18 ottobre 2014
LA CITTÁ E IL MONDO URBANO
Le foto sono della corsista Bernardete Mota di São José dos Campos, che ha un canale you tube in cui pubblica video: bernardete cebs
Sono rientrato ieri sera da Brasilia. La capitale, quest´anno, nonostante i mille metri di quota, è un braciere. Piú o meno come Itaberaí. Abbiamo l´estate (ed è solo primavera) piú calda degli ultimi 70 anni, dicono quelli della televisione. Figuratevi il viaggio di ritorno. In giro si vede solo roba secca. Da Brasilia a Goiania, 3 ore di corriera con aria condizionata. Abbiamo perduto un´altra ora per sostituire il pulmann. Un infelice passeggero, forse colto da disidratazione, ha utilizzato il gabinetto e dopo... non ci si stava piú! Poi, da Goiania ad Itaberaí, altre 3 ore senza aria condizionata.
L´incontro di studio è stato interessante soprattutto per gli incontri. Gente di tutto il Brasile e un gruppo di volontari missionari in arrivo dall´estero, una quarantina. Laici, suore e preti. Anche il volto della missione in Brasile è cambiato radicalmente. Pochi dall´Europa. Da Modena siamo quasi in chiusura. Arrivano a frotte dall´Asia e America Centrale (diversi coreani e indonesiani). Alta percentuale di giovani discendenti italiani provenienti dal Brasile del sud. Tema: “Come evangelizzare la cittá di oggi”. Un giorno di storia delle Comunitá ecclesiali di base” con il professore Sergio Coutinho, assessore della Conferenza dei Vescovi per il laicato. Nota 6: lezioni su cose risapute e interpretate su ordinazione. Il secondo giorno sulla parrocchia urbana, con Padre Manoel de Godoi, direttore dell´Istituto San Tommaso di Aquino dei Gesuiti di Belo Horizonte (ex collega del compianto italiano Padre Alberto Antoniazzi, che ci illuminava negli anni 80). Nota 10 con lode, denso e imperdibile. Alla fine della giornata molti corsisti erano sfiniti! Se avró tempo ve ne tradurró qualche pezzo nei prossimi post. Gli altri conferenzisti? Giovani preti in attivitá pastorale in aree importanti del Brasile. Dotati di entusiasmo ammirevole e progetti di apostolato laboriosissimi.
La parrocchia urbana formata da una rete di comunitá ecclesiali di base, come chiedono i vescovi: grande argomento di studio! Le nostre parrocchie sono territoriali, e il mondo urbano non rispetta confini territoriali. La gente va dove vuole. Una famiglia, attualmente, per battezzare fuori parrocchia deve prendere un lasciapassare del parroco: in tanti anni ho perso tempo e fiato per realizzare questa norma che si dimostra sempre piú ridicola. La parola “parrocchia”, dal greco, significa una casa che ospita quelli che sono per strada, i forestieri senza fissa dimora. Lo spirito evangelico della parrocchia dovrebbe condurci ad accogliere tutti quelli che cercano Dio e il suo Regno. La parrocchia non indica stabilitá e ordine rigido, ma provvisorietá. La “rete” non dovrebbe essere quella del ragno, che tesse per catturare, ma quella delle tessitrici che uniscono tanti ritagli e ne formano un unico tappeto.
Ai nostri giorni, quando si parla di ambiente urbano, si parla di tutto. Anche la campagna, oggi, è urbana, almeno qui da noi: il mondo rurale di un tempo non esiste piú. Io sono fissato, penso che l´unica maniera che rende possibile l´evangelizzazione in questo contesto è aderire sempre piú al Vangelo e a Gesú Cristo, alla speranza viva nel Regno di Dio. I quattro vangeli, le lettere di San Paolo, Pietro, Giovanni e Giacomo, l´Apocalisse, sono libri che rispecchiano le origini dell´evangelizzazione, che avvenne in ambiente urbano: Corinto, Efeso, Filippi, Roma, Antiochia, Gerusalemme… Quindi gli organizzatori di questa settimana di studio hanno lasciato in secondo piano la cosa piú importante: studiare il nesso strettissimo tra i presupposti fondamentali ed essenziali della Parola di Dio e l´azione evangelizzatrice. Si percepisce, nell´episcopato, nel clero e nel laicato piú impegnato, una certa ansietá. Cominciamo a sentirci in minoranza e cerchiamo affannosamente nuove tecniche per riprendere quota. Per i primi cristiani essere in minoranza era la situazione normale. Sceglievano di vivere il Vangelo e formare comunitá cristiane solo perché credevano in Gesú. Era l´unica proposta che dava senso alla loro vita. Non speravano di prevalere e diventare maggioranza o unica religione: anzi, affrontavano la persecuzione e la morte. Del resto noi, in Brasile, siamo eredi di un cristianesimo che era maggioranza solo di battezzati. La pratica di solito non arrivava oltre il dieci per cento. Adesso gli evangelici pentecostali sono quasi il 30 per cento, e in mezzo a loro c´è un pó di tutto. Il loro denominatore comune, che li unisce, è di non essere cattolici. Sta diventando la religione dominante, come il cattolicesimo nel passato. Piú che altro una religione di mercato, poiché oggi il dominio è del mercato. E diversi settori cattolici perseguono lo stesso obiettivo, cercando di entrare in questo mercato.
Gli evangelizzatori di oggi si guardano attorno, e in ogni via di ogni quartiere vedono sorgere nuove chiese evangelico-pentecostali zeppe di fedeli entusiasti. In preda all´ansia, i nostri si lanciano in attivitá frenetiche. Forse lo Spirito Santo li sta animando, come pensano, o forse Lui sta realizzando un progetto tutto suo a nostra insaputa. Le Chiese, anche le nostre, sono zeppe di fedeli, è vero: fedeli, tuttavia, che si commuovono, si divertono, chiedono le loro grazie, poi tornano a casa per i fatti loro senza conservare nessun legame con quella Chiesa. Oggi il Brasile è un paese di cristiani di passaggio: una chiesa vale l´altra. Io cerco di immedesimarmi il piú possibile nel suggerimento di Francesco papa: vivere la gioia del Vangelo: la gioia della povertá, del perdono, della misericordia, di una vita onesta e di amicizie sincere. Con la fiducia in Dio che la mia vita possa trasmettere ció che non si trasmette solo con tecniche e organigrammi.
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