1 maggio 2014

SAN DIMAS

L´evangelista Luca ci racconta che molti insultavano Gesú sulla croce: i capi dei giudei, i soldati, e perfino uno dei ladroni crocefissi accanto a lui. Dicevano: “Se sei il Figlio di Dio, perché non scendi dalla croce? Facci vedere di che cosa sei capace!” Il popolo osservava a distanza, senza prendere posizione. Soltanto l´altro ladrone lo riconobbe: “Gesú, ricordati di me quando sarai nel tuo Regno”. Doveva essere uno di quei ragazzi cresciuti senza una vera famiglia, come ce ne sono tanti anche qui. Senza affetti, in miseria, costretto a fare la faccia cattiva e a rubare e rapinare. É documentato che nelle favelas e nei quartieri poveri i piú “cattivi” sono gli eroi presi come modello da molti bambini. Tanti ragazzi tristi e spavaldi, che avanzano nella vita con la parte peggiore di sé e non riescono a pensare ad altro che arraffare un denaro inutile che non li sazia mai. Con un immenso vuoto nel cuore, e davanti a sé la via della schiavitú, la droga, il traffico, la prostituzione e il crimine. Il buon ladrone era venuto su cosí, senza ottenere rispetto e gesti d´amore da nessuno. Aveva sentito dire che Gesú annunciava un Regno tutto diverso, di poveri felici, trattati con dignitá e preferiti da Dio. Forse aveva avuto pure l´occasione di ascoltare alcuni dei discorsi di Gesú. Avrá pensato: “Questo profeta, che predicava la giustizia e annunciava la felicitá per i poveri dannati come me, é inchiodato quí accanto, e soffre le stesse ingiurie che soffro io. Ma lui non ha fatto male a nessuno, e l´hanno crocefisso solo perché ha avuto il coraggio di non rinnegare ció che aveva detto. Se é cosí calmo e forte, dev´essere perché conosce una veritá che io ignoro. Lui é la mia unica speranza: chissá che non possa ottenere da lui quella felicitá che ho sempre sognato?”
A quel ladrone, la tradizione ha affibbiato il titolo di santo e il nome di San Dimas, senza canonizzazioni ufficiali e concorso dei potenti come accade ai santi dei nostri giorni. Vi sembrerá strano, ma in Brasile San Dimas é abbastanza venerato. C´é perfino una cattedrale dedicata a lui, nella diocesi di São José dos Campos, Stato di San Paolo. Ad Itaberaí c´é una cappella di São Dimas, nel quartiere omonimo che fino a poco tempo fa era uno dei piú poveri della cittá. Alla fine degli anni sessanta vi sorse una comunitá di base, fiorente e ricchissima di iniziative sociali, che fu la prima di questa diocesi di Goiás. Fu opera soprattutto di don Antonio Cappi, che integrava la nostra equipe di preti modenesi. Una comunitá ultimamente un pó spenta ma ancora viva, che ogni anno organizza la festa del santo: la prima festa dopo la Pasqua. Io ho avuto il piacere e l´onore di celebrarvi due messe, all´inizio del triduo e il giorno della festa, la settimana scorsa. Che piacere trovarmi, finalmente, in mezzo ad una folla che ricorda un santo della categoria piú umile e piú umiliata, che ha riconosciuto Gesú proprio nel momento e nella situazione in cui nessuno, nemmeno ai nostri giorni, lo riconosce. Tutti amiamo Gesú Risorto e trionfante, ma Gesú continua ad essere ingiuriato e crocefisso “fuori dalle mura”, nelle discariche e nei “centri di accoglienza” di oggi.
Oggi, primo maggio. Bella mattinata, piuttosto fredda. L´inverno, poco a poco, si avvicina. La cittá é sonnacchiosa. Sono andato a salutare la partenza di una corrierina di parrocchiani che vanno a fare una giornata di studio del Vangelo di Matteo. Le vie sono quasi deserte, salvo qualche ritardatario che va a fare la scampagnata. La gente é andata a pescare, oppure a fare churrasco in fazendas o in riva a un fiume. Ne ho visti partire molti, ieri. Intere famiglie, coi camioncini o le auto col carrettino. Hanno portato con sé casse di birra, il computer portatile, il televisore e l´antenna parabolica. Tempi da consumismo. Non c´é traccia dell´antica Festa dei Lavoratori. E nemmeno di quella di San Giuseppe operaio, che qui in Brasile non ha mai fatto presa. In parrocchia non c´é nemmeno la messa. Io la celebreró questa sera a Laranjeira Seca, dove c´é una grande croce di legno piantata in mezzo a un pascolo. Fu collocata, tanti anni fa, dal contadino che aveva fatto un voto, e gli eredi ne conservano gelosamente la memoria. Lí, come é ormai tradizione, si riunirá una piccola folla di contadini dei dintorni, a fare la Festa della Santa Croce. In aperta campagna, sotto un ampio telone bene illuminato, preparano la mensa eucaristica ornata di fiori e ramoscelli, e una grande tavola imbandita di specialitá della cucina locale: pamonha, broa, torte di granoturco, biscoitos di manioca e pão de queijo, tortelli di carne e l´immancabile brodo di pollo con foglie di cipolla tritate. Non manca mai un paio di chitarre. La messa, poi mangiare e bere, e il ballo. La celebrazione é come una messa cantata, non secondo il rito antico ma con molti inni dall´inizio alla fine. Ci sará pure una lunga omelia, nonostante che il papa Francesco insegni a tenerla corta, perché io in queste occasioni mi lascio un pó andare. Vedo che ai contadini piace sentire una bella riflessione sulle letture del giorno. Meno male che ci sono ancora posti di campagna dove si puó parlare e la gente non ha fretta. Anzi, uno di questi giorni interruppi l´omelia dicendo: “ora mi fermo, perché immagino che sarete giá stanchi” e mi hanno risposto: “Padre, quí l´unico che ha fretta é lei. Noi abbiamo tutta la notte libera”.
Peró anche in campagna i ragazzi cominciano a passare il tempo a testa bassa suoi loro telefonini, smart e altre diavolerie, senza parlare nemmeno tra loro. Come é cambiato il mondo! Siamo in tempi di comunicazione virtuale. Non ci capisco molto, peró mi adeguo. Anche il Vangelo viene annunciato su facebook e i social network. Non c´é nemmeno piú bisogno di preti, ci pensano i giovani della carismatica. Una ragazza di Itaberaí pubblica l´Ave Maria e scrive sotto: “Se hai pregato insieme a me, digita l´amen finale”. Segue una fila di sottoscrizioni: amen, amen, amen, firmati con nome e cognome. Altri tre o quattro, compresa una suora, nei giorni scorsi ha messo su facebook un fotomontaggio con quattro papi (tutti vivi o tutti fantasmi, dipende dai punti di vista) vestiti da papa che attraversano una strada deserta, passando sulle striscie pedonali, in mezzo a un parco o un bosco di folta vegetazione, con il Colosseo sullo sfondo e nessun commento. Papa Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. Chissá cosa volevano dire? Questi quattro papi della recente canonizzazione hanno attraversato la strada a qualcuno? In quel modo ci poteva stare pure San Pietro, vivo e vestito da papa. Abbiamo conosciuto la realtá della vita, per secoli, distinta in naturale e trascendentale. Ora ci si é cacciato in mezzo una via di mezzo: la realtá virtuale, che puó risuscitare i morti e far morire i vivi senza nessun sforzo, solo seduti a tavolino, con dei clik. Signore, illuminaci tu.

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