10 giugno 2014

MONDIALI DI CALCIO E PENTECOSTE

Stiamo entrando nel clima di mondiali di calcio, peró molti brasiliani si sono accorti che ci sono cose piú importanti del titolo di “exacampioni”. Le manifestazioni mettono in rischio la festa. E non mancano le buone ragioni: 50 miliardi spesi per avere il campionato in casa, rimandando tanti altri investimenti piú urgenti e piú doverosi da parte dello Stato nella Sanitá, Educazione, Agricoltura, Casa, Riforma agraria e agricola, sicurezza. E soldi anche spesi male, perché in realtá il piano era che tutte le infrastrutture fossero a spese di imprese private, invece é accaduto esattamente il contrario: lo Stato ha pagato appalti ai privati e, con tutte le mazzette che ormai fanno parte del costume, le grandi imprese di costruzione hanno munto e le spese sono state assai piú del previsto. Questo, peró, si sapeva giá da prima! Solo che, allora, a protestare erano in pochi: la midia, l´opposizione politica, l´opinione pubblica, consideravano importante ospitare la Coppa del mondo, come la chiamano quí. E Lula avrebbe perduto molti consensi se avesse rifiutato questa occasione.
La veritá é che Lula cedette all´andazzo. Soprattutto, dicono gli intenditori (io il calcio lo seguo poco), si é arreso a tutte le imposizioni della FIFA, che ha presentato una lista di esigenze megalattiche, pretendendo la costruzione di grandi arene in cittá che hanno squadre di seconda categoria. Investimenti per i mondiali senza tenere in considerazione il ritorno, la funzionalitá delle opere in seguito, per il bene della popolazione. Ora il Governo Dilma sta pagando il conto. La sua popolaritá é scesa al 36%, secondo i sondaggi. La midia soffia sul fuoco, perché questo é anno di elezioni (a ottobre) e da molti fronti vogliono disfarsi di questo governo del PT (al quale, peraltro, hanno strappato concessioni in quasi tutti i campi). Come é risaputo, la midia é capace di cambiare l´opinione pubblica. L´ipocrisia sfrutta l´ignoranza e l´incoscienza. Da sempre sappiamo e diciamo che le folli spese che si fanno per il calcio dovrebbero investite per costruire una societá migliore. Chi ha ascoltato? Per il circo non si bada a spese. PS del 12/06/2014 - ore 15 - Ma tranquilli: la festa di popolo é giá iniziata. Il Brasile non si smentisce. Da mezzogiorno negozi, uffici e banche, scuole, tutto é chiuso! Due ore prima della partita le strade sono deserte, poche macchine e moto passano a tutta velocitá come se fossero in attesa del terremoto, e sventolano bandiere ovunque!
L´insoddisfazione della gente io la capisco, soprattutto a Rio e San Paolo, le due maggiori megalopoli. Il Brasile é stato trasformato, tante cose sono migliorate: per esempio, oggi le universitá sono piene di giovani delle classi piú umili, mentre solo 30 anni fa un figlio di operai e contadini era molto se riusciva a imparare lettura e scrittura. Tuttavia dev´essere difficile essere felici in cittá in cui, per andare al lavoro, si deve affrontare mediamente piú di un´ora di traffico. Dove si puó essere assaltati in qualsiasi momento e luogo: in auto ai semafori, sugli autobus, mentre si guida un camion, per strada e in spiaggia. E dove ogni pioggia diventa una calamitá naturale. La passione per il calcio non basta a coprire il malessere delle enormi disuguaglianze e della mancanza di politiche pubbliche per migliorare la qualitá della vita. Per esempio, questo paese é campione mondiale anche di omicidi: circa 47 mila ogni anno, con una media di oltre 21 ogni 100 mila abitanti (piú che nei paesi in guerra). Il problema é che se buttano giú il PT, che ha fatto troppo poco per i poveri, andranno al potere altri che forse non faranno quasi niente, come é accaduto per secoli. La gente dovrá scegliere, e sará una scelta difficile perché l´informazione dipende in massima parte dalle televisioni, che a loro volta dipendono dalle lobby.
Cinquant´anni fa, in questo periodo, é partito da Modena il primo gruppo di preti in “missione” a Itaberaí. Un bel gruppo, di cinque, ben preparati e ben dotati, entusiasti e brillanti. Li ricordo nel giorno di Pentecoste, che é la festa per eccellenza della “missione”, intesa come evangelizzazione. Un pensierino di affetto se lo meritano, ma poi bisogna guardare indietro solo per andare avanti. Il primo missionario é stato Gesú, poi gli Apostoli. É opera di Dio. Secondo me, celebrando la Pentecoste, la cosa piú importante in questo mondo che corre dietro al denaro, al potere e al successo usando ogni mezzo (perfino la religione), é riscoprire il valore della vita interiore. Lo sviluppo economico del Brasile non ha forse ancora intaccato gravemente la religiositá, ma la sta trasformando sempre piú in un complemento del benessere e una espressione di esterioritá: chiese piú ricche, paramenti, celebrazioni spettacolo, traffico di miracoli e di immagini sacre. Lo Spirito Santo é Dio in noi. Spesso viviamo la vita superficialmente, la riempiamo di frivolezze. Quando mi dedico ad ascoltare lo Spirito (e lo faccio poco) sento che mi trasforma. É una grande gioia. Siamo piú di tre miliardi di cristiani, discepoli di Gesú almeno a parole. Se lo fossimo davvero, avremmo giá fatto di questa umanitá una bellezza. Non é accaduto, perché siamo spesso degli imballaggi con la marca ma quasi vuoti dentro. La fede vera agisce dal di dentro. É per fare regnare Dio su di noi che Gesú ci ha offerto il Vangelo e sé stesso.

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