da una settimana. L'esperienza è ottima. Gli incontri con altri vescovi sono molto ricchi. Venerdì scorso ho avuto lo spazio per fare il mio intervento. Ho parlato della catechesi e della Bibbia. Ho insistito sul fatto che le Sacre Scritture sono il primo libro di catechismo. Ho parlato dell'importanza della Lettura Orante della Bibbia e di una catechesi più celebrativa. Ho commentato anche la necessità di una formazione religiosa che unisca fede e vita, una catechesi impegnata.
Ieri ho fatto l'omelia nel Sinodo, nella preghiera del mattino. Il testo era quello del Levitico:"Siate santi come il vostro Padre è santo". La santità è un dono di Dio che si riceve man mano che ci si apre alla grazia di Dio. Non esiste santità senza misericordia. Santifichiamo le nostre vite quando permettiamo al poveri di entrare nella nostra vita stessa.
Mi sono già incontrato con Carlos MESTERS e Ourofino.Abbiamo avuto una buona conversazione sulla lettura popolare della Bibbia e le comunità ecclesiali di base. Stiamo tentando di fissare una riunione con loro e i vescovi dell'America Latina.
Questo fine settimana sono stato a Modena e Milano, dove mi sono incontrato con diversi preti amici della diocesi di Goias,come il padre Isacco e il padre Arrigo. A Milano ho fatto una conferenza per un gruppo di amici dell'ospedale di Ceres. Il prossimo fine settimana andrò a trovare Padre Lira a Volterra. Ho messo in agenda anche un incontro con suor Zenaide, che tra l'altro ha avuto la bontà di venirmi a prendere all'aeroporto.
Ecco alcune altre perle del Sinodo: - La Bibbia dev'essere un messaggio di speranza per i poveri. - Tutta la Pastorale deve partire dall'animazione biblica. - Abbiamo bisogno di andare incontro a quelli che non riescono a vedere Gesù - Se evangelizziamo, dobbiamo anche lasciarci evangelizzare.
Rimango in comunione con voi e ho pregato ieri sulla tomba di SAN PAULO, per la diocesi. Un abbraccio. Dom Eugenio Rixen - Bispo de Goias.
Padre Dario, link:
E' pure arrivata una coppia di sposi modenesi (Riccardo ed Elena, di Fiorano), in viaggio di nozze: per conoscere la realtà dei più poveri. Nella foto li vedete tra i bimbi dell'asilo San Francesco, dove, fra le altre cose, hanno dedicato un buon tempo a temperare matite. Un lavoro importantissimo anzi essenziale, in mezzo a una classe di bimbi piccolissimi che stanno disegnando ragni, case, bambini, cani, eccetera...E vedete, nella seconda foto, la loro gioia di ricevere una visita....e essere fotografati.
Ora vi passo una riflessione tratta (E TRADOTTA) liberamente dal sito di Padre Dario, che a sua volta si è ispirato al testo “Toda a criação geme...”, RIBLA 21. Padre Dario è un missionario comboniano (italiano), molto conosciuto in Italia tra i giovani delle "carovane per la pace" in diverse città, e che lavora attualmente in Amazzonia. Pubblica un blog molto bello. In fondo a questo post trovate il link per aprire il suo sito, che è: http://www.padredario.blogspot.com SCRITTO IN PORTOGHESE-BRASILIANO).
Nella Bibbia ci sono due gemiti forti, che perfino Dio stenta a consolare. Uno è il gemito di Giobbe ( e di ogni persona come lui) che si lamenta delle sue sofferenze, miseria, malattia ed esclusione sociale, e cerca avidamente condizioni migliori. L'altro, è quello del creato che geme per la violenza che lo assedia e della morte definitiva che lo minaccia.
L'attuale sistema economico crea un conflitto tra queste due grida, e mette in competizione gli interessi delle persone e quelli della natura. Il posto di lavoro é messo in conflitto con la preservazione ambientali. Ad ogni nuova "grande opera", la parola magica che libera gli imprenditori da qualsiasi licenza ambientale è la promessa di centinaia di nuovi posti di lavoro...anche se, poi, non sempre la promessa è mantenuta. Così, la difesa della natura finisce per essere considerata nemica del progresso e dello sviluppo.
Giobbe cerca una vita piena e abbondante. I suoi interessi sono accontentati nei paesi dello sviluppo. La natura invece continua gridando da lontano, nei paesi-deposito più poveri del mondo. Giobbe si sente completamente innocente e in diritto di gridare contro Dio, e il Signore gli dà ragione: "Se tu guardi solo il tuo orizzonte personale, tu hai pienamente diritto di lamentarti. Ma calmati un momento, e ascolta anche altre grida: il clamore della natura, delle masse povere, del sistema squilibrato che sta andando a rotoli. Comincia ad armonizzare le tue necessità con quelle di tutto il creato!" E' questo il senso del bellissimo poema con cui Dio riesce ad ammansire Giobbe: (Giobbe 38-42).
Chi è il padre della pioggia e della rugiada?
Chi è la madre del ghiaccio e della brina?
Chi trasforma l'acqua in pietra
e rende compatta la superficie dell'oceano? .
Puoi tu dare ordini alle nubi
affinchè scendano su di te gli aquazzoni?
Manda a chiamare i fulmini,
e loro vengono a dirti: "Ecco, siamo qui”?...
Giobbe, che prima si sentiva vittima innocente e unico depositario del diritto alla compassione di Dio, apre gli occhi e dichiara umilmente: “Ho parlato, senza capire, di meraviglie che superano la mia comprensione" (Giobbe, 42, 3). Il nostro piccolo uomo sta cominciando a pensare col cuore grande di Dio. Include tra i suoi sentimenti le sofferenze e le aspirazioni della vita maggiore che lo circonda. Si mette in sintonia col creato. Ha superato il conflitto tra gli interessi individuali e il bene maggiore di tutto ciò che esiste.
Chi ci aiuterà a vivere, come società e individualmente, questa conversione di Giobbe? Sicuramente non le grandi multinazionali, potenti propagandiste della loro teologia personale. Esse vogliono definire dall'alto al basso ciò che è sostentabile, verde e puro. Ma "le vittime sono sempre locali" (Vandana Shiva). É lá in basso che si possiede la nozione giusta dell'impatto di ciascun progetto. Da tempo, Dio ha cambiato posto! Non ci occorre più qualcuno là in alto che ci dica ciò che è bene o male. Non crediamo che la verità stia semplicemente nella versione più diffusa dei fatti. Non ci fidiamo dei potenti mezzi di comunicazione che addormentano le coscienze.
“La verità è nelle vittime” (Jon Sobrino) e Dio ha scelto questo unico posto di interpretazione della realtà! Perciò, una nuova teologia della terra può nascere solo dalle ferite delle vittime, lasciando parlare i corpi contusi e ascoltando il gemito del creato, dal basso. Il Vangelo rivela che Cristo risorto porta con sè le ferite della croce....ed è esattamente da quelle ferite che Tommaso riconosce il suo Signore. Le ferite della terra e della gente sono il Corpo di Cristo violato, punto di partenza per una riflessione permanente sulla Vita e la Risurrezione possibile.
Siamo all'inizio di una nuova creazione, se lo vogliamo. Dipende da noi, come sottolinea Ivone Guebara: “La terra è informe e l'oscurità la ricopre... Ci troviamo al principio. Il disordine e la violenza imperano e non si conoscono più i percorsi della terra fertile, delle acque pulite, del canto degli uccelli variopinti, delle stelle che brillano nel firmamento, della luce abbagliante del sole, della luna piena argentata, del sorriso soddisfatto degli esseri umani. Siamo all'inizio, nel principio caotico di ogni cosa, nel principio-fine dell'eterno oggi di tutto il creato".
E adesso un'altra lettera del nostro vescovo che scrive dal Sinodo di Roma. Non posso non pubblicarla, anche se per voi lettori la pagina diventerà un pò pesante.
"Cari operatori pastorali: io mi trovo a Roma, al Sinodo, già da una settimana. L'esperienza è ottima. Gli incontri con altri vescovi sono molto ricchi. Venerdì scorso ho avuto lo spazio per fare il mio intervento. Ho parlato della catechesi e della Bibbia. Ho insistito sul fatto che le Sacre Scritture sono il primo libro di catechismo. Ho parlato dell'importanza della Lettura Orante della Bibbia e di una catechesi più celebrativa. Ho commentato anche la necessità di una formazione religiosa che unisca fede e vita, una catechesi impegnata.
Ieri ho fatto l'omelia nel Sinodo, nella preghiera del mattino. Il testo era quello del Levitico:"Siate santi come il vostro Padre è santo". La santità è un dono di Dio che si riceve man mano che ci si apre alla grazia di Dio. Non esiste santità senza misericordia. Santifichiamo le nostre vite quando permettiamo al poveri di entrare nella nostra vita stessa.
Mi sono già incontrato con Carlos MESTERS e Ourofino.Abbiamo avuto una buona conversazione sulla lettura popolare della Bibbia e le comunità ecclesiali di base. Stiamo tentando di fissare una riunione con loro e i vescovi dell'America Latina.
Questo fine settimana sono stato a Modena e Milano, dove mi sono incontrato con diversi preti amici della diocesi di Goias,come il padre Isacco e il padre Arrigo. A Milano ho fatto una conferenza per un gruppo di amici dell'ospedale di Ceres. Il prossimo fine settimana andrò a trovare Padre Lira a Volterra. Ho messo in agenda anche un incontro con suor Zenaide, che tra l'altro ha avuto la bontà di venirmi a prendere all'aeroporto.
Ecco alcune altre perle del Sinodo: - La Bibbia dev'essere un messaggio di speranza per i poveri. - Tutta la Pastorale deve partire dall'animazione biblica. - Abbiamo bisogno di andare incontro a quelli che non riescono a vedere Gesù - Se evangelizziamo, dobbiamo anche lasciarci evangelizzare.
Rimango in comunione con voi e ho pregato ieri sulla tomba di SAN PAULO, per la diocesi. Un abbraccio. Dom Eugenio Rixen - Bispo de Goias.
Padre Dario, link:
9 ottobre 2008
DAL SINODO DI ROMA: LETTERA DI UN VESCOVO FRATELLO
Nella foto vedete un piccolo gruppo di studenti del corso speciale per Giudici Popolari, promosso dalla Commissione di Pastorale della Terra della diocesi di Goiàs. Per la precisione, questo era il pranzo di conclusione del corso, del gruppetto di Itaberai. . Ora dovranno cimentarsi nell'aiutare i lavoratori rurali per tutte le questioni legali. E' un servizio gratuito. Lo abbiamo inserito tra le nostre "pastorali" perchè la gente non ha bisogno solo di liturgia.
Come vi avevo preannunciato, il nostro vescovo di Goiàs (Eugenio Rixen) è andato a Roma per il Sinodo dei vescovi. Fa parte del gruppo di eletti dalla Conferenza Nazionale dei Vescovi Brasiliani (CNBB) come suoi rappresentanti. Da Roma, per il momento, ci manda solo notizie di vita quotidiana, come un diario. Quelle piccole cose quotidiane che, però, sono un segno importante della volontà di comunicare e di sentirsi legati alla propria comunità ecclesiale come a una famiglia. Mi fa piacere leggerlo, perciò lo condivido anche con voi.
"Sono 4 giorni che partecipo al Sinodo dei vescovi a Roma. E' un'esperienza molto interessante. Siamo 253 padri sinodali: 51 dall'Africa,41 dall'Asia,90 dall'Europa,9 dall'Oceania e 62 dall'America. 173 vescovi sono stati eletti dalle proprie Conferenze Episcopali. Domenica abbiamo avuto la messa solenne di apertura nella basilica di San Paolo fuori le mura. Una messa ben cantata da un coro, ma assai lontana dalla vivacità delle nostre celebrazioni. Nell'Omelia, il papa Benedetto XVI ha ripreso la frase di Sant'Ireneo: "Ignorare le Sacre Scritture è ignorare lo stesso Cristo".
Lunedì sono iniziati i lavori. Abbiamo ascoltato una relazione sulla preparazione del Sinodo che ha come tema: "La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa". Poi c'è stata la presentazione delle relazioni circa l'animazione biblica nei 5 continenti. Stanno accadendo molte cose, ma c'è ancora molto da fare.
Nel pomeriggio abbiamo avuto una conferenza di un rabbino di Israele sulla lettura giudaica della Bibbia. Poi il cardinale VANHOYE ci ha parlato del popolo ebreo nella Bibbia. Quest'ultima conferenza è stata molto interessante.
Martedì diversi vescovi si sono pronunciati sul tema dell'animazione biblica del loro paese e hanno dato suggerimenti su come migliorare la pastorale biblica. Oggi, mercoledì, abbiamo avuto un lavoro suddiviso in gruppi linguistici. Nel mio gruppo c'erano vescovi dell'Iran, di Israele, del Libano, del Vietnam, del Congo, del Ruanda e della Francia. Alcune riflessioni mi hanno talmente impressionato che mi piacerebbe riportarne alcune frasi:
- Nel Vietnam sono morte 130 000 persone per la loro fede. La Parola di Dio è la nostra forza.
- In Iran molti mussulmani vogliono conoscere Gesù. La nostra missione comporta molti rischi.
- L'esegesi scientifica non è sufficiente, tuttavia è ancora valida (cardinale Daneels)
- L'omelia dev'essere preparata attraverso la preghiera.
- Come fare affinchè la Bibbia diventi vita?
- A Gerusalemme è più facile capire la Parola di Dio.
- Seguire la Bíbbia é prepararsi alle persecuzioni.
Trovarsi a Roma con persone di tutto il mondo è una grande ricchezza. Siamo 8 vescovi brasiliani: Dom Cláudio Hummes,Dom Odilo Scherrer,Dom Joviano,Dom Walmor,dom Geraldo Lyrio,Dom Sartoro,Dom Raymundo e io stesso. L'ambiente è molto fraterno e rispettoso. Anche Carlos Mesters è qui con noi assieme a Ourofino. Ho saputo da Fernando della morte del papà del nostro seminarista EDIVALDO. Prego per lui e per la sua famiglia.
Eccovi alcune informazioni. Chiedo a Dio una santa festa di Nossa Senhora Aparecida per tutte le nostre comunità.
Dom Eugênio Rixen - Bispo de Goiás
Vedete che bel rapporto sa tenere il nostro vescovo? Parole spicciole, pensieri e impressioni, come si fa tra amici o familiari. Altro che darsi delle arie da super-chissà-cosa.
Nota - Spero che sappiate che in Brasile i vescovi non usano il titolo di Monsignore, ma di DOM. Il "monsignore" è proprio un titolo strano, a pensarci bene. Non me ne intendo, ma vorrei chiederlo agli esperti: è un leziosismo o un francesismo?
Come vi avevo preannunciato, il nostro vescovo di Goiàs (Eugenio Rixen) è andato a Roma per il Sinodo dei vescovi. Fa parte del gruppo di eletti dalla Conferenza Nazionale dei Vescovi Brasiliani (CNBB) come suoi rappresentanti. Da Roma, per il momento, ci manda solo notizie di vita quotidiana, come un diario. Quelle piccole cose quotidiane che, però, sono un segno importante della volontà di comunicare e di sentirsi legati alla propria comunità ecclesiale come a una famiglia. Mi fa piacere leggerlo, perciò lo condivido anche con voi.
"Sono 4 giorni che partecipo al Sinodo dei vescovi a Roma. E' un'esperienza molto interessante. Siamo 253 padri sinodali: 51 dall'Africa,41 dall'Asia,90 dall'Europa,9 dall'Oceania e 62 dall'America. 173 vescovi sono stati eletti dalle proprie Conferenze Episcopali. Domenica abbiamo avuto la messa solenne di apertura nella basilica di San Paolo fuori le mura. Una messa ben cantata da un coro, ma assai lontana dalla vivacità delle nostre celebrazioni. Nell'Omelia, il papa Benedetto XVI ha ripreso la frase di Sant'Ireneo: "Ignorare le Sacre Scritture è ignorare lo stesso Cristo".
Lunedì sono iniziati i lavori. Abbiamo ascoltato una relazione sulla preparazione del Sinodo che ha come tema: "La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa". Poi c'è stata la presentazione delle relazioni circa l'animazione biblica nei 5 continenti. Stanno accadendo molte cose, ma c'è ancora molto da fare.
Nel pomeriggio abbiamo avuto una conferenza di un rabbino di Israele sulla lettura giudaica della Bibbia. Poi il cardinale VANHOYE ci ha parlato del popolo ebreo nella Bibbia. Quest'ultima conferenza è stata molto interessante.
Martedì diversi vescovi si sono pronunciati sul tema dell'animazione biblica del loro paese e hanno dato suggerimenti su come migliorare la pastorale biblica. Oggi, mercoledì, abbiamo avuto un lavoro suddiviso in gruppi linguistici. Nel mio gruppo c'erano vescovi dell'Iran, di Israele, del Libano, del Vietnam, del Congo, del Ruanda e della Francia. Alcune riflessioni mi hanno talmente impressionato che mi piacerebbe riportarne alcune frasi:
- Nel Vietnam sono morte 130 000 persone per la loro fede. La Parola di Dio è la nostra forza.
- In Iran molti mussulmani vogliono conoscere Gesù. La nostra missione comporta molti rischi.
- L'esegesi scientifica non è sufficiente, tuttavia è ancora valida (cardinale Daneels)
- L'omelia dev'essere preparata attraverso la preghiera.
- Come fare affinchè la Bibbia diventi vita?
- A Gerusalemme è più facile capire la Parola di Dio.
- Seguire la Bíbbia é prepararsi alle persecuzioni.
Trovarsi a Roma con persone di tutto il mondo è una grande ricchezza. Siamo 8 vescovi brasiliani: Dom Cláudio Hummes,Dom Odilo Scherrer,Dom Joviano,Dom Walmor,dom Geraldo Lyrio,Dom Sartoro,Dom Raymundo e io stesso. L'ambiente è molto fraterno e rispettoso. Anche Carlos Mesters è qui con noi assieme a Ourofino. Ho saputo da Fernando della morte del papà del nostro seminarista EDIVALDO. Prego per lui e per la sua famiglia.
Eccovi alcune informazioni. Chiedo a Dio una santa festa di Nossa Senhora Aparecida per tutte le nostre comunità.
Dom Eugênio Rixen - Bispo de Goiás
Vedete che bel rapporto sa tenere il nostro vescovo? Parole spicciole, pensieri e impressioni, come si fa tra amici o familiari. Altro che darsi delle arie da super-chissà-cosa.
Nota - Spero che sappiate che in Brasile i vescovi non usano il titolo di Monsignore, ma di DOM. Il "monsignore" è proprio un titolo strano, a pensarci bene. Non me ne intendo, ma vorrei chiederlo agli esperti: è un leziosismo o un francesismo?
4 ottobre 2008
FRANCESCO CHE PRESE IL VANGELO ALLA LETTERA
Mi dicono che in Italia l'inverno è in anticipo. Anche qui la stagione delle piogge. Piove già come se fosse novembre. Itaberaì ha fatto il bagno. Una pioggia abbondante senza tuoni e lampi, accompagnata da un venticello da far rabbrividire, è caduta per giorni e notti quasi di seguito. Gli agricoltori della "feira livre" (vedi foto) non demordono, anche se i clienti sotto l'ombrello si sono un pò rarefatti. Gli itaberini sono contenti. "A chuva è uma bençao", dicono: la pioggia è una benedizione. I più moderni dicono che questa è una stagione in cui si sta bene in casa. Gli antichi pensano che la pioggia che cade è quella che abbiamo chiesto a Dio, quindi vale la pena di prenderla anche in testa senza lamentarsi. L'altra mattina ho gridato a un anziano originale che se ne andava in braghe corte e scamiciato sotto un autentico diluvio: "Manoel, tu non hai paura di prendere il raffreddore, vero?" E lui in risposta: "Padre Chico, la pioggia è democratica e a me piace!"
L'inizio di ottobre conteneva due "memorie" di importanza straordinaria: Teresa di Lisieux e Francesco di Assisi. Al nome di ciascuno di questi due santi, è legata una chiesina di quartiere e la rispettiva comunità. La prima lettura della messa di Santa Teresa era un brano del libro di Giobbe. Mi ha colpito il commento di don Eligio alla lettura: "Anche noi come Giobbe, qualche volta, ci sentiamo sopraffatti da angoscia, dubbi e quasi disperazione. Non solo per le disgrazie personali, ma anche perchè i nostri sogni di giustizia, pace e fratellanza cadono a pezzi uno dopo l'altro nella vita quotidiana. Noi vediamo accadere il contrario di ciò in cui abbiamo creduto e per cui abbiamo lavorato. Però siamo cristiani. E allora andiamo avanti, trascinati dalla testimonianza di questi santi come Teresa e Francesco. Cerchiamo ugualmente di fare la nostra parte, di costruire, perchè crediamo che questa storia non finirà così miseramente: "E quando, dopo la mia pelle, sarà distrutto questo corpo, senza la mia carne, vedrò Dio" (Giobbe, 19, 26).
Il suggerimento di don Eligio è pertinente, e conviene seguirlo. Fregiarsi del titolo di cristiani, tuttavia, non è garanzia di onestà nemmeno in Brasile. In questi giorni di campagna elettorale abbiamo avuto la percezione del commercio di voti. Anche alcuni candidati di primo piano della nostra parrocchia pare siano pronti a spendere milioni in propaganda, comprare voti, spargere diffamazioni contro l'avversario, fare promesse mendaci o, quantomeno, molto aleatorie. La cultura di un impegno politico dei cristiani ispirato al Vangelo e orientato al bene comune e alla pratica democratica nel senso più ampio, è scomparsa. Un decennio fa era forte nelle nostre comunità di base, e contribuì in modo determinante alla crescita del PT che ha cambiato il Brasile. Cambiato? Sì, molto. Col cambiamento, però, sono arrivati il benessere e il progresso. Come accadde al popolo di Israele che, giunto sulla terra promessa, dimenticò gli impegni presi con Dio durante la traversata del deserto, così anche qui....
Brutti tempi! In Italia i ragazzi pestano i cinesi e i ghanesi: una mentalità tribale che credevamo di avere superato. In Bolivia un sondaggio denuncia un'alta percentuale di razzismo, in Amazzonia prospera il commercio di donne, eccetera. Qui ci vuole un San Francesco, con la sua pazzesca testimonianza di discepolo di Gesù "alla lettera". Riaccese la fede del popolo nell'Italia delle cattedrali, dei ricchi ambiziosi e gaudenti e dei poveri abbandonati a sè stessi. Egli scosse molte coscienze intorpidite. Chi si candida? Sto quasi sempre in mezzo a gente umile che lotta per un pezzo di pane ed è molto sensibile alla Parola di Dio e a figure come questo santo. Ho celebrato la messa della festa con loro, questa sera. Eppure anche lì, molti giovani sono smarriti dietro alla droga e ad altri surrogati di felicità. Se ne vedono intere bande in ogni angolo del quartiere, giorno e notte, magari radunati intorno a una vecchia auto con il mangianastri al massimo del volume. Sono in giro apparentemente senza una meta, come gruppi a sè stanti, con lingua e costumi propri. Forse uno scopo ce l'hanno, chissà? O girano solo alla larga da chi vuole metterli al guinzaglio, ma uno ce l'hanno già al collo. Avvicinarli è più difficile che volare in aereo ad un altro continente. Dev'essere anche perchè noi, evangelizzatori, non viviamo il Vangelo abbastanza per provocarli alla riflessione: e la TV non mostra certo di meglio. Credo che documenti, strategie pastorali e lezioni di morale non gioveranno loro.
L'inizio di ottobre conteneva due "memorie" di importanza straordinaria: Teresa di Lisieux e Francesco di Assisi. Al nome di ciascuno di questi due santi, è legata una chiesina di quartiere e la rispettiva comunità. La prima lettura della messa di Santa Teresa era un brano del libro di Giobbe. Mi ha colpito il commento di don Eligio alla lettura: "Anche noi come Giobbe, qualche volta, ci sentiamo sopraffatti da angoscia, dubbi e quasi disperazione. Non solo per le disgrazie personali, ma anche perchè i nostri sogni di giustizia, pace e fratellanza cadono a pezzi uno dopo l'altro nella vita quotidiana. Noi vediamo accadere il contrario di ciò in cui abbiamo creduto e per cui abbiamo lavorato. Però siamo cristiani. E allora andiamo avanti, trascinati dalla testimonianza di questi santi come Teresa e Francesco. Cerchiamo ugualmente di fare la nostra parte, di costruire, perchè crediamo che questa storia non finirà così miseramente: "E quando, dopo la mia pelle, sarà distrutto questo corpo, senza la mia carne, vedrò Dio" (Giobbe, 19, 26).
Il suggerimento di don Eligio è pertinente, e conviene seguirlo. Fregiarsi del titolo di cristiani, tuttavia, non è garanzia di onestà nemmeno in Brasile. In questi giorni di campagna elettorale abbiamo avuto la percezione del commercio di voti. Anche alcuni candidati di primo piano della nostra parrocchia pare siano pronti a spendere milioni in propaganda, comprare voti, spargere diffamazioni contro l'avversario, fare promesse mendaci o, quantomeno, molto aleatorie. La cultura di un impegno politico dei cristiani ispirato al Vangelo e orientato al bene comune e alla pratica democratica nel senso più ampio, è scomparsa. Un decennio fa era forte nelle nostre comunità di base, e contribuì in modo determinante alla crescita del PT che ha cambiato il Brasile. Cambiato? Sì, molto. Col cambiamento, però, sono arrivati il benessere e il progresso. Come accadde al popolo di Israele che, giunto sulla terra promessa, dimenticò gli impegni presi con Dio durante la traversata del deserto, così anche qui....
Brutti tempi! In Italia i ragazzi pestano i cinesi e i ghanesi: una mentalità tribale che credevamo di avere superato. In Bolivia un sondaggio denuncia un'alta percentuale di razzismo, in Amazzonia prospera il commercio di donne, eccetera. Qui ci vuole un San Francesco, con la sua pazzesca testimonianza di discepolo di Gesù "alla lettera". Riaccese la fede del popolo nell'Italia delle cattedrali, dei ricchi ambiziosi e gaudenti e dei poveri abbandonati a sè stessi. Egli scosse molte coscienze intorpidite. Chi si candida? Sto quasi sempre in mezzo a gente umile che lotta per un pezzo di pane ed è molto sensibile alla Parola di Dio e a figure come questo santo. Ho celebrato la messa della festa con loro, questa sera. Eppure anche lì, molti giovani sono smarriti dietro alla droga e ad altri surrogati di felicità. Se ne vedono intere bande in ogni angolo del quartiere, giorno e notte, magari radunati intorno a una vecchia auto con il mangianastri al massimo del volume. Sono in giro apparentemente senza una meta, come gruppi a sè stanti, con lingua e costumi propri. Forse uno scopo ce l'hanno, chissà? O girano solo alla larga da chi vuole metterli al guinzaglio, ma uno ce l'hanno già al collo. Avvicinarli è più difficile che volare in aereo ad un altro continente. Dev'essere anche perchè noi, evangelizzatori, non viviamo il Vangelo abbastanza per provocarli alla riflessione: e la TV non mostra certo di meglio. Credo che documenti, strategie pastorali e lezioni di morale non gioveranno loro.
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