28 maggio 2014
DOGMI E IDOLATRIA
Foto 1: Il 20 maggio scorso é stata inaugurata una ristrutturazione del Centro (doposcuola) Fernanda Park - la sala di informatica della scuola é stata intitolata a don Maurizio Setti, fondatore e promotore. In mancanza di foto dell´evento, vi pubblico una foto di repertorio. Foto 2 e 3: istantanee di una messa in campagna. Foto 4: immagine a ricordo della romaria da terra di Itaberaí, nel 2000 (il parroco era don Eligio).
Stamattina é arrivato il freddo: siamo scesi a 14 gradi. Un vento gelido direttamente dalla Siberia (o forse dalla catena Andina?) ha fischiato tra le piante del mio giardino. É durato poche ore. Sono andato in centro a comprare una giacca a vento, perché l´ultima l´ho dimenticata parecchio tempo fa da qualche parte. Roba di marca, ho speso la bella somma di 67 reali, circa 20 euro. Al ritorno non era piú freddo.
Poi ho visitato i miei nuovi vicini di casa: una famiglia di zingari. Hanno comprato il lotto quí accanto, l´hanno allestito e vi abitano giá. Sotto un ampio telone, dopo aver spianato il terreno, hanno sistemato la cucina, i giacigli, alcuni mobili indispensabili, il frigo e la televisione. Ora, stanno facendo l´unica costruzione in mattoni: gabinetti moderni, ampi e comodi. Sono zingari nostrani: raccontano di essere discendenti di una tribú di zingari egiziani. Da quando conosco Itaberaí hanno avuto sempre quí alcuni dei loro accampamenti, pur conservando le loro tradizioni di nomadi. Amano vivere in tenda, una vita estremamente semplice, e viaggiare. I viaggi sono pure la loro attivitá economica, e per questo hanno una scuderia di camionette e suv fiammanti, di ultima generazione. Sono simpatici e accoglienti. Per i matrimoni e i battesimi festeggiano una settimana intera, invitando i loro parenti sparsi per tutto il Brasile in piccoli accampamenti simili a questo.
É stato bello, in questi giorni, seguire le elezioni europee e il viaggio del papa in Terra Santa. Francesco ci ha offerto ancora una volta i suoi gesti simbolici. Piccole cose, ma molto significative dal punto di vista evangelico: il primo sbarco, le soste al muro palestinese e al muro del pianto, i reiterati inviti alla pace e l´insistenza sulla formazione di due Stati. La mia impressione é che lui é realmente latino-americano, e per questo riesce a passare in modo molto naturale dalla dimensione religioso-spirituale a quella politica senza traumi e senza aggredire la laicitá dello Stato, sacro principio della modernitá. Interpella i politici non a partire da principi e dottrine religiose teoriche, ma a partire da valori universali, ormai patrimonio di tutti i popoli e tutte le religioni: il diritto alla vita, alla dignitá umana, alla pace e alla libertá. In questo modo gli Stati non devono rendere conto ad una istituzione confessionale, ma alla coscienza comune che é fondamento della stessa democrazia: la Chiesa (il papa) chiede agli Stati di lavorare per la felicitá della gente. Per lo stesso motivo io sono contento dell´esito delle elezioni europee in Italia. I risultati hanno promosso chi fa politica partendo dalla prioritá di risolvere i problemi piú gravi e urgenti dei cittadini. E ha messo all´angolo (non eliminato) quelli che si limitano ad aggredire: “Tutto il potere a noi, o non si fa niente”. Ora, anche loro dovranno agire politicamente, o scomparire.
Tornando al papa Francesco, lui va oltre i dogmi moderni. Scrive il teologo brasiliano Yung Mo Sung, uno dei teologi della liberazione (teologia della morale economica): “Il papa Francesco rompe la linea di pensiero che ha predominato nelle ultime decadi nella Chiesa Cattolica: che il mondo moderno é ateo, secolarizzato e fondato sulla ragione e che la teologia deve tradurre il messaggio della fede nella mentalitá razionale e “adulta” della modernitá. Cioé, bisogna mostrare ai moderni che vale ancora la pena credere in Dio. Per il papa – cosí come per diversi teologi della liberazione – la modernitá non é atea, ma idolatra. Il vitello d´oro si presenta ai nostri giorni nella forma del feticismo e idolatria del denaro e di una dittatura di un´economia senza volto” (cfr. n. 55 della Evangelii Gaudium). Quindi gli Stati, se vogliono essere davvero “laici”, devono liberarsi da questa idolatria e ripartire da quella che é la funzione specifica di ogni Stato democratico: promuovere la pace e la felicitá dei cittadini. Non si chiede agli Stati un´appartenenza confessionale, ma di essere pienamente laici e abbandonare la religione di un dio-mostro come é il Mercato, con tutti i suoi dogmi che seminano disuguaglianza, miseria, oppressione e morte.
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